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La fede non è una bandiera.
Una volta mi sono innamorato.
Ottimo!
L'innamoramento pero' e' ispirato si ad una idea (idealizzazione) ma anche ad una persona, oltre che ad un fattore biochimico, non solo ad un'impalpabile concetto. E' sicuramente piu' facile credere in un qualcosa di tangibile come una persona o una relazione continuativa con essa che aver fede in un ideale.
Pero' come l'amore, la fede, resta un concetto (idea, ideale) del tutto intangibile, ma reale (in maniera soggettiva, finche' silenziato verso l'esterno).
Come l'amore, la fede, puo' finire, cambiare... diminuire. Ed entrambe possono essere messi a repentaglio o semplicemente modificati dagli eventi:
cambiano in base alle circostanze.
Astratti ma esistenti concretamente (perche' in grado di cambiare e far cambiare l'andamento delle cose).
m
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ciò che viene comunicato soffre del mezzo di comunicazione; ci sono cose che non si possono comunicare a parole, altre che non si possono comunicare con un abbraccio, altre che non si possono comunicare in nessun modo e possono solamente essere apprese per esperienza.. chessò, un manuale per fare l'amore esiste? (probabilmente esiste ma sorvoliamo ) Ci stai?Imprimere, raccontare, sussurrare, imporre... non e' cosi' importante. Il punto e' l'essere comunicata ad altri : e' li che inizia ad esistere.
Comunque, la tua analogia col vento mi piace.
Del vento ne può far esperienza chiunque ne venga colpito no? sentire il vento esula dalle influenze culturali, esula dalla scienza della molecole, o dal sapere che l'aria calda va in alto. Il vento esiste prima della cultura che lo ha chiamato vento. O di quella che l'ha chiamato ammasso di molecole in movimento..o quel che vogliamo.
Se noi parliamo di fede, usiamo un termine che sì, è fortemente legato alle influenze culturali, non ci si scappa. Però questo è un compromesso necessario se si vuole cercare di comunicare.
Prendiamo ad esempio l'amore. Quanti sono i poeti che han provato a parlare di amore? E quanti i filosofi, quante le definizioni di amore che vengono date nel solo Simposio di Platone? Tantissime.. una sola parola per dire tutto e il suo contrario.
E anche con la fede dev'essere accaduto lo stesso. Prendiamo atto che è difficile comunicare, avendo avuto esperienze diverse. Se c'è una cosa sicura è che, come dicevo prima, la fede non si può insegnare a parole. Così come è il vento stesso che può insegnare alla pelle, e nessuno altro.
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ispirato a, invece che da è un lapsus? sennò non ho capito.. ma credo fosse un semplice lapsus.L'innamoramento pero' e' ispirato si ad una idea (idealizzazione) ma anche ad una persona, oltre che ad un fattore biochimico, non solo ad un'impalpabile concetto.
Guarda, la biochimica lasciala pure stare.. ci si può innamorare a distanza di metri, e vorrei sentire le argomentazioni di un chimico a riguardo :hammer:
e come no.. certo che è più facile.E' sicuramente piu' facile credere in un qualcosa di tangibile come una persona o una relazione continuativa con essa che aver fede in un ideale.
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Per come ho strutturato l'argomentazione vanno bene, filano nel discorso, entrambe i complementi: sia "a" di termine che "da" di agente ( sono un pò arrugginito in analisi logica, non se sia corretta la classificazione: adesso non mi viene nulla di meglio e non ho voglia di googlarlo ). Rilevi che "da" sia più adatto perchè trattasi di una persona, ma "a" si riferisce alla situazione (fede, o innamoramento che sia) convenzionale codificata culturalmente alla quale ci si relativizza. "Ho una profonda fede" perchè tutto ciò che provo è convenzionalmente classificabile come Fede, "sono innamorato" perchè sento "le farfalle nello stomaco" (ovvio che non è vero ma qui si può notare quanto sia importante la classificazione convenzionale di emozioni singolari). Il mio punto di vista, proprio per questo, mi porta a considerare la Fede non come innata e oggetto di classificazione ma prodotto del bisogno di avere rispote che non ho: un prodotto del tutto costruito su quel bisogno (che potremmo azzardarci a considerare oggettivo... Questo bisogno si, potrebbe essere innato!). Per l'amore si può riconoscere lo stesso meccanismo di fagocitazione culturale che risputa la necessità di protendere la propria esistenza tramite eredi biologici apparecchiandolo in salsa più strettamente sociale.
Aggiungo che, proprio in amore, la biochimica, rientra eccome, in quanto sta alla base della manifestazione soggettiva e non ha nulla a che vedere con la distanza tra i soggetti perchè avviene per lo più in maniera separata, individuale, lo sconvolgimento chimico a cui mi riferisco.
E ti ho seguito nell'esempio dell'innamoramento perchè, la fede, e dico una cosa che mi sembra scontata, è del tutto riconducibile allo stesso meccanismo mentale, cerebrale, individuale, soggettivo, dell'innamoramento.
In sostanza, arriva prima la classificazione culturale e tramite essa si determina la propria condizione emotiva.
Anche in questo si dimostra che la Fede non da risposte assolute, ma solo risposte fornite, in quanto la condizione emotiva che rappresenta è palesemente quella che cerca risposte (quella che mi azzardavo a dichiarare innata) e che , indipendemente dal fatto che ci si possa renderere conto o meno che non si possa averne, ha bisogno di trovarle.
Vanno bene entrambe, dicevo, proprio in virtù del fatto che esprimono processi del tutto singolari, imperfettamente comunicati all'esterno per definizione, dato che nessuno é realmente in grado di esplicitarli in maniera oggettiva, assoluta.
Convenzionalmente, si accettano ed in questo accade che si esplicitano e diventano concreti, cosa che pongo alla base del mio ragionamento sulla concretezza della Fede.
Premesso ciò, non posso accettare, ad un livello oggettivo, argomentazioni auto certificanti di tipo soggettivo che, inoltre, vorrebbero, addirittura, trarre vantaggio, da questa inadempienza comunicativa e sostanziale secondo dei, seppur comunque inadeguati viste le complessitá di cui trattano, parametri oggettivi. Mi riferisco all'attribuirsi valore in quanto sostenitori della propria singolarità intellettiva come prova assoluta (credo fosse l'approccio di Calvero, ma potrei sbagliarmi) di avere la ragione o ragioni superiori.
Ps
Per forza di logica devo considerare per la mia soggettività argomentativa le stesse lacune comunicative e sostanziali che ipotizzo stare alla base della condizione umana ed accettare, in realtà senza sentirmi minimamente penalizzato, il fatto che è solo quello che penso io, o meglio, quello che in linea di massima suppongo sia il mio pensiero. . E non ho (quasi) dubbi su questo. Ahahah.
mc
Ppss
...ho perso un pò di vista il tema... Per fortuna stavo già così da quando siamo partiti a disquisire su... Qualsiasi cosa sia...
