Quando è caduta Pompei?

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1 Anno 6 Mesi fa - 1 Anno 6 Mesi fa #50733 da alessandro.c
Apro questo thread dal momento che credo sia opportuno dare spazio a questa ricerca effettuata dall’ Ing. Andreas Tschurilow riguardo alla nostra antichissima città di Pompei e sperando possa attrarre tante persone quante la magica terra degli unicorni chiamata Tartaria.

Questo è il primo post di otto in cui è diviso l’articolo originale in tedesco ancora visionabile tramite la wayback machine e che riassume il lavoro completo dello stesso ‘Features of the Domenico Fontana's Water Conduit (the Canal of Count Sarno) and the Date of Pompeii Destruction’: web.archive.org/web/20180123220313/http:...ilow.de/index.php/de

Andreas Tschurilow è nato il 22 luglio 1962 a Zelinograd (ex Akmolinsk, oggi Astana) ed è morto il (†) 22 ottobre 2013 di cancro al pancreas a Grafling.

"Alcuni anni fa mi sono imbattuto in alcuni libri di G. Nosovsky e A. Fomenko dedicati alla cosiddetta "Nuova Cronologia". Dopo aver letto i libri, ho deciso che anche se questi autori non hanno sempre ragione, i tuoi sospetti sulla tradizione la storia e la cronologia sono ben fondate e ha senso approfondirle.

E così ho iniziato a fare ricerche..."
prefazione
È noto che l'eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. portò alla rovina Pompei ed Ercolano. Ma come è nata questa datazione? Chi ha deciso quando e perché quella Pompei perì a causa dell'eruzione del vulcano Vesuvio nel I secolo d.C.? La letteratura specialistica, le guide turistiche e Internet raccontano letteralmente la stessa favola del famoso Plinio il Giovane e delle sue lettere allo storico Tacito, dove descrive un'eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei.

Perché una fiaba? Senza mettere in discussione l'esistenza di Plinio e Tacito come personaggi storici e ignorando le interpretazioni discordanti nonché la grande varietà di traduzioni di questi testi nel corso dei secoli, resta comunque da notare che Plinio il Giovane non cita Pompei ed Ercolano nelle sue lettere come città costiere né in connessione con la morte di suo zio Plinio il Vecchio come vittime di una stessa catastrofe.

È necessario notare che nell'opera originale è generalmente assente la nozione dell'anno in cui è avvenuta l'eruzione. La data viene creata facendo corrispondere gli anni di vita delle persone menzionate da Plinio con la cronologia del mondo antico, che è dedotta partendo da altri autori antichi.

La descrizione della morte dello zio di Plinio il Giovane nelle sue lettere a Tacito è molto simile a un'opera d'arte letteraria. Vedendo un'insolita nube sul Vesuvio, Plinio il Vecchio ordina di preparare immediatamente una liburna (nave) e offre al nipote di accompagnarlo a Stabia, ma quest'ultimo rifiuta.

Poco prima di partire, Plinio il Vecchio ricevette una lettera dalla moglie del suo amico Tasco che chiedeva il suo aiuto. La sua casa è ai piedi del Vesuvio, a Retina (in altre varianti, Retina o Resina è il nome di questa donna). Le strade sono state rese impraticabili da uno spesso strato di cenere e tufo. L'unico modo per salvarli è attraversare il Golfo.

Plinio cambia subito il piano e ordina di approntare le quadrireme, pesanti galee con quattro ordini di remi per lato. Lasciandosi rapidamente alle spalle la maggior parte del Golfo di Napoli, Plinio entra nella zona della fitta caduta di cenere. Sulle galee cadono frammenti infuocati di pomice e piccoli pezzi spigolosi di tufo. Nell'area dell'odierna Torre Annunziata è già impossibile ormeggiare da nessuna parte: la riva si era alzata di pochi metri. Plinio decide di recarsi a Stabia per incontrare Pomponio, figlio del suo amico Pomponio Secondo.

Dopo aver attraccato sulla riva e aver caricato velocemente sulla nave gli effetti personali di Pomponio, Plinio non può partire immediatamente a causa dei venti contrari (da nord o da nord-ovest). Decide di passare la notte in casa di Pomponio. Questa decisione gli costa la vita. Plinio dorme e la casa è scossa da frequenti terremoti. A causa della continua caduta della cenere, diventa persino impossibile aprire le porte. Di buon mattino Plinio scende in riva al mare. Regna un'oscurità egiziana, leggera e porosa pietra pomice cade continuamente dall'alto. Plinio si sdraia su una vela appiattita, con un cuscino sulla testa per proteggersi dalla caduta della pietra pomice. L'aria si fa calda. Tutti sentono l'odore crescente di zolfo. Plinio viene sollevato con l'aiuto di due dei suoi schiavi e improvvisamente cade, apparentemente colpito da un infarto.

Caio Svetonio Tranquillo in ‘Vita Plinii’ dà una versione diversa della morte di Plinio il Vecchio: “…Morì in una catastrofe in Campania; perché quando il Vesuvio eruttò, si avvicinò con una barca leggera per indagare le cause, e il vento contrario gli impedì di tornare, fu sepolto dalla cenere e dalla polvere. Oppure, come suggeriscono alcuni, sarebbe stato ucciso dal suo schiavo…"

"La brevissima Vita Plinii, che secondo i manoscritti è solitamente attribuita a Svetonio, può esserci pervenuta solo in forma molto abbreviata se appartiene a Svetonio. Dal momento che l'opera non riferisce di alcuno storico o filosofo, rimane dubbio sotto quale titolo questa breve biografia avrebbe potuto avere il suo posto. Scaligero, seguito da Casaubon, negò quindi questa Vita Plinii a Svetonio." Ernst Friedrich August Gräfenhan: History of Classical Philology in Antiquity (Bonn 1850)

Il noto storico russo Tatishchev (Libri 1-4, 1768–1784) scrive di Plinio Secondo: «Questo famoso filosofo nacque nel 20 dC, poco prima della fine della vita di Strabone. Morì nel 76 dC sul Vesuvio, che desiderava visitare per curiosità, e fu soffocato dal fumo»

Nel 1631 la storia si ripeté. Il 16 dicembre iniziò l'eruzione e la popolazione dei paesi vicini corse verso Napoli in preda al panico. La cenere e i proiettili vulcanici seppellirono l'area intorno al Vesuvio. Il giorno successivo, seguendo i flussi distruttivi delle masse di fango - lahar, i flussi di lava si sono rivolti al mare. Il 18 dicembre l'eruzione terminò e il 19 dicembre, come per Plinio, fu organizzata l'evacuazione via mare dei superstiti. Secondo varie fonti, a seguito di questa eruzione morirono tra le 4 e le 18.000 persone.

