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UFO e alieni - Raccolta di articoli a tema ufologico
Buona lettura a tutti! :wave:
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
Il 18 gennaio scorso ho avuto la possibilità di intervistare l’ex sergente dell’USAF James (Jim) Penniston, coinvolto negli anni ’80 nell’ormai leggendario caso UFO nella Rendlesham Forest. Jim ha appena dato alle stampe un libro, The Rendlesham Enigma. Book 1: Timeline, scritto in collaborazione con Gary Osborn, in cui ha voluto mettere per iscritto la sua esperienza e fare chiarezza su un caso storico, sul quale si è creata molta confusione. In precedenza aveva collaborato alla stesura di un altro saggio su questo evento, Encounter in Rendlesham Forest: The Inside Story of the World’s Best-Documented UFO Incident, a firma del noto ricercatore UFO inglese Nick Pope e scritto in collaborazione anche con John Borroughs (2015). Il caso Rendlesham è considerato la Roswell britannica, per il numero di testimoni militari coinvolti, per l’attendibilità delle testimonianze dirette e anche per l’insabbiamento che è seguito agli eventi. La notte del 26 dicembre 1980, lui e i due avieri Edward Cabasang e John Borroughs sono stati i primi a intervenire in seguito alla segnalazione di qualcosa di anomalo atterrato nella foresta di Rendlesham, vicino alle basi RAF di Bentwaters e Woodbridge, gestite dall’Aeronautica USA. Pensando a un aereo caduto, e per verificare che non ci fossero pericoli per la base, Penniston e altri militari vanno sul luogo del possibile incidente, dove però non trovano un aereo schiantato, ma un velivolo misterioso, non identificabile, con dei glifi sconosciuti sulla superficie che si illuminano al tocco. Questo è il racconto di quella notte che ha cambiato per sempre la sua vita, la vita di tutti i militari coinvolti nel caso, ed è entrata nella storia dell’Ufologia.
Sono molto contenta di pubblicare questa intervista. Sei stato tra i testimoni militari del Citizen Hearing al National Press Club di Washington. Per me siete degli eroi. E mi fa piacere poter presentare il tuo libro…
Uno dei motivi per cui abbiamo scritto questo libro sono i trentotto anni di disinformazione, intenzionale o meno. E non solo da parte di persone che stanno cercando di fare debunking sul caso, ma anche da parte di alcuni testimoni.
Perché non eravate tutti insieme…
Sì, l’altro motivo è che non tutti erano “in the know”. Erano là fuori e non sapevano cosa fosse successo il giorno dopo. Le persone coinvolte in ciò che è accaduto dopo avevano tutte il nullaosta Top-Secret. E sono il sergente Monroe, gestione emergenze, che era presente il terzo giorno e notte con il luogotenente Englund e il colonnello Halt. E io, ovviamente, l’unico security policeman ingaggiato con un nullaosta Top-Secret. Siamo stati coinvolti negli eventi successivi nel dettaglio. Era una routine riunirsi con loro, il colonnello Williams, il tenente colonnello, c’era il colonnello Conrad, comandante della base, e il colonnello Halt. Alla fine mi è stato assegnato un altro incarico, così facevo loro rapporto ogni mese in un incontro speciale e facevamo anche un rapporto unità per il resto del comando della base. Stavano succedendo molte cose e io ero sempre aggiornato. Inoltre, ho sempre tenuto dei diari.
Sei uno dei testimoni originali del caso. Hai scritto questo libro perché ti senti in dovere di fare un po’ di chiarezza?
È arrivato il momento di far sapere cosa sia accaduto davvero a Rendlesham. Oggi come oggi, il 50 per cento di quello che sapete di Rendlesham è da buttare via.
Dev’essere frustrante vedere tutta questa disinformazione.
Sì, negli ultimi cinque anni, soprattutto, è andata fuori controllo. Alcune persone si basano sui documentari per fare ricerca… vanno su Internet, guardano un documentario e questa è la loro ricerca. Ti sembra normale? Ci sono un sacco di esperti che parlano di Rendlesham e che non mi hanno neanche mai intervistato. Tu sei la quarta persona che lo fa in trentotto anni.
Torniamo a quel fatidico 26 dicembre. Puoi ricapitolare cosa è successo quel giorno?
Era Santo Stefano, quindi subito dopo Natale. La sicurezza era impegnata nel suo turno di dodici ore. La Law Enforcement, entità separata, stava facendo il suo turno di otto ore. Così abbiamo cominciato presto. Io sarei dovuto essere il sergente di volo di Woodbridge. Quindi abbiamo dovuto passare i requisiti di sicurezza.
Perché Bentwaters-Woodbridge era una base britannica e americana, giusto?
Erano due basi gemelle distanti circa tre miglia e mezzo. Ma il comando e il controllo operativo di entrambe erano sotto Bentwaters. Quindi, c’era solo un comandante della base e solo un tenente colonnello. Io ero un Airforce security policeman, ovvero ero incaricato di proteggere le priorità, le risorse, che possono essere i tanker, i bombardieri, gli armamenti nucleari, qualsiasi cosa. Proteggevamo il perimetro della base e se qualcosa avesse messo in pericolo la capacità operativa dell’unità a Bentwaters o Woodbridge, noi intervenivamo. C’era un team d’intervento per la sicurezza guidato dal sergente McCulley. Io avevo accesso a tutte le zone limitate. Ho cominciato a svolgere i miei lavori di routine per quella notte, tra cui il compito di controllare le illuminazioni del perimetro, cosa che ho fatto. Ho portato a termine tutto. Mi sono fermato a parlare con il sergente McCullen del Security Response Team e c’erano due persone nuove con lui. Abbiamo deciso di incontrarci per colazione. Erano circa le 11:55 pm. Così mi sono incontrato col sergente McCullen, stavo prendendo il caffè, mi stavo togliendo la pistola e rilassando un po’, quando lui mi ha chiesto: “L’hai sentito, Jim? La CSC sta cercando di uscire”. CSC sta per Central Security Control. “Ti vogliono al 1012”. Così sono andato a rispondere alla linea diretta e dall’altra parte c’è il sergente David Coffey, il controllore senior. Gli ho chiesto cosa stesse succedendo e lui ha risposto: “Devo uscire da East Gate subito”. Gli ho chiesto quindi quale fosse il problema e lui mi ha spiegato che sarei stato informato dal sergente Bud Steffens. Gli ho domandato se dovevo adottare un “codice run” e lui mi ha risposto affermativamente, “codice run due”. Significa che posso accelerare, non molto, fino a 40 miglia all’ora circa, il che significa che il mio tempo di risposta è di due minuti. Ho preso la mia roba e sono andato. Quando sono arrivato a East Gate, c’era il sergente Steffens con un militare dell’Aeronautica. Ho chiesto cosa stesse succedendo e (il sergente Steffens, ndr) mi ha indicato la Foresta di Rendlesham.
Quanto distava da East Gate?
Senza contare le radure nella foresta vera e propria, saranno 200 iarde, forse 300, non è lontana e potevo vedere una bolla di luce, una cupola di luce sopra la foresta. E all’interno vedevo luci multicolore. “Oh no!” ho pensato, perché probabilmente era caduto un aereo. Ho chiesto (a Steffens, ndr) se l’avesse sentito cadere, o se avesse visto lo schianto, ma lui mi ha risposto che non si era schiantato, “è atterrato”. Gli alberi però sono molto fitti… Su questo punto, che era atterrato, era irremovibile e io continuavo a chiedergli se ne fosse proprio sicuro. Magari era un elicottero. Poi le Law Enforcement mi ha accompagnano fino alla CSC e in linea avevo il controllore della sicurezza, il sergente Coffey, il sergente Diller, il sergente Chandler, che era il comandante di volo delle due basi e il luogotenente Buran, il nostro responsabile di turno. Erano tutti collegati e mi hanno chiesto cosa stesse succedendo. Io ho risposto che non lo sapevo, e che forse era caduto un aereo. “Vedete qualcosa sul radar?” ho chiesto. Loro stavano già controllando, è successo tutto simultaneamente, nel giro di un minuto o due.
Stavi cercando di identificare qualcosa che pensavi normale.
Andavano fatte delle verifiche. Così i sergenti maggiori Coffey e Dillard hanno chiamato il London and Eastern Radar e la Bentwaters Tower, cercando di capire cosa stesse succedendo e nel bel mezzo di tutto questo è arrivata la comunicazione: “Sì, abbiamo un contatto con un bogey (nel gergo militare significa un aereo nemico, ndt) non identificato. Vuol dire che non aveva un transponder. Quindi non era un aereo civile. “Circa 15 minuti fa e abbiamo perso il contatto sulla Woodbridge Base”. Questo conferma che non era lo schianto di un velivolo. Secondo l’accordo Status of Forces, ci deve essere un’emergenza di bonifica per dispiegare le forze USA fuori dalla base, non si poteva semplicemente andare lì a dare un’occhiata. E a quel punto c’era un’emergenza. La perdita di contatto radar con un bogey, quello che sembrava un incendio nei boschi, c’era l’alta probabilità che ci fosse a terra un aereo. Istantaneamente, il CSC ha contattato il comando locale e ricevuto il permesso dal colonnello Conrad di uscire dalla base. Mi è stato ordinato di portare con me due persone. Dovevo portare con me un crash kit con tutta l’attrezzatura necessaria per predisporre una postazione interna di pattugliamento, che sarebbe stata gestita da uno dei due avieri che avrei portato con me. C’era un protocollo ben preciso da seguire. Quindi ho preso la jeep e ho portato con me i due militari – il Security Airman Cabasang e il Law Enforcement Airman Burroughs. Nel frattempo, il sergente Chandler stava andando dalla base di Bentwaters verso East Gate per assumere il comando della base.
Eri sempre in contatto radio con loro?
Assolutamente sì.
E a un certo punto hai cominciato a filmare…
Sì, filmavo, prendevo appunti… era il mio lavoro.
Quindi dove vi siete diretti?
Non ci siamo diretti subito al limitare della foresta, perché stavo facendo ancora i miei controlli di sicurezza. Volevo che Cabasang, che era il nostro Security Airman, si posizionasse ai margini della foresta col trasmettitore radio. La persona con cui è rimasto, il sergente Chandler, avrebbe fatto da trasmettitore al centro di comando, il Central Security Control. Io continuavo comunque a trasmettere, perché magari riuscivano a sentirmi e io non riuscivo a sentire loro. Così siamo andati avanti e, quando ci siamo avvicinati alla foresta, è stato evidente che non si trattava dello schianto di un aereo. All’epoca non so quanti ne avevo visti, un paio di dozzine… molti schianti di aerei e quello non aveva il colore giusto né l’odore giusto.
Di che colore era?
Non del colore di un aereo in fiamme. Hai parlato anche di un odore… Avrei dovuto sentire odore di combustibile in fiamme e invece non c’era nessun odore. Abbiamo raggiunto il limitare della foresta e potevo vederlo al suo interno. Era una luce brillante. Non il colore della luce come la conosciamo, con l’azzurro, l’arancio. Mi ci sono avvicinato, sono arrivato forse a 15 o 20 piedi e c’è stato un flash luminoso. Ovviamente l’istinto è stato quello buttarsi per terra. Ma non c’è stata alcuna esplosione. Era solo un flash. Così, mi sono alzato…
Ti sei buttato a terra?
Sì, assolutamente. È stata una reazione naturale. Ho pensato che stesse per esplodere. Ma non c’è stato alcun suono. Così ho preso la mia macchina fotografica e ho cominciato a scattare delle foto. Ero molto scosso. A quel punto sapevo che non si trattava di un aereo che si era schiantato, ma poteva comunque essere una minaccia per la base, quindi la cosa che ho fatto subito dopo è stato inviare un rapporto telefonico, che sarebbe poi arrivato al tenente colonnello e ai centri di comando dell’Aeronautica. Dovevamo assicuraci che non ci fosse pericolo per le priorità. Di fronte a me c’era una banchina, mi ci sono avvicinato e la luce si è dissipata ed è rimasta una navicella con una specie di tecnologia sulla superficie. C’erano luci globulari rosse, blu e verdi attorno ad essa.
Le luci erano attorno al velivolo?
Erano parte di esso. Il velivolo sembrava nero ed era ancora illuminato da una luce bianca di qualche tipo, al di sotto di esso. Non abbiamo visto però dei lampeggianti.
Che forma aveva?
Era triangolare. Che non era così impensabile. Già allora erano possibili. Mi ci sono avvicinato ed è sembrato che cominciasse ad affievolirsi. Le luci globulari hanno smesso di muoversi e hanno cominciato a spegnersi. Ed è rimasto solo il velivolo nero di fronte a me. Be’, in realtà non so quale fosse la parte di fronte, poteva anche essere laterale.
Come ti sentivi?
Ho esaurito la pellicola. Vorrei aver avuto più tempo e non aver consumato tutto così…
Eri curioso?
No, sapevo che c’era un problema. Era qualcosa che non potevo identificare. Ho cominciato a diventare curioso solo quando mi sono calmato. E ho pensato: “Come fa questa cosa a stare sul terreno?”. Era sospesa.
Com’è possibile… ha lasciato dei segni.
Sì, è molto strano. Ho guardato sotto il velivolo alla ricerca di un carrello d’atterraggio, ma era fermo, non si spostava. L’ho persino spinto.
L’hai toccato!
Pensavo che potesse spostarsi. Ma non c’era un carrello d’atterraggio. E poi avete trovato delle tracce fisiche sul terreno… Abbiamo trovato delle rientranze nel terreno…
Questo è importante, perché evidentemente si trattava di una tecnologia misteriosa che lasciava delle rientranze nel terreno ma non si poteva vedere…
No, ma si potrebbe presumere che qualsiasi tecnologia ci fosse, con quella luce al plasma, lasciava dei segni sul terreno. Quindi aveva una massa sul terreno.
Mentre eri lì a osservare il velivolo, comunicavi con la base?
Quando ho cominciato a entrane nell’area circostante al velivolo, i miei movimenti sono diventati faticosi. Prima di tutto non c’era alcun rumore, zero, non si sentivano più gli alberi, i rami, non si sentivano gli animali, c’era un silenzio mortale. Non sentivo nemmeno i miei passi sul terreno della foresta. Direi che c’era una sfera d’influenza attorno all’oggetto, che si estendeva forse per circa 10 piedi. Ho guardato indietro a destra di 25-30 piedi, dove c’era l’altro militare e lui era in piedi, immobile. Non so se fosse spaventato a morte, non ho idea di come si sentisse.
E Cabasang?
Cabasang era indietro, vicino alla jeep.
Ma anche lui poteva vedere….
Sì. Anche il sergente Chandler vedeva. Era ben visibile.
Poi cosa è successo?
Muovendomi con difficoltà e avvertendo dell’elettricità statica nei capelli, sulla faccia e sui vestiti, l’unica cosa che potevo fare era documentare tutto. Ho pensato che la persona che era con me fosse una vittima e io potessi essere la prossima. Così avrei documentato tutto il possibile in modo che al comando potessero avere delle informazioni su cosa fosse successo là fuori. Trasmettevo per radio, anche se non sapevo se riuscissero a sentirmi.
E avevi un blocco degli appunti con te.
Sì. Non avevo con me degli strumenti di misura così l’ho misurato coi miei passi.
Ed è a quel punto che hai visto i glifi?
Prima ci sono alcune altre cose importanti da dire. Come dicevo, ho cominciato a misurarlo a passi. Sono alto 6 piedi (1, 83 metri, ndt), quindi ogni mio passo è 3 piedi circa. Da un lato misurava 9 piedi ed erano tutti uguali, ed era alto tra i 6 e i 7 piedi. Sembrava vetro nero, liscio. Ho cercato le cose ovvie che hanno tutti gli aerei del mondo… compartimenti per l’equipaggio, all’epoca non c’erano i droni e cose del genere, tubi di scarico e prese d’aria. Tutte cose necessarie per volare, ma di cui non c’era traccia.
Quando hai detto che era nero… significa che non c’erano più le luci?
Era completamente opaco. Mentre ci giravo intorno mi sono accorto che c’era una specie di pinna dorsale che sporgeva e non era qualcosa che troviamo negli aerei conosciuti. Quindi non poteva appartenere a un altro governo. Venivo istruito mensilmente, addestrato sulla forma degli aerei. Solo dalla forma di un velivolo potevamo dire di che aereo si trattava. Ma quello non riuscivo a identificarlo. Prima di tutto non era un aereo. Seconda cosa, non era simile a nessun velivolo che avessi mai visto. E io ero di stanza in una base militare dell’Aeronautica, dove tenevano dei prototipi…
E non c’era niente di simile…
Oh no. Neanche oggi ho visto una tecnologia simile a quel velivolo. Mentre facevo il giro, ho visto su un lato una specie di scritta e ho pensato “Grazie a Dio”.
Stavi cercando uno stemma di riconoscimento?
Sì, ho pensato, ok magari è della Nasa, magari della US Air Force, oppure russo. Qualsiasi risposta sarebbe stata ben accetta. Mentre lo osservavo ho visto i glifi, alti circa 4 pollici. Li ho misurati con le mani.
Erano luminosi?
No, ma il velivolo era liscio e nel passare le mani sui glifi mi sono accorto che era come toccare carta velina, il che mi ha lasciato perplesso.
Erano delle rientranze?
Erano incisi sul velivolo, almeno questa è la definizione migliore che riesco a trovare. Poi ho continuato a girarci attorno. Questa volta i miei movimenti non erano più così faticosi. Era più facile. Sono tornato a fermarmi sui glifi. Sopra di essi, sopra uno di essi, uno triangolare, grande così (forma un triangolo con le mani, nda) c’erano tre altri piccoli cerchi. L’ho toccato e nel farlo si è accesa una luce bianca accecante. Non so per quanti secondi ci ho tenuto sopra le mani, ma quando le ho tolte, la luce è cessata. La cosa che mi sbalordisce è che dopo quell’intensa luce bianca non avrei dovuto vederci più. Non per almeno 35-45minuti. Invece ci vedevo. Non so, in realtà, cosa fosse, la chiamo luce ma non lo so. Poi, quando ho ricominciato a fare il giro, ho visto che c’era di nuovo un movimento di luce nella struttura del velivolo. Era come se si stesse attivando. Mi sono allontanato di un dieci piedi e quando si è illuminato di più, mi sono buttato a terra. Pensavo ancora che potesse esplodere… Non so cosa sia successo. Forse l’ho attivato in qualche modo. Quindi si è alzato dal terreno e si è spostato un po’ indietro, attraverso gli alberi, che fra l’altro sono molto ravvicinati. Forse è andato indietro di 15-20 metri. Poi si è sollevato sul bosco e ha fatto una leggera virata a destra. E a un tratto non c’era più.
Eri in comunicazione con gli altri mentre succedeva tutto quello?
No, tutta la mia attenzione era focalizzata sul veicolo di fronte a me.
E prendevi appunti?
Sì, perché non pensavo che sarei sopravvissuto. Per questo volevo assicurarmi che ci fosse una documentazione. Lo scopo di trovarmi lì era passare informazioni in modo che il comando della base potesse prendere delle decisioni o essere consapevole di determinate cose.
In seguito, quando ti sei messo in contatto con il comando, cosa credevano che ti fosse successo?
Non abbiamo parlato subito con la base. Uno (uno di quelli che era con lui, ndr) ha esclamato, “Il velivolo, è stato velocissimo, in un attimo non c’era più!”. Poi, improvvisamente, ho ricominciato a sentire qualcosa: sentivo il fruscio degli alberi, lo scricchiolio della foresta sotto i miei piedi. Il militare che era con me ha esclamato “È laggiù” e si è messo a correre, e io dietro di lui. Non dovevamo dividerci, eravamo un team. Abbiamo scavalcato un paio di recinzioni e attraversato il campo di un contadino. Sono caduto… sì, sono caduto in mezzo al fango e all’acqua. Finalmente siamo usciti dal campo e gli ho chiesto di fermarsi. Lui si è fermato e mi ha indicato un punto con la mano dicendo: “È laggiù”. Io mi sono girato e gli ho detto che secondo me era la luce di un faro, ma lui mi ha risposto sicuro di no, che non era quella la luce, e poi finalmente l’ho vista, in direzione del Mare del Nord. Era ferma e poi, all’improvviso, è schizzata via. È tornato nell’altra direzione verso il Mare del Nord. Era stazionaria e improvvisamente è schizzata via di nuovo. Alla fine ho contattato il CSC e mi è stato ordinato di tornare alla base.
Articolo di Paola Harris
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Vado con ordine menzionando le prove che adduce e che non sembrano valide: i segni sul terreno che sarebbero state tane di leprotti, le bruciature sugli alberi che tali non sarebbero state, ma segni (accettate) sulla corteccia per l’abbattimento dei medesimi, e per buon ultimo i testimoni che videro l’ufo della foresta Rendlesham. Qui sono rappresentate spiegazioni così sempliciotte,(a mio parere s’intende) che neanche il credo più totale tipo vangelo può far chinare la testa e dire “amen”
Qui si ha pure una prova della scarsa efficienza del Ministero della Difesa, ma a parte questo,procedo dicendo che nel 1994 il ten. col. Charles Halt, l’ufficiale americano allora in servizio alla base ed estensore di un lungo memorandum sulla vicenda tornò in Inghilterra e tra le altre cose portò con se un calco di una delle impronte lasciate dall’oggetto, da qui l’equivalente del peso stimato in molte tonnellate, ben oltre il peso della “gippetta ” di Kevin Conde dunque.
Per quanto riguarda le “accettate” agli alberi, mi risultano una sciocchezza, perchè si ebbe come testimone un boscaiolo che fece la propria deposizione in merito, dichiarando che nella zona del presunto atterraggio, trovò le cime degli alberi spezzati. Un elettricista fu condotto, tra straordinarie misure di sicurezza, a riparare le luci di sicurezza poste su certi pali alla fine della pista principale, affermando altresì che qualcosa li aveva urtati, probabilmente in emergenza.