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Hai chiarito proprio quel che volevo sapere. Il mio puntare il dito sulla preposizione che seguiva ispirare non voleva essere una sterile analisi grammaticale (non mi converrebbe cimentarmi!) , infatti come pensavo abbiamo toccato l'essenza della questione.
Il bisogno di cui parli è sì innato, o congenito, nell'uomo; questa è una cosa su cui nessuno discorda. La differenza di vedute sta proprio in quel a / da di cui si parlava prima.
E mi fa piacere che possiam continuare con l'esempio dell'innamoramento.
Tu dici che l'innamoramento si ispira a qualcosa, e qui ti cito: "Per l'amore si può riconoscere lo stesso meccanismo di fagocitazione culturale che risputa la necessità di protendere la propria esistenza tramite eredi biologici apparecchiandolo in salsa più strettamente sociale."
con ispirarsi a, intendi che l'innamoramento è un processo che TU generi per fini utilitaristici, più o meno consciamente. Correct?
Io invece dico che l'innamoramento è ispirato da. Ovvero che l'innamoramento non è un processo psicofisico innescato da te, ma una cosa che tu subisci.
Parlare di fine utilitaristico in questo caso si rivela un falso movente. Del tutto fuorviante. E provo a dimostrartelo con degli esempi.
Di amore si può impazzire.
Di amore si può soffrire.
C'è chi dice che d'amor si può addirittura morire.
Ma posso portarti anche esempi meno generici: a me ad esempio capitò di innamorarmi nel momento peggiore possibile, secondo un'analisi utilitaristica.
E mi permetto di precederti con alcune obiezioni che si potrebbero fare a questo discorso:
- un uomo potrebbe non essere del tutto cosciente dei suoi bisogni, e per questo si ritrova del tutto impreparato quando l'amore si presenta.
Questa obiezione è accettabile, ma è quantomeno interessante che il proprio subconscio in questo caso diventi nostro nemico.
- un uomo potrebbe avere dei disturbi psichici e quindi innamorarsi quando gli è meno conveniente.
Questa obiezione non la accetto, perchè disturbi psichici implicano che esista anche una condizione di psiche sana, e secondo questo ragionamento chiunque si innamori senza guadagnarne sarebbe classificato come malato mentale; un discorso simile non lo accetto.
Ricapitolando, in quel a / da è racchiusa l'essenza del discorso.
Nono, credimi, non voglio trarne vantaggio, anche perchè non combatto per nessuna bandiera.. son liberissimo di cambiare opinione quando mi pare.Premesso ciò, non posso accettare, ad un livello oggettivo, argomentazioni auto certificanti di tipo soggettivo che, inoltre, vorrebbero, addirittura, trarre vantaggio, da questa inadempienza comunicativa e sostanziale secondo dei, seppur comunque inadeguati viste le complessitá di cui trattano, parametri oggettivi. Mi riferisco all'attribuirsi valore in quanto sostenitori della propria singolarità intellettiva come prova assoluta (credo fosse l'approccio di Calvero, ma potrei sbagliarmi) di avere la ragione o ragioni superiori.
Ho evidenziato i problemi della comunicazione perchè nella tua citazione che ho riportato dici che la fede inizia ad esistere una volta comunicata...e questo è sbagliato, perchè tenendo conto di quanto è già stato detto la fede non può essere comunicata a parole (non so se esitano modi per farlo, mi limito a sottolineare i limiti del linguaggio), tutto qua
risposta al PS: credo d'aver appena ricollegato la discussione al topic senza volerlo, tutto a posto :ok:
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Non proprio.Il bisogno di cui parli è sì innato, o congenito, nell'uomo; questa è una cosa su cui nessuno discorda. La differenza di vedute sta proprio in quel a / da di cui si parlava prima.
E mi fa piacere che possiam continuare con l'esempio dell'innamoramento.
Tu dici che l'innamoramento si ispira a qualcosa, e qui ti cito: "Per l'amore si può riconoscere lo stesso meccanismo di fagocitazione culturale che risputa la necessità di protendere la propria esistenza tramite eredi biologici apparecchiandolo in salsa più strettamente sociale."
con ispirarsi a, intendi che l'innamoramento è un processo che TU generi per fini utilitaristici, più o meno consciamente. Correct?
Con quella definizione in realta' stavo riconoscendo al bisogno di innamoramento una motivazione atavica, quella sì innata, e cioe' una voglia/necessita' recondita di immortalita'. La procreazione ambisce alla continuazione della propria esistenza ed e' pressoche' un bisogno di tutti gli esseri umani.
Percio', in quel senso, affermavo che :
- "chiunque insegue l'accoppiamento" per motivi individuali legati alla propria continuazione,
- "ognuno ha una sua modalita' emozionale unica" per affrontarlo ma la tendenza e' quella di ricondurre cio' che si prova in un momento del genere a cio' che viene indicato dalla cultura come innamoramento, distorcendo alla radice il vero impellente bisogno del vivere la propria esistenza attraverso il tempo.
- "l'irrazionalita' del innamoramento" non e' questione interpersonale ma sostanzialmente una situazione maturata individualmente ed al quale, individualmente, si partecipa (piu' o meno di comune accordo). Questa viene per lo piu' presentata come tale ammasso confuso emotivo (appunto irrazionale) anche se il bisogno espresso guarda ad altre sfere subconscie (bisogno d'immortalita').
"Innamoramento ispirato da" e' plausibile per ovvie ragioni, ma per il mio punto di vista, e' solo una delle tante motivazioni che agiscono in amore.
Piu' avanzo con l'eta' e piu' mi accorgo che il bisogno e' quello di non rimanere soli, e l'innamoramento e' solo il paravento di tale bisogno di condivisione (per lo piu' la necessita' di avere supporto sul proprio "viale del tramonto" ... ahaha... sembra molto triste il mio approccio, ma ti assicuro che v'e' una vena di cinismo in quel che affermo, tutto il resto e' romanticismo in linea di massima --- magari un "romanticismo piu' razionale, piu' concreto" --- forse piu' legato alla corrente letteraria pre-darkettara).
Gli esempi che porti:
non escludono a priori cio' che affermo, in quanto, il codice culturale ha espresso per la societa' il significato di amore/innamoramento e lo ha sganciato da cio' al quale in realta' e' lagato per motivi di "marketing" ... (?)... ma non solo.
Quello che asserivo e' che, a mio modo di vedere, esistono i veri motivi innati dell'innamoramento, ma sono del tutto fuorviati dall'interpretazione che la societa' ne offre (non so dirti i veri motivi per cui la societa' affronti tale temi in tali contesti distorti, ma per una questione di "marketing" e di "allontanamento da introspezioni pericolose perche' orientate ad un'approfondimento di se stessi" potrebbero risultare, a mio avviso, gia' sufficienti come moventi culturali...).