Dopo l'eruzione dell'’anno 79’, varie fonti riportano fino a undici eruzioni tra l’anno 202 e il 1140. Ma per i successivi 500 anni, fino all'eruzione del dicembre 1631, non ci sono prove credibili dell'eruzione del Vesuvio. Sembra che un vulcano attivo, che erutta con un'invidiabile regolarità, si sia improvvisamente calmato per ben 500 anni per raccogliere forza! Dal 1631 il Vesuvio non ha cessato di essere attivo, distruggendo la Campania fino all'ultima eruzione del 1944.

Ma può essere che Pompei sia stata sepolta solo dopo questa eruzione del dicembre 1631? Sono sopravvissute prove documentali di questa catastrofe naturale relativamente tardiva? Ci sono altri parallelismi con la descrizione di Plinio il Giovane di cui sopra? Certo, ci sono diverse testimonianze del genere.

Nel libro Alcubierre, R., et al., Pompeianarum Antiquitatum, pubblicato a Napoli nel 1860, sono pubblicati i diari degli scavi dal 1748 al 1808. Vi è descritta, tra l'altro, una statua, scoperta il 16 agosto 1763, con iscrizione attribuita a Svedius Clemens. Questa iscrizione menziona Pompei e sarebbe conservata nel Museo Napoletano.
EX AVCTORITATE
IMP. CAESARIS
VESPASIANI AVG.
LOCA PVBLICA A PRIVATIS
POSSESSA T. SVEDIVS CLEMENS
TRIBVNVS CAVSIS COGNITIS ET
MENSVRIS FACTIS REI
PVBLICAE POMPEIANORVM
RESTITVIT.
In realtà, non una statua del genere non si trova da nessuna parte e nessuno ne sa niente. Manca anche nel catalogo museale ‘delle iscrizioni antiche’. Inoltre, secondo il libro di cui sopra, l'iscrizione sul piedistallo della statua era in travertino, e oggi a Pompei c'è una pietra su un poggio in mezzo alla strada con lo stesso testo! Che senso ha una cosa del genere? E’ semplicemente così. Probabilmente era necessario dimostrare in qualche modo ai milioni di turisti provenienti da tutto il mondo che ogni anno visitano Pompei che questa città si chiama davvero Pompei.

Può essere che originariamente, quando Pompei fu scavata nel XVIII secolo, le persone si posero la domanda: e cosa abbiamo scavato? - c’è stato un malinteso? E’ possibile che, consapevolmente o no, tutti i lavori scientifici, le dissertazioni e le opere di riferimento storico si basino purtroppo da allora ma su un malinteso, un errore?

La storia degli scavi di Pompei ed Ercolano è di per sé un argomento vasto, che esige una considerazione particolareggiata. Pertanto, li discuterò qui solo di sfuggita e non sottoporrò le fonti primarie ad un'analisi critica. Mi concentrerò solo sui momenti chiave che sembrano scomodi per alcuni ricercatori e sono in ogni modo celati, o, al contrario, ruminati fino alla nausea dai sostenitori della versione classica della caduta di Pompei il 24 agosto del 79 d.C.

Secondo l'enciclopedia Brockhaus, il primo scopritore accidentale di Pompei è un famoso architetto del Papa, l'ingegnere Domenico Fontana, a cui si attribuisce anche il completamento della costruzione della Basilica di San Pietro in Vaticano, lo spostamento dell'obelisco egizio in Piazza San Pietro ed è celebrato per la costruzione del Palazzo Reale a Napoli.

«Nel Medioevo anche il luogo dove si trovava Pompei fu dimenticato per mille e cinquecento anni. Pompei si nascose sotto la cenere fuoriuscita e i successivi strati di terra. Nel 1592, quando l'architetto D. Fontana stava realizzando un canale sotterraneo per portare l'acqua dal fiume Sarno a Torre Annunziata, tuttora esistente, si imbatté nelle rovine di Pompei. Ma nessuno la notò".

Questo canale era stato ordinato dal conte Sarno all'architetto Domenico Fontana con lo scopo di fornire l'acqua a Torre Annunziata. Era ancora utilizzato dai contadini per irrigare i loro campi nei primi anni del 1900 e funzionò fino al 1960 quando l'uso del canale fu abbandonato, portando infine al suo decadimento.

Da queste parole si potrebbe concludere che l'ingegnere era impegnato nei lavori dopo aver scavato il tunnel attraverso la città a una certa profondità e durante questi lavori si è imbattuto nei tetti e nei muri delle case sotto lo strato di cenere spesso diversi metri. Non ci sarebbe niente di strano se non ci si ponesse la domanda: come ha fatto, tecnicamente, a lavorare quasi due chilometri nel suolo vulcanico, che ancora emetteva pericolosi gas di anidride carbonica, senza la necessaria ventilazione?

Sul sito italiano Аntikitera.net del 26 febbraio 2004 era presente un'interessante nota, che a sua volta rimandava alla pubblicazione del sito Culturalweb.it del 23 gennaio dello stesso anno, in cui si riportava quanto segue riguardo al canale dell'ingegnere Fontana:

"Quando il canale fu scavato, attraversava (quella che nessuno immaginava essere) Pompei da est, cominciando sotto la torre del Sarno, fino alla via delle tombe nella parte occidentale della città. Percorrendo la città vecchia toccava il Tempio di Iside, il Tempio di Eumachia, passava sotto il Foro e il Tempio di Apollo. Lungo il canale furono disposte numerose fontane che, oltre a fornire luce e aria, rendevano possibile la manutenzione del canale”.