Per quanto riguarda le testimonianze, bisogna partire da lontano. Si parla poco del luogo dell’avvistamento. Nella località di Woodbridge, nella Contea del Suffolk, è situata una base congiunta della RAF e dell’USAF, fra le due basi si trova la foresta di Rendlesham, All’epoca vi erano quattro squadroni di aerei americani anticarro A-10 e, a Woodbridge, (fatto da non trascurare) era ospitata anche un’unità di “elitè”, il 78° Squadrone per Soccorso e Recupero Aerospaziale, destinato ad eventuali ricerche di astronauti per atterraggi d’emergenza in qualsiasi parte del mondo. A capo delle due basi nel 1980, vi era il generale di stormo aereo Gordon Williams.
Fu dalla base di Woodbridge che un aviere americano di guardia, certo Larry Warren, vide, assieme a dozzine di altri militari e di civili, un ufo posato al suolo. Questo ed altri militari diedero in seguito le loro versioni all’ufologa inglese Jenny Randles e alle sue collaboratrici Doraty Street e Brenda Butler. I risultati di tale inchiesta sono ora contenuti nel loro volume “Sky Crash”, uscito a Londra nel 1984. Un contributo importante alle indagini giunse subito dopo da un operatore radar civile di Watton.
Egli scorse sugli schermi un oggetto volante insolito che, la notte del 27 Dic. “perse” quota (guarda un pò) all’altezza della foresta di Rendlesham. Due giorni dopo, due ufficiali dei servizi d’informazione dell’USAF visitarono il centro radar e richiesero per “studio” i nastri delle registrazioni, sostenendo che un oggetto metallico era atterrato e che le pattuglie di militari che gli si erano avvicinati ebbero il motore dei fuoristrada “bloccato”.
Quanto poi dice Kevin Conde sulle luci e le tonalità delle stesse, questo mi risulta totalmente falso, cioè niente faro, niente fari della Jeep e niente pila portatile, le cose sembra siano completamente diverse, ci sono svariate testimonianze in merito. Dovrei dire ancora parecchio quindi, ma sono consapevole che le lungaggini a non tutti piacciono…
Un saluto
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L’evento che stiamo per raccontare – considerato uno dei casi UFO più importanti dell’America Latina – si è verificato sopra la base militare La Joya, ad Arequipa, nel Perù meridionale, alle 7:15 di venerdì 11 aprile del 1980, quando il tenente e pilota dell’Aeronautica, Oscar Santa Maria Huertas, ha ricevuto l’ordine di decollare al comando di un Sukhoi Su- 22 di manifattura sovietica, uno dei caccia più avanzati e precisi dell’epoca. L’ordine ricevuto da Santa Maria era stato di «abbattere quello che allora pensavamo fosse uno dei palloni che si incontravano svolgendo lavori d’intelligence in una zona limitata». L’oggetto non identificato si stava avvicinando alla base aerea di La Joya, ci ha raccontato Santa Maria nella sua casa a Lima, tenendo in mano un modello in scala del Sukhoi Su-22. «Quella mattina alla base c’erano circa 1.800 persone tra militari, che erano la maggior parte, e civili – ha cominciato a raccontare l’ex pilota. – Immediatamente è stato attivato il Piano di Difesa dell’installazione dell’Esercito, e sono stati dispiegati circa 460 elementi nelle rispettive zone per andare all’inseguimento del “pallone” e impedire il suo avvicinamento».
Era una sfera metallica
In un primo momento, i responsabili della base di La Joya avevano pensato che si trattasse di un artefatto militare cileno, dotato di un meccanismo per spiare le attività dell’installazione, dal momento che allora c’era una crescente tensione tra il Cile e il Perù, paesi vicini. Le Forze Armate peruviane avevano acquisito materiale di guerra di ultima generazione dall’Unione Sovietica e degli esperti del gigante comunista stavano installando alcune di queste strumentazioni alla base di La Joya, situata molto vicino alla frontiera col Cile. Quel giorno era di turno anche il guardiamarina Julio Chamorro, che abbiamo avuto l’opportunità di intervistare: «Ci stavamo addestrando dalle 6:45 e già allora abbiamo osservato qualcosa di strano in fondo alla base, in quella che noi chiamavamo “la barriera”, dove c’era un muro di plastica enorme che serviva perché se, in qualsiasi momento, un aereo perdeva il controllo, l’equipaggio poteva sopravvivere. Nel cielo, a circa 600 metri di altezza, c’era quello che sembrava un pallone aerostatico molto grande, bianco, che sembrava deformarsi. Non avevamo mai visto quel tipo di sensori, ma eravamo preoccupati che potesse inviare informazioni d’interesse strategico a un possibile nemico. E, tra le altre cose, abbiamo pensato che potesse facilitare delle frequenze radio e scattare fotografie dei missili o dell’installazione in generale. A quel punto, un pilota ha ricevuto l’ordine di partire immediatamente. Alcuni secondi dopo, abbiamo sentito un motore di 12.000 chili di spinta salire a tutta potenza, qualcosa di spettacolare». L’azione era cominciata. Quella mattina, la Torre di Controllo non aveva registrato nessun piano di volo di aerei militari o civili sulla zona. Inoltre, continuava a risultare strano che il radar di ultima generazione non rilevasse l’oggetto, nonostante lo si vedesse da terra. Gli operatori avevano cominciato a inviare messaggi via radio nelle speciali frequenze militari affinché il pilota del velivolo “intruso” si identificasse. Tuttavia, i minuti passavano e non arrivava nessuna risposta, tanto che i capi della base avevano preso la decisione di abbatterlo. Quando Oscar Santa Maria si è avvicinato all’oggetto non identificato ai comando del Sukhoi Su-22, ha constatato che si trattava effettivamente di una sfera apparentemente metallica di almeno dieci metri di diametro. Era ferma, ma non aveva tardato a spostarsi. Era in grado di raggiungere un’enorme velocità in un decimo di secondo, partendo da ferma e realizzando anche vari angoli acuti in aria. Nemmeno al giorno d’oggi esiste un aereo con queste capacità da fantascienza. «Pensate a che tipo di tecnologia dovesse essere quella in cui ci siamo imbattuti» ha commentato con noi l’ex pilota, che non capiva come fosse stato possibile che «con il Sukhoi, l’aereo più potente che esisteva in tutta la regione, non sono riuscito a raggiungere quel misterioso oggetto volante».
L’UFO giocava con me
Nel frattempo, Chamorro, che era alla base, ci ha confermato che c’era un misto di nervosismo ed enorme aspettativa tra i militari. Secondo Chamorro: «Vedevamo che era una sfera perfetta che cominciava ad alzarsi. All’inizio era di colore bianco e poi si era fatta argentata, anche se questo probabilmente era dovuto a un effetto ottico dei raggi del sole all’alba. Abbiamo visto che il caccia di Santa Maria aveva cominciato a inseguire l’UFO verso sud, verso il mare. Noi, a terra, eravamo attentissimi all’evoluzione del caccia e dell’UFO ». «Nell’avvicinarmi all’oggetto volante - ha raccontato Santa Maria - ho preso la mira e, una volta centrato, ho premuto il grilletto. Ho sparato sessantaquattro obici altamente esplositi. Sono partiti dall’aereo e, dirigendosi verso l’obiettivo, si sono intrecciati creando una parete di fuoco. Ho visto chiaramente che sono esplosi. Avrebbero dovuto distruggere l’UFO perché gran parte dei proiettili lo aveva colpito. E invece non hanno avuto il minimo effetto! Non riuscivo a credere ai mei occhi». Ma il nostro protagonista non aveva perso troppo tempo a riflettere sull’accaduto, perché «l’UFO ha iniziato subito ad accelerare e io ho cominciato a inseguirlo ». Finalmente l’oggetto si stava allontanando dalla base. Ho chiesto a Santa Maria della capacità distruttiva degli obici e lui mi ha così risposto: «Uno solo di quei proiettili può abbattere un edificio e io ne ho sparati non meno di sessantaquattro. I piloti da combattimenti si addestravano con obiettivi di 3x3 metri, grandi approssimativamente come un’automobile, e l’UFO era circa 10x10, quindi le probabilità di errore erano minime». Per quanto riguarda la velocità dello strano velivolo, «ha raggiunto i 950 chilometri orari e gli 11.000 metri di altezza, arrivando a una distanza di 84 chilometri dalla base ». L’ex pilota ci ha raccontato che «a un certo punto, l’oggetto non identificato si è fermato improvvisamente e mi ha obbligato a fare una manovra evasiva per non andarci contro». L’ex pilota si è anche sorpreso che durante l’inseguimento «l’ho visto statico così ho di nuovo preso quota per sparargli e una volta che ce l’ho avuto sotto mira ha cominciato ad alzarsi e a rompere la mia manovra. Non ci potevo credere, in qualche modo l’UFO sapeva quello che stavo per fare». Durante quegli interminabili minuti, l’oggetto volante aveva effettuato delle manovre assolutamente impossibili per qualsiasi apparecchio terrestre. «Ho concluso che l’UFO stesse giocando con me» mi ha confessato convinto.
Manovre impossibili
Una delle ultima manovre di Santa Maria era stata quella di salire a quasi 16.000 metri di altezza per poi lasciarsi cadere in picchiata e sparare nuovamente all’oggetto, ma il misterioso velivolo «è salito in una questione di secondi, ponendosi alla mia stessa altezza. In questo modo aveva compromesso la mia manovra e non potevo fare nulla per puntarlo e sparargli». Ma il pilota non si era dato per vinto: «Ho cercato nuovamente di guadagnare altezza per ritrovarmi sopra di esso e sono arrivato a 19.200 metri. Era una manovra molto pericolosa perché il Sukhoi Su-22 era stato progettato per funzionare correttamente fino a 17.000 metri». Quando gli ho chiesto della forma sferica dell’oggetto, ha risposto che «Aveva una larga base di metallo, color platino, che faceva sì che tutto si riflettesse sulla sua superficie. Nella parte superiore aveva una cupola di vetro color crema, di circa dieci metri di diametro, e non c’erano finestrini, antenne, motori, tubi di scappamento né alcun sistema visibile di propulsione». Oscar Santa Maria non aveva visto nemmeno alcun rivetto. L’inseguimento era durato ventidue minuti, dato che il combustibile non sarebbe durato oltre. «Ero senza combustibile, sia per andare a grande velocità che per volare e attaccare e continuavo a pensare: “Questo oggetto è pacifico, non succede niente” e ho così cominciato a scendere e zigzagare per rendere più complicato un eventuale attacco da parte dell’UFO ». Davanti ai nostri registratori, Santa Maria ha riflettuto a voce alta sull’incidente: «Ho attaccato l’oggetto volante, ma questo non ha risposto all’attacco, né fatto niente se non sfuggirmi ». Quando era tornato alla base di La Joya aveva chiesto ai suoi superiori l’autorizzazione di partire con un altro caccia per continuare l’inseguimento, ma non gli era stato permesso, perché l’UFO si trovava ormai oltre o 19.000 metri di altezza. Santa Maria era poi stato portato nell’Area di Intelligence per cercare nei cataloghi il velivolo che aveva inseguito, ma né la sua struttura né la sua velocità, raggiunta in pochi secondi, né le sue manovre corrispondevano ad alcun aereo compreso nei manuali. Mentre il pilota inseguiva l’UFO, i controllori aerei avevano visto sugli schermi i movimenti del Sukhoi Su-22, ma non il velivolo sferico. Tuttavia, quanto erano andati alle finestre della Torre di Controllo avevano potuto vedere sia il caccia che l’UFO a occhio nudo, comprese le manovre complesse realizzate da quest’ultimo.
Rapporto alla CIA
Una volta che l’UFO si era allontanato ed era tornata la calma, i comandanti avevano ordinato a tutti coloro che erano stati coinvolti nel caso di non dire niente a nessuno sull’accaduto. Tuttavia, l’UFO aveva continuato a brillare nel cielo a una grande altezza per almeno due ore. Il giorno dopo, sabato 12 aprile 1980, lo stesso oggetto si era presentato nelle vicinanze della base di La Joya. «Questa volta emanava una forte luminosità e aveva fatto movimenti angolari per almeno trenta minuti» ha raccontato Santa Maria. In quell’occasione, però, nessun caccia da combattimento era stato inviato a intercettarlo: «Ci siamo resi conto che non era pericoloso e che non apparteneva a nessun paese vicino». Indubbiamente si tratta di uno dei casi più impressionanti della storia dell’ufologia. Come in altri eventi di questi tipo, le Forze Armate del Perù avevano imposto la legge del silenzio, volendo evitare a tutti i costi che il fatto finisse sulla stampa. Gli alti comandi dell’Aeronautica peruviana non volevano riconoscere in alcun modo che un oggetto volante non identificato era riuscito a sorvolare impunemente una delle basi militari più importanti del paese. Nel 2007, alcuni ufologi statunitensi hanno organizzato al National Press Club di Washington uno degli eventi più importanti della storia della ricerca UFO. Davanti a decine di giornalisti dei media più importanti del pianeta, politici, militari di alto rango, piloti civili e militari, agenti dei servizi segreti e controllori di volo, oltre a molti altri testimoni altamente credibili, hanno reso note le loro esperienze UFO, sollecitando il governo statunitense a rilasciare tutte le informazioni segrete sul fenomeno. Inoltre, la prestigiosa giornalista investigativa Leslie Kean ha consegnato a Oscar Santa Maria – che aveva preso la parola allo storico evento – un documento desecretato grazie al FOIA e risalente agli anni ’90. Era indirizzato al Capo dello Stato Maggiore del Dipartimento della Difesa statunitense alla CIA, alla National Security Agency e ad altre cinque istituzioni militari e d’intelligence del paese. Nel rapporto venivano riportati i dettagli del caso ufologico verificatosi alla base aerea di La Joya e si alludeva anche a un militare peruviano che stava lavorando sotto copertura per l’Intelligence degli Stati Uniti. Lo si identificava unicamente con il numero 6 876 0138 e si diceva che in passato aveva inviato informazioni affidabili. Il militare aveva redatto un rapporto sul caso per gli Stati Uniti e lo aveva fatto con conoscenza di causa perché, come veniva riferito nel documento desecretato, era stato uno dei testimoni dello straordinario avvistamento sulla base di La Joya.
L’Ufficio segreto sugli UFO
Uno stimato investigatore di Arequipa, Rafael Mercado, che ha studiato approfonditamente il caso di cui ci siamo occupati, ci ha rivelato che, alla fine del 1979 o all’inizio del 1980, era stato aperto, nella base di La Joya, un ufficio segreto sugli UFO, a causa dell’enorme numero di avvistamenti che si registravano nella zona. A capo di quell’ufficio c’era un ufficiale noto col soprannome di “loco OVNI”, in riferimento al suo interesse personale per il fenomeno. «Ho avuto questa informazione grazie alle interviste che ho fatto a personale in pensione che aveva lavorato nella base militare» ci ha spiegato lo stesso Mercado, il quale sospetta che quell’ufficiale fosse anche l’informatore dell’Intelligence statunitense. L’incontro ravvicinato del comandante Oscar Santa Maria è stato catalogato alla fine del 2013 col numero 0007 dal Departamento de Investigacion de Fenomenos Aereos Anomalos (DIFAA), che dipende dall’Area di Interesse Aerospaziale dell’Aeronautica peruviana. Il DIFAA è incaricato di investigare il fenomeno UFO in Perù a livello ufficiale. In questo momento ho in mano un documento detenuto da questo organismo in cui si dice che Santa Maria aveva risposto a una serie di domande al poligrafo riguardanti la sua esperienza. Prima del DIFAA, le indagini sugli oggetti volanti non identificati in Perù spettavano all’Oficina y Investigacion de Fenomenos Aereos Anomalos (OIFAA). Il comandante dell’Aeronautica peruviana Julio Chamorro, attualmente in pensione, era stato il suo fondatore e ci ha confessato che anche in altre basi militari erano frequenti questi tipi di avvistamenti UFO, ma le informazioni venivano gestite in segreto. Erano casi che si verificavano di giorno come anche di notte.
Gli UFO non esistono, ma li studiamo
Chamorro ci ha confidato anche che «Vent’anni dopo il caso che ha avuto come protagonista Oscar Santa Maria, quando mi occupavo dell’OIFAA, ho ricevuto un invito per partecipare all’evento più importante delle Forze Aeree latinoamericane: La Feria Internacional del Eire y del Espacio (FIDAE) a Santiago del Cile». In questa manifestazione erano state organizzate anche delle conferenze sugli UFO e uno dei relatori statunitensi aveva reso noto un documento in cui si parlava del caso di La Joya, contenente delle informazioni che Chamorro non ricordava. «Questo mi è stato utile per giustificare l’organizzazione del nostro Ufficio, perché se gli Stati Uniti non si interessavano al fenomeno UFO, come assicuravano loro, com’era possibile che i loro organismi militari avessero tante informazioni su un caso accaduto nel nostro paese e al quale nemmeno noi davano sufficiente importanza »?
Articolo di Yohannan Diaz Vargas
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
Gli UFO non esistono, ma li studiamo
È questo, che dovrebbe far pensare gli scettici...
C'è anche questo, in Messico: il link non funziona più, ma funziona il collegamento al topic del forum che ne parla. E sul tubo esiste un video che ne parla.
29 Luglio 2005 01.53 - Di: Francesco Castagna - Fonte: Reuters- Repubblica
www.ufologia.net/headlines/articolo_view.asp?ARTICOLO_ID=623
CITTA' DEL MESSICO - Undici palle di fuoco nel cielo. Piccoli globi che
si muovono veloci, accelerando da 100 a 600 chilometri orari e
cambiando improvvisamente direzione e traiettoria per nascondersi
dietro le nuvole e riapparire. "Che roba è?" chiede Magadaleno Castanon
Munoz guardando quei punti luminosi sul radar. Nessuno degli otto
membri dell'equipaggio del Merlin C26, bimotore dell'aviazione militare
messicana che sta sorvolando Ciudad Del Carmen, cittadina del stato di
Campeche, per una battuta anti narcotrafficanti, sa rispondere al
comandante. A occhi nudi quei punti luminosi non si vedono, solo il
radar standard e quello a infrarossi li registrano sugli schermi.
Quei
punti luminosi, insieme alle conversazioni dell'equipaggio che
risalgono al 5 marzo di quest'anno, sono ora parte di un video di 15
minuti che l'aviazione messicana ha deciso di rendere pubblici: il
comandante in capo delle forze armate messicane, generale Clemente Vega
Garcia, dopo aver aperto un'inchiesta ha deciso di consegnare a un
giornalista della tv 'Televisa' esperto del 'settore', Jaime Maussan,
quel video, mandato in onda lunedì scorso. E' la prima volta che
un'autorità militare rende pubblici materiali che, come spiegato del
generale Vega garcia, "rivelano qualcosa per cui non c'è spiegazione
logica".
Ufo? Il giornalista Maussan, che ha anche tenuto una
conferenza stampa sull'argomento, se ne dice convinto: "Si tratta di
oggetti reali, invisibili all'occhio umano, ma che fossero lì non ci
sono dubbi. E, da come si muovevano, cambiando direzione, nascondendosi
dietro le nuvole e poi 'inseguendo' il bimotore, apparivano essere
oggetti 'intelligenti', con una massa e un'energia e un movimento".
"Non siamo soli" dice la voce registrata di uno dei membri
dell'equipaggio del Merlin C26. Intervistati da Maussan, i piloti del
bimotore hanno raccontato che a bordo dell'aereo la tensione è salita
quando quei strani oggetti hanno circondato il velivolo, "erano alle
nostre spalle, alla nostra sinistra e di fronte a noi. Ci sono stati
momenti di tensione" ha raccontato il maggiore Magdaleno Castanon.
Difficile
valutare, ovviamente. Il colonnello Francisco Aguilar, segretario della
Difesa messicana, ha spiegato che "ogni ipotesi è aperta e che una cosa
è sicura: non esiste una spiegazione logica per quegli oggetti che
rimangono non identificati".
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
Articolo di Sean Casteel
Perché gli dèi dell’antichità esigevano sacrifici di sangue? Cosa se ne facevano del sangue degli innocenti? Se prendiamo in esame lo stato attuale delle questioni ufologiche e paranormali, in special modo riguardo all’ondata di Chupacabras verificatasi negli anni ’90 in Messico, Porto Rico e Sudamerica, abbiamo motivo di chiederci se questa sete di sangue da parte degli Ultra-Terrestri sia davvero mai cessata. Queste sono alcune delle molte domande che si pone il nuovo lavoro pubblicato dalla Inner Light/Global Communications, un poderoso tomo intitolato Alien Blood Lust: Are There Vampire in Space?. Ancora una volta, l’editore e scrittore Timothy Green Beckley prende di mira il rassicurante e indistinto approccio agli alieni per darne un’interpretazione più negativa, persino mostruosa. Il libro si apre con la franchezza tipica di Beckley: «Per gli Ultra-Terrestri il sangue rappresenta quello che l’acqua rappresenta per l’umanità. La carne e il sangue degli umani – e animali, per dirla tutta, quando non c’è “niente di meglio” disponibile – potrebbero essere lo snack degli dèi. C’è una logica in un’affermazione così bizzarra? A mio avviso sì – continua Beckley – ed è un concetto dopotutto supportato dalle evidenze presentate dal nostro autore principale, Scott Corrales, come anche dal nostro team di ricercatori d’esperienza in quello che è sicuramente un volume provocatorio. Il sangue potrebbe essere necessario, per almeno alcuni Ultra-Terrestri, da bere o ingerire attraverso trasfusione, in modo da riuscire a sopravvivere mentre si trovano “alla deriva” nel nostro mondo fisico» aggiunge Beckley. «Potrebbero esserci degli intrusi da una dimensione parallela o un universo alternativo in cui il sangue, nelle sue varie forme, è diventato un requisito di sopravvivenza mentre sono “stazionati” qui, rendendoli praticamente dei Vampiri dello Spazio».