Questo discorso, vale anche per la fede:
in generale le dottrine tendono ad accaparrarsi emozioni e necessita' archetipali, innate. Le stravolgono e distorcono, rappresentandole come di altra natura. Se ne appropriano e si appropriano o sfruttano le reazioni/azioni derivanti dalle proprie nuove linee guida sull'argomento.
Mi fermo qui per ora.
mc
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Piu' avanzo con l'eta' e piu' mi accorgo che il bisogno e' quello di non rimanere soli, e l'innamoramento e' solo il paravento di tale bisogno di condivisione (per lo piu' la necessita' di avere supporto sul proprio "viale del tramonto" ... ahaha... sembra molto triste il mio approccio, ma ti assicuro che v'e' una vena di cinismo in quel che affermo, tutto il resto e' romanticismo in linea di massima --- magari un "romanticismo piu' razionale, piu' concreto" --- forse piu' legato alla corrente letteraria pre-darkettara).
Bene. Tu l'hai detto, a te il merito, ecc. Chiunque dovrà fare i conti col fatto che le debolezze che hai ammesso son condivise (storia a parte il tuo particolarisssimo senso del romanticismo)
Detto questo. Si parlava di Amore.
Tu vuoi far discendere l'amore dal bisogno di procreazione. Ma se l'amore discendesse veramente dal bisogno di perpetuare il sè, ciò comporterebbe dei gravi limiti all'idea di Amore.
Ad esempio: l'amore fra omosessuali non sarebbe più amore, ma qualcos'altro, poichè entrambi perfettamente consapevoli della possibilità di procreare pari a ZERO.
Insomma è implicito. E qui sta a te argomentare. Sì, No, perchè.
Quel che posso anticipare di mio è che trovo inconcepibile l'idea che l'amore possa esistere solo fra un uomo e una donna. Non che possa dirlo per esperienza, non essendo omosessuale, ma quel che penso è che l'amore è una forza che può agire anche nella sfera omosessuale. Però come dicevo prima, ben vengano argomentazioni contrarie.. e semmai altre forme di vita para-intelligente ci stiano leggendo sono ben invitate a partecipare al simposio...
che nostalgia il vecchio forum.
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Mi sono espresso male, o sono stato frainteso... oppure e' una tua interpretazione di quello che ho detto.Tu vuoi far discendere l'amore dal bisogno di procreazione. Ma se l'amore discendesse veramente dal bisogno di perpetuare il sè, ciò comporterebbe dei gravi limiti all'idea di Amore.
Io ho affermato che la parte emozionale e' di natura esclusivamente individuale, in sostanza.
Che l'accoppiamento si rifaccia a bisogni innati (procreazione per immortalita') e' solo una affermazione per sottolineare come la cultura imperante si coaguli su condizioni umane archetipiche.
Non e' certamente affermare che questa sia una verita' assoluta... anzi, ripeto, parlando di individualita', affermo praticamente il contrario. Per di piu', se noti, era per sfuggire proprio a questa interpretazione sulla "procreazione vincolata ai sessi" che portavo altri esempi riguardo le motivazioni interiori del singolo che anela l'amore, tipo, la "solitudine"... il "morire da soli". Volevo, aggiungendo nuove possibilità motivazionali, proprio sottolineare quanto non ci fosse nulla di oggettivo in quella che io trovo una delle motivazioni piu' in voga attualmente, ovvero la procreazione. Legare la procreazione al sentimento dell'amore, ma soprattutto assolutizzare indissolubilmente questo legame, e' una distorsione culturale (di tipo religioso?... sicuralmente "reazionario" e non logico..) caratteristica di questa epoca.
In generale cercavo di affermare che non potendo assolutizzare il sentimento-emozione-stato di amore si tende a cercare una convenzione per poter condividere ma, per come la vedo io, senza mai cogliere la propria personale condizione grazie alle convenzionali codifiche socio-culturali.
L'informazione che "spacciavo" non era mirata a definire la vera natura dell'amore (o della fede, o del chi siamo o cosa siamo o cosa facciamo) ma farti esempi di "misteri" esistenziali per quali la cultura imperante si prodiga a mistificare in relazione ai propri scopi.
Riguardo la preoccupazione che io possa affermare un qualsivoglia limite di genere ai sentimenti... ...
Ho partecipato in passato a discussioni sull'amore tra esseri umani*:
sono completamente concorde con te che non esista una motivazione universale che regoli-codifichi-leggiferi per l'amore.
Non e' proprio questo il punto?
E' una condizione del tutto individuale ed indipendente da come gli altri individui possano sentirla interiormente ed ogni versione oggettiva fornita all'esterno del proprio essere e' insufficiente a rappresentarla.
Tornando in topic:
Come la fede...
(* = forse gia' il fatto che usi esseri umani dovrebbe chiarirti come la penso sull'esclusivita' etero che si vorrebbe attribuire al sentimento dell'amore ... ).
P.s.:
non capisco il riferimento alla "nostalgia per il vecchio forum" ...
Sembra che tu stia rimpiangendo i vecchi interlocutori a discapito di quello che ti ritrovi in questo forum...
... :stuckup: Amico.
mc
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omaggio alla nostalgia , ora possiamo tornare a filosofeggiare con rinnovato spirito.
mc , forse è la volta buona. Forse ho capito.
Ecco qual'è il nocciolo. Ed ecco perchè il tuo discorso è così attento all'aspetto culturale: tu rifiuti il concetto di amore come idea assoluta, ma la consideri una summa di tutte quelle esperienze emozionali vissute in maniera individuale; esperienze che differiscono, poichè scaturite dall'individuo, e quindi non identiche ma simili fra loro, e comparabili, e di conseguenza ascrivibili allo stesso concetto. E' vero o NO???
Ebbene credo d'aver compreso il tuo punto di vista. Però prima di proseguire , dato che dissento, voglio accertarmene :hammer:
p.s.
lasciam stare la fede... non è più interessante.. tanto, chi ci viene a dire qualcosa? :popcorn:
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Abbastanza preciso.Però prima di proseguire , dato che dissento, voglio accertarmene...
"Forse ho capito."
"rifiuti il concetto di amore come idea assoluta, ma la consideri una summa di tutte quelle esperienze emozionali vissute in maniera individuale; esperienze che differiscono, poichè scaturite dall'individuo, e quindi non identiche ma simili fra loro, e comparabili, e di conseguenza ascrivibili allo stesso concetto."
:shake:
Un ultimo passo verso il mio modo personale di vedere la cosa:
come hai giustamente intuito l'assolutizzazione dell'Amore e' una distorsione per me, ma anche il concetto di Amore (convenzionalizzato e codificato) lo e'.
Alla base non v'e' un sentimento specifico ma un approccio individuale. Non esistono sentimenti comuni o condivisibili, esistono i Sentimenti. Le sensazioni di "provare amore" o "provare odio" potrebbero non definire due modi differenti di "sentire" in sostanza, ma potrebbero rappresentare il solo modo di provare sentimenti che poi e' l'unico che ogni individuo puo' permettersi.
