Se un inventore si presentasse in un centro di ricerca sul cancro con una specie di “raggio spaziale” fatto in casa, sostenendo che con questo aggeggio riesce a colpire i tumori e ucciderli dovunque essi siano, nella migliore delle ipotesi riceverebbe uno sputo in un occhio. Nella peggiore finirebbe invece sotto processo per tentata frode ai danni dei malati di cancro, poichè il suo metodo “non è scientificamente dimostrato”.
Se invece l’idea viene agli “scienziati” quelli veri, e se la macchina, invece di essere un alambicco fatto con quattro lattine di pelati e due fili del telefono, fosse un “acceleratore di protoni” dell’ultima generazione, allora gli ospedali di mezza America si getterebbero a capofitto per essere i primi a poterne disporre, e del fatto che il metodo “non sia scientificamente dimostrato” se ne batterebbero tutti sonoramente le ali.
Perchè questa differenza? In fondo, nessuno dei due metodi dà la minima garanzia di successo: perchè quindi scartare a priori che l’inventore possa essere il genio del millennio, e non presupporre che quelli dell’acceleratore stiano invece per prendere la millesima cantonata dell’ultimo secolo?
E’ molto semplice: perchè il baracchino artigianale è costato all’inventore ventidue dollari più le tasse, ... ... mentre l’acceleratore è costato cento milioni di dollari, e viene pagato con le tasse dei contribuenti. Sono i soldi che fanno la differenza, ma non - come si penserebbe – i soldi “risparmiati”: sono i soldi spesi che contano. Se la cosa non costa non interessa (perchè non ci sono "rimborsi"), mentre il fatto che i malati continuino comunque a crepare diventa un corollario del tutto ininfluente.
Il nuovo acceleratore che fa sbavare i grandi centri antitumore americani pesa la bellezza di 220 tonnellate (due Boeing stracarichi di passeggeri e carburante, per usare parametri a noi più noti), e deve essere installato in un edificio grande quanto un campio di calcio, con pareti spesse circa 6 metri (dieci volte i muri del Pentagono). Però spara protoni “quasi alla velocità della luce”! Vuoi mettere, non-guarire in quel modo, in confronto agli antichi e obsoleti raggi X, che ti lasciavano morire viaggiando praticamente al rallentatore?
A proposito di raggi X, infatti, fino ieri ci hanno detto che “chemio e radioterapia non risolvono tutti i problemi, ma restano sempre la cura migliore contro il cancro”, giusto?
Ebbene, sentiamo cosa dice oggi il Dott. Jerry Slater, capo del Dipartimento di Radiologia del Loma Linda University Medical Center in California, il quale evidentemente non vede l’ora di mettersi a giocare a Packman nell’intestino dei suoi pazienti con il nuovo acceleratore ai protoni: “Tutti i raggi X che uso sparano la maggior parte della dose dove non voglio. Ora invece i raggi ai protoni sparano la maggior parte della dose nel tumore.”
Chi lo va a dire adesso alle centinaia di migliaia di gente morta di cancro, che si era affidata alla “migliore delle soluzioni possibili”, che invece gli oncologi sparavano nel buio, ben sapendo di non fare quasi mai centro?
Ora però c’è il super-acceleratore, per cui cambierà la bugia, mentre la vittima sarà sempre la stessa: il malato. Anzi, al suo fianco ora se ne aggiungerà pure un’altra: il contribuente.
Quanto sia perverso il meccanismo della corsa alla spesa lo riconoscono persino gli stessi medici. Ecco cosa dice il Dott. Anthony Zietman, radio-oncologo all’Harvard and Massachusetts General Hospital di Boston, che già dispone di un prezioso acceleratore: “Siamo di fronte al lato oscuro della medicina americana. Una volta che un ospedale avrà fatto un investimento di tali dimensioni, i dottori saranno sottoposti a una tremenda pressione per consigliare ai pazienti il trattamento ai protoni, anche se ci fossero alternative molto più semplici e meno costose”.
Rischi di andare a farti vedere un dente, e uscire con la prostata fosforescente, perchè nel frattempo te l’hanno bombardata di protoni super-veloci.
Lo stesso Zeitman riconosce che i protoni potrebbero essere utili per curare alcuni tumori molto rari, ma per tutti gli altri casi l’unica differenza con le normali macchine a raggi X sta nel prezzo: l’assicurazione medica rimborsa circa 50,000 dollari per un ciclo di trattamento ai protoni, quasi il doppio di un normale ciclo di radioterapia. (Nuovamente, ricordiamolo, i soldi che contano non sono quelli “risparmiati”, ma quelli spesi).
Di fronte a queste cifre, il fatto che “non ci siano risultati validi per affermare che il protone sia meglio” – come ha detto il Dott. Theodore Lawrence, dell’Università del Michigan – non ha nessuna importanza. Il ragionamento di chi sostiene l’acceleratore a protoni è il seguente: ”Più di 800.000 americani, che rappresentano quasi due terzi di tutti i nuovi casi di cancro, si sottopongono annualmente alla radioterapia. Se solo 250.000 di loro potessero beneficiare della terapia coi protoni, si potrebbero riempire più di cento nuovi centri.”
Cento volte cento milioni di dollari, quindi, cento edifici larghi quasi come un campo di calcio, cento nuove macchine da 220 tonnellate l'una.
Di guarire un solo paziente in più però non parla nessuno.
E se per caso questo atteggiamento in perfetto “stile Rumsfeld” - nel quale il tumore è un bersaglio mobile, il paziente il suo sfortunato portatore, e il medico fa l’Hemingway della situazione – dovesse preoccupare qualcuno, sappia costui che ci sono anche delle buone notizie: già si profila all’orizzonte una nuova terapia a base di ioni di carbonio, che paiono essere ancora più potenti dei protoni nel colpire il tumore. La Touro University ne sta progettando uno nelle vicinanze di S. Francisco, che sarà pronto nel 2011. Ma il vantaggio della nuova tecnologia non starà tanto nella accresciuta capacità di uccidere il tumore, quanto nel costo: invece di cento milioni di dollari, ciascuna di queste macchine ne costerà addirittura trecento.
Questo sì che è progresso.
Massimo Mazzucco
Fonte:
New York Times
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