di Uhura
E’ recente la notizia che per un periodo di tempo limitato (ma rinnovabile, come si è subito affrettato a specificare il Governo), verrà militarizzata la sicurezza in Italia: tremila soldati verranno infatti impiegati nel pattugliamento delle città più a rischio.
Se non bastasse il buon senso a farci comprendere che si tratta di un provvedimento che tende a risolvere un problema “gonfiato”, arrivano in soccorso le dichiarazioni dello stesso Ministro della Difesa che, dopo aver affermato che “c'è una percezione di insicurezza maggiore nei quartieri di alcune città”, si è premurato di aggiungere che il provvedimento va letto come un “atto d’amore” verso i cittadini italiani .
Si tradisce dunque con le sue stesse parole, il Ministro, parlando di percezione e non di dato reale.
Corresponsabile del montare di questo clima di insicurezza diffusa è certo giornalismo nostrano, che ha preparato molto bene il terreno ... ... perché tale provvedimento fosse avvertito come necessario da gran parte della popolazione - specialmente cittadina - che sembra non poterne più delle azioni delittuose perpetrate specialmente da stranieri e immigrati.
Ma quand’anche il problema fosse reale, la soluzione escogitata dall’esecutivo è a dir poco fantasiosa: le forze dell’ordine sono numericamente più che sufficienti a garantire l’ordine pubblico e la sicurezza nelle città; semplicemente, sono mal impiegate. Basterebbe riorganizzarle, rendendole più operative (tagliando sprechi e duplicazioni che a tutt’oggi sovrabbondano), e rivedere alcune “storture” nell’organigramma. Inoltre, se davvero fossero insufficienti, non risolverebbero di certo il problema tremila militari in più.
Il gesto dunque va letto in chiave dimostrativa, o peggio, prodromica: oggi sono tremila, e passano quasi inosservati, domani chissà.
Un secondo aspetto della questione riguarda la preparazione dell’ esercito, che allo stato attuale ha poca o nessuna dimestichezza con le problematiche tipiche di certa criminalità metropolitana, e potrebbe più verosimilmente intralciare piuttosto che coadiuvare le forze dell’ordine. “Suum cuique” si dimostra sempre una buona regola di saggezza.
Che ci stiamo avviando, lentamente ma inesorabilmente, verso un sistema di governo che può ricordare nella fisionomia certi paesi dell’America Latina? La domanda vuole essere provocatoria, ma preme qui ricordare che sottovalutare l’avversario spesso si è rivelato errore imperdonabile. (Se Berlusconi dovesse poi davvero nutrire delle intenzioni per così dire... dittatoriali, si potrà pur sempre confidare nell’aiuto degli americani, strenui difensori della libertà e della democrazia, che accorrerebbero con gioia a liberare lo Stivale dal pericoloso dittatore, un tempo solido e fedele alleato!!!)
Tornando alla questione principale, si potrebbe replicare allo scrupoloso Ministro, così sensibile alle istanze di sicurezza che giungono insistenti da più parti, che forse la sicurezza di cui il popolo italiano necessita non è tanto quella relativa alla microcriminalità e alla delinquenza metropolitana - che poi ci si adoperi per arginare tale fenomeno è ovviamente ammirevole - ma nasce dalla consapevolezza di una situazione reale, e non di una percezione, che alligna indisturbata nel nostro Paese:
È reale il dato secondo cui gli stipendi non sono più adeguati al costo della vita.
È reale il dato che giovani e pensionati sono categorie neglette, ignorate, vilipese.
È reale il dato di un sistema educativo fallace e viziato, di un diritto allo studio tale solo nella sua formulazione di principio e di una scuola pubblica sempre più in pericolo.
È reale il problema della sicurezza sul lavoro.
È reale il dato della precarietà degli alloggi, del caro affitti, della crisi dei mutui.
È reale il dato di una sanità essa stessa per prima malata e bisognosa di “cure”.
È reale il dato di una moneta che ha visto decrescere vertiginosamente il suo potere d’acquisto da un decennio a questa parte non permettendo più a moltissimi italiani di poter arrivare serenamente “alla fine del mese”, e quindi più di tutto è reale la percezione di insicurezza che abbiamo verso il nostro futuro.
Atto d’amore allora sarebbe restituire dignità ai cittadini italiani che lavorano 6/8 ore al giorno (quando non di più in moltissimi casi) in cambio di uno stipendio oramai facilmente equiparabile ad un’elemosina, e restituire speranza ai giovani che in questo Paese sono considerati alla stregua del nulla.
Atto d’amore sarebbe preoccuparsi di quella larga parte delle popolazione italiana, gli anziani, che hanno visto in pochi anni diminuire il potere d’acquisto della propria pensione e che non riescono a condurre una vita dignitosa godendosi gli anni a venire in un meritato e dignitoso riposo.
Atto d’amore sarebbe studiare alacremente per porre in essere politiche occupazionali che restituiscano fiducia e progettualità ai giovani.
Atto d’amore sarebbe ancora occuparsi seriamente della questione degli alloggi e dei costi impossibili da affrontare da chi vorrebbe - il condizionale è d'obbligo - acquistare una casa.