In sintesi, cio' che cambia tra un sentimento e l'altro e' il risultato attivo che quelle emozioni determinano (mettere in atto sentimenti come concretizzazione del concettuale).
Un po' stringata ma mi sembra riconducibile a cio' che cercavo di dire prima...
p.s.:
Nessuna nostalgia dei vecchi forum a cui ti riferisci nello specifico. Sono altre le cose che mi mancano! :wave:
mc
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beh certo che una volta che scrivi "convenzionalizzato e codificato" ci siamo già allontanati dal suo assoluto, che è quello a cui io voglio mirare.Un ultimo passo verso il mio modo personale di vedere la cosa:
come hai giustamente intuito l'assolutizzazione dell'Amore e' una distorsione per me, ma anche il concetto di Amore (convenzionalizzato e codificato) lo e'.
Alla base non v'e' un sentimento specifico ma un approccio individuale. Non esistono sentimenti comuni o condivisibili, esistono i Sentimenti. Le sensazioni di "provare amore" o "provare odio" potrebbero non definire due modi differenti di "sentire" in sostanza, ma potrebbero rappresentare il solo modo di provare sentimenti che poi e' l'unico che ogni individuo puo' permettersi.
I sentimenti vengono dopo, poichè si realizzano tramite l'individuo. Per arrivare all'assoluto di Amore bisogna trascendere i sentimenti, questo è indubitabile. Quel che voglio fare ora è parlare di Amore prima che si realizzi nell'individuo. Per farlo è necessario distinguere due diverse tipologie di amore, e ci arriverò.
Abbiamo citato più volte il bisogno congenito dell'uomo, e tu hai parlato in particolare di bisogni innati che muovono l'uomo secondo leggi a cui non può sfuggire, di una natura che ci spinge alla procreazione e alla quale nessuno è immune.
Ebbene questo bisogno esiste prima della sfera sentimentale; qualsiasi sentimento discende dalla natura dell'uomo e ne segue le leggi. Così Amore non appartiene alla sfera sentimentale, esso anzi determina l'esistenza di quest'ultima.
Amore e Bisogno abitano sullo stesso piano della realtà. I sentimenti vengono dopo, poichè scaturiscono dall'individuo, e per questo c'è da fare un importante distinguo: possiamo parlare dell'Amore che abita sullo stesso piano di Bisogno, e possiamo parlare dell'amore che abita il piano sentimentale, come tutti gli altri sentimenti; stesso nome, 2 entità diverse.
Ora, quando parliamo di idee, di assoluto, la prima difficoltà è delineare il "corpo" della nostra Idea. E dunque vediamo di conoscere chi è Amore. Che corpo ha Amore (dove inizia e finisce, in che ambito si muove)?
Abbiamo detto che Amore abita sullo stesso piano di Bisogno, e in effetti fra i due possiamo trovare una certa corrispondenza. Chi direbbe che può esistere Amore senza Bisogno, quando amare significa desiderare con tutto sè stesso? E' proprio per questo che, come possiamo "assolutizzare" il bisogno, altrettanto possiamo fare con Amore.
Ben altra cosa sarebbe parlare dell'amore che abita la sfera sentimentale; la distinzione fra Amore e amore ci aiuta a districare la matassa. Certe scuole chiamerebbero il primo un demone ed il secondo un sentimento; sta di fatto che si può vedere, se vogliamo, una gerarchia fra i due: esiste Amore, che muove l'individuo, da cui scaturisce amore, in tutte le sue varianti.
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Ebbene questo bisogno esiste prima della sfera sentimentale; qualsiasi sentimento discende dalla natura dell'uomo e ne segue le leggi. Così Amore non appartiene alla sfera sentimentale, esso anzi determina l'esistenza di quest'ultima.
Sostituisci "prima della" con "con la" e siamo d'accordo.
Non esistono sentimenti della natura ma solo la sua interpretazione umana. Agli ominidi come noi piace tanto antropomorfizzare qualsiasi cosa... Basta non crederci per davvero e per me tutto fila...
Quindi, sostengo che quello di cui si parla parlando di Amore è solo la sua interpretazione umana, non certo una entità preesistente rispetto all'uomo...
Nel mio ragionamento precedente, intanto, era "bisogno" che faceva nascere "amore" , ma entrambi sono sentimenti che non sono innati ma sono imparati nel corso della propria esistenza.Amore e Bisogno abitano sullo stesso piano della realtà. I sentimenti vengono dopo, poichè scaturiscono dall'individuo, e per questo c'è da fare un importante distinguo: possiamo parlare dell'Amore che abita sullo stesso piano di Bisogno, e possiamo parlare dell'amore che abita il piano sentimentale, come tutti gli altri sentimenti; stesso nome, 2 entità diverse.
Sin da appena nato ne assaggi il sapore nei bisogni fondamentali e nel calore di chi ci accudisce. Non sei d'accordo? E prima nel pancione... Forse si possono considerare innati ma defono seguire un iter per essere imparati. Esistono genitori spregievoli, quindi esistono individui che possono conoscere bene il bisogno ma non l'amore, per esempio, cosa che dovrebbe far ragionare sull'importanza di non parlarne assolutisticamente.
Inoltre, non sono certo entitá... Le si possono considerare così solo per definirle nella loro complessa dinamica ma sono solo proiezioni individuali convergenti a culture (peraltro in maniera differente per differenti culture) sociali.
Strano che non sia comparsa ancora miss "Anima" a distruggere, con le sue convenzioni dogmatiche, le poche speranze che ci sono di trovare un punto di accordo in queste dispute da cazzeggio serio.
Comunque, stiamo ragionando su piani differenti.
Non posso disquisire su sfumature di Amore quando le reputo solo alcune delle innumervoli sfumature sentimentali che un essere umano può definire amore... Che tralaltro considero completamente fuori da ogni logica condivisibile, quindi, non interpretabili per conto terzi. Intendo dire che in ogni manifestazione individuale di amore esiste una componente irrazionale del tutto dettata dalla propria esperienza passata e dalle aspettative per il proprio futuro.
Ciao
mc
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Ho parlato di Amore e così l'ho chiamato perchè dalla mia esperienza questi 2 "enti" si confondono nel linguaggio comune. Ho voluto distinguere Amore e amore (maiuscole puramente indicative) per cercare di far luce sullo sconfinamento di certi discorsi (non i nostri) che si fanno su questa cosa chiamata "amore"Non esistono sentimenti della natura ma solo la sua interpretazione umana. Agli ominidi come noi piace tanto antropomorfizzare qualsiasi cosa... Basta non crederci per davvero e per me tutto fila...
Quindi, sostengo che quello di cui si parla parlando di Amore è solo la sua interpretazione umana, non certo una entità preesistente rispetto all'uomo...