Sembra che nel 1592 Domenico Fontana facesse passare attraverso il colle pompeiano la galleria sotterranea della lunghezza di 1764 metri in modo tale che non solo passasse appena sotto terra, ma anche sotto le fondamenta degli edifici e delle mura castellane e non toccasse o danneggiasse alcuna di esse lungo il tragitto!

"Le numerose fontane" dovrebbero apparire interessanti se si considerano i molti metri di cenere vulcanica sopra Pompei, che dovrebbero adornare oggi il paesaggio pompeiano come i fumaioli del ‘Titanic’. Ma esiste davvero?
 
Villa Faraone Menella a Torre de Greco
In direzione sud arrivando da Napoli verso Torre Annunziata, a 15 chilometri da Napoli, sulla facciata della Villa Faraone Mennela si può vedere un monumento - ovvero un epitaffio alle vittime dell'eruzione del Vesuvio del 1631 - su due lastre di pietra con testo in latino. Su una di esse sono menzionate le città di Pompei ed Ercolano oltre a Resina e Portici nell'elenco delle città distrutte!
AT O
VIII ET LX POST ANNO XVII CALEND (AS) IANUARII
PHILIPPO IV REGE
FUMO, FLAMMIS, BOATU
CONCUSSO CINERE ERUPTIOHE
HORRIFICUS, FERUS SI UNQUAM VESUVIUS
NEC NOMEN NEC FASCES TANTI VIRI EXTIMUIT QUIPPE, EXARDESCENTE CAVIS SPECUBUS IGNE, IGNITUS, FURENS, IR RUGIENS ,
EXITUM ELUCTANS. COERCITUS AER, IACULATUS TRANS HELLESPONTUMDISIECTO VIOLENTER MONTIS CULMINE,
IMMANI ERUPIT HIATU POSTRIDIE,
CINEREM
PONE TRAHENS AD EXPLENDAM VICEM PELAGUS IMMITE PELAGUS
FLUVIOS SULPHUREOS FLAMMATUM BITUMEN,
FOETAS ALUMINE CAUTES,
INFORME CUIUSQUE METALLI RUDUS,
M IXTUM AQUA RUM VOIURINIBUS IGNEM
FEBRVEM (QUE) UNDANTE FUMO CINEREM
SESEQ (UE) Funestamq (Ue) Collluviem
Iugo Montis Exonerans
Pompeios Herculaneum Octavianum, Perstrictis Reàina et Porticu,
Silvasq (UE), Villasq (UE), (UE)
Momento Stravit, Ussit, Diruit
Lucuosam Praea Agens
Vastumq (UE ) Triunphum .
PERIERAT HOC QUOQ (UE) MARMO ANTICO SEPQLUM CONSULTISSIMI NO MONUMENTUM PROREGIS.
NE PEREAT
EMMAHUEZL FONSECA ET SUNICA COM (ES),
MONT IS RE (GIS) PROR (EX),
QUA ANIMI MAGNITUDINE PUBLICAE CALAMITATI EA PRIVATAE CONSULUIT
EXTRACTUM FUNDITUS GENTIS SUI LAPIDEM.
COELO RESTITUIT, VIAM RESTAURAVIT,
FUMANTE ADHUC ET INDIGNANTE VESEVO.
AN (NO) SAL (UTIS) MDCXXXV,
PRAEFECTO VIARUM
ANTONIO SUARES MESSIA MARCHI (UNO) VICI.
E come si spiega questo utilizzando la versione tradizionale della caduta di Pompei nel I secolo d.C.?

La storia di questo epitaffio può essere facilmente fatta risalire ai secoli XVII e XVIII. Il viaggiatore francese Misson visitò l'Italia nel 1687-88; scrisse un libro sul suo viaggio in Italia nel 1691, in cui c'è un capitolo sulla sua visita al Vesuvio. Nella nuova edizione di Amsterdam del 1743, il testo latino dell'epitaffio è dato senza traduzione. Mussinot nel suo libro ‘Descrizione storica e critica della città sotterranea scoperta alle falde del Vesuvio...’ pubblicato ad Avignone nel 1748, riporta a pagina 19 il testo dell'epitaffio in latino nella sua interezza senza traduzione. Così era conosciuto l'epitaffio nel XVII e XVIII secolo, ma a nessuno interessava veramente cosa c'era effettivamente scritto lì?

Per i suddetti motivi, portati all'attenzione dallo storico alternativo russo Evgeny Shurshikov, ne consegue che la datazione della famosa cataclismatica eruzione del Vesuvio, che portò al seppellimento di Pompei, Ercolano e Stabia, si basa esclusivamente su dati inaffidabili che a loro volta si basano su antichi manoscritti di dubbia provenienza.

Certo, avevo motivi importanti per andare in Campania il prima possibile, per cercare di venire a patti con tutta la faccenda sul posto.
Ultima Modifica 1 Anno 6 Mesi fa da alessandro.c. Motivo: ritocchi formattazione
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1 Anno 6 Mesi fa #50734 da Aigor
Risposta da Aigor al topic Quando è caduta Pompei?
Grazie mille, questo particolare argomento mi "intriga" moltissimo.
Attendo i prossimi post ;-)

Mitakuye Oyasin
"La violenza è l'ultimo rifugio degli incapaci" (I. Asimov - Il crollo della galassia centrale)
I seguenti utenti hanno detto grazie : alessandro.c

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1 Anno 6 Mesi fa - 1 Anno 5 Mesi fa #50798 da alessandro.c
Risposta da alessandro.c al topic Quando è caduta Pompei?
Noto che la prima parte ha lasciato tutti a bocca aperta, vista la quantità di risposte :-)
Ad ogni modo ecco la seconda parte che creerà probabilmente ancora più silenzio. Forse è meglio andarsi a rifugiare tra le nebbie della Tartaria!