Casi storici
Come riportato da Beckely nel suo ultimo libro, la sera del 5 marzo 1967, due persone che lavoravano all’ambulatorio mobile per il prelievo del sangue della croce rossa di Point Pleasant, West Virginia, vennero inseguite da qualcosa di strano nel cielo. Il loro mezzo trasportava sangue fresco e, nonostante si stessero affrettando verso l’ospedale con il loro rifornimento, un UFO si tenne al passo con loro e abbassò due protuberanze, simili ad artigli, su ambo i lati del loro veicolo d’emergenza come a volerlo catturare con i suoi prolungamenti e sollevò l’ambulanza nel cielo notturno. A Long-Island, New York, l’autorevole conduttore di talk show venne portato in una grande “sala riunioni” di fronte al quartier generale segreto di uno strano gruppo di alieni “androidi” che chiamavano se stessi “Il Consiglio dei Dieci Uomini”. «Nei recessi dell’edificio c’era un laboratorio nascosto in cui erano stesi su tavoli da esame quelli che sembravano diversi cadaveri. Accanto ai “cadaveri” si trovavano file di provette e bottiglie piene di sangue – raccontò il conduttore. – Ogni bottiglia aveva un’etichetta con dei nomi, come “Charles” e “Susan”. I Dieci avevano in mano alcune delle bottiglie e ne assaggiavano il contenuto oralmente, senza alcuna espressione facciale». L’intera scena disgustò la testimone, che rimase molto turbata dall’esperienza.
Attacco al villaggio
In una sezione di Alien Blood Lust dedicata all’assedio del 1977 della cittadina dell’isola brasiliana di “Colares”, trovate il resoconto del Dr. Daniel Rebisso Giese. Costui trascorse cinque anni facendo ricerca sull’ondata che portò gli abitanti a dichiarare non solo di aver visto luci terrificanti nei cielo, ma anche di essere stati attaccati da creature simili a vampiri che loro chiamavano “chupa-chupa”, un termine dal portoghese che significa “succhia succhia”. Nel 1977 strani eventi cominciarono a causare disordini in diversi villaggi e insediamenti del Brasile settentrionale. Luci e creature sconosciute si aggiravano nei cieli sulla Baia di Sao Marcos, nello stato di Maranhao, diffondendo il panico. Gli abitanti di quei luoghi remoti – chiamati Cablocos, per intendere i brasiliani mezzosangue – credevano che esseri di un altro mondo girassero nella zona alla ricerca di sangue umano. Le vittime venivano colpite da luci misteriose che potevano penetrare qualunque cosa senza che nessuno riuscisse a sfuggire. La situazione venne presa sul serio dall’Aeronautica brasiliana, che inviò delle squadre nella regione per documentare tutto segretamente. Gli incaricati ascoltarono gli stessi racconti da parte di centinaia di persone, che parlarono tutte di “luci vampiro” o “luci chupa-chupa”. In Alien Blood Lust ci sono molte testimonianze drammatiche che mostrano il terrore vissuto dai testimoni, come nel caso di Ana Célia Oliveira, un’insegnante di Colares che all’epoca aveva sei anni: «Non lo dimenticherò mai – disse –. Venivano attaccate persone e animali. Non c’era niente da mangiare. C’era una terribile carenza di cibo. La gente non voleva uscire per mietere il raccolto. Cercavano tutti di spostarsi in grandi gruppi. Nessuno voleva restare solo. Tutta Colares si era fermata. Alle 6 di sera era buio e andavamo a letto. Gruppi di 50 o 60 donne e bambini si riunivano in casa. Gli uomini restavano svegli di notte. Accendevano fuochi, picchiavano sulle padelle per far rumore e mandar via gli UFO. La gente cominciò a sparargli contro nel cielo. Avevano appena sentito dai nostri padri e altri uomini cosa stesse succedendo. Non sapevamo perché andassimo a casa di altre persone, la notte, per dormire. Di notte si vedevano molti UFO volare in formazione. Una volta sentii un uomo che sparò, corse alla porta e l’aprì – ricordò Oliveira – e vide molti UFO in formazione. E improvvisamente andarono in tutte le direzioni. Gli oggetti volavano velocissimi. La gente cominciò a sparare in cielo per spaventarli. Uno stazionò sul villaggio, a un’altezza di 15 metri».
L’assedio
Il libro di Giese Vampiri extraterrestri in Amazzonia presenta evidenze impressionanti fornite da medici, giornalisti, soldati e Cablocos rurali, che descrivono fatti incredibili che sfidano i limiti della nostra “realtà”. Era il luglio del 1977, una giornata di sole dopo la lunga stagione invernale delle piogge, nella cittadina brasiliana di Viseu. Le famiglie usavano sedersi fuori di casa la sera, con i bambini che correvano avanti e indietro. Ma quella notte si videro volare nel cielo strane luci di diversi colori, che non erano luci ordinarie o luci di aerei ed erano completamente silenziose. Alcuni abitanti di mentalità più religiosa pensarono che fossero “segni della fine dei tempi”. Il mattino seguente arrivò gente dai villaggi limitrofi raccontando di una specie di potente luce che veniva dallo spazio e che poteva paralizzarti e “succhiarti” sangue ed energia. Questi resoconti sulla “luce vampiro” arrivarono all’orecchio dell’incaricato del posto di polizia locale, il sergente Sabido do Nascimento Costa, che però non vi diede importanza. Il sindaco della città, Carlos Cardoso Santos, si mise a ridere, sentenziando che fossero «tutte fantasie». Persino il prete, allarmato che i suoi parrocchiani parlassero di recitare delle preghiere per scongiurare le forze del male, adottò la stessa posizione, definendo i rapporti «la fervida immaginazione della gente di campagna. Niente di che». Tuttavia, il giorno dopo arrivarono in città un pescatore e suo figlio. Secondo quest’ultimo «Circa dieci giorni fa, stavamo pescando a Ilha Nova. Improvvisamente, abbiamo visto una stella che si muoveva. La sua luminosità era fortissima, molto più forte di quella delle altre stelle e sembrava lampeggiare e venire dritta verso di noi. Ci siamo ricordati di ciò che avevamo sentito del “chupa-chupa”, così abbiamo remato verso la riva del fiume e ci siamo nascosti nei cespugli. Siamo riusciti a non farci toccare dalla luce. Era sospesa a pochi metri dalla nostra barca, perlustrando tutta la zona con una specie di riflettore, come fosse alla ricerca di qualcosa». Alla fine, la luce o oggetto volò via verso la fattoria di un vicino. Un altro abitante del posto non fu altrettanto fortunato. Un cacciatore era seduto in silenzio nei fitti cespugli aspettando la preda. Apparve un animale, ma qualcosa nel cielo sparò giù un raggio di luce verso l’animale, portandoselo via. Nel frattempo, nemmeno il cacciatore riuscì a sfuggire alla luce, che lo colpì risucchiandogli via la forza. Il cacciatore era sicuro di stare per morire. L’oggetto volante era di forma cilindrica e il cacciatore udì una voce provenire da esso che parlava una lingua sconosciuta. L’oggetto ripartì lasciandolo senza forze, tanto che venne ricoverato in ospedale. Un oggetto cilindrico venne avvistato anche da un’insegnante di scuola, che disse che aveva sparato un raggio di luce sulla sua casa. Raccontò l’incidente allo stesso irridente sergente di polizia sopra menzionato, il quale però ritenne che, siccome la testimonianze proveniva da una donna così ben istruita, non potesse essere semplicemente ignorata.
I media rispondono
«Ormai nessuno nella zona si avventurava fuori di notte – scrive il Dr. Giese, – né i bambini giocavano più fuori di casa, e i pescatori erano titubanti a uscire in barca». Il fenomeno cominciò a diffondersi nei villaggi vicini e ancora una volta le autorità locali, all’inizio, si rifiutarono di credere ai rapporti. «A tempo debito – scrive Giese, – l’ondata di casi di “luci vampiro” nella regione si rivelò la più grande “Ondata UFO” mai registrata in tutto il Brasile». Giese poi cita un giornale della zona: «L’apparizione di un Oggetto Volante Non Identificato nei cieli di Pinheiro sta provocando apprensione e panico tra la popolazione e ha stimolato l’immaginazione a tal punto che alcuni stanno raccontando persino che l’oggetto si avvicina alle persone e poi le stordisce con un raggio di luce, per estrarre il loro sangue. La presenza del velivolo è stata accertata. C’è il terrore generale in tutte la regione, la gente ha paura di uscire di notte perché si dice che quando l’UFO scende vicino a terra emette un raggio luminoso rovente che brucia la pelle». Dalla massa di rapporti dell’epoca, era evidente che il raggio dell’UFO prima immobilizzava la vittima, che poi sentiva un forte calore e collassava, a volte perdendo conoscenza. In generale, venivano presi maggiormente di mira i piccoli insediamenti rurali e le vittime risultavano persone singole, isolate o in piccoli gruppi. Il panico proseguì nell’ottobre- dicembre 1977, e ancora una volta nessuno si arrischiava fuori di notte da solo «per timore dei vampiri succhia sangue ». Per allora, alcune voci e teorie popolari erano cresciute fino a diventare quanto mai fantasiose. Alcuni credevano persino che gli UFO facessero parte di un piano segreto giapponese per contrabbandare sangue umano. C’era naturalmente la credenza che gli UFO venissero da altri pianeti; e c’era occasionalmente la voce non dimostrata secondo cui fosse caduta una nave nel Brasile nord-orientale. Ma in tutti i suoi anni di ricerca nella zona, Giese non ha mai trovato alcuna prova a sostegno delle voci sullo schianto. Uomini del posto cominciarono a uscire in gruppo per pattugliare di notte, armati di fucili e di fuochi d’artificio per spaventare gli intrusi. In occasione della Processione per Nostra Signora di Nazaret del 1977, tenutasi la seconda domenica di ottobre nella città di Belem (la forma portoghese per Betlemme), giunsero molte persone da tutta la regione amazzonica, portando storie fresche sui chupa-chupa. Molte delle storie erano magari un po’ esagerate, ma la gente parlava di «vampiri che venivano giù a succhiare il sangue umano e soprattutto dal seno delle donne». Mentre le storie si diffondevano come un incendio a Belem, le donne diventavano isteriche: era necessaria un’azione immediata e le autorità entrarono in azione. Subito, i giornali locali, che fino a quel momento avevano riportato molto obiettivamente tutto ciò che riguardava i chupa-chupa e le loro vittime, nel giro di una notte cambiarono musica. Anche se un giornale aveva dichiarato, in novembre, che “Ai vampiri interplanetari piacciono solo le donne”, il giorno dopo lo stesso giornale titolava: “I chupa- chupa sono solo fantasie”. Questa sezione di Alien Blood Lust include anche domande e risposte tra Giese e uno psichiatra di nome Weillaide Carvalho, che arrivò a credere alle strane storie raccontate dalla popolazione, rifiutando di lasciarsi intimidire dai militari brasiliani affinché dichiarasse pazze le vittime. C’è anche un’intervista con un militare brasiliano, il colonnello Uyrang Hollanda, che prese in considerazione bizzarre testimonianze di cui aveva sentito mentre investigava nella zona dove si erano verificati i fatti dei chupa-chupa. Dopo aver manifestato pubblicamente la sua solidarietà per le vittime, sulla Revista UFO di A.J.Gevaerd, Hollanda morì apparentemente suicida, cosa che molti ufologi ritengono alquanto sospetta. La storia dell’ondata di chupachupa del 1977 è un racconto che suscita disorientamento e frustrazione. Nel corso del tempo, l’invasione dei chupa-chupa svanì, lasciandosi dietro però terribili cicatrici, fisiche ed emotive.
I diari del Chupacbras
Ma quanto sopra è solo il preludio al pezzo forte del libro, la ristampa del classico degli anni ’90, The Chupacabras Diaries, del noto ricercatore Scott Corrales. Alien Blood Lust include anche degli estratti di altro materiale scritto da Corrales a questo riguardo. Ne nasce un esame approfondito e dettagliato del fenomeno del Chupacabras che ha devastato la campagna di Messico, Porto Rico e Sudamerica. Le sezioni di Corrales sono scritte in modo intelligente da ricercatore UFO e paranormale di lungo corso qual è, e la sua expertise linguistica – Scott è un brillante traduttore di professione – aiuta a far sentire una connessione con la popolazione, in buona parte ispanica che ha sofferto le ripercussioni degli attacchi del “succhia capre” e che ancora cerca delle risposte a questo mistero. Corrales ha parlato personalmente con i testimoni e si è recato nei luoghi degli eventi. Nel suo lavoro figurano diverse trascrizioni di conversazioni radiofoniche in cui delle persone parlano del terrore e della stranezza rappresentata dal Chupacabras, a dimostrazione che il fenomeno non è solo un’illusione, ma qualcosa di reale che la gente è stata obbligata ad affrontare in modo continuativo. Corrales, inoltre, ci insegna una parola nuova: “exsanguinated”, per intendere prosciugato del sangue, dissanguato e fa notare che la quantità di sangue consumato dal Chupacabras equivarrebbe a molte volte il suo corpo, e quindi, forse, la creatura lo raccoglie per qualcun altro oltre che per se stessa?
Il Chupacabras torna sempre
«Se la realtà somigliasse maggiormente al mondo della finzione – scrive Corrales in Alien Blood Lust – i mostri verrebbero abbattuti nell’atto finale dal Tenente Ripley, che spurga il malvagio xenomorfo fuori da una camera stagna, consegnandolo al vacuum dello spazio. La sensazione di finalità e giustizia conseguenti a un paletto piantato nel cuore del non morto, come si vede nei film sui vampiri, garantisce una catarsi che nella realtà in cui si manifestano mostri e visioni non si trova. Dopo diciotto mesi di misteriose apparizioni nel West Virginia, nel 1966-67, il Mothman scomparve nella leggenda e nei sogni inquieti di coloro la cui vita era cambiata per sempre dopo averlo incontrato. Cacciatori e scienziati tornano dalle loro ricerche dell’elusivo Bigfoot con ben poco da mostrare, salvo qualche pelo rivelatore e i calchi in gesso delle impronte, diventati un marchio di fabbrica del loro passatempo. Si può dire lo stesso del Chupacabras – continua Corrales. – La creatura proteiforme si è manifestata per la prima volta a Porto Rico a metà degli anni ’90, ed è seguita un’ondata di avvistamenti in tutta l’America Latina, descritta ogni volta in modo leggermente diverso dalla precedente. Ma la sovraesposizione mediatica e la trivializzazione dell’argomento da parte della cultura popolare – la quantità di magliette e adesivi, canzoni rap e ranchero, cimeli di plastica a poco prezzo, veduti nei supermercati – hanno portato a una perdita d’interesse delle imprese della creatura in Brasile e Cile verso la fine del decennio. Ma il Chupacabras continua a tornare come un pugile professionista, incurante delle fatue dichiarazioni degli scettici come anche degli sforzi per adattarlo al totem UFO dei ricercatori impegnati a sedurre i media ancora una volta, nella speranza di ottenere l’invito a una conferenza o ad uno spettacolo televisivo. Il demone trionfa». I media portoricani trattarono del predatore paranormale nuovamente nel 2012, quando la giornalista Yaritza Santiago scrisse un articolo per El Nuevo Dia sul ritorno dell’entità, questa volta nel comune dell’isola di Vieques: «Uno strano animale selvatico si aggira per i campi verdeggianti e le comunità di questo comune dell’isola. Solo così si spiega il ritrovamento di cavalli, galline e conigli morti in circostanze che i terrorizzati abitanti di Vieques hanno attribuito a una pantera, presumibilmente fuggita a un qualche turista americano. Altri dicono che sia un giaguaro; altri ancora parlano del ritorno del Chupacabras, di cui non mettono in dubbio l’esistenza per un solo momento».
Il gargoyle
Trenta polli incontrarono una triste fine nella proprietà di José Martinez e sua moglie Jeami, a Barrio La Huenca. I coniugi erano andati via per una festa di compleanno la notte precedente, tornando a casa un’ora prima di mezzanotte. Andarono a dormire e José Martinez si svegliò alle 5:30 del mattino per dare da mangiare agli animali. Al freddo bagliore della sua torcia, José rimase stupefatto nel trovare i galli morti nelle gabbie, con profondi segni di puntura sulla schiena, prosciugati del sangue. La coppia raccontò ai giornalisti di non aver sentito alcun suono anomalo durante la notte. José, 26 anni, e Jeami, 21, descrissero il massacro dei loro animali come un “campo di battaglia”, dove l’ignoto predatore aveva agito liberamente. Jeami era convinta che il predatore non fosse altri che l’essere misterioso che aveva sparso terrore a Porto Rico durante la sua infanzia. «Non era un cane. Credo potesse essere il Chupacabras». Ai giornalisti dei media locali che si occuparono del caso venne riferito di un’ “immagine radar” della strana creatura registrata sul radar della Marina statunitense e constatarono che la paura tra la popolazione era assolutamente reale. Corrales aggiunge che «Sull’isola principale di Porto Rico, le agenzie stampa si stavano occupando del “gargoyle” che si presumeva infestasse i paraggi di Guanica, la città dove si trova la magnifica baia sul Mar dei Caraibi». «La visione da incubo aveva attaccato non solo gli animali, ma a quanto pare anche degli esseri umani. Il suo modus di attacco somigliava a quello del Chupacabras, ma non sembrava essere la stessa entità. Alcuni la identificavano con il Chupacabras, ma altri credevano che fosse una creatura diversa, più subdola e sinistra, che usava le rovine e i tunnel della macina dello zucchero abbandonata di Central Guanica come rifugio» scrisse Pedro Bosque in un articolo per El Nuevo Dia. Secondo quanto riportato, fu in questo labirinto di tunnel, parzialmente allagati e soffocati dalle erbacce, che vennero ritrovati gli scheletri delle sue vittime. Secondo Corrales «nonostante la sua predilezione per la bellissima Guanica, il “gargoyle” era stato visto anche a Laias e San German, delle comunità a sudovest di Porto Rico che acquisirono notorietà alla fine degli anni ’80 e per tutti gli anni ’90 come hotspot paranormali. E diversamente da quegli anni relativamente lontani, i testimoni oculari erano riluttanti a condividere i loro nomi con i media, in particolare quando si trattava di attacchi agli umani. Di questi casi si parlava sottovoce. Un testimone intervistato dalla stampa disse di aver visto delle ferite sulla pancia di un uomo, provocate da un “animale con grandi ali” i cui artigli gli avevano dilaniato la carne al punto che se ne poteva vedere il grasso. Il testimone senza nome disse con sobrietà di aver visto la vittima sollevare la maglietta per mostrare le ferite ricevute nel suo cortile. L’ufficiale di polizia Miguel Negrón, d’altro canto, ammise di aver udito un “forte suono di ali che sbattevano” mentre stava pattugliando la macina dello zucchero abbandonata. Un volatile sconosciuto che spiccava il volo tra le gru arrugginite del vecchio mulino? Secondo l’agente, il “gargoyle” era stato descritto da alcuni come un grande uccello che puzzava di zolfo o putrefazione (idrogeno solforato?), che si nutriva di animali vivi come cani, gatti e cavalli tramite dissanguamento »
Il nettare degli dèi
Alien Blood Lust include anche il contributo dello scrittore Herculer Invictus, che, cosa piuttosto singolare, crede ancora nel pantheon degli dèi greci, che comprendono Zeus e gli altri. Con la sua approfondita conoscenza della mitologia greca, Hercules ci dà una lezione su come venivano trattati il sangue e i sacrifici di sangue nelle storie degli abitanti del Monte Olimpo. Il sangue umano è il vero nettare e ambrosia degli dèi? Nigel Watson, uno scrittore britannico specializzato in tematiche paranormali, spiega che la leggenda di Dracula potrebbe offrire spunti per una connessione con gli UFO. Quasi tutti avranno sentito parlare di Vlad l’Impalatore, che si dice essere stato d’ispirazione storica per il personaggio letterario di Dracula di Bram Stoker. Watson spiega che in una chiesa in Romania esiste (nella città preferita del caro, vecchio Vlad) un dipinto a olio del XVI secolo con quello che sembra un UFO – uno strano velivolo discoidale che emette fumo –, che staziona sullo sfondo. Non è esattamente una “prova”, ma aiuta a rendere l’idea della relazione dischi volanti/vampiri piuttosto chiaramente. E infine c’è un capitolo di Tim R. Swartz, veterano di molta guerra psichica, che fornisce una panoramica della storia delle mutilazioni animali negli USA, un fenomeno che raggiunse l’apice nel 1975, ma che continua a presentarsi sporadicamente. Swartz scrive anche di casi di mutilazioni umane nascoste dai militari e dal governo. Uno di questi casi risale al 1956 e si sarebbe verificato al White Sands Missile Range, una base militare nel New Mexico meridionale, dove venne ritrovato il cadavere di un soldato mutilato con precisione chirurgica e completamente dissanguato. Il verdetto ufficiale fu che il soldato era morto per “esposizione” nel deserto. Anche se c’è chi potrebbe interpretare il fenomeno di sete di sangue come repulsivo ma, sostanzialmente, “moralmente neutro”, dovremmo fare alcune riflessioni sul Levitico, terzo libro della Bibbia, al capitolo 17, in cui viene inequivocabilmente dichiarato: «13 Se uno qualunque degli Israeliti o degli stranieri che soggiornano fra di loro prende alla caccia un animale o un uccello che si può mangiare, ne deve spargere il sangue e coprirlo di terra;14 perché la vita di ogni essere vivente è il suo sangue, in quanto sua vita; perciò ho ordinato agli Israeliti: non mangerete sangue di alcuna specie di essere vivente, perché il sangue è la vita d’ogni carne; chiunque ne mangerà sarà eliminato». «15 E qualunque persona, sia essa nativa del paese o straniera, che mangerà carne di bestia morta da sé o sbranata, si laverà le vesti, laverà sé stesso nell’acqua, e sarà impuro fino alla sera; poi sarà puro». Questi versi dicono chiaramente che assumere il sangue di un animale è un atto impuro e motivo di esclusione dalla comunità. Considerata questa legge biblica, inequivocabilmente contraria al consumo di sangue, si potrebbe pensare che il Chupacabras sia qualcosa di demoniaco, poiché sfida apertamente le leggi di Dio. Il sangue ha sempre fatto parte dell’agenda segreta degli Ultra- Terrestri sin dall’epoca degli “antichi astronauti” e la loro apparente richiesta di sacrifici umani – fino alle mutilazioni animali odierne. «Non ci facciamo tanti problemi a macellare un cervo – scrive Beckley – per aggiudicarci i tagli più succulenti, quindi perché gli alieni non dovrebbero vederci sotto la stessa luce, carne succulenta da consumare nel loro viaggio per il cosmo?».