L'espediente dell'antropomorfizzazione torna utile per "dare corpo" alle idee; è un'operazione che ha i suoi pregi, gli antichi forse ne abusavano? chi può dirlo.. è un percorso come un altro, un espediente per portare avanti l'indagine intellettuale... a me piace
Intanto, io non parlavo di genealogia o rapporti fra Bisogno e Amore; se è per quello anche i greci eran d'accordo. Dicevo che entrambi abitavano lo stesso piano della realtà, così come gli dei dell'Olimpo, indipendentemente dai rapporti familiari.Nel mio ragionamento precedente, intanto, era "bisogno" che faceva nascere "amore" , ma entrambi sono sentimenti che non sono innati ma sono imparati nel corso della propria esistenza.
Poi aspetta. Non ci sto a classificare il bisogno come un sentimento. il bisogno è "nessun uomo è un'isola": QUESTO è il bisogno! ma classificarlo come "sentimento", e dargli quindi una connotazione passeggera, temporanea.. no, non va.
e soprattutto non è una cosa che si impara.
beh su questo son d'accordo, ma non vedo il collegamento col parlare per assoluti. Anzi, semmai è vero il contrario: una persona che non ha mai conosciuto l'amore ha sempre la possibilità di conoscerlo.Sin da appena nato ne assaggi il sapore nei bisogni fondamentali e nel calore di chi ci accudisce. Non sei d'accordo? E prima nel pancione... Forse si possono considerare innati ma defono seguire un iter per essere imparati. Esistono genitori spregievoli, quindi esistono individui che possono conoscere bene il bisogno ma non l'amore, per esempio, cosa che dovrebbe far ragionare sull'importanza di non parlarne assolutisticamente.
Hey...... ho usato entità nella maniera più aperta possibile...mettiti nei miei panni, che termini dovrei usare?? :stuckup:Inoltre, non sono certo entitá... Le si possono considerare così solo per definirle nella loro complessa dinamica ma sono solo proiezioni individuali convergenti a culture (peraltro in maniera differente per differenti culture) sociali.
Mi hai fatto ridere :laugh:Strano che non sia comparsa ancora miss "Anima" a distruggere, con le sue convenzioni dogmatiche, le poche speranze che ci sono di trovare un punto di accordo in queste dispute da cazzeggio serio.
ma.. se noti, sto cercando di non mischiare troppe cose.. ho già eliminato miss Fede per cercare di fare ordine...
E' vero, ma tanto non volevo mica convertirti ad alcunchè :laugh:Comunque, stiamo ragionando su piani differenti.
Non posso disquisire su sfumature di Amore quando le reputo solo alcune delle innumervoli sfumature sentimentali che un essere umano può definire amore... Che tralaltro considero completamente fuori da ogni logica condivisibile, quindi, non interpretabili per conto terzi. Intendo dire che in ogni manifestazione individuale di amore esiste una componente irrazionale del tutto dettata dalla propria esperienza passata e dalle aspettative per il proprio futuro.
Mi piace il confronto e ringrazio chi ne offre opportunità. Il mio estendere l'invito, pochi post fa, è per la ricchezza che offrono più punti di vista.... ciao :wave:
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
Chiusa premessa.
Esatto:Anzi, semmai è vero il contrario: una persona che non ha mai conosciuto l'amore ha sempre la possibilità di conoscerlo.
la possibilita' di conoscerlo nel discorso che improntavo io si traduce in una soggettiva volonta' di intraprenderlo, ma anche di evitare volontariamente coinvolgimenti, negandoselo per scelta. Stiamo ritornando al discorso per determinare la concretezza dei sentimenti/pensieri:
un sentimento si concretizza attivamente se consegue ad azioni in tali circostanze.
Il bisogno e' un sentimento di necessita': se non lo provi non esiste (consciamente o meno). Percio' e' individuale ed effimero a seconda delle situazioni soggettive. Il fatto che incomba nonostante lo stato emotivo non lo rende assoluto lo rende, solo, potenzialmente concretizzabile e, quindi, conseguentemente, potenzialmente trasformabile in una necessita' irrinunciabile: secondo me, prima di cio' e' sostanzialmente nullo (a livello personale).Poi aspetta. Non ci sto a classificare il bisogno come un sentimento. il bisogno è "nessun uomo è un'isola": QUESTO è il bisogno! ma classificarlo come "sentimento", e dargli quindi una connotazione passeggera, temporanea.. no, non va.
Per assurdo, sarebbe possibile anticipare il "bisogno" di un individuo semplicemente soddisfando ogni volonta' dello stesso. In tale situazione non ci sarebbe nessuna necessita' in coda e quindi nessun bisogno da concretizzare in stati emozionali, sentimentali. Non esiste prima che consista in una necessita'.e soprattutto non è una cosa che si impara.
E' un po' come la fame:
Se continui a mangiare quando devi non saprai mai cos'e'. Un agiato provera' mai la "necessita' di mangiare" (come necessita' impellente, bisogno fondamentale, non come languorino)?
Si puo' dire che, finche' non si trovera' in quella situazione, non avra' mai modo di sperimentare la necessita' (ma soprattutto le necessita' fondamentali).
Sentimenti.Hey...... ho usato entità nella maniera più aperta possibile...mettiti nei miei panni, che termini dovrei usare??
Personalmente, lo ritengo poetico, artistico.L'espediente dell'antropomorfizzazione torna utile per "dare corpo" alle idee; è un'operazione che ha i suoi pregi, gli antichi forse ne abusavano? chi può dirlo.. è un percorso come un altro, un espediente per portare avanti l'indagine intellettuale... a me piace
Creare dei sillogismi o rapresentazioni metaforiche o allegoriche e' necessariamente utile ma sostanzialmente e' generalizzante.
Far diventare Amore un'"entita'" antropomorfa tenderebbe a dargli connotati generali, assoluti. Ovvero, fornirgli caratteristiche applicabili ad ogni individuo con pessimi risultati. Cristallizzare in canoni non appagherebbe la singolare interpretazione che ognuno di noi recepisce come realta'. Come Amore.
Fondamentalmente, sto perorando la indiscutibile (per me) possibilita' di relativizzare ogni sfera sentimentale perche' e' ovvio che sia cosi'.
La "convenzione comunicativa", il "sentire comune" non possono e non potranno mai affermare Verita' assolute: potranno suggerirle approssimativamente come intese.
Se non sei armato e a distanza tale da tenermi sottotiro... non credo ci siano molte speranze... alla mia eta'.E' vero, ma tanto non volevo mica convertirti ad alcunchè
L'eta' prediletta per le conversioni e' l'infanzia (o il tramonto...): quando non e' la tua logica a ragionare per te, ma quella degli altri o, nel caso della vecchiaia, la "paura della morte". Sono a meta' del guado e non ti posso vaticinare un epilogo al riguardo.
ciao
m
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Ricordo una bella discussione tempo fa dove ci si chiedeva se il libero arbitrio esistesse veramente. Il dubbio è rimasto. Il dubbio è riassumibile così: negandoselo per scelta, ciò di cui parlavi, cosa si ottiene? si ottiene qualcosa? o ci si perde e basta? e allora tutto sto libero arbitrio dove sta?.. domande pericolosela possibilita' di conoscerlo nel discorso che improntavo io si traduce in una soggettiva volonta' di intraprenderlo, ma anche di evitare volontariamente coinvolgimenti, negandoselo per scelta.
