Il mio primo impatto con il mondo dei debunkers lo ebbi all’inizio del 2005. Avevo sentito parlare di un certo Paolo Attivissimo, che si autodefiniva curiosamente un “cacciatore di bufale” (a quel tempo non si occupava ancora di 11 settembre), ed avevo sfogliato casualmente qualche sua pagina. Mi colpì subito il tono da “saputello”, che non perdeva occasione per rimarcare la propria “serietà nella ricerca”, a differenza di chi invece – ti lasciava capire – sparava sentenze senza cognizione di causa.
Le sue ricerche peraltro erano zeppe di riferimenti e di citazioni a pagine specialistiche, che sembravano supportare con grande forza ciò che sosteneva. Insospettiva però quel suo continuo voler rimarcare la propria serietà – sempre nel confronto di presunti “altri” – quasi a invitarti subdolamente a fidarti ciecamente di lui. Era come se fra le righe ti dicesse: “Lo vedi come sono preparato? Lo vedi quanto sono serio? Lo vedi quanto io “approfondisca” le materie trattate? Per cui stai tranquillo, se ti dico che una certa cosa è una bufala, lo è di sicuro”.
Provai allora ad approfondire a mia volta una di queste sue ricerche, che riguardava la storia di un faro e di una portaerei, andando a visitare e verificando fino in fondo ciascuna delle fonti segnalate da Attivissimo (non a caso l’articolo che poi scrissi era sottotitolato “Un esercizio di verifica delle fonti”).
Fu così che scoprii come la grande “serietà” di Attivissimo fosse soltanto – almeno in quel caso – una grande cortina fumogena, ... ... dietro alla quale si nascondeva la inconsistenza più totale. Chi è interessato ai dettagli può leggere l’articolo, ma di fatto mi ero accorto che Attivissimo avesse presentato un mare di link di “grande effetto”, che non erano essenziali riguardo alla sua tesi di fondo, ma servivano egregiamente a mascherare la debolezza dell’unico link su cui la sua tesi doveva basarsi. In mezzo a quella selva di cose assolutamente “vere e verificabili”, cioè, il link cruciale – che doveva fornire la posizione esatta della portaerei in quei giorni – non conteneva nessuna precisa indicazione al riguardo.
Un vero e proprio trucco da baraccone. Ti indicano la luna, ma in realtà da vedere c’è soltanto il dito.
Preso con il sorcio in bocca, Attivissimo si giustificava (trovate la sua risposta nei commenti all’articolo) dicendo che “le prove necessarie per chiudere un'indagine antibufala sulla storiella del faro possono essere meno schiaccianti di quelle usate per casi di importanza ben maggiore“. In realtà non si trattava di prove “meno schiaccianti”, ma della mancanza effettiva delle medesime, e quindi di un inganno intenzionale, costruito sulla fiducia che Attivissimo riesce ad ottenere dal lettore con la sua messinscena iniziale.
Quel giorno mi ero imbattuto, senza saperlo, in quello che in seguito avrei identificato come il vero e proprio metodo di lavoro dei debunkers più evoluti.
Io infatti distinguo questi personaggi in due precise categorie: i “rozzi” sono quelli che passano la vita ad attaccarti personalmente, inventandosi continuamente “uomini di paglia” che sconfiggono con grande facilità davanti al loro piccolo pubblico, ma che non hanno un impatto reale sulla massa dei navigatori della rete. Gli “evoluti” invece sono quelli come Attivissimo, che si premurano prima di tutto di convincerti della loro “serietà e preparazione” (mentre sminuiscono quella altrui), per poi portarti a spasso ovunque vogliano con grande facilità. (Quanti si saranno presi la briga di andarsi a leggere tutti quei link sulla portaerei, fra l’altro in inglese, per verificare fino in fondo la tesi di Attivissimo? Di fronte alla ottima “impressione” iniziale, il 99% dei lettori è portato a fidarsi, e ad accettare quindi anche le sue conclusioni). Costoro riescono invece ad avere un buon effetto sulla massa dei navigatori grazie a tre caratteristiche molto precise:
1) Contano prima di tutto sulla generica reputazione di “serietà nella ricerca” che loro stessi si preoccupano in continuazione di alimentare.
2) Sono molto abili nel trovare fonti “altisonanti”, che diano una sembianza di assoluta serietà, contando sul fatto che difficilmente anche il lettore più appassionato andrà davvero a verificarne l’effettiva attinenza.
3) Condiscono sistematicamente il loro discorso con frasi del tipo “fai una ricerca su Google e troverai mille conferme”, “queste sono cose ormai appurate da anni”, “oggi nemmeno il più sprovveduto userebbe un argomentazione simile”, che a furia di essere ripetute finiscono per far sentire in inferiorità anche il più agguerrito dei loro avversari.
