Mi è capitato più di una volta di ricevere email nelle quali mi si chiede "come si fa a fare un documentario?"
Sono spesso persone che dicono di avere già raccolto tutti i materiali necessari, ma di non sapere minimamente da dove iniziare per trasformare il tutto in un filmato da mettere poi in rete.
Naturalmente non esiste un metodo unico per "fare un documentario", per cui io mi limiterò a descrivere come lavoro io, senza per questo escludere altre possibilità.
Innanzitutto, vi sono tre aspetti separati da considerare: il primo è quello prettamente tecnico (la pratica del montaggio), il secondo è quello dei materiali (le fonti da utilizzare), il terzo è quello del contenuto (che cosa raccontare, e come farlo). Per quel che riguarda l'aspetto tecnico non c'è molto da dire, nel senso che basta "appiccicare" insieme alcune sequenze video, metterci sotto una narrazione, e hai già fatto un rudimentale documentario. Prima di intraprendere un qualunque progetto, però, è necessario fare almeno un po' di esperienza con i passaggi fondamentali del montaggio: prendere alcuni pezzi di video diversi, assemblarli, imparare a tagliare e a inserire, aggiungere una narrazione, e riprodurre il tutto in un filmato completo. Senza questa pratica essenziale è altamente sconsigliabile di mettersi a progettare un documentario di qualunque tipo.
Il secondo aspetto riguarda i materiali da utilizzare. A meno infatti di disporre di una troupe di professionisti ... ... e di uscire a girare il proprio documentario ex-novo, bisogna cercare di arrangiarsi con i materiali già esistenti. Fortunatamente la rete è diventata una fonte quasi infinita di materiali che si possono scaricare e riutilizzare, pur di rispettare alcune condizioni sul copyright (ne parleremo casomai altrove).
Non solo esiste
Internet Archive, che è sicuramente la più ricca e completa fonte di materiali storici di ogni tipo, ma sullo stesso Youtube si riesce ormai a trovare qualunque filmato che abbia un minimo di importanza, e che sia passato almeno una volta in televisione.
Oltre ai video ci sono anche le fonti di tipo fotografico, che si possono scaricare con altrettanta facilità (alle stesse condizioni di copyright dei filmati) con una semplice ricerca sulle immagini.
Ma lasciamo un attimo da parte la questione dei materiali, e affrontiamo l'aspetto più importante di tutti, che è quello dei contenuti. E' infatti da questi che dipenderanno la modalità e il criterio con cui andrete alla ricerca dei materiali da utilizzare.
La prima decisione da prendere riguarda l'argomento stesso da affrontare. Il primo errore da evitare, infatti, e quello di confondere ciò che noi avremmo voglia di raccontare con quello che gli altri possono aver voglia di ascoltare.
A me ogni tanto capitava, quando andavo ad un festival, che qualcuno mi avvicinasse e mi dicesse: "Mazzucco, lei deve assolutamente fare un film sulla mia vita. È una storia interessantissima!" E io fra me e me pensavo: "Sì, certo, sarà interessantissima per te, che la vivi da vicino giorno per giorno. Ma a me che cacchio me ne frega?"
In altre parole, prima di scegliere se affrontare o meno un certo argomento, bisogna cercare di capire se questo contenga termini e valori universali, che interessano e riguardano tutti, oppure se ha soltanto valore per chi lo racconta. Per fare un esempio: la storia di Massimo Mazzucco che è salito per la prima volta su una nave da crociera non interessa a nessuno, perché riguarda soltanto i miei ricordi e la mia vita personali. La storia invece di un ragazzo che s'imbarca su una nave chiamata Titanic per andare in America interessa tutti, perché quella storia riguarda un archetipo universale (il desiderio di costruirsi un avvenire) che tutti abbiamo condiviso, e col quale possiamo relazionarci.
Scusate se l'ho presa un po' da lontano, ma sono sicuro che questo discorso sarà servito a far scartare già in partenza almeno la metà dei progetti che molti possono avere in testa, nel momento in cui si rendono conto che riguardavano vicende di tipo personale, ma non di interesse universale.