I - Museo Archeologico di Napoli. Epigramma di Svedius Clemens

Ad essere onesti, mi aspettavo molto di più dal museo. Le informazioni sui cartelli di accompagnamento sono minime. La povertà della raccolta pubblica è sorprendente. E tutto ciò nella regione in cui si sta scavano da trecento anni? Molti degli affreschi conosciuti dai libri e da Internet mancano del tutto. Un gran numero di statue sono copie e repliche! E questo è un museo! Dove sono allora gli originali? Bisogna ammettere, tuttavia, che i reperti che sono semplici copie sono onestamente etichettati come tali. Comunque mi aspettavo di più.
Nessuno degli addetti ai lavori del museo di ‘medio rango’ sa nulla di Svedius Clemens e della sua iscrizione, e la maggior parte di loro ha titoli universitari in facoltà filosofiche. L’unica ipotesi fatta è che la pietra potesse trovarsi nella «Sala delle iscrizioni antiche», chiusa ai visitatori da diversi anni, presumibilmente a causa dei lavori di costruzione della stazione della metropolitana sotto il museo. E in un depliant dedicato alla Sala delle Iscrizioni Antiche non c'è una parola sull'iscrizione di Svedius Clemens.
Iscrizione di Svedius Clemens, Pompei
Sebbene fossi al museo in un giorno lavorativo durante la settimana lavorativa e il normale orario di lavoro, il mio tentativo di parlare con l'amministrazione del museo non ha avuto successo. Per questo dovresti inviare una e-mail in anticipo, essenzialmente ponendo le tue domande all'amministrazione e allegando un CV, ma questo non garantisce che sarai ricevuto. In generale, senza un precedente riconoscimento facciale, i volti ufficiali evitano spontaneamente conversazioni su argomenti storici. E non solo nel museo, ma anche nell'Istituto di vulcanologia, e, e, e... Si ha proprio questa impressione.
Il famoso palindromo cristiano "SATOR-AREPA-TENET-OPERA-ROTAS" di Pompei è conservato da qualche parte in un luogo separato (non nel museo). Per poterlo vedere, bisogna mettersi preventivamente in contatto con qualche professore di Roma o del Vaticano (non ricordo il cognome) via Internet.
Più tardi trovai l'iscrizione di Svedius Clemens a Pompei dietro la Porta di Nucera, in mezzo alla strada della necropoli. Tutti possono stimare da soli quanti anni ha questa pietra. Sembra essere un corpo estraneo lì. La pietra non si trovava lì in origine. Sfortunatamente, non sono stato in grado di scoprire dove è stata trovata e se è stata effettivamente dissotterrata.

Le tre grazie (cariti)

Anche una guida turistica standard è in grado di osservare che non tutti i manufatti pompeiani sembrano corrispondere al I secolo d.C. e può confrontarli intuitivamente con il Medioevo, dove questi manufatti si adattano meglio.
"Ammirevole è l'altissimo livello delle arti figurative pompeiane (affreschi, mosaici, statue), corrispondente al livello della scienza rinascimentale. Durante gli scavi è stata rinvenuta una meridiana ad ore divise in modo uniforme, un dispositivo la cui costruzione risale addirittura al tardo medioevo e che costituiva un grosso problema. I famosi mosaici antichi di Pompei sono sorprendentemente simili per composizione, colorazione e stile agli affreschi di Raffaello, Giulio-Romano, cioè affreschi rinascimentali. Tutto ciò testimonia un altissimo livello di sviluppo della città e dei suoi abitanti».
Colpisce particolarmente la notevole somiglianza, anche nei dettagli, tra la composizione dell'affresco pompeiano "Tre Grazie" e il dipinto molto più tardo di Raffaello. Ritroviamo lo stesso motivo nel dipinto di Francesco del Cossa «Il trionfo di Venere» 1476-1484, «Le tre grazie» di Peter Paul Rubens, intorno al 1640, e nella composizione scultorea da Cirene di autore ignoto, datata al III sec. a.C. Supponiamo che esistesse un determinato canone tra i pittori su come rappresentare le Grazie… ma scende fin nei minimi dettagli? Venivano prescritti dal Papa? Sembra un plagio! O Raffaello aveva scavato l'affresco a Pompei e l'aveva dipinto, oppure possedeva una macchina del tempo!

Tre Grazie. Affresco a Pompei...

...Tre Grazie. Dipinto di Raffaello, 1504
«L'uso da parte degli artisti del Rinascimento di dettagli identici, la stessa scelta di colori, motivi, piani compositivi comuni, la presenza sugli affreschi pompeiani di cose realizzate solo nei secoli XV-XVII, la presenza nelle pitture pompeiane di generi pittorici che differiscono formatesi solo in epoca rinascimentale, così come la presenza di alcuni motivi cristiani su alcuni affreschi e mosaici, suggerisce che gli affreschi pompeiani e le opere di artisti rinascimentali provengano da persone vissute nella stessa epoca». Vitas Narvidas, «Pompejanische Fresken und die Renaissance: eine Gegenüberstellung», Elektronischer Almanach „Art&Fact“ Nº1 (5), 2007.