(Inutile dire che ho in seguito denunciato mille volte gli stessi trucchi, usati da Attivissimo una volta entrato nell’arena dell’undici settembre).
Veniamo ora al fatto di cui desidero parlare.
Qualche settimana fa c’è stata una interessante discussione su crop circles. Quando questa già si stava esaurendo, e ciascuno aveva detto la sua, hanno cominciato ad arrivarmi dei messaggi che mi segnalavano l’arrivo nel thread di un nuovo utente “coi controcoglioni”, uno “davvero esperto e preparato in materia”, che aveva “completamente ribaltato le carte in tavola”, e aveva “praticamente spiegato l’origine – i cosiddetti circlemakers - dei crop circles.“
Sono andato a leggere i suoi post, ed ho subito notato una serie di frasi come queste:
Quindi, anche in questo caso, i FATTI sono verficabili e confrontabili.
Ci sono DATI, ricerche, studi, tutta roba che si può leggere e studiare e che conferma quello detto dal biologo interpellata da Grassi.
Per aggiungere i dettagli ad ogni singola formazione e per ritrovarne tante altre, basta Google.
Ecco, QUESTO è un approfondimento. Non quello di chi si limita a leggersi la paginetta del BLTSearch, o quello di chi si legge “La natura complessa dei cerchi nel grano”.
C’è tutta una lunga “letteratura” sulle identità e le finalità dei cirlcemakes, che si può ritrovare sia in rete ...
E quindi ti invito a ricercarti il materiale originale, a leggerlo e poi a capire la SOSTANZA di quello che viene detto.
Il VERO approfondimento va al di là di quello che viene divulgato per fare cassetta, ma si porta all’analisi ed alla verifica DIRETTA dei dati.
I segnali c'erano tutti.
Come se non bastasse, il post di esordio conteneva un attacco personale al sottoscritto talmente inutile e ridondante da farmi sospettare che il vero scopo non fosse affatto quello di demolire la mia credibilità (in realtà io sull’argomento non avevo nemmeno espresso una posizione precisa), ma di sottolineare quanto LUI fosse preparato in materia.
C’era infine un terzo indizio, che mi confermava in pieno quello che già l’intuizione mi suggeriva: una difesa talmente strenua e accorata del CICAP, nella sua nota figuraccia sui porcospini (vedi articolo), da far pensare che l’autore fosse lui stesso un appartenente a quella organizzazione: i debunkers di professione, i “tranquillizzatori del sistema”, i beneamati salvatori di coloro che non possono permettersi di fare ipotesi che in qualunque modo mettano in discussione lo status quo.
Lo scontro fra noi non è stato piacevole - nè poteva esserlo, data la premessa - ma è servito comunque ad obbligare questo personaggio a confrontarsi apertamente sulla tesi che stava cercando di far passare in sordina, nel bel mezzo della sua cortina fumogena: tutti i crops sono opera dei “circlemakers”, non c’è nulla di misterioso, tornate tranquilli a lavorare e non pensate a cose che possano distrarvi dal vostro innocuo agire quotidiano.
Messo subito alle strette, il nostro ospite ha cercato inizialmente di “contrare” l’attacco facendomi a sua volta domande chiaramente intese a spostare altrove il problema. Ma io ho insistito fin dall’inizio su una cosa sola, la più semplice ed elementare che chiunque chiederebbe di fronte ad una affermazione così categorica, come “tutti i cerchi sono fatti con corde e tavole”: un filmato che mostrasse la realizzazione di un cerchio soddisfacendo tutte le condizioni più estreme fino ad oggi conosciute. (Altri lo avevano richiesto prima di me, ma in maniera molto più “educata”, e quindi facilmente evadibile).
E’ così iniziato un nauseante balletto di “le prove te lo ho già date”, “vatti a vedere i link che ho postato”, al quale ho messo fine nell’unico modo che avevo a disposizione: ho offerto al nostro un articolo in home page, nel quale riassumere in maniera solida e ordinata tali prove, mettendo fine una volta per tutte alla diatriba sui crop circles.
A quel punto però, curiosamente, il nostro amico ha rifiutato, dicendo che un lavoro serio comporta molto tempo, e che comunque se avesse voluto fare un articolo del genere non lo avrebbe fatto certo per noi.
Ho dovuto quindi prendere atto che nei famosi “link” di cui parlava il nostro ospite la famosa “dimostrazione” non ci fosse affatto (altrimenti sarebbe bastato riassumere il tutto, tornando a citarli, no?).
Ma non basta.
Tormentato da un tarlo che non mi lasciava in pace, ultimamente mi sono deciso ad andare a verificare a fondo alcuni di questi benedetti link, e ciò che ho trovato mi ha riportato di colpo “indietro negli anni”.