Una volta assimilato questo concetto fondamentale, il passo più grande è già stato compiuto. Nel momento in cui abbiamo imparato a dare la priorità al desiderio altrui di sapere, rispetto alla nostra voglia di raccontare, abbiamo già stabilito anche i parametri più importanti che ci aiuteranno a realizzare correttamente il nostro lavoro, giorno per giorno. (Ci torniamo sopra in seguito).
Facciamo ora un esempio pratico. Diciamo di aver voglia di fare un documentario sui falsi viaggi lunari. Partiamo cioè dal presupposto di aver capito, grazie alla nostra esperienza di fotografo, che le fotografie lunari siano in realtà dei falsi clamorosi, e di aver dedotto che probabilmente anche le stesse missioni Apollo siano state una messinscena.
Sottoponiamo prima di tutto l'argomento al test dell'universalità: questa storia dei falsi viaggi lunari è una cosa che interessa solo a me (in quanto esperto fotografo), oppure può interessare anche gli altri?
Ovviamente la risposta è la seconda, perché l'ipotesi dei falsi viaggi lunari comporta una tale quantità di implicazioni - di tipo storico, politico e morale - che ben poche persone possono restare impassibili di fronte a questo argomento.
Benissimo, e Luna sia, allora. A questo punto bisogna rispondere alla seconda domanda fondamentale: "Che cosa voglio raccontare,
esattamente?"
Perché una cosa è dire "faccio un documentario sui viaggi lunari", un'altra è dire, ad esempio, "faccio un documentario nel quale raccolgo tutte le prove più convincenti che suggeriscono la messinscena dei viaggi lunari".
Nel primo caso, ci si ritroverebbe probabilmente ad appiccicare in modo più o meno sensato una serie di filmati, di ipotesi e di ragionamenti, che rischiano in tutta probabilità di non andare da nessuna parte.
Nel secondo caso invece, una volta deciso
con precisione di cosa parla il vostro film, saprete anche automaticamente di cosa "non parla". Sarà quindi molto più facile stabilire in seguito quali argomenti entreranno a far parte del vostro film, e quali no.
La terza domanda fondamentale a cui rispondere è questa: ora che ho stabilito di "voler raccogliere tutte le prove più convincenti contro le missioni Apollo", come le racconto? Come le organizzo? Come le presento? In che ordine le metto insieme?"
Siamo entrati così nel cuore vero e proprio della questione narrativa, cioè la struttura del racconto.
La regola da tenere presente (questa sì è una regola vera e propria, da considerare universale) è che ogni racconto è costituito da tre parti diverse: premessa, sviluppo, conclusione. (Si chiama in gergo "struttura in tre atti", e viene da Aristotele).
Ricordate che è impossibile mettere insieme un racconto sensato, di qualunque tipo, se vi manca una soltanto di queste tre parti. Persino una barzelletta, se ci pensate bene, è costituita da queste tre parti: c'è un tizio che vuole uccidere sua moglie (premessa). Va dal suo amico medico, che gli consiglia una pillola speciale…… (sviluppo). Dopo tre settimane il medico va a trovare il suo amico, e scopre invece che…… (conclusione).
Anche nei documentari, che sono una forma di racconto come tutte le altre, servono una premessa, uno sviluppo, ed una conclusione.
Nel caso della Luna, la premessa sarà del tipo: "Nonostante l'allunaggio delle missioni Apollo sia stato visto in diretta tv dal mondo intero, vi sono molte persone che dubitano che queste missioni siano state fatte davvero, e credono che si sia trattato invece di una messinscena".
Lo sviluppo, che è sempre la parte più corposa di qualunque narrazione, conterrà tutte le argomentazioni pro e contro che riguardano la domanda iniziale (siamo o non siamo andati sulla Luna?), e
soltanto quelle. (Ecco a cosa serviva aver deciso prima "di cosa parla esattamente il film").
La conclusione sarà, molto probabilmente, che "esistono quindi seri dubbi, documentati e verificabili, che si sia trattato di una messa in scena".
