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Nei commenti (16/5/2006 5:25) i link alla prima parte del capitolo delle Torri[/color]
Domenica a Roma, approfittando di una manifestazione organizzata da Radio Spazio Aperto, sarà presentato in anteprima in nostro film "11 Settembre 2001 - Inganno Globale", di cui è stato completato proprio in queste ore il mix finale.
Il locale sarà di nuovo l'Auditorium S. Domenico, dove fu già presentato, l'anno scorso, "11 Settembre - 4 anni dopo" (e cioè la versione parziale, oggi completata ed approfondita, dei capitoli relativi a Torri e Pentagono).
In coda all'articolo trovate il link alla trasmissione su Radio Spazio Aperto di questa mattina, in cui abbiamo annunciato la proiezione, e nella quale sono anche indicati i numeri di telefono per le prenotazioni. Chi non è di Roma, o non potesse comunque andare all'Auditorium, ... ... potrà in ogni caso scaricare molto presto il film direttamente dalla rete, legalmente e gratuitamente, indipendentemente dalla sua prevista uscita in edicola in formato DVD (v.:
Ashcroft, morbo di).
Vale forse la pena, a questo punto, di ricapitolare lo sforzo collettivo fatto finora da un numero sempre crescente di utenti di Luogocomune (e non), nel cercare di diffondere capillarmente tutte quelle informazioni sull'11 settembre che i media ufficiali hanno da sempre soppresso. Tale sforzo è stato fatto, molto spesso, con il prezioso supporto dei vari filmati che sono stati prodotti finora dai diversi autori sull'argomento.
Il primo in assoluto fu l'ormai "mitico"
In Plane Site, di Eric von Kleist, mentre l'ultimo in ordine di tempo è stato Loose Change, che proprio Luogocomune di recente ha sottotitolato e messo in rete in italiano. Fra di loro ci sono stati i lavori, altrettanto importanti, di Eric Hufschmid, di Jimmy Walter, di Alex Jones, di Barry Zwicker, e di molti altri.
Tutti questi "film", in realtà, sono degli "assemblaggi organizzati e commentati", da ciascuno degli autori in maniera differente, di tutta una serie di materiali audio/video che sono di pubblico dominio, e facilmente reperibili in rete da chiunque.
Addirittura, con la vistosa crescita che si è verificata ultimamente di siti specializzati sull'undici settembre, le informazioni disponibili, che coprono ormai tutti i più diversi aspetti degli eventi di quel giorno, sono numerosissime, al punto che non esiste un solo sito che sia in grado di raccoglierle e contenerle tutte. Girovagando però nel "metasito" costituito dai vari siti i più importanti del settore, è possibile portare a casa in poco tempo tutti gli elementi necessari per costruire ex-novo un filmato simile a quelli già citati.
Ed è qui che il discorso si fa interessante. Proprio grazie alla sovrabbondanza di informazioni disponibili, tutte apparentemente importanti, tutte utili e tutte "decisive", l'autore è costantemente esposto alla tentazione di mettere troppa carne al fuoco, vanificando il risultato finale. Questo è il caso - è la mia personale opinione, sia chiaro - proprio di Loose Change, dove la caterva di dati che si rovesciano sullo spettatore mette a dura prova le capacità di ritenzione anche del più esperto e smaliziato in materia. A questo si aggiunga che il ritmo incalzante, che rende il film inizialmente piacevole ed accattivante, diventa poi il suo limite maggiore, quando impedisce proprio un accurata "digestione" di questa enorme mole di informazioni. Insomma, o l'uno, o l'altro, ma non mi puoi dare troppo da mangiare, e pochissimo tempo per digerire.
In realtà, Loose Change mette in mostra il vero problema: è semplicemente impossibile pensare di poter affrontare in maniera esaustiva un argomento così complesso come l'undici settembre, nel tempo limitato che ti concede questo genere di filmato. D'altronde, non si può nemmeno pensare di fare "I Fratelli Karamazov" a puntate.
Un altro rischio non indifferente, nel comprimere troppe informazioni in un unico filmato, è quello di includerne alcune, più "deboli", che possano poi prestare il fianco agli attacchi dei cosiddetti debunkers.
Stabilito infatti che il mestiere di costoro non è affatto la ricerca della verità, ma semplicemente lo smontaggio sistematico di ogni ipotesi che a loro non aggradi, questi siedono come avvoltoi sulle balconate del lavoro altrui, attenti solo a coglierne la minima inesattezza, per poi montarci su un vero e proprio Carnevale di Rio. Fanno questo, naturalmente, nella pia illusione di smontare in quel modo l'intero impianto di accusa che gli è stato presentato - e questo invece, fortunatamente, non accade - ma spesso riescono comunque a provocare dei danni non indifferenti, nel fornire degli appigli inaspettati a tutti coloro che si avvicinano alla materia in perfetta buona fede, ma si rivelano poi non in grado di affrontarla nella piena indipendenza del loro spirito critico.