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Articolo di Michael Salla
Il 23 gennaio, la giornalista, vincitrice del premio Emmy, Linda Moulton Howe, ha pubblicato la testimonianza video di un nuovo whistleblower, che parla della sua missione top-secret, a cui avrebbe partecipato, in una grande struttura sepolta e trovata in Antartide. Il rivelatore afferma di essere entrato, durante una missione segreta nel 2003, in una struttura di forma ottagonale molto grande, situata vicino al ghiacciaio Beardmore, che si estendeva in profondità nel cuore gelido del ghiacciaio. Il whistleblower è un ex Navy Seal statunitense, intervistato per la prima volta dalla Howe il 19 luglio 2018. Nel video su YouTube usa lo pseudonimo di “Spartan 1”, mostrando un volto oscurato e la voce è alterata per proteggere la propria identità. Linda Howe dice di aver fatto dei controlli su Spartan 1, il quale le avrebbe fornito un’ampia documentazione a prova della sua carriera militare.
Una base sotto il ghiaccio
In precedenza, la Howe aveva pubblicato la testimonianza di un altro whistleblower militare, “Brian”, un ex ingegnere di volo della US Navy che aveva volato in numerose missioni di supporto con l’Antarctic Development Squadron dal 1983 al 1997, assistendo a una serie di anomalie che indicavano la presenza di strutture nascoste o basi nelle profondità sotto i ghiacci antartici. Brian sostiene di aver visto dischi volanti argentati sulle Montagne Transantartiche, non tanto lontano, come ha fatto notare la Howe, da dove aveva condotto la sua missione il Navy Seal, secondo il quale il radar di penetrazione nel terreno aveva scoperto la struttura ottagonale, come elaborato dalla Howe: «Nel 2003, un US Navy Special Operation team è andato in Antartide per svolgere ricerca su una struttura ottagonale perfettamente geometrica scoperta da un radar di penetrazione nel terreno vicino al ghiacciaio Beardmore, a circa 93 miglia dalla stazione americana di McMurdo. Una squadra precedente di ingegneri e scienziati aveva scavato lo strato superiore di un ottagono fatto di una sostanza assolutamente nera, che era stata costruita sopra altre due strutture ottagonali nere che scendevano in profondità nel ghiaccio di 2 miglia di spessore». Nel video, il Navy Seal, alias Spartan 1, descrive il lancio della sua missione da una portaerei che viaggiava vicino al Ross Sea di West Antarctica. Era stato portato in elicottero alla stazione di McMurdo, la più grande base degli Stati Uniti in Antartide, e poi trasportato via terra fino al luogo della struttura. Spartan 1 era poi passato attraverso una porta che si trovava a circa 50 piedi sotto il ghiaccio. Le pareti della struttura avevano approssimativamente dai 6 ai 10 metri di spessore e l’altezza del soffitto era di circa 7-9 metri. Le pareti, il soffitto e il pavimento erano fatti di un basalto nero che sembrava lucido marmo. L’interno era riscaldato a circa 68-72 gradi Fahrenheit (20-22 gradi Celsius) ed era illuminato da una forte fonte di luce verde proiettata dal soffitto e dal pavimento. Non aveva però visto alcun impianto di riscaldamento o di illuminazione, il che aggiungeva altro mistero alla già di per sé enigmatica struttura sotterranea. Per allora era stata scoperta dalle squadre archeologiche solo una parte della struttura, mentre il resto era ancora sepolto sotto il ghiaccio e si estendeva molto più in profondità. Il radar aveva mostrato che la struttura copriva un’area di circa 0,5 chilometri quadrati. Le pareti e le porte erano coperte da geroglifici alti circa 20 centimetri e profondi circa 5 centimetri. I geroglifici non erano né egizi né maya, ma assomigliavano a entrambi in termini di raffigurazione di animali e altri simboli strani. Uno dei simboli era molto simile a quello del Sole Nero usato dalle SS naziste, che ne riprodussero uno anche sul pavimento del loro quartier generale al Castello di Wewelsburg. La Howe ha anticipato che prossimi video con Spartan 1 torneranno a parlare di questo simbolo. Il rivelatore ha spiegato che parte della sua missione consisteva nel trasportare gli scienziati che avrebbero documentato la struttura sepolta e i suoi geroglifici, scattando foto e facendo disegni e che il suo team aveva dovuto lasciare lì uno degli scienziati dopo che questi aveva insistito che fosse necessario più tempo per fare un inventario adeguato delle scoperte. A Spartan 1 era stato riferito che la struttura fosse stata costruita da un gruppo di extraterrestri di aspetto umano, coinvolti nell’ingegneria genetica dell’umanità. Le sue rivelazioni sono estremamente significative, perché costituiscono una rara testimonianza di prima mano di ciò che si trova all’interno di una di queste antichissime strutture. Il rivelatore “Brian” non aveva, infatti, potuto vederle o entrarci, ma solo avvicinarsi in volo e osservare un grande foro nel Polo Sud.
La storia perduta dell’Antartide
Ad oggi, solo due altri whistleblower/insider si sono fatti avanti per condividere quanto sanno o hanno visto riguardo agli antichi reperti sepolti sotto le calotte glaciali dell’Antartide, e sono Corey Goode e Pete Peterson. Goode sostiene di essere stato portato in Antartide all’inizio del 2016 e del 2017, dove avrebbe visto delle basi segrete e resti di un’antica civiltà sepolta in profondità sotto le calotte glaciali. Lì si troverebbero alcuni corpi di ibridi alieni-umani che facevano parte degli esperimenti genetici condotti da una razza extraterrestre di aspetto umano e di alta statura migliaia di anni fa. Goode ha anche parlato di tre enormi navi madre sepolte sotto il ghiaccio, usate anticamente per avviare una civiltà globale che avesse al centro l’Antartide. Peterson, invece, sarebbe andato in Antartide durante missioni top-secret in cui aveva il compito di capire le avanzate tecnologie ritrovate vicino a tre navi madre, che aveva visto lui stesso e la sua testimonianza sembra confermare il resoconto di Goode. Tutto questo solleva alcuni intriganti interrogativi. Il simbolo del Sole Nero era forse una rappresentazione pittorica di un’antica civiltà con al centro il Polo Sud e le spirali che si dirigevano verso le sue lontane colonie? Nel libro Antarctica’s Hidden History presento le evidenze che i nazionalisti tedeschi, che usavano il simbolo del Sole Nero, stabilirono una colonia in Antartide, dove costruirono un’astronave per la colonizzazione dello spazio profondo. Secondo l’analisi della Howe, la struttura testimoniata da Spartan 1 risale a 33 milioni di anni, che è la data generale indicata dai geologi de periodo in cui l’Antartide era privo di ghiacci. Tuttavia, in Antarctica’s Hidden History presento alcuni elementi secondo cui l’Antartide era privo di ghiacci in un’epoca più recente come 11.700 anni fa, ovvero la data approssimativa della distruzione di Atlantide secondo Platone. E dunque viene da chiedersi quanto siano antiche le rovine scoperte lì, attualmente. La testimonianza indipendente di Spartan 1 sembra corroborare elementi importanti di ciò che hanno raccontato Goode e Peterson, e che anche altri sostengono si trovi nascosto sotto il continente ghiacciato. Man mano che verrà divulgata tutta la testimonianza di Spartan 1, in una serie di video da parte di Linda Howe, potremo avere altri elementi importanti, che magari faranno sorgere anche altri interrogativi, su questo mistero antichissimo.
Incontro con Rama
Il 16 gennaio scorso, il capo del dipartimento di astronomia dell’università di Harvard, il prof. Abraham Loeb, ha rilasciato un’intervista in cui ha difeso il suo controverso articolo secondo cui l’oggetto interstellare rilevato da un telescopio alle Hawaii il 19 ottobre 2017 e denominato ‘Oumuamua potrebbe essere un artefatto extraterrestre. Mentre gli astronomi continuano a discutere del fatto che i dati raccolti a riguardo non permettano di stabilire la natura e le origini di ‘Oumuamua, le rivelazioni di un whistleblower ci informano che si sarebbe verificata una missione spaziale segreta verso ‘Oumuamua per acquisire maggiori informazioni. Si può perdonare gli astronomi che ignorano le rivelazioni dei whistleblower su missioni segrete verso artefatti nel sistema solare a causa di una mancanza di dati scientifici corroboranti, ma chi si interessa di “astropolitica” o “esopolitica” non gode di questo lusso. Insider/whistleblower permettono di avere uno squarcio sui progetti compartimentalizzati super segreti e pertanto le loro dichiarazioni dovrebbero essere prese in considerazione, nonostante possano mancare hard evidence a loro sostegno, a causa del processo di secretazione e non perché non esistano. Prima di esaminare la presunta missione segreta verso ‘Oumuamau, vale la pena di riassumere quanto detto dagli astronomi. In un TED talk pubblicato il 19 luglio 2018, l’astrobiologa Karen J. Meech ha discusso di quanto si sapeva su ‘Oumuamua, spiegando che gli astronomi attendevano da tempo l’arrivo del primo oggetto da un altro sistema solare. All’inizio gli avevano assegnato il nome informale di “Rama”, dalla nave spaziale abbandonata del romanzo di Arthur C. Clark, Incontro con Rama. Ma il nome non era stato ritenuto adatto, e, dal momento che l’oggetto interstellare era stato scoperto dal telescopio Pan-STARRS presso l’osservatorio Haleakala sull’isola hawaiana di Maui, erano stati dunque consultati due esperti di cultura hawaiana, che lo hanno chiamato ‘Oumuamua (esploratore o messaggero da un lontano passato). Le immagini scattate dai telescopi Hubble e Pan-STARRS erano piuttosto indistinte, quindi non si poteva sapere molto sulla sua geometria e composizione. Nonostante questo, le rappresentazioni artistiche iniziali di ‘Oumuamua lo raffiguravano come un lungo oggetto sigariforme che si girava e ruotava lungo il suo percorso orbitale interstellare come fosse stato espulso violentemente da qualche lontano evento stellare del remoto passato. Ma ad attirare davvero l’attenzione scientifica è stato quando ‘Oumuamua, secondo i dati forniti dal telescopio Hubble nel giugno 2018, ha accelerato nel suo avvicinamento al Sole. L’accelerazione è normale per le comete con lunghe code ghiacciate che si accendono spingendo in avanti la cometa, ma ‘Oumuamua non è una cometa e per un qualche motivo sconosciuto l’energia solare sembrava accelerarlo. Questo ha portato il Professor Loeb e il suo collega dell’Harvard Smithsonian Center for Astrophysics, il Dr. Shmuel Bialy, a speculare sul fatto che ‘Oumuamua potesse contenere una vela di luce che gli permettesse di venire ricaricato e accelerato con l’energia solare. La loro congettura è stata presentata nell’articolo scientifico “Could solar radiation pressure explain ‘Oumuamua peculiar acceleration?” (in Astrophysical Journal Letters): «Considerando un’origine artificiale, una possibilità è che ‘Oumuamua sia una vela di luce che galleggia nello spazio interstellare come detrito di un’avanzata attrezzatura tecnologica… La tecnologia della vela di luce potrebbe venire abbondantemente usata per il trasporto di merci tra pianeti... o tra stelle... Nel primo caso, l’espulsione dinamica da un sistema planetario potrebbe provocare detriti spaziali di apparecchiature non più operative… e che fluttuano alla tipica velocità delle stelle l’una rispetto all’altra nelle vicinanze del Sole. Questo spiegherebbe le varie anomalie di ‘Oumuamua ». Bialy e Loeb hanno offerto altre spiegazioni esotiche del perché ‘Oumuamua potrebbe essere una sonda interstellare sostanzialmente a riposo rispetto ad altre stelle nel nostro ammasso stellare: «In alternativa, secondo un più esotico scenario, ‘Oumuamua potrebbe essere una sonda completamente operativa inviata intenzionalmente nelle vicinanze della Terra da una civiltà aliena… Questa discrepanza si risolve prontamente nel caso ‘Oumuamua non seguisse una traiettoria casuale ma fosse invece una sonda mirata. È interessante notare che la velocità d’ingresso di Oumuamua sia estremamente vicina al Sistema di Riposo Locale, in una regione cinematica occupata da meno di 1 a 500 stelle». Nella sua intervista, Loeb ha elaborato l’idea di ‘Oumuamua come una sorta di sonda interstellare o boa alimentata da vele solari che un tempo monitoravano il traffico spaziale nella nostra regione locale della galassia: «Se fate la media della velocità di tutte le stelle nella regione… ottenete un sistema che viene chiamato “standard di riposo locale”. ‘Oumuamua era a riposo rispetto a quel sistema. Non è venuto da noi. Ha aspettato sul posto, come una boa sulla superficie dell’oceano, finché la “nave” del sistema solare non vi si è imbattuta. Per chiarire, solo una delle 500 stelle nel sistema è a riposo come ‘Oumuamua…». Nell’intervista, Loeb spiega che lui e Bialy non sono gli unici astronomi a chiedersi se ‘Oumuamua sia un veicolo spaziale extraterrestre, ma sono riluttanti a esprimere pubblicamente le loro opinioni, data la scarsità di dati raccolti dai telescopi. Quello che sorprenderebbe molto Loeb e altri astronomi è sapere che, secondo alcune rivelazioni di un insider, sono stati raccolti molti più dati scientifici su ‘Oumuamua di quanto non venga detto pubblicamente, in quanto si tratta di informazioni secretate ad altissimo livello per motivi di sicurezza nazionale.
Missione segreta su Oumuamua
Corey Goode, infatti, avrebbe visto il video di una missione di atterraggio segreta su ‘Oumuamua, condotta da un’alleanza di programmi spaziali segreti che avrebbero osservato l’oggetto ancora prima del suo ingresso nel nostro sistema solare. Questo risulta particolarmente significativo dal momento che la scoperta “ufficiale” di ‘Oumuamua, il 19 ottobre 2017, è avvenuta dopo che aveva superato il Sole e stava andando oltre la Terra nel suo viaggio interstellare. L’attendibilità di Goode come insider è stata recentemente rafforzata grazie a due DIRD (Defense Intelligence Reference Documents) che parlano di “warp drive” e “wormhole attraversabili”, da lui rilasciati pubblicamente alla fine del 2017. I documenti dimostrano la fattibilità scientifica delle avanzate tecnologie di propulsione, che secondo Goode vengono utilizzate in programmi spaziali segreti. I due documenti facevano parte di una lista di 38 documenti “Unclassified: For Official Use Only” di cui la Defense Intelligence Agency ha confermato l’autenticità il 16 gennaio 2019, inseguito a una richiesta tramite il FOIA da parte della Federation of American Scientists. La recente conferma dei documenti DIRD divulgati da Goode implica che la sua testimonianza su ‘Oumuamua non possa venire semplicemente liquidata e che, anzi, sia meritevole di considerazione da parte degli astronomi. A gennaio, Goode ha fornito una descrizione dettagliata di ciò che ha visto nel video che è stato mostrato a lui e ad altri partecipanti al briefing relativo alle recenti attività segrete nello spazio. L’insider ha scritto di quello che ha visto e delle spiegazioni da parte di un ex ufficiale dell’USAF (Sigmund) al briefing: «La persona che ha condotto l’incontro ha poi portato la nostra attenzione su un grande schermo smart-glass pad che scendeva dal soffitto. Sigmund si è alzato e ha detto “Ho una sorpresa per tutti e due”. Si è avvicinato allo schermo e lo ha fissato mentre parlava. Ha detto che stava monitorando quella che sembrava una nave spaziale abbandonata diretta verso il nostro Sistema Solare. Era lo stesso “asteroide” a forma di sigaro che la NASA e i media hanno soprannominato ‘Oumuamua, e pubblicizzato ampiamente in quello stesso periodo di tempo». Goode ha anche riferito ciò che gli era stato spiegato sulla missione spaziale segreta inviata per osservare e atterrare su ‘Oumuamua: «Sigmund si è gonfiato d’orgoglio e ha detto, “Ho guidato una spedizione per vedere a chi appartenesse quel velivolo. Aspettate di sentire quello che abbiamo scoperto”. Improvvisamente abbiamo cominciato a vedere varie letture e telemetrie sullo schermo. Potevo anche sentire quella che sembrava una vecchia trasmissione radio della NASA. C’erano segnali acustici e un pilota che chiamava dal suo velivolo, oltre a quello con cui stava cercando di attraccare. È durato circa cinque minuti, e ho visto i due velivoli avanzare a spirale sempre più vicini. Mentre il pilota si metteva in corrispondenza con la rotazione dell’oggetto a cui si stavano avvicinando, si poteva vedere una lunga struttura sigariforme con delle chiazze lucenti di quello che sembrava ghiaccio sul lato esterno. Era chiaramente fatto di pietra e sembrava che fosse passato attraverso molte piogge di meteoriti e collisioni. Il video ha mostrato una scena in cui alcune persone in tute spaziali si spingevano attraverso quello che sembrava un foro che scendeva nella roccia». Goode ha inoltre descritto che cosa hanno trovato gli astronauti del programma spaziale segreto entrando in ‘Oumuamua: «Lo shuttle era ormeggiato assieme alla nave misteriosa vicino a quella che sembrava una cupola ovale metallica, a circa un terzo della sua fusoliera. Sembrava essere stata colpita molte volte ed era piena di buchi e ammaccature da impatti evidenti. Nella scena successiva si vedevano gli uomini in un ambiente senza gravità, con luci sul petto, i caschi e la parte superiore dei polsi. Si sono separati e parlavano tra loro attraverso i sistemi di comunicazione nelle tute. Uno di loro stava raccogliendo dei campioni dai residui ghiacciati sui pavimenti e le pareti. Lo stesso fango organico congelato si trovava anche all’esterno della nave. Sembrava sporca e schiumosa acqua di lago congelata. La nave era ovviamente molto antica. Era stata abbordata e depredata della sua tecnologia molte volte da razze sconosciute. Sigmund ha detto che dopo aver testato il fango, avevano stabilito che fossero in parte i resti dell’equipaggio originale. Molti pannelli erano stati rimossi dalle pareti, dai soffitti e dai pavimenti, lasciando vuoti degli scomparti dove una volta si trovava la tecnologia ». Poi Goode ha descritto la scoperta di corpi preservati di ex membri dell’equipaggio, l’identità dell’antica razza extraterrestre a cui appartenevano, il velivolo che era rimasto intrappolato in orbita per milioni di anni e un linguaggio geroglifico trovato all’interno del velivolo. Tutto questo può sembrare incredibile agli astronomi che si affidano ai pochi dati forniti dai due telescopi che osservano ‘Oumuamua da una grande distanza, ma il rilascio da parte di Goode dei documenti sui sistemi di propulsione avanzati come i motori a curvatura, gli conferisce un certo grado di attendibilità. Il video visto da Goode è stato mostrato anche a molti scienziati con “need to know” all’interno del mondo dei programmi spaziali segreti. La somiglianza tra il resoconto di Goode e quello che ha descritto Clark in Incontro con Rama è impressionante. Forse il Prof. Loeb e il Dr. Bialy potrebbero essere stati messi al corrente di queste straordinarie informazioni e stanno presentando la loro ipotesi per aprire la mente ai colleghi increduli.