Tenete presente che, nel caso dei viaggi lunari, sarà molto difficile arrivare ad una conclusione di tipo assoluto ("è quindi dimostrato che i viaggi lunari non siano mai avvenuti", oppure "è quindi dimostrato che sulla Luna ci siamo andati"). Ma questo non ha nessuna importanza: ciò che importa è che il racconto abbia una conclusione di qualunque tipo, anche se aperta, altrimenti rischia di risultare monco.
A questo punto lasciamo da parte la premessa e la conclusione, che sono in realtà due elementi minori del racconto (i più facili), e concentriamoci sullo sviluppo dell'argomento centrale.
La prima cosa da fare è stilare una lista di tutte le argomentazioni disponibili, sia contro le missioni Apollo che a favore. Nella lista "contro" troveremo ad esempio (faccio degli esempi grossolani): A) fotografie, B) radiazioni cosmiche, C) limitazioni tecnologiche, mentre nella lista "a favore" troveremo: A) rocce lunari (riportate sulla terra), B) specchio riflettente del laser (lasciato sul suolo lunare), C) filmati "impossibili" da realizzare in studio.
A questo punto ho davanti tutti gli ingredienti principali del mio minestrone. E qui sta veramente a ciascuno di scegliere come organizzarli. C'è chi, ad esempio, potrebbe voler presentare prima tutte le prove a favore, e poi tutte le prove contro, mentre altri potrebbero voler alternare la narrazione fra una prova a favore e una prova contro. Ambedue le scelte sono valide. Ciò che importa è che nel corso dell'esposizione si tenga sempre presente lo spettatore, il quale ha bisogno di poter seguire il tuo discorso con chiarezza, e possibilmente senza mai spezzare il filo logico che lega i vari argomenti.
Si ritorna così al discorso iniziale, e cioè la differenza fra "ciò che interessa a me" e "ciò che interessa gli altri", questa volta da applicare non più al tema generale, ma agli argomenti specifici. A me ad esempio, come fotografo, interesserebbe molto discutere di quale tipo di illuminazione sia stata utilizzata per realizzare i controluce delle varie foto "lunari" (pannelli riflettenti, sorgenti secondarie, eccetera), ma devo tener presente che allo spettatore medio questo non potrà mai interessare, se prima non gli spiego chiaramente
perché non si potrebbe mai ottenere quel tipo di controluce sulla Luna, dove mancano appunto i pannelli riflettenti, le sorgenti secondarie, ecc.
Inizio quindi a scrivere il capitolo intitolato "controluce", e cerco di argomentare al meglio la mia tesi.
Poi faccio la stessa cosa magari con il capitolo intitolato "temperature", e cerco di spiegare perché la pellicola utilizzata dagli astronauti si sarebbe letteralmente disciolta al calore dei raggi solari (che sulla Luna superano i 100° C) mentre si sarebbe letteralmente sbriciolata una volta passata in ombra (dove la temperatura è invece di 100° sottozero).
Poi magari mi viene in mente un argomento valido per rispondere alla "prova" delle rocce lunari (a favore delle missioni Apollo), e mi metto a scrivere quello.
Soltanto quando ho scritto almeno un abbozzo di tutti gli argomenti che intendo trattare, affronto il problema della struttura generale. Il motivo è molto semplice (anche se ho dovuto impararlo con anni di errori e rifacimenti): soltanto quando hai davanti l'introduzione e la conclusione di ciascun argomento, riesci a capire quale sia l'ordine migliore con cui presentare tutti gli argomenti nel loro insieme.
Avete quindi capito il vero "trucco" della narrazione: esattamente come il "grande racconto" si appoggia sulla struttura in tre atti, anche ciascuno degli argomenti singoli, per avere la massima efficacia, deve avere la sua premessa, il suo confronto e la sua conclusione.
Macro e micro. Frattalità assoluta.
Ad esempio, per l'argomento pellicola, avremmo:
Premessa: Le normali pellicole fotografiche sono previste per lavorare, sulla terra, dai 30° sotto zero a 40° sopra zero (vado a spanne).
Sviluppo: Sulla Luna invece, per questo e quel motivo, l'escursione termica va da -100° a + 100°.