Atto d’amore sarebbe ancora quello di studiare politiche “femminili” che restituissero dignità alla donna lavoratrice permettendole di coniugare il lavoro con la vita familiare (al momento è una pura affermazione di principio), e consentendo alle donne, attraverso sussidi e aiuti, di poter scegliere liberamente di diventare madri ad un’età biologicamente ragionevole anziché dover aspettare i 35/40 anni, quando una parvenza di stabilità lavorativa le fa sentire sicure di poter garantire un futuro al nascituro.
Atto d’amore sarebbe prevedere un sostegno economico e morale alle future madri e ai futuri genitori incoraggiandoli ad intraprendere la strada del concepimento invece di quella dell’aborto senza per questo condannare chi quella scelta abbia operato per motivazioni che sono e devono rimanere personalissime.
Atto d’amore potrebbe essere ancora studiare soluzioni concrete e fattive atte a risolvere le problematiche ambientali non più ignorabili come è stato fatto per troppo tempo.
Atto d’amore e dignità ad un tempo sarebbe infine dimettersi da cariche politiche pregne di responsabilità e rappresentatività quando si è coinvolti in questioni giudiziare e non si è certamente famosi a causa della propria specchiata onestà.
Facendo un piccolo sforzo si è potuto individuare tutta una serie di questioni concrete e urgenti, alla risoluzione delle quali l’amorevole Ministro potrebbe riversare tutte le sue tendenze filantropiche e la sua sollecita preoccupazione, nonché le copiose energie di cui sicuramente dispone.
Il recente disegno di legge sulle intercettazioni e il recentissimo attacco alla magistratura “che vuole sovvertire la democrazia” (detto da uno – che per inciso è anche Presidente del Consiglio - che mette l’esercito per strada e possiede tre reti televisive suona davvero ridicolo), condotto con scarsissima eleganza, grandissima arroganza e nessuna prudenza nel voler quantomeno evitare improprie quanto offensive generalizzazioni (gli è stato intelligentemente suggerito di fare i nomi dei magistrati che a suo dire si adoperano per sovvertire l’ordinamento democratico), ci danno il quadro esatto della situazione in cui versa, con Berlusconi al potere, il nostro amato Bel Paese.
E' molto grave che il Premier abbia messo in discussione l'indipendenza della funzione giudiziaria ai più alti livelli istituzionali, e che lo abbia fatto, come è uso fare quando lancia “sparate” del genere, in un contesto internazionale.
Il presidente dell’Associazione Nazionale dei Magistrati, Luca Palamara, ha dichiarato che "gli attacchi rischiano di minare alla radice la credibilità delle istituzioni, e soprattutto quel delicato equilibrio tra poteri dello Stato, fondamentale in un ordinato vivere civile".
Anche il CSM si è pronunciato sulla recente norma che sospende i processi per reati puniti con la reclusione fino a dieci anni, sottolineandone l’incostituzionalità per lesione del principio di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge (art. 3 Costituzione).
Ma della gravità e della pericolosità dei recenti provvedimenti governativi il popolo italiano sembra quasi non accorgersi: gli italiani evidentemente preferiscono ascoltare tanto facili quanto gratuite rassicurazioni (benessere, prosperità e ricchezza sono termini abusati dal Presidente del Consiglio, che però omette sempre di spiegare come riuscirà a concretizzarle), e trovano forse più tranquillizzante individuare un nemico comune - lo straniero delinquente in questo caso - su cui riversare tutte le proprie angosce e frustrazioni, piuttosto che guardare con onestà ai problemi di casa propria e compiere il primo e fondamentale passo perché le cose possano davvero cambiare e migliorare: individuare con precisione il problema o i problemi veri, reali, concreti che affliggono il Paese, e poi rimboccarsi le maniche per porvi rimedio.
E’ davvero imbarazzante contare quante volte dalla bocca del Presidente del Consiglio escano parole quali “democrazia” “libertà” o, a seconda del contesto che guarda caso volge sempre a suo favore , “liberticida” e “antidemocratico”, e quanto i suoi provvedimenti governativi viaggino in direzione diametralmente opposta alla tanto declamata democrazia.
Il fumo che viene costantemente gettato negli occhi degli italiani va al più presto diradato, se si vuole evitare un brusco risveglio: la reazione dell’opposizione si rivela, in questo triste passaggio antidemocratico, fondamentale. E’ suo preciso compito, nonostante non abbia brillato ultimamente per sapienza politica e strategica, organizzare una strenua protesta anche sensibilizzando le frange più morbide dell’ala avversaria.
Il Presidente della Repubblica ha più volte redarguito, negli ultimi tempi, esponenti del Governo su intemperanze linguistiche e più ancora concettuali, intervenendo con sempre più frequenza sui temi politici di maggiore attualità e urgenza, e partecipando al dibattito istituzionale, guadagnandosi l’accusa di un’eccessiva ingerenza.
Si è più volte detto preoccupato della situazione economica del Paese e della questione rifiuti in Campania, ma più di tutto ha sottolineato come lo preoccupi la questione delle riforme costituzionali. Sue le parole “la Costituzione nei suoi principi fondamentali, nei suoi valori, vale così com'è.”
Sarà, la sua, una vox clamantis in deserto?
Uhura
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