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Articolo di Pablo Villarrubia Mauso
Il 16 ottobre 1957, il giovane contadino brasiliano Antonio Villas-Boas, all’una del mattino, stava arando, da solo, il campo col trattore. Preferiva lavorare di notte, alla luce del veicolo, perché di giorno faceva troppo caldo. All’improvviso, vide una “grande stella rossa” che scendeva sul campo. Quando la luce si avvicinò ulteriormente, Antonio si rese conto che era di forma ovoidale, sospesa a circa 50 metri dal suolo e illuminava tutta l’area circostante. L’oggetto era lungo una ventina di metri e da esso uscirono tre gambe. Il contadino, spaventato, pensò di scappare, ma il trattore smise di funzionare e così lui saltò nel campo, sentendo, poco dopo, che qualcuno lo tirava per le braccia. Era un essere con indosso una specie di tuta aderente e un casco, più basso di lui. Antonio, con un gesto brusco, si liberò dell’aggressore ma, immediatamente, ne comparvero altri tre che lo afferrarono e lo portarono su per una scala metallica flessibile che usciva dalla parte inferiore del velivolo. Con difficoltà – Antonio lottava energicamente – lo issarono a bordo. Una volta dentro, il giovane si ritrovò in una stanza quadrata, con pareti metalliche brillanti, illuminate da luci fluorescenti, quadrate, incassate nel soffitto. Fu allora che contò cinque piccoli esseri di forma umana, due dei quali lo trattenevano con fermezza. Uno di loro fece segno di condurlo in un’altra stanza, più grande, ovale, con una colonna di metallo e sedie girevoli accanto a un tavolo “stravagante”. Le creature cercarono di comunicare con Antonio, ma emettevano dei suoni simili al latrato dei cani. Poi le creature riuscirono a togliergli i vestiti, nonostante Antonio opponesse resistenza. Un Ufonauta gli si avvicinò e bagnò il corpo del giovane contadino con una specie di spugna imbevuta di un liquido trasparente come l’acqua, ma più denso, che però non lasciava unta la pelle. Antonio rimase solo per un po’ di tempo e poi venne condotto attraverso una porta nel cui architrave si vedevano dei simboli rossi illuminati, che cercò di tenere a mente. Gli esseri portarono un dispositivo a forma di calice dal quale uscivano due tubi flessibili. Gli venne fissato uno dei tubi al mento e il giovane vide che il calice si riempiva progressivamente con il suo sangue. Poi Antonio cominciò a sentire un odore sgradevole, nauseante, e a vomitare, finché si accorse che da uno dei tubi metallici stava uscendo del gas. Venne nuovamente lasciato solo e dopo una mezz’ora entrò una donna completamente nuda. La versione raccolta dai ricercatori faceva riferimento a una donna molto bella, dagli occhi chiari e obliqui, biondi capelli lisci, naso piccolo e zigomi prominenti. Era molto bassa (circa 1,40 metri) e, all’inizio, Antonio non sentì alcuna eccitazione sessuale nei confronti della presunta aliena. A poco a poco, però, se ne era sentito attratto e aveva consumato con lei due rapporti sessuali in modo meccanico. La donna non aveva mai parlato. Dopodiché la femmina venne chiamata da uno dei suoi compagni, ma prima indicò la propria pancia e poi il cielo, azione che secondo alcuni ufologi stava a significare che Antonio avrebbe avuto un discendente su un altro pianeta. Il contadino, invece, pensò che, in futuro, lo avrebbero portato via per sempre, cosa che provocò molta angoscia in Villas-Boas nei mesi seguenti, finché non si rese conto che non sarebbe successo nulla del genere. La donna se ne andò e gli esseri gli restituirono i vestiti. Antonio si accorse che mancava solo l’accendino (marca Homero), ma non sapeva se lo avessero preso gli esseri o se lo avesse perso lui, durante la schermaglia nel campo. Le creature portarono il terrestre a vedere la nave e durante l’esplorazione Antonio cercò di rubare un oggetto cubico – con un coperchio di vetro – che si trova sopra un tavolo, ma gli fu impedito dai suoi rapitori. Il giovane cercò persino di graffiare le pareti del velivolo, per conservare sotto le unghie una prova della sua esperienza. Alla fine lo lasciarono andare, sulla terraferma, dove vide la scaletta che veniva ritirata nel velivolo e le luci dell’UFO che cominciavano a brillare più intensamente. Quindi l’oggetto s’inclinò lateralmente e scomparve. Erano circa le 5:30 circa del mattino.
Luci e poltergeist
Fernandópolis è stata una delle destinazioni nelle nostre indagini sul caso Villas-Boas. Lì, nel nord dello stato di São Paulo, risiede dal 1961 il fratello di Antonio, José, di 65 anni. Entrambi erano stati testimoni dell’apparizione di un disco volante il giorno prima del rapimento, più precisamente il 14 ottobre 1957. La conferma della sua testimonianza era, quindi, preziosa per verificare la credibilità degli eventi accaduti allora. Oggi - e diversamente da quel lontano 1957 - José Villas-Boas è un ricco proprietario terriero, ma mantiene ancora la parlata tipica dei contadini del sud-est del Brasile. Suenaga, autore di una tesi universitaria sugli UFO, lo ha contattato telefonicamente e ha accettato di aiutarci. All’inizio, José ci ha accolto in casa con un po’ di diffidenza: era la prima volta che qualcuno lo intervistava su questo argomento, ma poco alla volta si è aperto con noi. «Quella notte stavo lavorando nel campo con mio fratello. Antonio guidava il trattore e io la bicicletta. All’improvviso è apparsa una luce che si è avvicinata fino a un 30-40 metri dal trattore. Abbiamo visto che era a forma di piatto, con un diametro di circa 10 metri, sembrava di alluminio ed emetteva una specie di sibilo. Si è fermata a circa due metri da terra. Mio fratello ha cercato di puntare le luci del trattore sull’oggetto, ma senza riuscirci perché si muoveva. Io ho mollato la bicicletta e ho cominciato a correre. Antonio è rimasto lì finché quella cosa non si è allontanata» ha ricordato José Villas- Boas. Antonio non era spaventato? «Non credo, era molto coraggioso. Mi ha detto che quando ha visto la luce, all’inizio, quando era ancora piccola, ha pensato che fosse il faro della mia bici da lontano. Inoltre, ci siamo resi conto che non era la stessa luce che appariva a Riolândia. È emersa proprio dove c’erano alcune pietre nella nostra hacienda e dove appariva la mãe-do-ouro» ci ha spiegato il fratello del primo addotto della storia. Riolândia, mãe-do-ouro? Puoi spiegarci meglio? Ha chiesto Suenaga. «Sì. La mãe-do-ouro è una specie di luce spettrale che è apparsa nel cielo della nostra regione per molto tempo. Pare che sia stata vista anche a Riolândia, un villaggio molto vicino a São Francisco de Sales. Inoltre, in quel villaggio succedeva una cosa molto strana: si sentiva come un fischio acuto che l’attraversava da una parte all’altra. Ricordo che è successo nel 1949. La gente disse che erano gli “asombrações” (spettri). Non sapevamo da dove venisse e cosa fosse». Succedevano altre cose strane a São Francisco de Sales? Ho chiesto. «Sì. Ora che me lo dici, mi ricordo che nella nostra hacienda, chiamata Aldea perché ci vivevano gli indios, c’era un mortaio il cui pestello si muoveva da solo… La moglie di mio cognato, morta pochi mesi fa, faceva la farina di mais colpendo i chicchi in un grande mortaio. Di notte, appendeva il pestello di legno sul tetto e ne copriva la bocca in modo che nessun insetto potesse entrare. Verso mezzanotte abbiamo sentito battere. Quando siamo andati a vedere cosa stesse succedendo, si è fermato tutto, al suo posto. È successo molte volte quando ero piccolo, negli anni ‘40». È successo qualcos’altro? Insisto io. «Sì. I contadini parlavano del cavaliere fantasma, le cui truppe venivano udite di notte. Ma non ho assistito a questo “assombração”. Apparivano anche delle lunghe palle di argilla coperte di pelo, che cadevano all’interno del posto dove si trovava il forno per cuocere la farina. C’erano lì le donne a occuparsene. Le palle entravano volando e si schiantavano per terra o nel forno. Venivano dal nulla. Quel posto ora è sott’acqua, perché è stato allagato nel 1977 dalla diga del Rio Grande, che separa lo stato di São Paulo da Minas Gerais. Tutto questo è accaduto vicino a dove mio fratello è stato rapito da quegli strani uomini».
La donna dello spazio
Uno degli aspetti più peculiari della storia di Villas-Boas è il suo rapporto sessuale con una donna all’interno dell’astronave. I ricercatori UFO di stampo sociologico e psicologico lo hanno considerato come una sorta di reinterpretazione del mito dei succubi, entità demoniache femminili che, nel Medioevo, tormentavano gli uomini mentre dormivano. Tuttavia, nell’interrogatorio a cui fu sottoposto l’addotto, nel febbraio 1958, non si intravide alcuna tendenza alla superstizione o al misticismo da parte sua. Antonio non pensava che l’equipaggio del velivolo fosse composto da angeli, superuomini o demoni e respingeva l’idea che alcuni degli atti fossero stati eseguiti sotto controllo mentale o suggestione telepatica dei suoi rapitori. Al contrario, disse di essere stato padrone delle sue azioni e dei suoi pensieri durante tutta la sua permanenza sull’astronave. Certo è che, per la prima volta nella storia mondiale dell’ufologia, c’era un caso di rapimento e con una componente sessuale. Il giornalista João Martins, che per primo intervistò Villas- Boas, commentò in un articolo pubblicato sulla rivista O Cruzeiro Internacional del 1965, firmato con lo pseudonimo di Heitor Durville: «… c’è stata un’esperienza di procreazione. Quella donna sarebbe un normale esemplare femmina appartenente alla razza di quegli strani esseri, di cui non conosciamo l’origine? O era solo una “figlia”, una cavia, di qualche razza sul nostro pianeta, tenuta per quello scopo? Si possono fare solo delle congetture. Il testimone non ha visto nessuno degli altri esseri senza gli “scafandri” che li ricoprivano quasi completamente, e quindi gli era impossibile verificare se fossero simili alla donna». L’approccio di Martíns è interessante: la donna potrebbe essere stata una delle tante persone scomparse e magari rapite da entità extraterrestri. Nei film di fantascienza abbiamo già visto esempi di “zoo umani”, tenuti dagli alieni, in cui i nostri simili vengono sottoposti tutti i tipi di esami medico-biologici e a esperimenti a bordo di velivoli spaziali o su altri pianeti. Il famoso scrittore e ufologo Antonio Ribera riteneva che la donna potesse essere figlia o nipote di una di queste persone scomparse misteriosamente. Il famoso ufologo britannico Gordon Creighton, direttore e fondatore della Flying Saucer Review, ritiene che gli alieni abbiano cercato di creare una nuova razza che potesse sopravvivere sia nella loro atmosfera che nella nostra. Una nuova specie con cui popolare le regioni disabitate del grande Brasile. Nel caso della donna descritta da Villas-Boas, l’ipotesi della sua origine umana ha diversi punti a suo favore. La prima è che respirava la stessa aria di Antonio, senza bisogno del “casco” usato dagli altri umanoidi. Nell’ambiente in cui era rimasta nuda, l’aria si era mescolata con il gas menzionato dal contadino e che credeva fosse la causa della nausea. Forse, come ha osservato Martíns, quel gas era un elemento che consentiva alla donna di respirare senza un casco, nel caso fosse stata simile agli altri esseri.
Viaggio verso il mistero
Siamo dunque partiti per São Francisco de Sales, un villaggio all’interno della Minas Gerais profonda, dove è raro che dei forestieri come noi facciano tappa nel bel mezzo di un viaggio. Abbiamo attraversato i terreni agricoli leggermente ondulati di Conceição, Planura, Itapagipe e infine siamo giunti a destinazione, nel nord dello stato di Sao Paulo, non lontano dal confine con gli stati del Mato Grosso e Goiás, sbarcando nel piccolo terminal degli autobus, dove un cane cercava di afferrare le mosche al volo e un ubriaco, traballante, si sforzava di camminare in linea retta. Abbiamo raggiunto una piazza piena di bellissimi cespugli decorati con forme geometriche e, dall’altra parte, abbiamo trovato la pensione di Doña Manuela. La proprietaria sonnecchiava su un logoro divano mezzo rotto. Era una vecchia casa da cui entravano e uscivano gli ospiti, forse camionisti e venditori ambulanti. Abbiamo lasciato i nostri zaini in una stanzetta soffocante - la pensione era l’unico ostello in città - e siamo usciti a cercare le persone che avevano conosciuto Antonio Villas- Boas. Non è stato difficile. Abbiamo incontrato per primo Hitler Lobo de Mendoça, di 62 anni, ex consigliere di São Francisco de Sales, che ci ha invitato gentilmente nella sua umile casa, con il tetto di zinco, dove il caldo era insopportabile anche se era quasi notte. «Sono stato registrato nel 1940 e mio padre mi dato questo nome all’inizio della guerra», ci ha spiegato Hitler, quasi scusandosi di chiamarsi così. Eri molto vicino ad Antonio Villas-Boas? Ha chiesto Suegana, iniziando l’intervista. «Sì, eravamo molto amici, come fratelli. Mi ha raccontato tutto, anche se non gli piaceva ricordare quello che gli era successo nel 1957. Penso che fosse traumatizzato. Mi ha detto di essere stato trascinato in un velivolo dove aveva avuto un rapporto sessuale con una donna molto brutta. Antonio non era un bugiardo. Inoltre, era molto devoto, seguiva sempre le processioni della Settimana Santa a testa bassa. Ma preferisco lasciarne in pace la memoria… Preferisco raccontare quello che ho visto io». E cos’hai visto? «Quando ero adolescente, circa 40 anni fa, ero in viaggio coi miei tre fratelli. Eravamo a circa 20 chilometri da qui, con tre carri carichi di maiali trainati dai cavalli. Dovevamo consegnarli in una hacienda e ci siamo persi su quei sentieri. Uno dei miei fratelli era molto irritabile e ha cominciato a inveire ai quattro venti. Poi è apparsa una specie di luce molto intensa, sopra un albero, il cui colore si alternava dal blu al rosso e sembrava ci si stesse avvicinando. Così abbiamo chiuso gli occhi e pregato. Quando li abbiamo riaperti, la luce si era allontanata fino a sembrare una stella». Mentre parlavamo, il figlio di Hitler, Cleiton Gonçalves, è intervenuto per fornirci la sua testimonianza su un’altra strana luce. «Lavoro in una fattoria vicino a São Francisco. Due anni fa, verso le tre del mattino, sono andato al recinto per mungere le mucche. Dal momento che il proprietario non era ancora arrivato, mi sono seduto ad aspettarlo, quando una piccola luce ha attraversato il cielo scuro. Dopo un po’, ho notato che, a circa dieci metri di altezza, c’era una sfera di luce delle dimensioni di un pallone da calcio che illuminava tutto intorno. Avevo una gran paura e ho pensato di correre verso la casa del proprietario, ma la sfera è volata in quella direzione, emettendo uno stridio. Ha stazionato sopra la casa, c’era un cane che abbaiava, e poi si è spostata verso un lontano albero di cocco. Sono rimasto sorpreso da come ha illuminato le baracche e il terreno. Poi è salita verticalmente e si è fatta sempre più piccola, fino a scomparire. Il tutto è durato circa cinque minuti » ha raccontato molto seriamente il testimone ventenne. Che cos’era? Ha domandato Suenaga. «Dopo che è scomparsa, ho parlato con il proprietario, il quale mi ha detto che la luce appariva con una certa frequenza, ma prima, verso il tramonto. Una notte, era andato al recinto e vi aveva trovato dentro la luce. Quella stessa notte, un contadino di nome Zezinho stava arando il campo col trattore, quando avevano cominciato a cadergli addosso delle pietre, venute da chissà dove. Spaventato, si era messo correre lasciando il trattore acceso». C’è qualche connessione tra la luce misteriosa e il possibile poltergeist di cui era stato vittima il contadino sul trattore? Questo si collegava con gli eventi alla fattoria Aldea, dove era avvenuto il rapimento di Villas-Boas, ma quell’“area finestra” o “portale dimensionale”, chiamata Fazenda Aldeia, riservava ancora altri misteri.
Il mio compagno di ricerca, lo storico Claudio Tsuhioshi Suenaga, e io abbiamo proseguito le indagini sul caso di Antonio Villas-Boas – il primo addotto ufficiale della storia dell’ufologia – nel villaggio di Sao Francisco de Sales, nell’estremo ovest dello stato brasiliano di Minas Gerais. La vita dei suoi abitanti e cambiata poco in questa zona rurale dal 1957, quando Antonio fu sequestrato da alcuni umanoidi, che lo portarono a bordo di un disco volante per sottoporlo a esami medici e dove avrebbe avuto un rapporto sessuale con quella che si presume fosse una donna aliena. Al villaggio abbiamo incontrato Joao Francisco de Queiroz, nipote acquisito dell’addotto, che ci ha fornito informazioni importanti sul caso. «Antonio Villas-Boas è morto dopo diversi anni di grande sofferenza Al termine della sua vita non riusciva più a parlare né a muoversi » ci ha spiegato il proprietario terriero di 63 anni, seduto all’ingresso di casa sua a prendere il fresco del tramonto. Che persona era Antonio? Ha indagato Suenaga. «Era molto tranquillo. Sotto sotto, il lavoro nei campi non gli piaceva. Negli anni ’50 ha cominciato a studiare per corrispondenza. Un po’ di tempo dopo il rapimento da parte del disco volante si è sposato o ha vissuto con una donna. In seguito si è separato e ha sposato Marlene, la sua vedova. Anche se di umili origini, ha studiato giurisprudenza e si è laureato come avvocato. Ha lavorato per molti anni in diverse città di Minas Gerais e Goiás». Parlava mai del rapimento? «No, non gli piaceva, era molto riservato. Ne ha parlato con noi, i suoi parenti più stretti. Ha detto anche che dopo pochi mesi alcuni uomini lo avevano portato negli Stati Uniti per sottoporlo a dei test e che lui non voleva andarci, ma era stato costretto…». Cosa gli hanno fatto? Lo hanno maltrattato? Ho chiesto contrariato. «No, gli hanno mostrato un oggetto volante simile quello che aveva visto qui. Era simile, ma non uguale. Inoltre, Antonio aveva intagliato un disco volante di legno, una replica di quello che aveva visto. Lo ha fatto qui, nella sua città, in casa sua. Si è rinchiuso per diversi giorni e non è uscito finché non lo ha terminato» ha continuato a raccontare, con nostro stupore, Queiroz, sistemandosi il sombrero.
Al cimitero
Dopo questa chiacchierata, Queiroz ci ha accompagnato al piccolo cimitero del villaggio, dove sono sepolti i genitori di Antonio, Jerônimo ed Enezia, entrambi scomparsi nel 1963. C’erano anche i genitori di Queiroz, che si erano misteriosamente suicidati. La tomba piu antica del cimitero – almeno da quello che abbiamo potuto vedere – era del 1853 e apparteneva a un uomo che aveva donato la propria terra alla famiglia Villas-Boas. Secondo i dati storici, Sao Francisco de Sales e diventato un piccolo villaggio a partire del 1835 e si e trasformato in un comune solo nel 1962. Fra tutte, Una targa ha richiamato in particolare la nostra attenzione: era quella che indicava la morte di Joao Villas-Boas (24 settembre 1927 – 2 febbraio 1988), il fratello di Antonio, che aveva assistito alla prima delle tre apparizioni ufologiche nell’ottobre 1957, culminata poi nel rapimento. Entrambi avevano visto una luce volare sulla hacienda Aldea il quinto giorno, che aveva illuminato l’interno della casa e poi se n’era andata. Queiroz ci ha confermato la storia del mortaio che si muoveva da solo e che ci fosse il “fantasma di un uomo con un mantello nero che gli copriva la testa”. C’era anche una porta per il bestiame che si apriva e si chiudeva da sola. Il gentile proprietario terriero ci ha poi accompagnato col furgone alla sua hacienda, di fianco a quella dei Villas-Boas, a circa 6 chilometri dal centro di Sao Francisco de Sales. Li, sotto un albero quasi centenario, testimone silenzioso degli eventi del 1957, abbiamo contemplato il Rio Grande le cui acque, a pochi metri dalla riva, sommergevano la casa dove aveva vissuto Antonio Villas-Boas e dove era atterrato l’UFO. Alcuni tronchi d’albero sporgevano ancora dalle acque del grande fiume, in ricordo dell’inondazione. Nonostante la luce del sole, il verde della campagna e gli alberi sparsi, in quel luogo c’era qualcosa che ci dava i brividi, una vera “porta dimensionale”, forse il risultato di un’antica maledizione lanciata dagli indigeni, vittime di un massacro.
Dopo il rapimento
Io e Suenaga riuscivamo a mala pena ad assimilare tutte quelle informazioni, che nei libri e nei resoconti pubblicati sul caso Antonio Villas-Boas non c’erano, a causa di una lacuna nella ricerca che abbiamo cercato di colmare col nostro impegno personale. Sicuramente quanto pubblicato qui cambiera cio che diranno i prossimi libri e le enciclopedie sul caso. L’ultimo ufologo – a meno che non sia ufficialmente noto – recatosi nella regione per intervistare Villas-Boas e stato il famoso Walter Bühler, nel luglio 1961, un tedesco residente a Rio de Janeiro e fondatore della Sociedade Brasileira per Estudo dos Discos Voadores (SBEDV). Non a caso, Bühler e l’autore del primo documento-intervista pubblicato (nel 1962) sul caso Villas-Boas, tradotto in diverse lingue e pubblicato sulle pagine della famosa Flying Saucers Review di Gordon Creighton nel 1965. Tuttavia, Queiroz ci ha detto che, nel 1977, aveva accompagnato sul luogo del rapimento un parapsicologo di nome Álvaro Fernandes, arrivato assieme al filosofo svizzero Willy Wirtz, che pero se n’era andato lo stesso giorno senza aggiungere nulla di nuovo sul caso. In precedenza, chi scrive aveva cercato di mettersi in contatto con Fernandes, il quale pero soffre di una malattia degenerativa. Sua moglie mi ha rivelato che Fernandes e stato la prima persona ad andare a Sao Francisco de Sales per studiare Villas-Boas, appena dodici giorni dopo il rapimento, il 28 ottobre 1957. In un opuscolo stampato in proprio, Alvaro Fernandes riferi che, in quel periodo, stava cercando casi paranormali nella regione quando era arrivata la notizia da alcuni pescatori, quindi vi si era recato subito, prendendo contatto con il farmacista del villaggio, lo stesso che aveva assistito Villas-Boas «preoccupato di aver contratto una malattia venerea »… «perché dopo il rapporto con quella donna aveva dei dolori all’apparato genitale e gli erano comparse delle macchie su tutto il corpo». Il farmacista gli disse che non era una malattia venerea, ma gli consiglio di rivolgersi comunque a un medico. «Nella regione dove viveva, aveva la reputazione di essere un lavoratore, serio e onesto» scrisse Fernandes. Arrivato con alcuni amici medici, fece 6 chilometri fino all’hacienda dei Villas-Boas, ma una volta arrivati non vennero ricevuti, perché «chi riceveva la gente erano la madre e i parenti, perché il giovane era molto provato e si era chiuso in casa».