Chi ha seguito il thread originale sa che la grande “forza di impatto” ottenuta dal nostro Gucumatz (tale il nick con cui si era presentato da noi) era basata soprattutto sulla demolizione categorica del lavoro di un certo Haselhoff, esperto di crop circles e sostenitore delle “anomalie biologiche“ che differenzierebbero quelli “reali” (di origine sconosciuta) da quelli “falsi” (fatti invece dai “circlemakers”).
In proposito, Gucumatz ha scritto: “Infatti, come dimostrato nell’articolo comparso nel 2005 sul Journal of Scientific Exploration (“BOLs, the questionable science of Crop Circles”), emerge chiaramente che le estrapolazioni di Haselhoff sono del tutto arbitrarie,...”, arrivando poi ad accusare apertamente Haselhoff di “barare nei dati e nei risultati”.
Quello che non “emergeva chiaramente” dalla condanna di Gucumatz verso Haselhoff era la risposta di quest’ultimo, il quale scrisse:
“Molti, se non tutti, i punti di Grassi [l’autore dell’articolo contro Haselhoff] che riguardano la mia pubblicazione sono irrilevanti o erronei. Alcuni dei suoi commenti sarebbero stati validi in caso le mie dichiarazioni fossero state un completo articolo, che però non era. Gli argomenti di Grassi su attinenza statistica già erano stati menzionati nelle mie conclusioni e ora non possono essere usati come un punto della critica. La sua accusa che io avrei dovuto trattenere dati per manipolare statistiche non è valida. Infatti, a causa di scarsa comunicazione, Grassi ha usato i dati di avanzo (da me cestinati) per sua analisi che non ha di conseguenza affatto valore. Ritengo l'altisonante pubblicazione di Grassi fuori luogo. La prima pagina delle argomentazioni di Grassi è costituita da un commento su tre altre pubblicazioni scientifiche, due delle quali furono scritte da membri del team di indagine del BLT, ed uno dei quali fu scritto da me. Leggendo l'articolo di Grassi, ho trovato molti interpretazioni errate e malintesi riguardo il lavoro della BLT... “ eccetera eccetera eccetera.
Ora, trattandosi di materia altamente tecnica, nessuno di noi è in grado di giudicare chi abbia davvero ragione, ma di sicuro non siamo di fronte a quella “demolizione radicale” che il nostro Gucumatz ci aveva venduto per un dato di fatto.
Anche riguardo alla questione dei “tempi di raccolta” delle spighe poi analizzate, Gucumatz ci passa per scontate cose che non lo sono affatto. Scrive Gucumatz: ”Il BLT dice (ma lo dice solo) di avere preso i campioni entro TRE giorni dalla formazione. Ma poi il BLT si dimentica di avere pubblicato dei Rapporti (consultabili on line) in cui vengono registrate tutte le date dei campionamenti. E se si va a vedere questi particolari, si scopre che le piante sono state raccolte due SETTIMANE dopo la formazione. Quindi in due settimane ha avuto tutto il tempo per agire il gravitropismo/fototropismo, cioè quel meccanismo di allungamento/piegatura dei nodi, che loro conoscono bene.”
Ora, non solo Gucumatz non mette i link ai rapporti “consultabili online”, ma si dimentica di dirci che il BLT sostiene invece, rispetto al gravitropismo, di averne dimostrato la sostanziale estraneità alle famose “anomalie”.
(A control study designed to evaluate two possible causative mechanisms for these observed plant anomalies - overfertilization and: or gravitropism - clearly revealed that neither factor contributes significantly to the documented plant alterations).LINK
E’ quindi verissimo che “lo conoscono molto bene”, ma al BLT non condividono assolutamente quello che Gucumatz cerca invece di far passare per un fatto accertato (anzi, sostengono di aver dimostrato l’esatto contrario).
Nuovamente, non sta a noi decidere chi abbia ragione, ma di sicuro possiamo decidere che Gucumatz presenti troppo spesso per fatti assodati quelli che sono invece i cardini stessi della discordia. E vista la costanza con cui commette questi “errori”, diventa difficile pensare che siano dovuti a pura distrazione. Vediamone altri esempi:
Riguardo alle famose prove filmate, Gucumatz scrive: “Con questi è possibile verificare ciò che anche Voyager (un paio di anni fa, se non ricordo male) aveva già chiaramente mostrato: cioè che eseguire un crop circle complesso, di notte, al buio, in 3-4 persone, con mezzi tecnologici semplici, è FATTIBILE. “
Più avanti però Gucumatz riconosce che “In onda ne è andata solo una parte, ma il risultato lo si è visto, e gli strumenti utilizzati pure. Il video non è mai andato in onda in forma intera (per ovvie esigenze televisive), ma a questo punto potrebbe essere interessante per i DIVULGATORI fare quello che dicono di avere fatto: cioè approfondire gli argomenti e richiedere alla Rai tutto il registrato”.