Ecco che allora, nel fare questi film, le cose che "non ci sono" diventano quasi più importanti di quelle che ci sono. Il discorso, ovviamente, vale anche per chiunque altro, affetto dal morbo di Ashcroft, si accinga magari ad affrontare l'argomento davanti ad una tavolata allegra e festosa di parenti, del tutto ignari di quello che li attende.
Una volta stabilito che il cestino da cui attingere, abbondantemente colmo ormai, è più o meno lo stesso per tutti, il criterio adottato nella selezione dei singoli elementi da presentare - film o "comizio", lo ripetiamo, non cambia nulla - diventa il parametro effettivo da cui dipenderà l'efficacia dello sforzo effettuato.
Qui naturalmente scattano le scelte personali di ciascuno, e nessuno può dire con certezza quali siano in assoluto quelle giuste e quelle sbagliate.
Da parte mia, posso solo cercare di illustrare il criterio che ho seguito io, nel mettere insieme "Inganno Globale", e che mi permetto di suggerire anche a chi sia alla ricerca di una formula più efficace per non doversi mangiare il fegato ogni volta che affronta l'argomento con una persona all'oscuro dei fatti.
[continua - chiedo scusa, è stato tutto molto improvvisato]
Massimo Mazzucco
Questo il link alla trasmissione RSA di questa mattina
Per chi ancora non sapesse di cosa si tratta, ecco a voi
"Il Morbo di Ashcroft".
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Seconda parte
Come già detto nella prima parte dell'articolo, il piatto dell'offerta degli elementi a favore dell'autoattentato è ormai talmente colmo, che ogni volta che si deve decidere di lasciarne fuori qualcuno ti piange il cuore. Ma se si pensa al pubblico per cui questo film è stato fatto - e più in generale, al "pubblico" di tutti gli afflitti dal Morbo di Ashcroft - la scelta diventa molto più facile.
Bisogna infatti partire dal presupposto che una persona che non sa nulla dell' 11 settembre, deve prima di tutto affrontare il problema psicologico di accettare questa nuova possibilità. Deve cioè passare dalla fase "non è possibile che se lo siano fatto da soli" - dalla quale in qualche modo siamo tutti partiti, non dimentichiamolo - alla fase "non solo è possibile, ma guarda un pò 'sti stronzi che se lo sono fatto davvero".
In questo tipo di situazione psicologica, abbiamo ormai riscontrato che "aggredire" la persona, sbattendole in faccia certe "verità" lampanti, è quasi sempre controproducente. Dev'essere l'altro a decidere di fare entrare queste informazioni nel suo cervello, a secondo dei tempi e dei modi che il suo sistema di sopravvivenza gli permette.
La vita inoltre non ci è certo resa facile da gente come Vittorio Zucconi o Gianni Riotta (per citarne alcuni a caso), che non perdono occasione per "prevaccinare" l'eventuale curioso di 11 settembre con una pesante dose di malefica disinformazione.
Chi affronta la questione dell'undici settembre con un neofita, quindi, si trova davanti a un doppio problema: da una parte, la chiusura istintiva verso una novità "dolorosa", e dall'altra il pregiudizio negativo, inoculato sapientemente dai media nell'arco di tutti questi anni (non sarete mica i soliti "complottisti"?).
Per ottenere quindi qualche risultato, è chiaro che il meccanismo della "domanda" è molto più efficace di quello della "risposta". Mi spiego:
Per "domanda" intendo tutti quegli elementi che siano in grado di aprire un dubbio nella mente della persona a digiuno di 11 settembre. Per "risposta" intendo tutti quegli elementi che sigillano quel dubbio con un'eventuale certezza. Sono due passaggi separati, ambedue molto complessi, ed è assolutamente impossibile pensare che chiunque possa compierli tutti e due in una volta sola.
Io stesso ricordo benissimo di aver dovuto prima digerire il "trauma" delle bombe nelle Torri, e soltanto dopo, con molta calma, ho cominciato chiedermi "ma chi, ma come, ma dove e perchè?"
Nel selezionare il materiale per il film, quindi, ho cercato di limitarmi a tutti quegli elementi che "pongono la domanda" nello spettatore, ma non gli "impongono" necessariamente una risposta.