Papiri

Durante gli scavi di Pompei ed Ercolano, gli archeologi non si aspettavano di trovare documenti scritti su materiali delicati: papiro, lino o pergamena. Perché quando il vulcano è esploso, tutto ciò che poteva bruciare è stato distrutto. È un miracolo che a Pompei, nella villa di Lucius Cecilius Jucundus, sia stato ritrovato uno scrigno integro contenente più di centocinquanta papiri con iscrizioni. Ne sono già stati letti centoventisette. I restanti si sono incollati così saldamente che è impossibile separare i papiri utilizzando le tecniche odierne.
Purtroppo i papiri che si potevano leggere risultarono essere documenti contabili. E che miracolo, ad Ercolano nel XVIII secolo fu trovata un'intera biblioteca di milleottocento papiri greci! Si sostiene che queste siano principalmente opere di Filodemo. Ne sono stati rinvenuti un gran numero nei pressi della cosiddetta Villa dei Papiri. Ad oggi, pochi ne sono stati letti. Per quanto ne so, questo ritrovamento è stato generalmente il primo ritrovamento di antichi papiri in assoluto.
Solo in seguito svariati papiri furono ritrovati in massa in Egitto e in tutto il Mediterraneo. Il fatto è che il papiro non è mai stato trovato come pianta selvatica in Egitto e anche Napoleone lo cercò senza successo ai suoi tempi. Ma il papiro è di casa in Sicilia, non lontano dall'antica Siracusa. Fino al XX secolo esisteva una cooperativa per la produzione di carta da papiro, che soddisfaceva le esigenze dei turisti per souvenir "antichi".
Secondo quanto riferito dalla stampa, gli archeologi britannici sono recentemente riusciti a sviluppare nuovi metodi di decifrazione degli antichi manoscritti, quindi la scoperta di nuovi rotoli sembra essere molto importante, tanto più che dopo il XVIII secolo non sono stati trovati più papiri a Ercolano.
Tuttavia, anche i sostenitori dell'immediata prosecuzione degli scavi negli strati più profondi delle rovine hanno oppositori. Il famoso esperto di Ercolano, il professor Andrew Wallace-Hadrill, ritiene che sarebbe un errore oggi scavare completamente la Villa dei Papiri. A suo avviso forzare i lavori potrebbe far crollare le pareti e i soffitti dell'edificio, che potrebbero distruggere i rotoli rimanenti.
Degno di nota è un libro del 1792 di un certo Juan Andres, che descrive i suoi viaggi attraverso varie città d'Italia nel 1785 e nel 1788 in lettere intime al fratello Don Carlos Andres. In esso si meraviglia che i testi greci della Villa dei Papiri mostrino uno stile moderno (per il suo tempo):
"E una scrittura con lettere moderne così minuscole mostra chiaramente che gli antichi le usavano. Qui puoi anche vedere che già allora usavano lo spirito e gli accenti che molti considerano essere stati inventati molto più tardi. (Però non è ancora chiaro se questa riga non sia stata scritta da una mano più recente)."
Juan Andres intende qui segni diacritici - accenti e aspirazioni - che, per quanto ne so, non compaiono affatto nei documenti datati a prima del II secolo d.C. E il loro uso, insieme alla punteggiatura e alle legature, divenne comune solo nel Medioevo. Ma in realtà, il processo di standardizzazione dei segni diacritici iniziò il suo completamento solo all'alba della stampa dei libri!
Non ho quasi più niente da aggiungere a quello che vedete nella foto. È da ammirare il fatto che si possa ancora leggere qualcosa qui. Testi decifrati sono appesi alle pareti del museo come manifesti. Non abbiamo altra scelta che credere che i testi (tutti in greco) provengano davvero dai rotoli carbonizzati… Strumenti e utensili medici Gli utensili pompeiani sono quasi indistinguibili nella forma e nel design da quelli moderni, tranne per il fatto che sono realizzati in bronzo. La squadra con angolo retto ideale, compasso, pinzette, strumenti odontoiatrici, bisturi…
Utensili medici di Pompei. Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
È incredibile immaginare come sia stato realizzato il filo dello speculum uteris ginecologico. Senza tornio? Per quanto ne so, le viti con dado quadro sono apparse solo verso la fine del Rinascimento e venivano realizzate solo manualmente con lime. Besson (Francia) offrì il primo progetto di un banco da lavoro per la produzione di viti nel 1569. Ma fu un orologiaio di nome Hindli (Inghilterra) che per primo mise in pratica la sua idea nel 1741.
Utensili medici di Pompei. Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
È stato conservato uno schizzo di una macchina più avanzata - un prototipo di un tornio superiore - di Leonardo da Vinci. Ebbe diverse idee rivoluzionarie tutte in una volta: in primo luogo, con l'aiuto di una serie di ingranaggi, è stato possibile regolare il taglio della vite con un passo, in secondo luogo, il tagliafilo non era nella mano dell'operaio, ma fissato nel carrello degli utensili, in terzo luogo, è stata utilizzata una direzione di rotazione costante.
In altre parole, fili di tale qualità come quelli che ho visto nel Museo Napoletano non possono essere anteriori alla fine del XV secolo. Inoltre, un sito web ha affermato che in America, nell'American National Historical Museum, sono conservati strumenti simili provenienti da Pompei, dove l'asta centrale filettata di uno strumento è descritta come realizzata in acciaio.
Certo, gli americani, come al solito, potrebbero aver commesso un errore. Ma cosa succede se hanno ragione e l'asta è davvero d'acciaio? Lavorazione dell'acciaio di questo tipo nel I secolo?! Le leghe di acciaio utilizzate in chirurgia hanno una storia di poco più di 300 anni. La prima menzione risale al 1666, quando Fabritius, medico e chirurgo, utilizzò per la prima volta anelli in acciaio per la fissazione delle fratture, ma gli strumenti medici in bronzo regnarono sovrani in medicina fino all'inizio del XX secolo, quando compare per la prima volta una lega acciaio-cromo inossidabile per la chirurgia.
È chiaro che persino il rame ossidato e le leghe di rame sono meno pericolose per la salute dell'acciaio arrugginito. Ancora oggi, gli chef professionisti, come i loro colleghi birrai e distillatori, usano quasi esclusivamente pentole e padelle di rame. Lo stesso si può dire degli strumenti ed utensili del disegnatore, del carpentiere e per la misurazione. Fino all'inizio del XX secolo, la maggior parte di essi era per lo più realizzata in bronzo.