Curioso: come si può parlare di “ciò che Voyager aveva già chiaramente mostrato”, quando “potrebbe essere interessante per i DIVULGATORI ... approfondire gli argomenti e richiedere alla Rai tutto il registrato”? Non dovrebbe bastare la trasmissione, a questo punto? E poi scusate, io “per ovvie esigenze televisive” avrei messo la parte più importante, non l’avrei lasciata fuori.
Il filmato di Voyager purtroppo non si trova, ma in rete se ne trova un altro di quelli citati con tanta disinvoltura da Gucumatz come prove lampanti della tesi “circlemakers”: il filmato di Discovery Channel.
Ebbene, abbiamo delle pessimo notizie per il nostro Gucumatz. Nei soli tre minuti iniziali arriva una serie di smentite clamorose a quello che lui sostiene:
1 – Proprio in apertura il filmato afferma: “Negli ultimi trecento anni i crop circles sono apparsi dappertutto nel mondo”.
Che dite, a questo punto? Saranno stati i trisnonni dei circlemakers a farli? E quelli fatti prima che i due vecchietti sostenessero di essero loro gli autori dei crop circles? (Problema che Gucumatz scarta con grande nonchalance: “Che fossero loro gli autori di tutti i cerchi già apparsi prima del ‘91 conta poco alla fin fine, ...”. Conta moltissimo, invece, e non c’è bisogno di spiegare il perchè).
2 – Una testimone racconta di due “palle di luce” che ha visto sorvolare un campo di grano”, il quale “in pochi secondi si è appiattito, come se una qualche forza lo schiacciasse verso il basso”.
Nella sua tesi, Gucumatz ha completamentre ignorato le moltissime testimonianze in questo senso. (Almeno in quel caso, sembra che i “circlemakers” non siano intervenuti).
3 – Il filmato dice: “alcuni cerchi sono chiaramente dei falsi, ma come spiegare i casi in cui gli scienziati hanno trovato tracce di radioattività e alte percentuali di ferro magnetizzato”?
In seguito il filmato mostra come degli studenti dell’MIT siano riusciti a replicare la radioattività e la presenza di ferro magnetizzato in un crop circle creato da loro, ma diventa leggermente più difficile sostenere che TUTTI i circlemakers del mondo vadano in giro con delle scorie radioattive con cui “innaffiare” gli steli delle spighe piegate, o con un lanciafiamme modificato per disperdere nell’ambiente particelle di ferro magnetizzato.
Notiamo fra l’altro che l’intera tesi di Gucumatz poggia su una plateale “fallacia per associazione”, ovvero che “siccome è noto che alcuni cerchi siano fatti dai circlemakers, è dimostrato che TUTTI i cerchi siano fatti da loro”.
4 – Rispetto all’esperimento dei ragazzi del MIT, il filmato dice che “hanno scoperto come creare un crop circle sia una impresa difficile e pericolosa”.
Altro che scampagnata con birra e panini, come vorrebbe farci credere Gucumatz. E pensare che quei ragazzi, nel tempo concesso, hanno disegnato nel grano una figura geometrica davvero miserrima.
5 - Il filmato riconosce al BLT la totale legittimità di ricerche scientifiche condotte da scienziati in “bona fide”, e dice che “più le loro ricerche procedono più ci si allontana dalla possibilità che i crops (autentici) siano fatti dai circlemakers.”
6 – Al di là della loro replicabilità, il filmato conferma che le famose anomalie esistono, smentendo in pieno le affermazioni di Gucumatz che invece le nega, dando il fatto per assodato.
E per fortuna che questo era uno dei filmati citati da Gucumatz a sostengono della propria tesi.
Ma ancora più interessante diventa una frase di Gucumatz, che a un certo punto dice:
“Ma per tagliare la testa al toro, ecco un filmato che probabilmente potrà rispondere alla curiosità di chi non ha mai visto dei circlemakers all’opera”:
Il video lo avete visto anche voi. E’ semplicemente patetico, ed è evidente che dalla parti di Gucumatz per tagliare la testa al toro basti un grissino. O forse lui conta sul fatto che la gente si fidi ciecamente della sua parola.
Si potrebbe andare avanti ancora, entrando più nel dettaglio delle argomentazioni, ma come ho già detto questa non voleva essere in alcun modo una confutazione della tesi di Gucumatz (che soffre peraltro di ben altre debolezze, volendo), ma la denuncia di un metodo ben preciso e purtroppo abbastanza diffuso di disinformazione, abilmente mascherato da sapienza, obiettività e serietà nella ricerca.
Se posso concludere con un consiglio personale, diffidate di tutti coloro che ci tengono in particolar modo a farvi sapere di essere credibili: con una excusatio non petita di quelle dimensioni, quasi sicuramente stanno cercando di rifilarvi una fregatura.
Massimo Mazzucco
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