Faccio degli esempi: una cosa è chiedersi "come è possibile che l'intero sistema di difesa americano vada tutto in tilt nello stesso momento?", un'altra è dire "sono stati i militari che avevano fatto appositamente delle finte esercitazioni per confondere i controllori di volo".
Una cosa è chiedersi "com'è possibile che un aereo scompaia per mezz'ora dagli schermi radar del paese più tecnologicamente avanzato del mondo?", un'altra è dire "lo hanno sostituito in volo con un missile, esattamente come nell'Operazione Northwoods".
Le prime sono domande, le seconde sono risposte. A torto o a ragione, io ho scelto di mettere nel film soltanto le prime. Questo in linea di massima, ovviamente, perchè è chiaro che qualche "suggerimento" devi pur darlo. Ma va sempre offerto, secondo me, come una semplice possibilità, e mai dato come un' imposizione certa (è stato così e basta). Se no l'altro si chiude a riccio, e tu hai sprecato il tuo tempo per niente.
Se invece lo spettatore arriva alla fine della proiezione (o discussione) ed ha almeno accettato, grazie a tutte quelle "domande", che è davvero possibile che se lo siano fatto da soli, per me è già un grande successo.
Casomai, mi toccherà fare un'altro film (che è già in programmazione, in realtà), per raccontare del PNIC e del PNAC, di Lemnitzer e di Wolfowitz, e di tante altre cosucce interessanti in cui sono anche implicate certe società israeliane di telecomunicazioni che avevano avuto in appalto la gestione di certi sistemi di sorveglianza telefonica per tutta la nazione, ad esempio. Ma una cosa per volta, se no si fa soltanto indigestione.
A "noi" Loose Change piace, certo, ma prova a farlo vedere a tuo zio Teresio, che di 11 settembre non sa assolutamente nulla. Se parti già raccontandogli di Lemnitzer, dopo venti minuti è addormentato sul divano con la testa all'indietro e la bocca spalancata.
Il rapporto con i debunkers
Questa logica del separare le "domande" dalle "risposte", è la stessa logica che io cerco di adottare in tutte le discussioni che riguardano l'11 settembre, ed è in fondo la stessa logica su cui è basata la nostra sezione 11 settembre: una cosa è domandarsi dove sia finito il Boeing che si è schiantato nel Pentagono, un'altra è sostenere che invece molto probabilmente è stato un missile Cruise.
Se poni soltanto la domanda, nessuno dei debunkers potrà mai attaccarti nemmeno dipinto, mentre lui non aspetta altro che tu offra anche una risposta, per saltarti addosso e dirti che "non è possibile che fosse un Cruise perchè bli bli blu blu e bla bla".
Attenzione: il momento cruciale della discussione è proprio quello. Avviene quando ti senti fare la classica domanda: "ma allora il Boeing dove è finito?" E' lì che devi rimanere freddo, e ricordarti che non fai l'investigatore di professione, ma sei un semplice cittadino che si pone delle domande. Nel momento invece in cui cominci a dare delle risposte, diventi un "complottista", e lì la partita si fa dura per chiunque.
Secondo me quindi, allenarsi a distinguere al volo, fra tutti gli elementi che ci sono nel calderone, quali sono le domande e quali sono le risposte, è un buon criterio per rendersi la vita meno difficile e ottenere di più a parità di sforzo effettuato.
Per concludere, faccio l'esempio più eclatante di tutti. Anche se nessuno ancora lo ha fatto notare, io nel film ho evitato accuratamente di mettere la dichiarazione in cui Silverstein ammette che hanno tirato giù WTC7 con delle cariche esplosive.
Sembra una follia, sicuramente, visto che quello è praticamemte uno "smoking gun" da sedia elettrica, per chi conosce bene la questione. Eppure, se provate a mettervi nella testa di uno che ha appena iniziato a prendere in considerazione il fatto che le Torri non siano venute giù da sole, un'informazione del genere non trova assolutamente posto per collocarsi. Chi "è" Silverstein, per lui? Certo, gli abbiamo appena detto che era il proprietario delle Torri, ma prima di capire che quella per Silverstein è un'ammissione che equivale alla sconfitta, bisogna arrivare a stabilire che lui ha il problema di difendersi da un'accusa che, appunto, nella testa dello spettatore non si è ancora nemmeno formata.
In questo caso, quindi, la dichiarazione di Silverstein non rappresenta solo una "risposta" da evitare, ma la "madre di tutte le risposte", ed è questo un motivo in più per non darla assolutamente.
Massimo Mazzucco