Strumenti musicali

D. Rogal-Levitsky scrive nel suo libro "The Modern Orchestra" che nel 1738 durante gli scavi a Pompei furono scoperti due eccellenti tromboni in bronzo e con bocchini d'oro. Il re napoletano donò una di queste trombe al re inglese che era presente allo scavo e si dice che questa tromba sia tuttora custodita nel castello di Windsor.I tubi curvi, con una parte mobile del tubo, erano già noti nel IX secolo. Lo strumento è in uso fin dal Rinascimento e viene menzionato per la prima volta come sackbut nel 1468 in occasione delle celebrazioni nuziali di Carlo il Temerario e Margherita di York a Bruges. Il nome sackbut deriva dal francese medio sacquer e bouter ("spingere" e "tirare"; in Francia lo strumento era chiamato sacqueboute.)
Strumenti musicali di Pompei. Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Il trombone nella sua forma attuale ebbe origine in Borgogna intorno al 1450 come ulteriore sviluppo della tromba da tirarsi. Un trombone è generalmente inteso come un trombone scorrevole . Cosa ci sia esattamente a Windsor, Sackbut o Trumpet, rimane poco chiaro; non è affatto una campana fatta per fusione. Un processo di fabbricazione di uno strumento a fiato a parete sottile, della sua campana, dei fondali e della piegatura del tubo è impossibile non solo senza la tecnologia appropriata, ma anche senza lo sviluppo di determinate stazioni degli utensili.
Jaroslaw Kessler nel suo articolo "The Orchestra of Civilization" afferma che l'emergere della tecnologia per creare strumenti musicali, la comparsa della cultura musicale moderna, che è cambiata poco dai suoi inizi nel XVII secolo, non si è verificato prima del XVI secolo. E non posso che essere d'accordo con questo.
Purtroppo non sono riuscito a trovare il trombone. In ogni caso, non se ne vede neanche uno nella mostra del museo. Tuttavia, ciò che è in mostra non è meno interessante. Un organo, flauti dolci (uno in argento), cimbali, carillon. Uno strumento molto simile a un trombone può essere visto su uno dei mosaici del leopardo.
Ed è qui che si presenta il rubinetto, anche se non come strumento musicale! In effetti, oggi puoi comprarne uno quasi identico in qualsiasi negozio. Tali rubinetti, compresi quelli molto più grandi, si possono trovare ovunque a Pompei. Secondo la descrizione, i rubinetti rappresentano una fabbricazione a tenuta di tre parti: il corpo, la presa con foro passante e la valvola cilindrica, che è rettificata alla presa in modo che sia a tenuta stagna. È difficile immaginare che un tale manufatto in tre pezzi possa essere realizzato con strumenti primitivi.
In realtà, a Pompei è solo un rubinetto che apre completamente o blocca completamente il flusso dell'acqua in una condotta.
Rubinetto di Pompei. Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
I tubi di alimentazione principali erano in piombo. Per inciso, le tubature dell'acqua in molti vecchi edifici in Inghilterra sono ancora fatte di piombo. In generale, dal punto di vista odierno, l'approvvigionamento idrico di Pompei era tecnicamente molto ben congegnato e senza dubbio un'opera ingegneristica di particolare qualità. Una torre d'acqua presso la Porta Vesuviana a nord della città ("castellum aquae") distribuiva l'acqua a tre settori: fontane pubbliche, terme e abitazioni private. La grande torre dell'acqua fungeva da distributore principale da cui le linee conducevano alle torri dell'acqua più piccole, che si trovavano per lo più agli incroci. Questi pilastri in mattoni sono sopravvissuti fino a un'altezza media di 6 metri. Un tubo riempiva d'acqua la parte superiore di un piccolo contenitore, probabilmente di metallo.
Si può presumere che l'acqua del pozzo scorresse costantemente. Probabilmente non è sempre stato così, perché a Pompei ci sono anche antichi pozzi profondi fino a 30 metri, che attraverso diversi strati di lava conducono all'orizzonte dell'acqua. Un risultato brillante.

Vetro

Nella vetrina del museo si possono vedere tanti manufatti in vetro, tra cui bottiglie, flaconi per profumi, tanti vetri colorati di diverse tonalità. Particolarmente degni di nota sono i vasi di vetro assolutamente trasparenti e dalle pareti sottili. Gli stessi vasi di vetro sono raffigurati anche sugli affreschi pompeiani.
Vasi in vetro da Selino e da Pompei. Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Rispetto a quelli pompeiani, altri prodotti vitrei rinvenuti dagli archeologi e datati al primo millennio non mostrano particolare trasparenza e nitidezza. È quindi importante ricordare che il primo vetro trasparente risale alla metà del XV secolo a Venezia e fu realizzato da Angelo Barovir nell'isola dei soffiatori del vetro, Murano. Il suo segreto è stato gelosamente custodito dalle mire dei suoi concorrenti per molto tempo in seguito.
Ad Ercolano sono state rinvenute vetrate di dimensioni presumibilmente standardizzate di 45x44 cm e 80x80 cm (Fig. 15,16). Non si sa nulla di come sia stato realizzato questo vetro piano. In Europa, intorno al 1330, nel nord-ovest della Francia, furono prodotti i primi vetri da finestra in torbido, i cosiddetti "vetri lunari" per le finestre delle chiese, utilizzando il processo centrifugo. Louis Lucas de Nehou, direttore della fonderia Saint-Gobain, sviluppò un nuovo processo per la produzione del vetro piano dal 1688 in poi. In questo cosiddetto processo di laminazione a tavola, il vetro fuso viene versato su tavole di colata su più livelli, quindi levigato con rulli pesanti e infine macinato con sabbia. In precedenza, il vetro piano veniva prodotto principalmente riscaldando, affettando e appiattendo il vetro cilindrico. Il vetro della finestra di Ercolano è torbido. L’opacità è stata probabilmente causata dagli effetti delle alte temperature della tempesta piroclastica. Lo spessore del vetro della finestra è assolutamente uniforme! Come se fosse uscito dai rulli da tavolo Saint-Gobain.
Molto interessanti sono i commenti di Juan Andres sulle vetrate di Pompei:
"Gli antiquari non sono d'accordo sul fatto che gli antichi avessero o meno vetrate nelle loro finestre; si credeva generalmente a quest'ultima possibilià, e che contenessero solo certe pietre, dette speculares, e di solito nemmeno quelle, ma che le finestre fossero aperte; ma ora sono stati scoperti dei vetri in una finestra, che io vi vedevo ancora inseriti come quando furono trovati, senza che nulla fosse alterato a parte il legno, che aveva risentito dell'umidità, anche se pure questo dimostra che l'uso non era molto comune."
Posso facilmente immaginare che gli infissi delle finestre fossero marci dopo 100 anni ma ancora visibili, ma sarebbero ancora visibili dopo 1700 anni?!