Conclusione: Se quelle pellicole fossero davvero state sulla Luna, si sarebbero disciolte per il calore oppure sbriciolate per il freddo eccessivo.
La premessa e la conclusione, oltre che a sostenere l'argomento specifico, hanno anche la funzione di "maniglie" rispetto all'argomento precedente, e a quello successivo.
Ad esempio, l'argomento "temperatura pellicole" che ho appena trattato starebbe bene dopo aver parlato della climatizzazione del LEM, perché qui abbiamo già accennato alla forte escursione termica che c'è sulla Luna (e quindi mi "viene comodo" parlare ora degli effetti che quest'escursione ha sulla pellicola fotografica).
Mentre la conclusione dell'argomento "temperatura pellicole" (si sarebbero sciolte o sbriciolate) potrebbe introdurre quello dell'effetto sulla pellicola delle radiazioni cosmiche (i raggi X praticamente "cancellano" qualunque immagine sulla pellicola fotografica), perché stiamo già trattando il tema della pellicola. Potrei cioè sommare due argomenti contro la possibilità di usare pellicole sulla Luna, uno accanto all'altro, rafforzando il concetto.
Ovviamente, se provate ad immaginare di avere davanti trentacinque argomenti disponibili, invece di sei soltanto, vi rendete conto di quanto sia difficile riuscire ad arrivare alla struttura ideale del vostro racconto.
Questo sforzo però risulterà per lo spettatore in una visione scorrevole e fluida, dove gli argomenti si agganciano in modo naturale l'uno all'altro, costruendo così un'immagine complessiva più solida e comprensibile per lui.
Se invece si inizia a saltabeccare di qua e di là, passando da un argomento all'altro senza un criterio preciso (come fanno purtroppo moltissimi documentaristi dell'era di Internet), dopo un po' si perde il filo del discorso, e con quello subentra uno stato di noia che porta rapidamente alla catalessi.
Arriviamo ora all'ultima parte del processo creativo: i materiali. Soltanto dopo aver impostato la narrazione completa, almeno nelle sue linee generali, puoi partire alla ricerca dei materiali che ti serviranno per realizzare il tuo documentario, senza rischiare di sprecare troppo tempo. (La quantità di materiali "apparentemente utili" infatti è ormai enorme, in Internet. Conviene quindi sapere in anticipo cosa ti serve di preciso).
Si può anche fare il percorso contrario, naturalmente. Si può cioè partire da una raccolta di materiale interessante, fatta un po' a caso, con serendipity, e costruire poi il tuo racconto "intorno" al materiale raccolto. È però un procedimento molto più rischioso e delicato, che consiglierei solamente a chi abbia già una certa esperienza con questo tipo di lavoro. Altrimenti il rischio di ritrovarsi in mano qualcosa di assolutamente inutile è enorme.
Attenzione però a non compiere l'errore opposto: cercate cioè di non congelarvi in uno schema troppo rigido e ripetitivo, e restate sempre pronti a capovolgere la dinamica del processo creativo, se si presenta l'occasione. Può infatti capitare di imbattersi per caso in un video (un pezzo di informazione) particolarmente interessante, quando ormai la struttura del vostro racconto è quasi completata. A quel punto bisogna avere il coraggio di smontare quello che si è già costruito - se si ritiene che ne valga la pena - anche se questo richiederà magari la riscrittura completa di un intero blocco narrativo (ne sa qualcosa il sottoscritto, che tre mesi fa credeva di aver "finito" il nuovo film sul 9/11, mentre purtroppo continuo ad imbattermi in clip particolarmente interessanti, che mi obbligano spesso a rifare un intero capitolo, pur di inserirle in modo armonico nel resto della narrazione).
Comunque sia, quello che conta è il risultato finale. Queste sono cose che si fanno per passione, e non certo per arricchirsi. E la soddisfazione di guardare il proprio lavoro che scorre come l'olio dall'inizio alla fine (almeno per te), è qualcosa di assolutamente impagabile per chiunque voglia avventurarsi in questo tipo di esperienza.
Ricordatelo sempre: il primo spettatore dei vostri film dovete essere voi stessi.
Massimo Mazzucco