Luci misteriose e anime inquiete
Io e il mio amico brasiliano abbiamo ampliato le indagini sul caso Villas- Boas con risultati che ci hanno lasciato ancora piu incuriositi di quando siamo arrivati. Era impellente trovare altri testimoni di quegli vecchi misteri. Passeggiando per una delle tranquille strade di Sao Francisco de Sales abbiamo incontrato una coppia di anziani che si dondolavano sulle loro sedie, al riparo del sole cocente. Ci siamo avvicinati e loro gentilmente ci hanno invitato a sederci nel cortile davanti a casa. «Mi chiamo José Batista Nunes e ho 89 anni. Io e mia moglie, Maria Marras da Silva, di 84 anni, abbiamo tredici figli, quattro dei quali sono morti. Conoscevamo molto bene Jerônimo Villas- Boas, il padre di Antonio. Era una famiglia molto lavoratrice e onesta. Con il figlio abbiamo avuto meno contatti. Tutti sapevano che lo avevano portato in un disco volante, ma non ricordo molto di questa storia» ci ha raccontato grattandosi la nuca l’anziano signore, la cui memoria funzionava benissimo per le cose che riguardavano direttamente le sue esperienze di vita: «Molti anni fa lavoravo nella vecchia fattoria di una vedova e, di notte, ho udito il pestello del mortaio che colpiva con forza, ma non c’era nessuno in casa a fare la farina. Ricordo anche un uomo di nome Horacio che sosteneva che c’erano tre spiriti in questo villaggio e nei dintorni. Ve lo dico perché un giorno, quando avevo circa 25 anni, ero a cavallo sul sentiero di El Coqueiro, in direzione di Río Verde quando, all’improvviso, ho sentito un fischio molto forte che mi ha perforato le orecchie come un fulmine. Sono caduto dalla sella e ho tirato fuori il revolver calibro 38, sparando due colpi al cielo». «In quello stesso posto, da dove veniva mio marito - e intervenuta Maria Marras - la gente diceva che si vedeva una bara in lontananza e quel grido perforava dagli orecchi». «Mi sono ricordato di qualcosa che potrebbe interessarti ha continuato poi José Batista - È accaduto in quegli anni, quando stavo andando a Riolândia a cercare il materiale per costruire un carro per i buoi. Sulla strada, deserta, ho visto una luce, simile a quella di un lampione, dietro di me. Erano le nove di sera. Era una sfera bianca, grande quanto un pallone da calcio, che illuminava perfettamente l’erba di fianco alla strada. Sono salito sulla bici e ho pedalato forte, perché era dietro di me. Ma poi si è fermata vicino a un albero». «Io e mio marito ci siamo sposati da adolescenti – ha ricordato Maria Marras - quando siamo andati a vivere in una casa che abbiamo dovuto sistemare per i suoi proprietari. Doveva essere tra il 1942 e il 1943. Era un posto molto solitario e paludoso chiamato Coqueiros, abbastanza vicino a qui. Dormivamo all’aperto, sulla ringhiera, dove lasciavamo un vaso di acqua coperto da una lattina di cherosene. Durante un venerdì della Passione, abbiamo sentito la voce di due persone nel bel mezzo di quella buia palude. Sembrava che stessero litigando. Poi abbiamo sentito piangere. Ci è venuta la pelle d’oca perché era in quel posto non viveva nessuno, era inabitabile. Poi ci hanno detto che le voci che avevamo sentito appartenevano a una coppia deceduta, Rita e Isaac. Da vivi litigavano spesso e le loro anime continuavano a farlo anche da morti. Un giorno un uomo, seguendo il consiglio della parrocchia di Campina Verde, aveva recitato delle preghiere per le due anime, che non si erano più manifestate». «Una notte li ho visti – e intervenuto José Batista, sempre dondolandosi sulla sedia. - Prima ho scorto una luce che si muoveva nel cortile di casa. Ho guardato fuori e c’erano due persone, ma solo dal collo in giù, perché non riuscivo a vedere i loro volti. La donna teneva in mano una lanterna ed entrambi cercavano qualcosa in mezzo al giardino. La scena si è ripetuta quasi ogni giorno per circa due anni».
Relazioni pericolose
Come mai la storia di Villas-Boas ha fatto il giro del mondo e oggi si trova in tutte le enciclopedie ufologiche? Antonio, preoccupato per la sua salute in seguito al rapimento, ando dall’unico farmacista di Sao Francisco de Sales, che era abbonato alla rivista O cruzeiro, che aveva grande tiratura nazionale e il cui il giornalista Joao Martíns aveva pubblicato diversi articoli sui cosiddetti “dischi volanti” negli anni Cinquanta. Insieme al fotografo tedesco Ed Keffel, era stato protagonista di uno degli episodi piu controversi dell’ufologia: avevano visto e fotografato un UFO discoidale che sorvolava la spiaggia di Tijuca, a Rio de Janeiro, il 7 maggio 1952. Quattro mesi dopo il rapimento, nel febbraio 1958, Antonio decise di salire su un autobus per Rio de Janeiro (qualcosa di epico per l’epoca), avendo prima inviato una lettera a Martíns in cui gli raccontava del suo caso, chiedendogli aiuto. Arrivo nel bel mezzo del carnevale e il giornalista esito a riceverlo, credendo che si trattasse di uno squilibrato o di qualcuno in cerca di fama attraverso le pagine della prestigiosa O Cruzeiro. Il giornalista si reco da solo alla pensione dove alloggiava Villas-Boas e, dopo aver controllato con il manager che l’ospite non avesse approfittato della sua visita a Rio de Janeiro per partecipare al famoso carnevale a spese dell’esclusiva che voleva vendere alla rivista, seppe che era rimasto chiuso li per diversi giorni in attesa di Martíns. Sulla O Cruzeiro internacional, nel 1965, Martíns scrisse che «... il testimone ha fatto diverse esperienze, programmate freddamente, che hanno messo alla prova il suo equilibrio, la sua onestà, la sua ambizione, la sua coerenza di atteggiamenti e intenzioni. Su di lui sono stati impiegati i più diversi metodi di intimidazione per cercare di corromperlo, o di verificare se mentisse, si contraddicesse o dimostrasse di aver elaborato una mistificazione per vanità o a fini di lucro. Tutte le reazioni alle domande poste da Martíns, Fontes e dai servizi segreti brasiliani erano state assolutamente normali. In nessun momento, secondo Martíns, Antonio aveva perso il controllo della sua storia». «Le sue esitazioni corrispondevano esattamente a ciò che ci si poteva aspettare da una persona in una situazione strana, che non riusciva a trovare una spiegazione per determinati eventi». Antonio racconto la sua esperienza al giornalista ma all’inizio, per imbarazzo, omise di aver avuto un rapporto sessuale con la presunta donna dallo spazio. «I dettagli dell’incontro con la donna gli sono stati strappati con grande sforzo. Si vergognava ed era visibilmente imbarazzato ». Il giornalista si rese conto che l’uomo non era alla ricerca di fama, ma al contrario, era sinceramente preoccupato per quello che gli era successo e aveva bisogno di spiegazioni. Inoltre, presentava ancora delle macchie sul corpo e delle conseguenze fisiche del rapimento. Antonio venne sottoposto a esami medici dal Dr. Olavo Fontes, un amico di Martíns. Tutto indica che il giovane, spaventato, venne portato negli Stati Uniti per ordine dei servizi segreti della Marina brasiliana o dell’Aeronautica – allora molto coinvolte nelle indagini sul fenomeno UFO – come indicato da Joao Martíns, da un ingegnere aerospaziale non identificato e in particolare dal medico Olavo Fontes, membro della Aerial Phenomena Research Organization (APRO), con sede a Tucson, in Arizona, guidato dai coniugi Coral e Jim Lorenzen. La prima pubblicazione sul caso e stata fatta in due edizioni di O Cruzeiro Internacional, pubblicata a Buenos Aires in castigliano: quella dell’1 dicembre 1964 e del 1 marzo 1965, a firma di Heitor Durville, pseudonimo di Joao Martins. L’ufologo e scrittore francese Henry Durrant ritiene che il giornalista non avesse, forse, l’autorizzazione di pubblicazione da parte di un rappresentante anonimo del servizio informazioni dell’esercito brasiliano. In Brasile il caso e stato pubblicato solo quattordici anni dopo, il 10 agosto 1971, sul Domingo Ilustrado, Rio de Janeiro, in modo sintetico. Nell’introduzione, Martíns sosteneva che: «la ragione per cui il caso A.V.B. non è stato pubblicato per così tanto tempo ed è stato nascosto al grande pubblico è semplicemente perché volevo essere assolutamente certo che se qualcuno mi veniva a raccontare un caso simile non era dovuto alla suggestione, consapevole o meno, provocata dal mio articolo. È ormai trascorso un certo numero di anni e, per quanto ne so, non ci sono stati altri casi simili o uguali…». Sempre in quell’articolo, Joao Martíns dichiarava qualcosa di scioccante: il tipo di interrogatorio utilizzato, a un certo punto, era ricorso a «metodi di coercizioni al limite della vera e propria violenza». Nel 1961, cioe quattro anni dopo l’esperienza di Villas-Boas (non ancora divulgata negli Stati Uniti), si verifico il famoso caso di rapimento dei coniugi Barney e Betty Hill. Olavo Fontes mori prematuramente, a 44 anni, il 9 maggio 1968, di cancro e secondo alcuni ricercatori la sua morte sarebbe stata provocata dagli agenti statunitensi perché sapeva troppo sugli UFO. Anche altri ufologi sono morti in circostanze misteriose senza che sia stato possibile chiarire esaustivamente le cause.
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Articolo di Brent Swancer
Uno degli Incontri Ravvicinati del Quarto Tipo piu bizzarri della storia ebbe luogo nelle prime ore del mattino del 6 aprile 1974, nella cittadina agricola di Kitami, a Hokkaido, in Giappone. Quella buia mattina un agricoltore di nome Yoshihiro Fujiwara dormiva serenamente nel proprio letto, quando venne svegliato bruscamente da un improvviso bussare alla porta, e dagli ululati del suo cane all’esterno. Considerando che la sua era una fattoria abbastanza isolata, in mezzo al nulla, era davvero strano avere visitatori alle 3 del mattino, e Fujiwara, un po’ infastidito, penso che fossero solo dei bambini che facevano chiasso. Si trascino comunque fino alla porta per vedere cosa stesse succedendo e quando l’apri vide qualcosa che gli avrebbe cambiato per sempre la vita.
Un incontro inaspettato
Li, nel buio gelido del primo mattino, c’era un piccolo essere alto tre piedi, con una tuta intera che sembrava di vinile trasparente; l’essere era solo vagamente umanoide, e assomigliava a quello che il testimone avrebbe piu tardi definito come la combinazione tra una stella marina e un essere umano, con quattro appendici simili a tentacoli, una testa a bulbo che ricordava quella di un polpo, un casco azzurro, occhi a mandorla e una strana serie di narici a forma di V, il tutto ricoperto di una viscida pelle bruna a chiazze, simili a quelle di un rospo. L’essere era sorretto da due membra simili a steli, con delle sporgenze arrotondate al posto dei piedi. Era silenzioso e immobile, tranne che per lo strano casco conico da cui sporgeva un’antenna che generava una visibile carica elettrica ronzante, che si increspava minacciosamente nell’aria. Spaventato, l’uomo rimase li per un po’ e i due si fissarono reciprocamente, forse sorpresi entrambi, finché quella surreale immobilita venne interrotta da un improvviso movimento dalla creatura, che punto uno dei suoi “tentacoli” verso il cielo. Al gesto segui un raggio di luce accecante che si riverso su ogni cosa, generando un forte calore che spinse lo spaventato agricoltore a rientrare in casa sbattendo la porta. Una rapida occhiata all’esterno gli mostro che la luce arancione proveniva da un velivolo discoidale luminoso, grande approssimativamente 26 piedi, che sparava fasci di luce.
A bordo dell’astronave
Ma se Fujiwara pensava di essere al sicuro, restandosene rintanato in casa a guardare dalla finestra lo stupefacente spettacolo, si sbagliava di grosso, perché improvvisamente si senti tirare per i piedi da una forza sconosciuta. All’inizio venne solo trascinato per il pavimento, ma poi comincio a sollevarsi fino a ritrovarsi in aria ed essere spinto fuori dalla finestra verso il misterioso velivolo luminoso, sempre piu velocemente, tanto che a un certo punto l’uomo temette di andarci a sbattere contro. Fortunatamente questo non accadde, e Fujiwara si ritrovo a passare attraverso le pareti apparentemente metalliche dell’oggetto, per poi essere scaricato sul pavimento. L’interno del velivolo era azzurro brillante, con delle strane scritte sulle pareti, che l’agricoltore non riusciva a capire e dappertutto c’era un odore ripugnante che lo stordiva. Fu allora che due creature identiche a quella che gli si era presentata alla porta si avvicinarono a lui e gli dissero telepaticamente: «Non c’è pericolo. Promettiamo di riportarti a casa». Ma nonostante le rassicuranti parole, quando le due entita cercarono di afferrarlo e trattenerlo con forza, Fujiwara senti che la paura lo abbandonava, lasciando il posto al suo istinto di sopravvivenza. Strattonando, l’uomo riusci a liberarsi e a passare attraverso un boccaporto aperto, zigzagando in aria fino a raggiungere il terreno sottostante, che per fortuna era distante solo una decina di piedi. Fujiwara si rese conto di essere a circa due miglia da dove era partito e si mise a correre disperatamente verso la casa di una persona della zona di suo conoscenza, che lo fece entrare. Fu allora che si rese conto che era giapassata un’ora, nonostante gli sembrasse che fossero trascorsi solo pochi minuti da quando era stato portato a bordo dello strano velivolo, e sebbene l’esperienza fosse stata non poco terrificante, l’uomo provo sollievo che fosse finita e torno a casa sua, dove forse avrebbe trovato la calma e la sicurezza per superare l’accaduto. All’epoca non sapeva ancora che, invece, non era ancora finita…
Appuntamento con lo spazio
La sera dopo, Fujiwara era seduto in casa, da solo, probabilmente ripensando alle piccole creature tentacolari che lo avevano rapito e portato sull’astronave, quando improvvisamente fu sopraffatto da un dolore acuto tra le orecchie e la punta delle dita. Si senti scivolare in uno stato di stordimento e, misteriosamente, le sue mani presero vita da sole, cominciando a scarabocchiare, di loro spontanea volonta, strane lettere su un pezzo di carta. A tutto questo segui una voce che gli riecheggio nella testa, ordinandogli: «Quando il disco atterra sulla montagna, sali a bordo», ordine accompagnato da una potente visione del posto dove volevano che si recasse. Il dolore, cessato improvvisamente, lascio Fujiwara molto scosso e degli strani geroglifici disegnati dalla sua mano sul foglio di carta, di cui non comprendeva il significato. L’agricoltore penso che il luogo fosse il vicino monte Nikoro e, per quanto ancora molto spaventato dall’esperienza vissuta sull’astronave, senti che doveva andarci per vedere cosa sarebbe successo. Cosi, raccolse alcune provviste, chiese a due amici di accompagnarlo e tutti insieme partirono, incerti su cosa li attendesse su quella cima solitaria. A quanto pare Fujiwara ando da solo nel punto mostratogli nella visione, dove trovo ad attenderlo lo stesso velivolo discoidale luminoso della prima volta e, senza opporre resistenza, vi sali a bordo. Una volta dentro, gli alieni lo portarono in giro nello spazio, volando intorno alla Luna e alla Terra due volte, il tutto nel giro di un’ora. Quando tornarono, l’uomo perse conoscenza e venne lasciato sdraiato sul fianco della montagna affinché i suoi amici lo trovassero.
La roccia di Titano
Ma nemmeno questa fu la fine della storia, perché, stando al suo racconto, Fujiwara era tornato dall’ultimo viaggio con strani poteri telecinetici che gli permettevano di spostare oggetti e piegare cucchiai con la mente, e venne telepaticamente invitato a un’altra escursione il 13 aprile 1974. Questa volta gli strani esseri lo portarono su Giove e su Titano, la luna Saturno, dove uno degli ET prese una roccia dalla superficie e gliela diede da conservare come souvenir. La roccia si sarebbe dimostrata piuttosto controversa. Venne spedita ad alcuni scienziati perché fosse analizzata, ma si rivelo una delle tante comuni rocce di una grotta di Kitami, gettando una buona dose di ridicolo su Fujiwara e sulla sua incredibile storia. Nel frattempo, pero, l’agricoltore cominciava a identificarsi come il rappresentante terrestre della “Unita Spaziale di Convocazione”, sostenendo che i suoi poteri telepatici aumentavano esponenzialmente, permettendogli di far levitare oggetti, predire catastrofi e persino teletrasportarsi a grandi distanze: «Posso teletrasportarmi a una stella lontana a 250 milioni di anni luce in sei minuti. Il mio ruolo è ritardare disastri naturali come terremoti ed eruzioni». Diceva anche di poter viaggiare all’interno della Terra per fermare le eruzioni vulcaniche e avvicinare le placche tettoniche per impedire i terremoti. E tutto a dir poco bizzarro, ma un ricercatore UFO giapponese di nome Ninichi Arai presento delle prove che ci fosse qualcosa di vero quando venne a sapere che molti altri abitati del posto, che non conoscevano Fujiwara, avevano raccontato di aver visto strane luci nel cielo nello stesso periodo, mentre altri sostenevano di essere stati testimoni dei poteri mentali dell’uomo, corroborando un po’ le sue strane storie.
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Articolo di Pablo Villarrubia Mauso
Il mio compagno di ricerca, lo storico Claudio Tsuhioshi Suenaga, e io abbiamo proseguito le indagini sul caso di Antonio Villas-Boas – il primo addotto ufficiale della storia dell’ufologia – nel villaggio di Sao Francisco de Sales, nell’estremo ovest dello stato brasiliano di Minas Gerais. La vita dei suoi abitanti e cambiata poco in questa zona rurale dal 1957, quando Antonio fu sequestrato da alcuni umanoidi, che lo portarono a bordo di un disco volante per sottoporlo a esami medici e dove avrebbe avuto un rapporto sessuale con quella che si presume fosse una donna aliena. Al villaggio abbiamo incontrato Joao Francisco de Queiroz, nipote acquisito dell’addotto, che ci ha fornito informazioni importanti sul caso. «Antonio Villas-Boas è morto dopo diversi anni di grande sofferenza. Al termine della sua vita non riusciva più a parlare né a muoversi » ci ha spiegato il proprietario terriero di 63 anni, seduto all’ingresso di casa sua a prendere il fresco del tramonto. Che persona era Antonio? Ha indagato Suenaga. «Era molto tranquillo. Sotto sotto, il lavoro nei campi non gli piaceva. Negli anni ’50 ha cominciato a studiare per corrispondenza. Un po’ di tempo dopo il rapimento da parte del disco volante si è sposato o ha vissuto con una donna. In seguito si è separato e ha sposato Marlene, la sua vedova. Anche se di umili origini, ha studiato giurisprudenza e si è laureato come avvocato. Ha lavorato per molti anni in diverse città di Minas Gerais e Goiás». Parlava mai del rapimento? «No, non gli piaceva, era molto riservato. Ne ha parlato con noi, i suoi parenti più stretti. Ha detto anche che dopo pochi mesi alcuni uomini lo avevano portato negli Stati Uniti per sottoporlo a dei test e che lui non voleva andarci, ma era stato costretto…». Cosa gli hanno fatto? Lo hanno maltrattato? Ho chiesto contrariato. «No, gli hanno mostrato un oggetto volante simile quello che aveva visto qui. Era simile, ma non uguale. Inoltre, Antonio aveva intagliato un disco volante di legno, una replica di quello che aveva visto. Lo ha fatto qui, nella sua città, in casa sua. Si è rinchiuso per diversi giorni e non è uscito finché non lo ha terminato» ha continuato a raccontare, con nostro stupore, Queiroz, sistemandosi il sombrero.
Al cimitero
Dopo questa chiacchierata, Queiroz ci ha accompagnato al piccolo cimitero del villaggio, dove sono sepolti i genitori di Antonio, Jerônimo ed Enezia, entrambi scomparsi nel 1963. C’erano anche i genitori di Queiroz, che si erano misteriosamente suicidati. La tomba piu antica del cimitero – almeno da quello che abbiamo potuto vedere – era del 1853 e apparteneva a un uomo che aveva donato la propria terra alla famiglia Villas-Boas. Secondo i dati storici, Sao Francisco de Sales e diventato un piccolo villaggio a partire del 1835 e si e trasformato in un comune solo nel 1962. Fra tutte, Una targa ha richiamato in particolare la nostra attenzione: era quella che indicava la morte di Joao Villas-Boas (24 settembre 1927 – 2 febbraio 1988), il fratello di Antonio, che aveva assistito alla prima delle tre apparizioni ufologiche nell’ottobre 1957, culminata poi nel rapimento. Entrambi avevano visto una luce volare sulla hacienda Aldea il quinto giorno, che aveva illuminato l’interno della casa e poi se n’era andata. Queiroz ci ha confermato la storia del mortaio che si muoveva da solo e che ci fosse il “fantasma di un uomo con un mantello nero che gli copriva la testa”. C’era anche una porta per il bestiame che si apriva e si chiudeva da sola. Il gentile proprietario terriero ci ha poi accompagnato col furgone alla sua hacienda, di fianco a quella dei Villas-Boas, a circa 6 chilometri dal centro di Sao Francisco de Sales. Li, sotto un albero quasi centenario, testimone silenzioso degli eventi del 1957, abbiamo contemplato il Rio Grande le cui acque, a pochi metri dalla riva, sommergevano la casa dove aveva vissuto Antonio Villas-Boas e dove era atterrato l’UFO. Alcuni tronchi d’albero sporgevano ancora dalle acque del grande fiume, in ricordo dell’inondazione. Nonostante la luce del sole, il verde della campagna e gli alberi sparsi, in quel luogo c’era qualcosa che ci dava i brividi, una vera “porta dimensionale”, forse il risultato di un’antica maledizione lanciata dagli indigeni, vittime di un massacro.