Armi

Gli affreschi raffigurano un gran numero di spade o stocchi "antichi" (Espada Ropera), molto diversi dai corti gladi romani, appesi a colonne e pareti. Considerata came una decorazione tradizionale di uno spazio abitativo, è ancora molto comune ai nostri tempi, poiché l'arma era rapidamente a portata di mano del proprietario della casa quando necessario. Per inciso, nel museo non è esposta alcuna arma proveniente da Pompei, ad eccezione di alcuni coltelli da cucina. Il paese non era piccolo, e se non c'era un esercito, allora dovevano esserci carabinieri o poliziotti? Potrebbe anche essere che i pompeiani fossero cittadini molto pacifici e, come i bobby londinesi, le forze dell'ordine della città non portassero armi.
 
Ultima Modifica 1 Anno 5 Mesi fa da alessandro.c.
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1 Anno 6 Mesi fa #50802 da Aigor
Risposta da Aigor al topic Quando è caduta Pompei?
Beh, non ci sono risposte, ma le visite sono a 180... cmq grazie :-)

Mitakuye Oyasin
"La violenza è l'ultimo rifugio degli incapaci" (I. Asimov - Il crollo della galassia centrale)
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1 Anno 5 Mesi fa - 1 Anno 5 Mesi fa #50905 da alessandro.c
Risposta da alessandro.c al topic Quando è caduta Pompei?
Capitolo 2 - Pompei
Impressioni generali

La città si trova su una collina. La maggior parte degli edifici al suo interno erano a più piani, almeno due, ma forse ancora più alti. Non ci sono però resti del materiale edilizio dei piani superiori. Pertanto, si può concludere che tutto ciò che non è stato coperto dalla cenere è stato utilizzato dagli abitanti circostanti come materiale da costruzione gratuito. Ad esempio, l'anfiteatro e i due teatri di Pompei non avevano banchi superiori in pietra dopo lo scavo. Del foro si sono conservate solo le colonne e i ponti del piano terra. Non ci sono resti del secondo piano, e infatti lo stesso vale per quasi tutte le strutture di Pompei. Se la città non fosse stata toccata, tutti i piani superiori sarebbero quasi al livello zero, o poco più in alto. Non è così. Gli archeologi hanno ricreato alcune costruzioni utilizzando solo il materiale che hanno trovato in loco. Ne mancava altro. Ciò significa che Pompei non era completamente scomparsa dalla superficie. I piani superiori degli edifici, le loro impalcature, erano ancora visibili dopo il disastro. Ecco perché la città morta e deserta si chiamava "Civita" - la città. A differenza di Pompei, Ercolano non è stata sepolta sotto lo strato di cenere, ma sotto cospicue masse di fango spesse diversi metri, che hanno dato alle generazioni successive minori opportunità di "riciclare" i materiali da costruzione. Ecco perché oggi è ancora visibile il fatto che la città avesse persino edifici a cinque piani!
Pompei è quasi completamente scavata, ad eccezione di alcune piccole aree e un’area più grande dove c'è un edificio simile a una chiesa che probabilmente non cederà mai il passo agli archeologi. Ma i visitatori non possono andarci e sulle mappe questi luoghi sono ancora contrassegnati da macchie bianche. Sebbene gli scavi siano ancora in corso in due o tre luoghi, non ho notato alcuna attività importante in questo senso.
Volevo fotografare l'affresco con l'ananas nella casa di Efebo, ma l’ho trovato chiuso con un lucchetto arrugginito. Uno dei dipendenti ha espresso la sua solidarietà e ha spiegato che non aveva la chiave e non poteva aiutarmi. Credo che mi volesse anche consolare un po' quando disse con orgoglio che a Pompei è stata raccolta un'intera collezione di affreschi con frutti esotici come arance e ananas, che si possono vedere al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (dove però non sono disponibili nella mostra aperta al pubblico). La mia domanda su come questo frutto sudamericano fosse arrivato a Pompei prima di Colombo lo scioccò!

Ferro in una città di bronzo

C'era anche il ferro a Pompei. Il bronzo veniva utilizzato per adornare oggetti di uso quotidiano e stoviglie (perché brilla come l'oro a patto che non si ossidi). Così come oggi è indispensabile il rame per pentole e padelle nella ristorazione e per rubinetterie nel settore idraulico, anche a Pompei era molto diffuso il bronzo. I pompeiani costruivano in ferro serrature, cardini, catenacci e cursori.
Per qualche ragione, i manufatti in ferro sono nascosti ai visitatori... no, forse è meglio dire che non sono a portata di mano. Sono riuscito a catturarne alcuni. Ad esempio i cardini delle persiane della Villa dei Misteri, le strane decorazioni (tipo attaccapanni?) delle porte di Pompei e i resti di una serratura con catenaccio sulla porta marmorea di una delle tombe. Ho già accennato ai chilometri di condutture idriche in piombo a Pompei, anche se va detto che fino al medioevo lo stagno era spesso indistinguibile dal piombo. Plinio il Vecchio distingue piombo e stagno usando i termini plumbum nigrum (piombo nero) e plumbum album (piombo bianco). A proposito, il nome plumbum deriva dall'uso principale che se ne faceva nell'antichità – la sigillatura dei contenitori. Ancora nel XVI secolo Agricola usava una terminologia simile: per lui plumbum nigrum è piombo, plumbum candidum è stagno e plumbum cinereum è bismuto. Questi fatti, ne sono convinto, potrebbero essere utilizzati per datare i manufatti in bronzo in base alla loro composizione chimica (ad esempio monete, chiusure di tubi dell'acqua e "tromboni"). Sfortunatamente, non so se questo metodo è applicato.