Nnnnooooooo: il bisogno è necessità, non è un sentimento ahahIl bisogno e' un sentimento di necessita': se non lo provi non esiste (consciamente o meno). Percio' e' individuale ed effimero a seconda delle situazioni soggettive. Il fatto che incomba nonostante lo stato emotivo non lo rende assoluto lo rende, solo, potenzialmente concretizzabile e, quindi, conseguentemente, potenzialmente trasformabile in una necessita' irrinunciabile: secondo me, prima di cio' e' sostanzialmente nullo (a livello personale).
[strike]L'uomo non si sente un'isola.[/strike] L'uomo non è un'isola.
va beh quello si chiama soddisfare il bisogno, non negarloPer assurdo, sarebbe possibile anticipare il "bisogno" di un individuo semplicemente soddisfando ogni volonta' dello stesso. In tale situazione non ci sarebbe nessuna necessita' in coda e quindi nessun bisogno da concretizzare in stati emozionali, sentimentali. Non esiste prima che consista in una necessita'.
Ma per il resto non insisto sul suo assoluto, l'hai detto tu che stiamo ragionando su piani differenti.... non c'è possibilità di accordo così. E' come cercare di fare un bambino fra noi 2 provando tutti i buchi possibili .. è divertente, ma resterà sempre una conversazione sterile :hammer:
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Come fai a conoscere una necessita'?il bisogno è necessità, non è un sentimento ahah
Necessita' e' una esigenza di tipo soggettivo, per cui non esistendo necessita' assolute non credo si possa parlare di bisogni assoluti. E' cio' che "sentiamo" ci possa servire.
Non solo: il livello di necessita', a mio avviso, e' anche misurato sul carattere (o sui pensieri caratteristici di un individuo).
Per cui e' un complesso insieme di necessita' personali legata spesso ad una emotivita' specifica (cioe' quella che contraddistingue un determinato momento/fase della propria esistenza). Ma non insisto.
Unica cosa che, in fin dei conti, non mi "piace" di quello che mi hai risposto e' il tuo dogma "sull'uomo non e' un isola". Senza nulla togliere alla bellezza letteraria di questa sentenza, siamo nella pura interpretazione individuale non c'e' nessun riferimento specifico o assoluto in una sentenza del genere che e' molto relativa.
Non ho capito le tue perplessità sul libero arbitrio (o la volonta' personale-individuale-soggettiva).
Ti dico solo che, sempre secondo me, e' per esperienza diretta che ci possiamo definire bisognosi di "convivenza", di interazione con altri individui (concetto proposto che non nego in assoluto come sentimento/pensiero/assolutizzazione esistente ma che sto tentando di esprimere con la volonta' di relativizzarla a cio' che penso che sia):
sin dai primi momenti di esistenza ci si rende conto di dipendere o di "non essere soli" ma e' come se venisse imparato: non e' innato come sentimento (anzi!).
p.s.:
non ricordo la discussione sul libero arbitrio ... ma c'ero anche io? (hai detto che era una "bella discussione", forse no! ).
Si ottiene qualcosa in relazione a cosa?negandoselo per scelta, ciò di cui parlavi, cosa si ottiene? si ottiene qualcosa? o ci si perde e basta? e allora tutto sto libero arbitrio dove sta?.. domande pericolose
Parli dell'"amore" o del "libero arbitrio"?
mc
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( chiedo scusa ai fisici, non so di cosa parlo :blush: )
Ok, devo rispondere in blocco..
Un uomo che non nutre il proprio corpo muore: il bisogno insoddisfatto è evidente.
Ora torniamo al nostro uomo-isola. Io non dico che l'uomo-isola non sia possibile come sistema, nel senso di un sistema talmente instabile da non poter sussistere; dico che come sistema è castrante.
Questo lo dico perchè ho in mente un'idea; ho in mente l'idea di Uomo. Perciò è chiaro che ora dovremmo spostarci sul piano escatologico, poichè nessuno mette in dubbio che l'uomo abbia libero arbitrio, e che se solo volesse potrebbe condurre la propria vita come un'isola, un cane, o una lucertola al Sole.
Quando dico che l'uomo non è un'isola non intendo affermare che egli sia impossibilitato a ciò; dico che egli sta vivendo in una realtà castrante.
Allo stesso modo quando dico che ho dubbi sul libero arbitrio intendo dire che avendo io la mia idea di Uomo, ho anche la mia idea dei limiti del libero arbitrio.
Faccio un esempio facile: mettiamo che ho la possibilità di uccidere un altro uomo e di farla franca con la legge; se successivamente avessi problemi di coscienza scoprirei a malincuore di non aver avuto un vero libero arbitrio...o meglio: di averci rimesso (tutta la "forza" del libero arbitrio ndo stava??). Ora prendiamo un altro ipotetico assassino che la fa franca e non ha problemi di coscienza: il suo libero arbitrio è stato più libero del mio :wink:
Quindi libero arbitrio che minchia significa? La libertà esiste veramente, ma ogni gesto ha le sue conseguenze. E se io ho un rigurgito di coscienza scoprirò di avere un libero arbitrio più limitato. Oibò.
Parliamo un po' di questo: esistono persone che hanno più "libero arbitrio" di altre. Interessante, no?
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No.La relativita' non deriva da mc. Ma in compenso, il mio nick di soundcloud, si, deriva dalla formula della relativita' ...mortacci tua mc, sempre a relativizzare tutto!! ho capito da dove veniva la teoria della relatività.. E=mc² : Einstein = mc al quadrato
Relativizzare e' il miglior approccio che conosca e, sinceramente, penso anche sia l'unico corretto perche' e' dinamico e si modula sulle situazioni.
Scusa. Le frasi che hai usato per parlare di "uomo-isola" sono pregne di indicazione di relativita' in cio' che affermi cosa che, di per se', non discrimina nulla riguardo la potenziale Verita' ipotizzata in tali affermazioni, ma ne indica i grossi limiti legati proprio alle aspettative individuali.Quando dico che l'uomo non è un'isola non intendo affermare che egli sia impossibilitato a ciò; dico che egli sta vivendo in una realtà castrante.
La banalita' di quello che scrivo e' alta ma credo sia da imputare a te che rifiuti il mio relativismo spinto e che, in fin dei conti, mi "proponi" continuamente il tuo di relativismo spinto, facendolo poi risalire ad un "sentir popolare" che non ha nulla di oggettivo (almeno sulla carta, come hai anche rilevato te stesso nel precedente messagio) per il singolo.