Dopo il rapimento
Io e Suenaga riuscivamo a mala pena ad assimilare tutte quelle informazioni, che nei libri e nei resoconti pubblicati sul caso Antonio Villas-Boas non c’erano, a causa di una lacuna nella ricerca che abbiamo cercato di colmare col nostro impegno personale. Sicuramente quanto pubblicato qui cambiera cio che diranno i prossimi libri e le enciclopedie sul caso. L’ultimo ufologo – a meno che non sia ufficialmente noto – recatosi nella regione per intervistare Villas-Boas e stato il famoso Walter Bühler, nel luglio 1961, un tedesco residente a Rio de Janeiro e fondatore della Sociedade Brasileira per Estudo dos Discos Voadores (SBEDV). Non a caso, Bühler e l’autore del primo documento-intervista pubblicato (nel 1962) sul caso Villas-Boas, tradotto in diverse lingue e pubblicato sulle pagine della famosa Flying Saucers Review di Gordon Creighton nel 1965. Tuttavia, Queiroz ci ha detto che, nel 1977, aveva accompagnato sul luogo del rapimento un parapsicologo di nome Álvaro Fernandes, arrivato assieme al filosofo svizzero Willy Wirtz, che pero se n’era andato lo stesso giorno senza aggiungere nulla di nuovo sul caso. In precedenza, chi scrive aveva cercato di mettersi in contatto con Fernandes, il quale pero soffre di una malattia degenerativa. Sua moglie mi ha rivelato che Fernandes e stato la prima persona ad andare a Sao Francisco de Sales per studiare Villas-Boas, appena dodici giorni dopo il rapimento, il 28 ottobre 1957. In un opuscolo stampato in proprio, Alvaro Fernandes riferi che, in quel periodo, stava cercando casi paranormali nella regione quando era arrivata la notizia da alcuni pescatori, quindi vi si era recato subito, prendendo contatto con il farmacista del villaggio, lo stesso che aveva assistito Villas-Boas «preoccupato di aver contratto una malattia venerea »… «perché dopo il rapporto con quella donna aveva dei dolori all’apparato genitale e gli erano comparse delle macchie su tutto il corpo». Il farmacista gli disse che non era una malattia venerea, ma gli consiglio di rivolgersi comunque a un medico. «Nella regione dove viveva, aveva la reputazione di essere un lavoratore, serio e onesto» scrisse Fernandes. Arrivato con alcuni amici medici, fece 6 chilometri fino all’hacienda dei Villas-Boas, ma una volta arrivati non vennero ricevuti, perché «chi riceveva la gente erano la madre e i parenti, perché il giovane era molto provato e si era chiuso in casa».
Luci misteriose e anime inquiete
Io e il mio amico brasiliano abbiamo ampliato le indagini sul caso Villas- Boas con risultati che ci hanno lasciato ancora piu incuriositi di quando siamo arrivati. Era impellente trovare altri testimoni di quegli vecchi misteri. Passeggiando per una delle tranquille strade di Sao Francisco de Sales abbiamo incontrato una coppia di anziani che si dondolavano sulle loro sedie, al riparo del sole cocente. Ci siamo avvicinati e loro gentilmente ci hanno invitato a sederci nel cortile davanti a casa. «Mi chiamo José Batista Nunes e ho 89 anni. Io e mia moglie, Maria Marras da Silva, di 84 anni, abbiamo tredici figli, quattro dei quali sono morti. Conoscevamo molto bene Jerônimo Villas- Boas, il padre di Antonio. Era una famiglia molto lavoratrice e onesta. Con il figlio abbiamo avuto meno contatti. Tutti sapevano che lo avevano portato in un disco volante, ma non ricordo molto di questa storia» ci ha raccontato grattandosi la nuca l’anziano signore, la cui memoria funzionava benissimo per le cose che riguardavano direttamente le sue esperienze di vita: «Molti anni fa lavoravo nella vecchia fattoria di una vedova e, di notte, ho udito il pestello del mortaio che colpiva con forza, ma non c’era nessuno in casa a fare la farina. Ricordo anche un uomo di nome Horacio che sosteneva che c’erano tre spiriti in questo villaggio e nei dintorni. Ve lo dico perché un giorno, quando avevo circa 25 anni, ero a cavallo sul sentiero di El Coqueiro, in direzione di Río Verde quando, all’improvviso, ho sentito un fischio molto forte che mi ha perforato le orecchie come un fulmine. Sono caduto dalla sella e ho tirato fuori il revolver calibro 38, sparando due colpi al cielo». «In quello stesso posto, da dove veniva mio marito - e intervenuta Maria Marras - la gente diceva che si vedeva una bara in lontananza e quel grido perforava dagli orecchi». «Mi sono ricordato di qualcosa che potrebbe interessarti ha continuato poi José Batista - È accaduto in quegli anni, quando stavo andando a Riolândia a cercare il materiale per costruire un carro per i buoi. Sulla strada, deserta, ho visto una luce, simile a quella di un lampione, dietro di me. Erano le nove di sera. Era una sfera bianca, grande quanto un pallone da calcio, che illuminava perfettamente l’erba di fianco alla strada. Sono salito sulla bici e ho pedalato forte, perché era dietro di me. Ma poi si è fermata vicino a un albero». «Io e mio marito ci siamo sposati da adolescenti – ha ricordato Maria Marras - quando siamo andati a vivere in una casa che abbiamo dovuto sistemare per i suoi proprietari. Doveva essere tra il 1942 e il 1943. Era un posto molto solitario e paludoso chiamato Coqueiros, abbastanza vicino a qui. Dormivamo all’aperto, sulla ringhiera, dove lasciavamo un vaso di acqua coperto da una lattina di cherosene. Durante un venerdì della Passione, abbiamo sentito la voce di due persone nel bel mezzo di quella buia palude. Sembrava che stessero litigando. Poi abbiamo sentito piangere. Ci è venuta la pelle d’oca perché era in quel posto non viveva nessuno, era inabitabile. Poi ci hanno detto che le voci che avevamo sentito appartenevano a una coppia deceduta, Rita e Isaac. Da vivi litigavano spesso e le loro anime continuavano a farlo anche da morti. Un giorno un uomo, seguendo il consiglio della parrocchia di Campina Verde, aveva recitato delle preghiere per le due anime, che non si erano più manifestate». «Una notte li ho visti – e intervenuto José Batista, sempre dondolandosi sulla sedia. - Prima ho scorto una luce che si muoveva nel cortile di casa. Ho guardato fuori e c’erano due persone, ma solo dal collo in giù, perché non riuscivo a vedere i loro volti. La donna teneva in mano una lanterna ed entrambi cercavano qualcosa in mezzo al giardino. La scena si è ripetuta quasi ogni giorno per circa due anni».
Relazioni pericolose
Come mai la storia di Villas-Boas ha fatto il giro del mondo e oggi si trova in tutte le enciclopedie ufologiche? Antonio, preoccupato per la sua salute in seguito al rapimento, ando dall’unico farmacista di Sao Francisco de Sales, che era abbonato alla rivista O cruzeiro, che aveva grande tiratura nazionale e il cui il giornalista Joao Martíns aveva pubblicato diversi articoli sui cosiddetti “dischi volanti” negli anni Cinquanta. Insieme al fotografo tedesco Ed Keffel, era stato protagonista di uno degli episodi piu controversi dell’ufologia: avevano visto e fotografato un UFO discoidale che sorvolava la spiaggia di Tijuca, a Rio de Janeiro, il 7 maggio 1952. Quattro mesi dopo il rapimento, nel febbraio 1958, Antonio decise di salire su un autobus per Rio de Janeiro (qualcosa di epico per l’epoca), avendo prima inviato una lettera a Martíns in cui gli raccontava del suo caso, chiedendogli aiuto. Arrivo nel bel mezzo del carnevale e il giornalista esito a riceverlo, credendo che si trattasse di uno squilibrato o di qualcuno in cerca di fama attraverso le pagine della prestigiosa O Cruzeiro. Il giornalista si reco da solo alla pensione dove alloggiava Villas-Boas e, dopo aver controllato con il manager che l’ospite non avesse approfittato della sua visita a Rio de Janeiro per partecipare al famoso carnevale a spese dell’esclusiva che voleva vendere alla rivista, seppe che era rimasto chiuso li per diversi giorni in attesa di Martíns. Sulla O Cruzeiro internacional, nel 1965, Martíns scrisse che «... il testimone ha fatto diverse esperienze, programmate freddamente, che hanno messo alla prova il suo equilibrio, la sua onestà, la sua ambizione, la sua coerenza di atteggiamenti e intenzioni. Su di lui sono stati impiegati i più diversi metodi di intimidazione per cercare di corromperlo, o di verificare se mentisse, si contraddicesse o dimostrasse di aver elaborato una mistificazione per vanità o a fini di lucro. Tutte le reazioni alle domande poste da Martíns, Fontes e dai servizi segreti brasiliani erano state assolutamente normali. In nessun momento, secondo Martíns, Antonio aveva perso il controllo della sua storia». «Le sue esitazioni corrispondevano esattamente a ciò che ci si poteva aspettare da una persona in una situazione strana, che non riusciva a trovare una spiegazione per determinati eventi». Antonio racconto la sua esperienza al giornalista ma all’inizio, per imbarazzo, omise di aver avuto un rapporto sessuale con la presunta donna dallo spazio. «I dettagli dell’incontro con la donna gli sono stati strappati con grande sforzo. Si vergognava ed era visibilmente imbarazzato ». Il giornalista si rese conto che l’uomo non era alla ricerca di fama, ma al contrario, era sinceramente preoccupato per quello che gli era successo e aveva bisogno di spiegazioni. Inoltre, presentava ancora delle macchie sul corpo e delle conseguenze fisiche del rapimento. Antonio venne sottoposto a esami medici dal Dr. Olavo Fontes, un amico di Martíns. Tutto indica che il giovane, spaventato, venne portato negli Stati Uniti per ordine dei servizi segreti della Marina brasiliana o dell’Aeronautica – allora molto coinvolte nelle indagini sul fenomeno UFO – come indicato da Joao Martíns, da un ingegnere aerospaziale non identificato e in particolare dal medico Olavo Fontes, membro della Aerial Phenomena Research Organization (APRO), con sede a Tucson, in Arizona, guidato dai coniugi Coral e Jim Lorenzen. La prima pubblicazione sul caso e stata fatta in due edizioni di O Cruzeiro Internacional, pubblicata a Buenos Aires in castigliano: quella dell’1 dicembre 1964 e del 1 marzo 1965, a firma di Heitor Durville, pseudonimo di Joao Martins. L’ufologo e scrittore francese Henry Durrant ritiene che il giornalista non avesse, forse, l’autorizzazione di pubblicazione da parte di un rappresentante anonimo del servizio informazioni dell’esercito brasiliano. In Brasile il caso e stato pubblicato solo quattordici anni dopo, il 10 agosto 1971, sul Domingo Ilustrado, Rio de Janeiro, in modo sintetico. Nell’introduzione, Martíns sosteneva che: «la ragione per cui il caso A.V.B. non è stato pubblicato per così tanto tempo ed è stato nascosto al grande pubblico è semplicemente perché volevo essere assolutamente certo che se qualcuno mi veniva a raccontare un caso simile non era dovuto alla suggestione, consapevole o meno, provocata dal mio articolo. È ormai trascorso un certo numero di anni e, per quanto ne so, non ci sono stati altri casi simili o uguali…». Sempre in quell’articolo, Joao Martíns dichiarava qualcosa di scioccante: il tipo di interrogatorio utilizzato, a un certo punto, era ricorso a «metodi di coercizioni al limite della vera e propria violenza». Nel 1961, cioe quattro anni dopo l’esperienza di Villas-Boas (non ancora divulgata negli Stati Uniti), si verifico il famoso caso di rapimento dei coniugi Barney e Betty Hill. Olavo Fontes mori prematuramente, a 44 anni, il 9 maggio 1968, di cancro e secondo alcuni ricercatori la sua morte sarebbe stata provocata dagli agenti statunitensi perché sapeva troppo sugli UFO. Anche altri ufologi sono morti in circostanze misteriose senza che sia stato possibile chiarire esaustivamente le cause.
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Punto 1: come in Stargate (1994) - film bellissimo - gli alieni vennero qua sulla terra ed insegnarono agli umani a costruire?
A: perché dovevano fare una cosa del genere anziché schiavizzarci?
B: come mai è stato cancellato il loro ricordo?
C: a ricordo cancellato, come mai non tornano e ci fanno un culo a tarallo?
Punto 2: se ho ben compreso vi sono pianeti dove ci sono civiltà avanzate ed altre che vivono magari ancora come primitivi, essendo essi umani
A: siamo noi umani discendenti da loro o sono loro umani discendenti da noi?
B: come mai questi alieni, una volta venuti sulla Terra, non hanno rotto le palle anche agli animali ed alla Natura?
C: se queste civiltà sono avanzate, perché non fanno ritorno qua e non li vediamo? Sono timidi?
Punto 3: Stargate, Star Wars e compagnia bella a quanto pare sono dei film; quindi finzione:
A: credete veramente che i registi possono aver inserito messaggi per i più "illuminati" ?
B: a che pro?
C: non si sta volando un poco di fantasia?
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Una indagine parte dall’analisi dei fatti inspiegati a disposizione e cerca di formulare la teoria più diretta che li contempli tutti.
Non compila farlocchi elenchi puntati di luoghi comuni e domande retoriche che ignorano i fatti ed escludono a priori una specifica teoria oggetto di stigma sub-metropolitano.
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Siamo schiavi. Di fatto l'intera umanità spreca la propria esistenza per lavorare per l'arricchimento di una cinquantina di plurimiliardari, e giù a cascata tra i vari capò meno ricchi.
Abbiamo le conoscienze tecnologiche e il personale umano per permettere a tutti di avere vitto e alloggio e la produzione di cibo e macchinari con poche ore di lavoro alla settimana. Cielo, Lenin, o Keynes se si vuole prendere un economista accademico, pensava di averle un secolo fa, figurarsi ora. Si sceglie invece organizzazioni socioeconomiche del tutto irrazionali e deorganizzative.
Se prima eravamo schiavi tramite la schiavitù, le leggi raziali, vassalli e re, classi nobiliari o altro; adesso lo siamo tramite la schiavitù del salariato. Che sia cambiato qualcosa è un'illusione, perlopiù occidentale.
B: come mai è stato cancellato il loro ricordo?
Non lo è stato cancellato, è stato solo frainteso in Dei/Demoni/personaggi mitici. La schiavitù dell'essere umano non è soltanto fisica, dovuta all'assurdità di dover lavorare 40 anni per arricchire qualcun altro, sia esso un privato o un ente statale ( comunisti e capitalisti sotto questo profilo sono stati identici ). La schiavitù è soprattutto interiore. D'altro canto anche il primo cristianesimo riconosceva che questo piano appartiene al principe della menzogna, al demiurgo, e non a Dio. Tutto l 'oriente mette in guardia sull'illusione, sul fatto che viviamo in una maya. Platone avanzava il mito della caverna. Sono tutte idee e immagini equipollenti.
La principale schiavitù è l'autopercezione sbagliata che ognuno di noi ha di se stesso. Il vivere per il mondo nel mondo. Il materialismo ottocentesco ne è l'apoteosi. Il problema ancora prima che materiale è spirituale. Non a caso larga parte del contattismo è con presunti esseri multidimenzionali: di cui la letteratura antica è piena.
C: a ricordo cancellato, come mai non tornano e ci fanno un culo a tarallo?
Ovviamente nell'ottica di queta interpretazione, sono qui adesso e non sono mai andati via. Anzi, dal contattismo buona parte dei c.d. alieni sono inorganici. Alla stregua di demoni insomma. Pensare quindi che Hitler agisse per conto suo, e che chi agiva tramite Hitler non sia più qui ( e prendo Hitler per che va di moda la reductio ad hitlerum ) è francamente un ingenunità. Naturalmente ignorando e denigrando ogni fenomeno di possessione ( termine arcaico, oggi si dice: abduction aliena) non si hanno le lenti per scorgere cosa succede.
A: credete veramente che i registi possono aver inserito messaggi per i più "illuminati" ?
No, ne dubito. O è un autocelebrazione, o intuizioni personali, o altre forze in campo. Solitamente, l'intervento comprovato di cia e servizi sulle produzioni cinematografiche ( intervento documentato per chi è informato ) è volto ad altro obbiettivi.
B: a che pro?
Si potrebbe ipotizzare, se si ha gli occhi e la cultura per vederli, che sia un equivalente di tutti gli elementi satanici ed esoterici che vengono messi nei video musicali: una sorta di autocelebrazione, come dicevo sopra. Oppure, non è poi erroneo ipotizzare che ci siano varie forze in campo, per così dire, e che quindi dei messaggi liberatori vengano comunque rilasciati.
Nella letteratura spiritica e nei testi antichi su questo tema, in genere si ritiene che quegli esseri multidimenzionali che adesso vengono chiamati alieni non possano uccidere, o comunque nuocere senza un previo consenso conscio o inconscio della vittima. E' un po' come il diavolo nell'immaginario collettivo, risponde a leggi superiori e tenta, seduce: di rado va oltre e lo fa solo dopo aver firmato un "contratto", dopo averti "comprato". Questo è sicuramente confermato da tutti i rapiti di Malanga che si liberano dal problema semplicemente tramite procedure psichiche e spirituali. Giusto per prendere un nome di rilievo nell'ufologia moderna.
In quanto ad eventuali Alieni fisici, il discorso è un altro forse: personalmente non ci credo, se non nell'ottica di altri umanoidi come noi, indistinguibili. Persino terresti per quanto mi riguarda. Si tende quindi ad accumunare tante cose diverse tra loro sotto lo stesso nome.
C: non si sta volando un poco di fantasia?
Può darsi. Sicuramente il reale è più complesso della banalità del caso che si vuole raccontare.
Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante tu ne possa sognare nella tua filosofia
Lezione dimenticata dai materialisti moderni, che peraltro ignorano l'ultimissima fisica ( neanche tanto ultima, basta guardare agli anni 30, tralasciamo il mondo moderno) come se non esistesse, che nega il materialismo ottocentesco che ancora hanno incultato nella testa, come una religione cristallizzata. E il materialismo positivista è una filosofia, non è scienza da quasi un secolo. Eppure vige.
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Articolo di Maurizio Baiata
Stando alle fonti più autorevoli, l’incidente di Roswell, avvenuto in New Mexico nel 1947, fu il primo - si ipotizza ce ne siano stati altri in precedenza - a coinvolgere il Pentagono. A fatica lo tennero sotto controllo, ma non riuscirono a evitare fughe di notizie. In base alle testimonianze, secondo una prima ricostruzione, una parte di rottami fu certamente ritrovata sparsa su un terreno semidesertico (debris field) del Foster Ranch, nella Contea di Lincoln, 75 miglia a nord di Roswell, dove presumibilmente l’oggetto aveva planato e toccato terra, per poi riprendere il volo sino a schiantarsi su un costone roccioso delle Capitan Mountains. Una seconda ricostruzione, invece, delinea il primo impatto sul campo dei rottami nel Foster Ranch, quindi l’UFO si sarebbe rialzato e avrebbe raggiunto i piani di San Augustin, 175 miglia a nord ovest di Roswell, dove sarebbero stati rinvenuti il grosso dello scafo e i suoi occupanti. A Roswell, una cittadina di circa 15 mila abitanti, era di stanza il 509.mo stormo Bombardieri dell’Esercito statunitense. Vari anelli della catena di comando presero decisioni e commisero errori di valutazione rispetto alla portata reale della situazione, alle potenziali conseguenze, soprattutto alla migliore strategia per un’efficace disinformazione. Dopo una prima ammissione («abbiamo recuperato un disco volante extraterrestre»), dovuta a un comunicato stampa ordinato dal comandante della base, il colonnello William Blanchard, ed emesso dal responsabile delle pubbliche relazioni, il tenente Walter Haut, si cercò di far passare l’incidente per un pallone meteorologico precipitato. Giusto. Infatti non si poteva affatto escludere che «ora che ne abbiamo uno in mano, non sappiamo quando verrà giù il prossimo». Quest’ultima citazione va attribuita al fisico nucleare Stanton Friedman, l’ufologo più autorevole della storia moderna, insieme all’astronomo Joseph Allen Hynek. Fu Friedman, nel 1978, il primo a intervistare il Maggiore Jesse Marcel, che nel 1947 era il responsabile del controspionaggio della base di Roswell e raggiunse il campo dei rottami al Foster Ranch. Quello che vide gli restò nella mente come «non di questo mondo». Lo confessò a Friedman e da allora la storia, di questo mondo, non è stata più la stessa. Friedman è venuto mancare a metà maggio e noi di getto qui possiamo solo comporre uno stringato resoconto del suo pensiero e della sua opera. Tale è l’importanza di Stanton Friedman per la storia della moderna ufologia che a nulla varrebbe qualunque nostro sforzo di parlarne senza riportare stralci di interviste, alcune delle quali, a noi rilasciate sul finire degli anni Novanta e ancora inedite, troveranno spazio presto su queste stesse pagine.