Stratigrafia

Nelle foto che ho scattato al limite estremo degli scavi della necropoli, appena fuori da Piazza Anfiteatro, si può vedere che sopra lo strato superiore di cenere e lapilli che seppellirono Pompei vi sono sottili strati di eruzioni successive con strati molto fini di Humus tra di essi e per finire lo strato di humus dei nostri giorni con uno spessore di 30-40 cm. Se si accetta la versione della caduta di Pompei ad opera dell'eruzione del 79 dC come unica versione possibile, sorge la domanda: dove sono allora gli strati dell'eruzione del 1631, che secondo le testimonianze dei contemporanei non fu meno significativa? Inoltre, la struttura degli strati non sembra in alcun modo paragonabile a una stratigrafia di 2000 anni.

Graffiti

Le iscrizioni che ho visto a Pompei sono in cattive condizioni. Quelle aperti al pubblico sono state protette da pannelli acrilici polverosi e sono appena visibili. Sono però molto frequenti i graffiti turistici di epoche successive. Pertanto dobbiamo esaminare i primi documenti risalenti al XVIII-XIX secolo, lasciatici da coloro che all'epoca si recarono a Pompei, come Juan Andres. I graffiti che sono stati scoperti erano ancora piuttosto colorati allora e presumibilmente ce n'era di più da vedere rispetto a oggi. Molto interessanti anche le osservazioni di Juan Andres a proposito di graffiti e scritte latine, che sembrano essere abbastanza simili alle scritte del suo tempo:
"Su diverse pareti di questi edifici si possono vedere alcuni nomi scritti a lettere grandi e rosse, che, come si può notare, furono scritti per divertimento. Non mi soffermerò sui nomi, né sulla scrittura, ma voglio solo sottolineare che la forma di quelle lettere è molto diversa da quella delle iscrizioni che comunemente chiamiamo caratteri romani, e al contrario è molto simile alle nostre lettere maiuscole; il che si addice all'opinione dei diplomatici o dei paleografi, che vogliono derivare la nostra scrittura o lettere da quelle romane, e non da quella gotiche o longobarde."
Juan Andres si sta già ponendo la domanda sulla vera età della città; gli sembra particolarmente incomprensibile l'etrusco, che secondo le teorie tradizionali non dovrebbe più essere in uso.
"Tra questi scritti, uno in particolare è curioso, perché è in caratteri etruschi, il che potrebbe causare molti problemi agli amanti delle antichità etrusche. Questi caratteri non possono essere molto antichi e risalenti all'epoca in cui c'erano gli Etruschi; perché come potrebbero, essendo di un solo tipo di colore rosso, essersi conservati attraverso tanti secoli?Come potrebbero essersi conservati durante il terremoto del 63, quando tutta Pompei perì, come dice Seneca? Ma se risalgono a epoche successive, come si sarebbe potuto scrivere in caratteri etruschi, visto che quella lingua era quasi sconosciuta e tutto era romano? Non ricordo di aver visto nessuno di questi nomi in greco, che è sopravvissuto molto più a lungo in quelle regioni; come hanno fatto a scrivere in etrusco? Questa scrittura e una tavola rinvenuta a Ercolano sono gli unici monumenti etruschi scoperti in quelle città; ma la tavola non deve destare tanto stupore quanto tale scrittura, che deve essere di epoca successiva."

Mattoni Non si vedono né plinti né mattoni romani qui, ma veri e propri mattoni standardizzati di circa 23х13х3 cm, utilizzati come materiale da costruzione a Pompei. Esistono anche altre dimensioni e formati speciali, ad esempio per la realizzazione delle colonne tonde. Il mattone è di qualità molto elevata, abbastanza omogeneo nella struttura e con una bassa porosità. Si tratta di mattoni duri che sono stati cotti ad una temperatura molto elevata, il che li rende più duri e più densi di quelli cotti a fuoco lento. Il mattone "suona" ancora oggi quando lo si batte. I mattoni sono stati modellati a mano per migliaia di anni premendo l'argilla in un telaio di stampo aperto in alto e in basso o in una scatola aperta solo in alto; il materiale sporgente viene raschiato via e lo stampo viene rovesciato: in questo modo si ottengono i mattoni modellati a mano, che presentano le tipiche pieghe di aggraffatura come caratteristica visibile.
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Mattoni di Pompei
Se si osservano attentamente i mattoni di Pompei, si possono notare strisce longitudinali sulle pareti laterali, il che significa che i mattoni hanno probabilmente ricevuto la loro forma attraverso l'estrusione e sono stati tagliati. Anche le tegole pompeiane, con la loro complicata forma a onda, sono state realizzate per estrusione. A Pompei, tuttavia, ci sono pochi mattoni cotti. Venivano utilizzati soprattutto per gli angoli delle case, gli archi e le aperture. I corridoi e i muri del capitello erano costruiti con pietre naturali di origine vulcanica.
Le pareti erano intonacate in modo piuttosto generoso, con uno spessore fino a 5 cm, e poi dipinte. All'interno, al posto della carta da parati, si dipingevano affreschi. A Ercolano, per costruire le case si usava soprattutto il tufo giallo di Pozzuoli al posto dei mattoni. Non so se lo sapevate, ma anche Napoli e Roma sono costruite con mattoni assolutamente identici. Lo si può vedere su tutti gli edifici del periodo rinascimentale dove l'intonaco si è staccato. E l'attuale centro storico di Ercolano, se si togliesse l'intonaco dalle case, difficilmente si distinguerebbe dall'antica Ercolano se non per la larghezza delle strade. Anche le pietre di pavimentazione dei sentieri sono identiche, solo che quelle moderne sono leggermente meglio rifinite.
Tracce di precedenti distruzioni con successivi restauri, o come risultato di guerre e incendi o di precedenti eruzioni del Vesuvio, sono visibili anche su molti edifici di Pompei.
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