Faccio un esempio facile: mettiamo che ho la possibilità di uccidere un altro uomo e di farla franca con la legge; se successivamente avessi problemi di coscienza scoprirei a malincuore di non aver avuto un vero libero arbitrio...o meglio: di averci rimesso (tutta la "forza" del libero arbitrio ndo stava??). Ora prendiamo un altro ipotetico assassino che la fa franca e non ha problemi di coscienza: il suo libero arbitrio è stato più libero del mio :wink:
Quindi libero arbitrio che minchia significa? La libertà esiste veramente, ma ogni gesto ha le sue conseguenze. E se io ho un rigurgito di coscienza scoprirò di avere un libero arbitrio più limitato. Oibò.
I limiti che "intravedi" nei tuoi esempi non raccontano i limiti del libero arbitrio, ma raccontano di "autocensura".
Per quanto mi riguarda, anche l'autocensura fa parte delle scelte a disposizione grazie al libero arbitrio...
La liberta' individuale non ha nulla a che fare direttamente con i sensi di colpa. Semmai, il concetto e' usato per delineare proprio la vasta gamma di possibilita' che tale "liberta'" possa rappresentare in relazione al numero e il tipo di scelte percorribili dal singolo.
I sensi di colpa arrivano, e qui ritorniamo all'influenza della societa' e della cultura sociale che si sfoga sugli individui, arrivano solo dopo e solo in base a criteri regolamentati per scopi precisi non dall'attore della scelta ma da terzi.
Infine, il Libero arbitrio non si misura in soddisfazione ... ne', a dire il vero si misura, secondo me:
si usa e basta indipendemente dalle conseguenze delle proprie scelte.
Stai forse subendo quell'influenza sociale di cui parlavo pocanzi trasferendo al libero arbitrio quello che viene percepito come "errore di scelta", ovvero la cultura del peccato, che si "impara" in Italia sin dai primi anni di eta' ma che, in realta', non centra molto con esso?
Le scelte non cambiano il loro grado/livello di liberta' in base alle conseguenze che causano: non ha senso, non e' questo che qualifica il libero arbitrio.
Il libero arbitrio tratta la possibilita' che non esista niente di predeterminato e non mi sembra si faccia carico di definire l'etica o la moralita' delle scelte e delle loro conseguenze.
Nel "Non Predeterminato" risiede tutta la liberta' necessaria a definire il grado di liberta' di azione individuale nel mondo.
No, in base a cio' che affermo in precedenza. Il libero arbitrio e' una facolta' in dotazione a chiunque abbia la possibilita' di esprimere volonta'. Non e' piu' libero in base alle scelte operate.Parliamo un po' di questo: esistono persone che hanno più "libero arbitrio" di altre. Interessante, no?
In conclusione, la liberta' del libero arbitrio risiede nel fatto di avere una possibilita' di scegliere.
mc
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mc, m'ero espresso da cani, scusa. Vedo di rimediare.
Quando parlo di libero arbitrio io non prendo in considerazione concetti come destino o predeterminazione; non sono idee che mi appartengono, non so cosa farci. O almeno, non voglio approcciarmici da quel punto di vista. Parlando di libero arbitrio per me è spontaneo pensare alla capacità di scegliere. Da qui io mi collego alla consapevolezza, che è la capacità di scegliere bene. Il che si traduce in: il libero arbitrio è influenzato dalla consapevolezza. E da qui è facile ricollegarsi a quel che dicevo sulle conseguenze delle azioni, e al mutare del libero arbitrio, conseguentemente alla consapevolezza. Spero d'averlo espresso meglio.
Son rimasto sintetico perchè in realtà ora mi preme un'altra cosa.
Devo soffermarmi su un punto importante : senso di colpa e "peccato" non sono la stessa cosa, poichè il senso di colpa non discende per forza da una determinata morale, come è quella cattolica nel caso del peccato. Ci torno alla fine su sto punto.
intanto prendo le distanze dall'idea di "peccato"; non è farina del mio sacco. Io mi son limitato alle informazioni essenziali per rimanere su di un piano ideale. Chi ti dice che l'uomo del mio esempio non sia estraneo alla "cultura del peccato che si impara in Italia"?
A dirla tutta, nel mio esempio non ho nemmeno specificato la ragione dell'omicidio, proprio perchè non volevo renderlo relativo ne al concetto di difesa, ne a quello di invidia, follia, clan/gruppi sociali, e così via.
L'unica domanda è: ammetti la possibilità che un uomo sperimenti il senso di colpa al di là delle influenze culturali?
Prendi per esempio un uomo la cui cultura lo spinge a uccidere il prossimo per trarne beneficio: potrà egli sperimentare sensi di colpa nonostante le sue influenze culturali?
La mia risposta è Sì.
Ed eccoti un altro scenario: un uomo sta cacciando con arco e frecce; pochi secondi più tardi ha centrato un altro uomo, avendolo scambiato per un animale; ammetti la possibilità che quest'uomo, estraneo alla società, possa provare sensi di colpa?
La mia risposta è ancora Sì; e aggiungo che il senso di colpa non è dato dalle influenze culturali, ma dall'empatia. L'empatia non è questione culturale.
Rispondere a questa mi ha aiutato a far chiarezza. E' stato un parto , ma anche stimolante, grazie :shake:
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Non esprimevo una certezza ma analizzavo e prendevo in considerazione i termini utilizzati negli esempi ed a quel tipo di deriva ho pensato, conscio del fatto che, sostanzialmente, fosse un'interpretazione personale.Chi ti dice che l'uomo del mio esempio non sia estraneo alla "cultura del peccato che si impara in Italia"?
Ma non e' cosi' importante dato che mi premeva spiegare il meccanismo mentale "della cultura del peccato" per meglio esprimere il mio punto di vista, e non giudicare sommariamente l'attore/gli attori del tuo esempio.
Anche per me e' si ma non capisco dove tu voglia andare a parare con questa puntualizzazione:Ed eccoti un altro scenario: un uomo sta cacciando con arco e frecce; pochi secondi più tardi ha centrato un altro uomo, avendolo scambiato per un animale; ammetti la possibilità che quest'uomo, estraneo alla società, possa provare sensi di colpa?
pure con i sensi di colpa (che azzarderei nel definirli postumi all'azione dato che sono conseguenti all'aver agito, normalmente) rimane una prerogativa individuale agire in tal senso, ovvero, sentendo pentimento. Per cui non esiste una condizione assoluta di "sentimento di colpa": dipende da chi agisce e dal suo livello di empatia, come, giustamente, asserivi.
Meno giustamente, pero', ti ritrovo ad immaginarti un'altra virtu' come innata (sembra che l'empatia, per te, sia una condizione naturale, comune, assoluta da quanto posso capire).
Secondo me, l'empatia si impara, senza il minimo dubbio, per cui, continuiamo ad essere nel campo individuale e quindi soggettivo-relativo.
Basti pensare ad un bambino:
perche' si dice che i bambini sono (piu' che spesso) molto crudeli secondo te?