Il Piano di Contingenza
Primi di luglio 1947, gli ufficiali della base USAAF (Roswell Army Air Field) di Roswell, responsabili delle operazioni di recupero, si accorsero immediatamente che si trattava di un velivolo estraneo alla tecnologia aeronautica terrestre. Notificata ai loro superiori, la notizia sarebbe giunta al Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, che ne informò il Segretario di Stato americano e si andò delineando una questione che esigeva discussioni anche ai vertici del potere politico. Sul piano ufficiale, il Segretario di Stato Generale George C. Marshall (ideatore del Piano Marshall, N.d.R.) decise di costituire una commissione di dodici esperti comprendente funzionari amministrativi, scienziati e alti ufficiali, per analizzare l’accaduto. Si rendeva necessario un piano di contingenza per affrontare l’eventuale susseguirsi di situazioni similari, un piano gestito da un gruppo operativo formato da prominenti scienziati e da alti ufficiali di diverse forze. Tale “Gruppo” avrebbe creato strutture deputate alla sicurezza e all’addestramento di squadre speciali nel contesto di un programma di massima segretezza. Roswell si inquadra dunque nell’ottica delle attività del “Comitato di Studio per la Difesa contro Attacco non convenzionale” (SDAUA), apparentemente stabilito sotto gli auspici delle “Direttive del Consiglio di Sicurezza Nazionale” emesse nel 1947 e 1948, anni in cui gli avvistamenti UFO sul territorio USA si erano fatti sempre più frequenti e intensi. Friedman specifica: «I membri del gruppo includono il Padre dell’Intelligence Americano, il Generale Maggiore Bill Donovan; il primo direttore del Central Intelligence Group (CIG), Ammiraglio Sidney Souers e a quel tempo Segretario Esecutivo del Consiglio di Sicurezza Nazionale; il Generale Alfred M. Gruenther, il più giovane Generale a quattro stelle della storia degli Stati Uniti, futuro Comandante della Nato, al tempo Direttore, Capo Staff Congiunto, membro del Consiglio di Sicurezza Nazionale; il Dr. Vannevar Bush, Direttore dell’Ufficio di Ricerca e Sviluppo Scientifico, uno dei massimi scienziati nel paese con numerosi tributi a suo credito; il Dr. Karl Compton, Capo Ufficio dell’Ufficio di Servizio da Campo dello Sviluppo e della Ricerca Scientifica (OSRD) e presidente del MIT. Souers e Bush sono presunti membri del Gruppo Majestic-12; fu il primo Segretario alla Difesa James Forrestal, altro presunto membro, a invitare Donovan a unirsi al comitato SDAUA». Da quanto premesso, il piano di contingenza non fu sufficiente. Marshall era sulla via della pensione e il Presidente Harry Truman ordinò la costituzione di un super gruppo dotato di poteri illimitati, il Majestic 12, nome in codice Top Secret MAJIC. La cifra 12 stava per il numero di membri che ne facevano parte e, secondo Robert O’Dean (sergente maggiore NATO, Shape, scomparso nell’Ottobre 2018, N.d.R.) l’acronimo MAJIC significava MILITARY ASSESSMENT JOINT INTELLIGENCE COMMITTEE. Vi vennero inclusi alcuni dei componenti del comitato SDAUA. In merito all’esistenza del MJ-12, il ruolo di Stanton Friedman è stato nodale nella decifrazione e autenticazione dei documenti marcati con tale sigla e pervenuti all’interno di plichi postali anonimi ad alcuni ricercatori americani (Friedman incluso) a partire dal 1984. Gran parte di essi giunsero sotto forma cartacea e uno, il SOM 1-01 in microfilm. Sono stati tutti passati al vaglio di studiosi UFO e analisti forensi, in particolare da Friedman e dal team di Robert Wood e di suo figlio Ryan, autore quest’ultimo del fondamentale Majic Eyes Only. Sull’autenticità di questo intricato puzzle, i cui tasselli sono decine di pagine dattiloscritte suddivise in fascicoli e carteggi di apparente origine governativa, si sono intrecciate discussioni a non finire. I Majestic Documents sono accurati nella realizzazione, stando a indicare una profonda conoscenza della prassi di classificazione e della terminologia burocratica, e corrispondono inoltre sia nella qualità delle informazioni d’intelligence, sia con le procedure (timbri, numeri, sigle di classificazione, stile redazionale, etc.) alla ufficiale redazione di documenti dell’epoca. Ecco la posizione di Friedman in merito alla loro autenticazione, sintetizzata il 25 luglio 2007 in risposta a un commento su ufoupdates@virtuallystrange.net riferito alle prove di frode emerse su alcuni documenti UFO Top Secret. «Nella seconda edizione di “TOP SECRET/MAJIC” del 2005 sostengo la genuinità di quattro documenti: 1. Il Documento informativo di Eisenhower (Eisenhower Briefing Document – EBD) 2. Il Cutler - Twining Memorandum. 3. Il SOM.101 (Manuale operativo per le operazioni di recupero di tecnologia e biologia aliene) 4. Il Truman - Forrestal Memo. (TFM). I primi tre non sono stati nemmeno testati (non vi appare alcuna firma dell’autore). A mio avviso il TFM è stato quasi certamente redatto da Vannevar Bush o da Forrestal, in a base a elementi quali le due macchine da scrivere utilizzate, il punto dopo la data, e le mie conversazioni con qualcuno che ha lavorato per Truman durante tutto il periodo della sua presidenza alla Casa Bianca. Mi aspettavo che non si sarebbe rivelato essere stato scritto da Truman. Credo che i rimanenti documenti MJ- 12 siano falsi, tranne il memorandum Bowen, storicamente accertato. Non ho mai sostenuto la realtà dell’incidente di Roswell basandomi sulla genuinità dei Majestic Documents. Avviai le mie ricerche su Roswell negli anni ‘70. Il documento EBD è stato ricevuto nel dicembre 1984 e già allora sussisteva la concreta possibilità che Roswell fosse reale. Il fatto che nell’EBD venisse fatto il nome del debunker Donald Menzel come membro del MJ-12 corroborava le mie scoperte sulle diverse attività di Menzel sotto la copertura di un nullaosta di altissima sicurezza».
Quando precipita un UFO…
Ecco uno stralcio di intervista rilasciata al sottoscritto nella seconda metà degli anni ‘90, al picco della controversia sui documenti in questione. «Disponiamo di elementi e dati che corroborano sempre più l’attendibilità di alcuni dei fascicoli Majestic 12 e soprattutto del documento denominato SOM 1-01, lo Speciale Manuale Operativo del MJ12. I Majestic Documents sono stati attaccati, ma non sto affermando che gli attacchi derivino dai debunker governativi… piuttosto che le acque si stanno agitando. Sono convinto che molti dischi volanti siano precipitati in tutto il mondo. Quello che la gente non ricorda, anche se libri in proposito escono continuamente, è che gli Stati Uniti per decenni hanno avuto team specializzati nelle operazioni di recupero, inseriti nei progetti Blue Fly e Moon Dust. Mi sorprende come non lo si sia preso in considerazione. Da quando esistono le osservazioni satellitari, e anche prima dei satelliti, comunque l’intento era quello di recuperare le apparecchiature del nemico. I Tedeschi e gli Inglesi, durante la II Guerra Mondiale, nel caso di abbattimento di un aereo, si precipitavano sul posto per apprendere tutto il possibile dal relitto e dai rottami, scompartimenti per le bombe, strumentazione elettronica, tutto… perché lo avrebbero potuto riutilizzare nel proprio sistema, è logico, se si ha un esempio di apparecchiature del nemico. Ora, dai satelliti in poi e dagli aerei armati con ordigni nucleari, è stata una prassi standard quella dei team di recupero pronti a intervenire immediatamente e ovunque qualcosa di classificato fosse precipitato. Accadeva regolarmente con i satelliti russi: gli Stati Uniti attendevano impazientemente un loro incidente per impadronirsi della loro tecnologia, che dopo tutto all’epoca era più avanzata della nostra… quindi i gruppi composti da personale di governo venivano allertati, ad esempio, nel caso di un incidente a un trasporto di armi nucleari via terra, con diversi obbiettivi: recuperare le proprie apparecchiature, assicurarsi che nessun altro lo facesse, e tenere bene alla larga la gente. Facciamo un esempio: uno aereo stealth precipitò nei pressi di Bakersville, California. Naturalmente non sapevamo di cosa si trattava. Le strade furono chiuse, lo sceriffo e chiunque fosse nelle vicinanze dovette attenersi a un giuramento di silenzio, pena la morte, bruciarono tutto il terreno dell’area interessata per far sparire qualunque frammento… così, mentre i nostri radar guardano verso l’alto, i satelliti spia guardano verso il basso… sappiamo se qualcosa entra nel nostro spazio aereo. È di vitale importanza preoccuparsi di tali incidenti, intervenendo fulmineamente e recuperando tutto. Gli attuali sistemi, radar e satellitari, producono dati che nascono classificati, il pubblico non ne sa nulla, ma sono nove i gruppi speciali per casi di emergenza nucleare dislocati nel solo territorio degli USA e pronti a intervenire ovunque nel mondo. Gli Stati Uniti hanno accordi con gli altri Paesi: se qualcosa precipita, voi ci avvertite, noi interveniamo e vi paghiamo in dollari». Il problema dei Majestic Documents è che sono di fonte anonima e che alcuni di essi sono contraffatti. Si tratta quindi di un misto di informazione e disinformazione. Un X-File in piena regola, probabilmente originato dalla stessa intelligence militare statunitense che impiega strumenti simili per rilasciare notizie classificate. In ogni caso, allo stato attuale della ricerca, i documenti Majestic 12 non possono essere considerati avulsi dallo straordinario scenario dei fatti di Roswell. Tanti amici quanti nemici. A Friedman, diversi ufologi ascrivono la colpa di essersi occupato del Mj-12. Ma non poteva esimersi dal farlo, soprattutto perché per sua natura e passione ogni sua indagine era contrassegnata da un caparbio lavoro di ricerca documentale e di verifica e controllo incrociato dei dati. Friedman riteneva non servissero a nulla le ricerche sul campo e i nuovi approcci e metodi di indagine, se tutto veniva poi soffocato dalla burocrazia e da una classe di esperti aggrappati disperatamente alle loro poltrone, rappresentativi solo di centri di micro potere innervati su analisi e contro analisi di avvistamenti vecchi di decenni. Al contrario, Friedman, nell’affrontare un caso a suo avviso interessante, partiva dagli elementi tangibili, andava alle fonti, cercava le connessioni, non escludeva le ipotesi più ardite. Analizzato il tutto, quel determinato caso poteva anche finire nel suo famoso “gray basket”, il cestino grigio in cui riponeva i casi irrisolti in quanto privi di oggettivi riscontri, sino a prova contraria.
La sua lotta al potere
Quale fonte ufficiale, militare o governativa, degli Stati Uniti o del Regno Unito, o di qualunque Stato europeo ha mai ammesso il proprio reale interesse in casi UFO implicanti la sicurezza nazionale? Nessuna e mai. Né con Roswell, né con Rendlesham/Bentwaters in Gran Bretagna nel dicembre 1980, né con Varginha in Brasile nel 1996, né con Phoenix in Arizona nel 1997, solo per citare i casi più eclatanti. La pesante responsabilità dei poteri rispetto all’opinione pubblica che esige delle risposte non è mai stata messa in discussione: il fenomeno UFO e la presenza ET non costituiscono un problema. Accade sin dai tempi del Progetto Blue Book, quando, a seguito di continue ondate di avvistamenti di oggetti volanti non identificati nei cieli nordamericani, il Pentagono decise di dar vita a un progetto di analisi sistematica di quelle intrusioni. Ne scaturirono risultati sconcertanti. Agli Americani fu detto che degli oltre 12 mila casi analizzati, 701 restavano inesplicabili, ma non rappresentavano una minaccia per la sicurezza nazionale. Quindi, la questione UFO non era più un problema di cui l’opinione pubblica dovesse preoccuparsi. Friedman chiarisce questo punto: «Non dobbiamo dimenticare che il monitoraggio dei cieli è responsabilità degli apparati militari e il governo predispone per loro ogni mezzo al fine di assicurare che i dati di tale attività, nati nella segretezza, restino nella segretezza. Perché qualcuno dovrebbe aspettarsi che gli estranei lo vengano a sapere? I segreti non vengono mantenuti raccontandoli in giro, ma al minor numero possibile di persone. Nel mio studio I Dischi Volanti e la Scienza ho dimostrato con dati di fatto che negli Stati Uniti esiste un Cosmic Watergate. Auspico che ricercatori di altre nazioni facciano lo stesso». Per decenni in tutto il mondo Stanton Friedman è stato considerato fra i massimi esperti del settore, senz’altro quello con il maggiore e inoppugnabile bagaglio scientifico e storico rispetto a una massa di improvvisati. Quali sono state, dunque, le ragioni delle difficoltà che ha dovuto affrontare in seno alla comunità ufologica internazionale? In primis, il suo enorme interesse per la questione Roswell e MJ-12 lo ha posto obliquamente rispetto alla maggioranza dei suoi colleghi di stampo “nuts & bolts” che vivono nell’attesa - e con ciò si sentono con la coscienza a posto - dell’ammissione di governo che il fenomeno UFO esiste, che si tratta probabilmente di velivoli alieni (extraterrestri), ma che non è ancora provato si tratti di visitatori dallo spazio. Questo, per Friedman era del tutto irrilevante e incongruente con un fine della ricerca che tenesse conto anche degli UFO crash e delle abduction, atteggiamento che gli ha portato l’ostracismo di larga parte della comunità ufologica ortodossa aggrappata alla visione tradizionale. Eguale ferrea contrapposizione, Friedman l’ha avuta con chi fra gli ufologi sosteneva la necessità di un dialogo e di una collaborazione in parallelo con il SETI (Search for Extra Terrestrial Intelligence), un baraccone senza senso, se letto in oggettiva chiave UFO/ET. La sua apertura mentale, la sua visione a 360 gradi erano troppo audaci per essere accettate da ambienti egemonici e autoritari e persino inquisitori, ad esempio i vertici MUFON (Mutual UFO Network). Anche questo lo ha estraniato da un contesto in cui la ricerca della cosiddetta “pistola fumante” è divenuta un’ossessione, l’incubo di un grande mistero moderno che ci assilla da oltre 60 anni nonostante la miriade di prove circostanziali e di testimonianze genuine, come quelle di alcuni importanti casi di Incontro Ravvicinato del Quarto Tipo, i casi di “abduction”, o rapimento alieno.
Betty e Barney Hill
Stanton Friedman si è dedicato con grande attenzione alla straordinaria vicenda di Betty e Barney Hill, che nel 1961 furono protagonisti del primo “rapimento alieno” ampiamente documentato e balzato agli onori delle cronache. Il suo interesse si focalizzò soprattutto sulla famosa “mappa stellare”, una proiezione olografica vista da Betty a bordo dell’astronave dove esseri di fattezze umanoidi l’avevano condotta insieme al marito. La descrisse durante una seduta di ipnosi condotta nel 1964 dallo psichiatra Benjamin Simon di Boston, direttore del reparto di Neurochirurgia al Mason General Hospital di Long Island, dove aveva trattato reduci e pazienti affetti da Sindrome da Stress Post Traumatico ottenendo buoni risultati con l’ipnosi. Betty e Barney vollero incontrarlo e si sottoposero entrambi a ipnosi. Dalle parole di Betty derivò un disegno realizzato da Marjorie Fish, poi sviluppato da Friedman sino a determinare che si poteva trattare di una raffigurazione del sistema stellare binario di Zeta Reticuli. Era quello il luogo di provenienza dei nostri visitatori stellari? Nel libro Captured! The Betty and Barney Hill UFO Experience, lo studio più aggiornato e completo sul caso Hill, scritto da Kathleen Marden, nipote di Betty Hill e da Friedman, si mettono in luce accuratamente gli aspetti più salienti della vicenda e degli eventi successivi, comprovandoli come realmente accaduti ed esattamente come riferiti dai protagonisti. Le insinuazioni sulla fragilità delle prove, sull’inconsistenza testimoniale e le accuse rivolte agli Hill di aver architettato tutto solo per ottenerne fama e profitti economici, vengono confutate e demolite dagli autori.
Un leone contro i debunker
Questo nostro primo ricordo di Stanton Friedman deve necessariamente chiudersi qui, ma solo momentaneamente. Il fisico nucleare e ufologo che aveva annichilito Philip Klass, coriaceo giornalista scientifico e massimo debunker di ufficio dello Csicop statunitense (omologo del nostrano Cicap), e che aveva elegantemente battagliato con l’astronomo e divulgatore scientifico Carl Sagan, ha dimostrato al mondo intero che «l’assenza dell’evidenza non significa evidenza dell’assenza». Il vecchio leone, convinto che il potere assoluto corrompe in modo assoluto, ha sempre mostrato grande fair play e rispetto nei confronti dei suoi avversari, anche nei casi in cui la sua autorevolezza è stata messa in ombra da personaggi eccezionalmente scomodi quali il Colonnello Philip Corso, il dottor Michael Wolf e il sedicente fisico Bob Lazar, quello del sistema propulsivo degli UFO, dell’elemento 115 e dell’Area 51. Ne parleremo al più presto.
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Stimo Baiata,ma non capisco questa sua uscita.
"Leggi non per contraddire e confutare, né per credere e dare per scontato, ma per soppesare e considerare."
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Era Stanton Friedman che essendo stato messo "in cattiva luce" da parte di Corso, Lazar e Wolf , gli andava automaticamente contro.
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una sorta di autocelebrazione,
Penso anche io sia questo: l'autocelebrazione rinforza, da un punto di vista "magico" l'evento o la persona o il rituale.
E' un po' il leit motiv degli omicidi rituali che legano i morti all'evento, ai numeri eccetera per generare "forza" / "potere".
Per chi ci crede, ovviamente, il guaio è che ci credono eccome, loro… e hanno abbastanza forza e mezzi per perseguire il loro "credo".
Noi nel mezzo a sperare di cavarcela :wink:
Mitakuye Oyasin
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Ciò detto,non escludo entità che possano provenire da altre dimensioni(chi siamo noi per confutare questo?)e il riferimento al mito platonico della caverna è ben calzante.Pur tuttavia una cosa non esclude l'altra.
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Ciò detto,non escludo entità che possano provenire da altre dimensioni(chi siamo noi per confutare questo?)e il riferimento al mito platonico della caverna è ben calzante.Pur tuttavia una cosa non esclude l'altra.[/quote]
se erano in carne ed ossa, perché li chiamate extraterrestri?
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Bello sentire questi ricordi di famiglia. Calcolate che poi mi raccontò di un guerriero che si voleva ribellare a tutto ciò. Difatti nel suo pianeta all'estremità del S. Laniakea loro proibiscono la scrittura affinché la storia Atreiu che si ribellò qua sulla terra non venga dipinta dagli autoctoni anche in casa loro. Si narra di questa storia ma essi dicono ai sudditi essere solo una storiella, una favola. Anche se vi è un monte in Egitto dove sotto si dice vi sia la tomba di Atreiu e di Artax, il suo cavallo.
Bello perché poi la storia continua: praticamente poi vennero gli Egizi -anche se per qualcuno più sveglio essi furono inventati; ma si sa: quelli svegli vengono chiamati "complottisti" al giorno d'oggi (mala tempora)- e Cheope, suo figlio e suo nipote si impossessarono di quei tre monti sacri dando i loro nomi.
Però poco male, perché Aktay mi ha detto che loro sorvegliano tutto. Però poi la conversazione è finita perché i vari Soros, Rothschild, Reinach e compagnia bella hanno bussato alla porta di casa per parlare dei prossimi falsi monumenti che da qui a breve dobbiamo erigere per prendere per il culo il popolo.
Però purtroppo facciamo sempre male i calcoli perché i complottari ci scoprono. Ma d'altronde si sa: chi ha un diploma di Maturità è talmente avanti, senza dogmi e libero di mente e di pensiero, che a questi non sfugge niente e saranno sempre un passo avanti a noi.
Infatti non capiscono come possiamo comandare il mondo se c'è sempre qualche complottista che ce la mette nel culo su internet. Eppure noi controlliamo la rete...bah, si vede che siamo talmente idioti da farli parlare giacché essi sanno la verità su di noi.
Siamo proprio scemi: vi fate comandare da degli scemi che in modo idiota lasciano il loro marchio ovunque.
Comunque è stata una bella seratina dai Aktay però mi ha battuto al biliardo, battendo anche gli altri. Ma ovvio: lui ci ha modificati geneticamente essendo Elohim, e ha controllato le nostre mosse. Mah, dovevamo ricordarlo.
Che scemi !
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- orsoinpiedi
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Che scemi che siamo,infatti sono di gelatina,e sono scomparsi perché ce li siamo mangiati.Ma per sbaglio.
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Guarda che non lo prescrive il dottore di venire qui a postare, nemmeno di essere d'accordo con quanto si argomenta nel thread.
Ecco: "argomentare", è qui li fulcro del discorso, perché è un verbo che a te pare essere davvero sconosciuto, visto che i tuoi unici interventi sono stati una domanda (peraltro stupida perché "extraterrestri" si riferisce alla provenienza e "carne ed ossa" alla composizione e l'una non vincola l'altra, a meno che tu non sia in grado di dimostrare che al di fuori di questo pianeta la vita non possa prevedere carne ed ossa) e uno sproloquio che per te probabilmente sembrava ironico/perculante (solo per te, tranquillo).
Il tema del thread, peraltro, è: Raccolta di articoli a tema ufologico e non Discussioni sull'esistenza degli UFO o similari.
Pertanto, prima di scrivere stupidaggini, magari, leggi per bene quello che è scritto all'inizio della discussione, son sicuro che puoi farcela.
L'ironia dozzinale tienila per i tuoi racconti serali agli amici: temo che qui sia un pochino OT :wink:
Mitakuye Oyasin
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I COMPLOTTI esistono quando ci sono prove solide ed incontrovertibili altrimenti rimangono solo nella mente di chi non li puo' dimostrare
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Se dopo aver visto il documentario di Massimo non si accende nemmeno una piiiiiccolissima lampadina, temo che la chiusura sia inamovibile…
Grazie per il documentario che mi guardo con calma appena vado in ferie: domani :hammer:
Mitakuye Oyasin
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