Secondo me, perche' ancora devono imparare il comportamento sociale e devono ancora imparare ad immedesimarsi negli altri. Ecco perche': a mio avviso e' per questo che non conoscono ancora l'empatia quando sono cosi' "meschini" e crudeli.
L'empatia richiede un esercizio di proiezione che non e' per niente "naturale" in un INDIVIDUO che sta imparando, ed a malapena ci riesce, ancora a gestire se stesso.
ps:
"Culturale": e' d'uopo creare una definizione condivisibile di tale termine, convieni?
L'Empatia E' CULTURALE come impostazione mentale: ovvero va imparata.
E' culturale, per me, qualsiasi cosa si debba assimilare con l'esperienza o il sapere.
Esiste come possibilita' di azione in un individuo ma e' parte della lista delle possibili decisioni da intraprendere e non e' una regola ineludibile.
Si puo' non essere empatici quindi e' relativo alle proprie esperienze esserlo (e lo si diventa culturalmente).
mc
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se ti scotti col fuoco e scopri per esperienza che fa male non vedo perchè tirare in ballo un termine come "culturale", che per me ha sempre una valenza relativa ad un gruppo umano, e mai al singolo in quanto singolo, ma singolo facente parte di una comunità."Culturale": e' d'uopo creare una definizione condivisibile di tale termine, convieni?
L'Empatia E' CULTURALE come impostazione mentale: ovvero va imparata.
E' culturale, per me, qualsiasi cosa si debba assimilare con l'esperienza o il sapere.
Non dico sia regola ineludibile, dico che è una capacità: il cacciatore dell'esempio può anche soffocare la sua empatia scegliendo di tirare dritto lasciando l'altro lì agonizzante, e tornare a pensare ai propri problemi; la sua scelta produrrà delle conseguenze, e la volta successiva la sua scelta potrebbe essere differente, in base alla consapevolezza raggiunta - se cambiamento mai ci fu.Esiste come possibilita' di azione in un individuo ma e' parte della lista delle possibili decisioni da intraprendere e non e' una regola ineludibile.
Si puo' non essere empatici quindi e' relativo alle proprie esperienze esserlo (e lo si diventa culturalmente).
Ho voluto focalizzare la questione sulla differenza fra senso di colpa e peccato perchè sto parlando con te. In questo momento so che il mio interlocutore è molto attento alle dinamiche sociali e influenze culturali, e non a caso tu hai iniziato a parlare di "cultura del peccato". Ma il mio lavoro, siccome lavoro con le idee, era di ridare autonomia al concetto di Empatia.
Ognuno ha una sua costituzione mentale.... mettersi nei panni altrui è una sfida estremamente stimolante (in pochi vincono la riluttanza..) Così quando ti prendo in giro per relativizzare, lo faccio scherzosamente, ma sto anche sondando la tua personalissima costituzione mentale. Ed è per questo che posso già immaginare le tue obiezioni quando dico che:
La capacità dell'empatia è un assoluto, l'empatia di un singolo è relativa al singolo.
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Quelle che tu rilevi essere caratteristiche assolute nell'empatia sono, a mio avviso, caratteristiche logiche. Meccanismi per cui appare lineare soffrire di riflesso per le sofferenze altrui.La capacità dell'empatia è un assoluto, l'empatia di un singolo è relativa al singolo.
Cio' che succede e' "sentire" (richiamando per lo piu' esperienze gia' avute) cio' che altri provino in determinate situazioni.
La domanda e' :
E' necessario avere esperienza di quello per cui si empatizzi?
Forse no, ma il punto e' che, a mio avviso, e' comunque SOLO un passaggio logico, non "assolutamente empatico" (nel senso che intendi tu come condizione naturale).
Prendere i bambini come esempio non e' certamente stato fatto perche' pensassi di poter contare nella loro "maturita' indipendente", anzi, li ho scelti proprio per la loro inesperienza. E' un dato di fatto la mancanza di empatia nei primi anni di vita... ed e' una dato di fatto che l'empatia aumenti con l'esperienza.... se fosse assoluta sarebbe visibile, riscontrabile, in ogni fase della propria vita ma non e' cosi'.
Quindi, non sono d'accordo con il tuo tentativo di definire due "empatie", quella oggettiva e quella soggettiva (assoluta e relativa), perche' non trovo che ne esista una "oggettiva" (se non il concetto astratto, ovvero l'idea che inseguiamo di empatia).
Poco ma sicuro: non "pre-esiste" in assoluto all'acquisizione concettuale (ecco perche' parlo di cultura: non e' sufficiente la conoscenza del termine empatia, quanto e' sufficientemente necessario che si capiscano i risvolti psicologici e sociali): solo quando acquisiti tutti gli aspetti che ne determinano i meccanismi (appunto, l'immedesimazione, sostanzialmente) si puo' imparare ad/ed essere empatici.
ps.:
l'attribuzione ad alcuni ragionamenti del concetto di "cultura del peccato" non voleva essere accusatorio: era solo argomentale.
Non intendevo di sicuro pregiudicare o insinuare implicazioni da "credente" nelle tue argomentazioni!!!
ciao
mc
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Non so rispondere. Vivessimo in uno di quegli idilliaci paesaggi della poesia bucolica, dove non ho niente da fare se non guardare le mie pecorelle, potrei prendermi qualche giorno per rifletterci su... ma così.... devo semplicemente lasciar cadere la domanda in attesa di un'illuminazione. Pensa che non solo non ho pecore da contare, ma non ho nemmeno la terra sotto i piedi , qui al secondo piano.... (maledetti gli uomini che credono che la terra sotto ai piedi sia un lusso, quando è fondamentale!)E' necessario avere esperienza di quello per cui si empatizzi?
Non credo d'aver capito cosa vuoi dire, per me è chiaro che esiste prima. Ma questo discorso vale per qualsiasi capacità, chessò, prendiamo la capacità di discernimento, che permette di distinguere le diverse capacità dell'uomo, fra cui essa stessa è chiaro che la capacità di discernere esiste prima della possibilità di definire un concetto come il discernimento (ne è condizione).. Perciò è logico che esista prima, appunto come capacità/condizione naturale che rende possibile la crescita/presa di coscienza.Poco ma sicuro: non "pre-esiste" in assoluto all'acquisizione concettuale (ecco perche' parlo di cultura: non e' sufficiente la conoscenza del termine empatia, quanto e' sufficientemente necessario che si capiscano i risvolti psicologici e sociali): solo quando acquisiti tutti gli aspetti che ne determinano i meccanismi (appunto, l'immedesimazione, sostanzialmente) si puo' imparare ad/ed essere empatici.
Ma forse tu non vuoi chiamare quella capacità "empatia", e restringere il termine a quello che per me è lo stadio di empatia del singolo. Mi può andare bene, però a sto punto che nome usare per la capacità dell'uomo di sviluppare empatia? mi sembra un falso problema..
..a parte che sviluppare qualcosa che non c'è è un paradosso..
risposta al ps: mai avuto dubbi sulla tua cavalleria :fedora:
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