di Costantino Rover
Come si crea un piano Marshall per salvare l’Europa da un lento e inesorabile declino? Un’idea potrebbe essere quella di sperimentare per trentacinque anni le ricette che servono a smantellare uno Stato e impoverire intere generazioni di cittadini, vedere l’effetto che fa e poi proporre di fare l’esatto contrario su scala maggiore. Dev’essere ciò che può aver pensato Mario Draghi quando la Commissione europea gli ha richiesto un piano dettagliato per portare fuori l’Europa dall’avvitamento verso un declino ormai certo.
L’economia europea è in una crisi spaventosa che ora coinvolge anche la sua locomotiva che è la Germania. L’esempio più eclatante è la sequela di notizie pubblicate da Volkswagen negli ultimi tempi. Dal rischio di chiusure di interi stabilimenti, fino alla lista di 15 mila licenziamenti sempre più imminenti e al taglio dei contratti a tempo indeterminato.
Ora è talmente evidente che non era la svogliatezza o l’inefficienza a condannare il sud Europa al declino, così come non era la presunta virtù teutonica ad aver issato la Germania nel gotha dei grandi del mondo, ma un sistema su misura che l’ha fatta vincere finché il giochetto non si è inceppato. Adesso l’evidenza è così smaccante che nemmeno i più assidui europeisti, come Draghi, riescono più a ignorarla. Ecco perché un anno fa la Commissione europea gli ha commissionato un piano di rilancio dell’economia europea. I risultati delle sue fatiche sono stati presentati un paio di giorni fa.
A pagina 38 del suo piano, Mario Draghi rilancia una delle tante idee che nei precedenti 35 anni ha applicato al contrario: la circolazione dei crediti fiscali. Più o meno la stessa cosa alla base del funzionamento del famigerato Superbonus 110% e del bonus facciate; un’idea che Draghi ha combattuto fino a un anno fa, bloccando di fatto la circolazione dei crediti fiscali.
Oggi però li inserisce nella ricetta per il salvataggio della UE dalla lenta agonia che si è preparata da sola.
Un altro grande cavallo di battaglia di una vita è stato per Draghi la lotta alla spesa pubblica tanto da lanciare la svendita dell’industria di Stato sin dagli anni Novanta. A ruota ovviamente veniva la lotta alla crescita del debito pubblico. La ragione delle sue battaglie era l’imminente ingresso dell’Italia nell’euro. Qui trovi tutte le fonti di quanto stiamo scrivendo.
Oggi invece nel suo piano Draghi ci spiega che è giunta l’ora dei grandi investimenti pubblici. Per farne cosa? Ma per rilanciare la ricerca tecnologica e il riarmo degli arsenali. Per arrivare a quale risultato? Ma per raggiungere la piena decarbonizzazione, of course!
Ma se tutto ciò improvvisamente diventa possibile, dopo trentacinque anni di tagli, compressione salariale, svendite di asset pubblici e austerità, perché il Signor Draghi non lo ha tentato durante il suo mandato da Presidente del Consiglio, invece di perseguire la fine della circolazione dei crediti fiscali alla base delle stesse ricette che oggi porta in Europa?
Il nuovo piano Marshall al quadrato si basa anche su investimenti pubblici, tipo quelli da lui sempre osteggiati sin dai tempi della svendita dell’Italia pervicacemente perseguita per una vita.
Nella sua presentazione alla Commissione europea fa riferimento a un ipotetico 5% da usare come leva e, come già in febbraio all’Ecofin «Servono enormi investimenti, risorse pubbliche e risparmi privati», a un vago, ma alquanto sinistro accenno all’enorme risparmio privato dei cittadini.
Di contributi da parte delle mega imprese e di strette all’evasione fiscale dei colossi dell’IT e delle banche come Goldman Sachs per cui lui e Monti hanno lavorato per tutta la vita, invece nessun cenno.
Così mentre gli speculatori di borsa (trader inclusi) in Italia “sopportano” il peso (piuma) fiscale del 26%, contro una media del 49% per cittadini e imprese, Draghi ci propone investimenti pubblici per 800 miliardi da mettere di tasca nostra nell’economia reale a sostegno della produzione, dell’innovazione e del lavoro che lui e i “suoi” hanno distrutto per 35 anni di carriera.
Mi chiedo perché non fare pagare il suo piano di salvataggio della UE da sé stessa, a quella ristretta minoranza che ha tratto enormi profitti dagli effetti dell’austerity imposta ai cittadini e dall’applicazione delle sanzioni alla Russia. E soprattutto, mi chiedo quanti si fideranno ancora una volta di qualcuno che solo 13 anni fa innescava la fine di un governo democraticamente eletto per far sì che potessero essere introdotte le ricette lacrime e sangue di Monti, da lì in avanti, fino a culminare nell’introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione e invece oggi ci parla di tentativi di salvataggio della democrazia.
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La domanda è: perché da Maastricht al 2019 hanno tirato la cinghia e dal 2020 hanno speso anche sprecando?
Le risposte sono diverse in base al punto di vista.
Quella più importante secondo me è il punto di vista politico.
Dal 1992 al 2019 gli Stati europei esclusa la Francia hanno dovuto mettersi a 90 alla Germania.
Adesso che la Germania domina l'UE (la Presidenza della Commissione non è solo un simbolo) e i governi si sono piegati, hanno deciso che la dieta è finita anche perché altrimenti sarebbe morta di fame anche la Germania. Si và verso un'unione politica e un debito europeo comune e consistente.
Il Regno Unito è andato fuori dai coglioni e il progetto di Hitler è quasi completato.
Forse adesso anche i più cretini si possono accorgere che la ricetta magica del debito pubblico su pil sotto al 60% era una puttanata
Non è un caso che dove i trallallero controllano l'emissione di moneta (in pratica BCE e FED), il debito pubblico dei relativi Stati cresce inesorabilmente a livelli di bancarotta (rapporti con il PIL oltre il 100%)
Mentre negli altri paesi dove la sovranità monetaria non è stata accaparrata dai trallalero il rapporto debito pubblico/PIL rimane a livelli di sostenibilità keynesiana nelle nazioni (non considerando le repubbliche delle banane africane o zapatiste).
La Germania è riuscita a durare fino a che il board della Bundesbank era integralmente coperto da ex gerarchi nazisti (anni 80), poi, pur con cautele che gli hanno consentito una posizione dominante (la BCE non sta a Francoforte per caso), si è fatta intortare con la astrazione giudea della UE.
Sono ovviamente mie idee personali.
Quando fallisce, parliamo delle tue idee
Tutto i titoli del debito pubblico giapponese sono in mano ai giapponesi.
I giapponesi hanno un senso della patria eccezionale.
I loro risparmi li consegnano alla Nazione.
Quindi come potrebbe fallire il Giappone, se i suoi creditori sono Esso stesso?
Le mie idee sono fin troppo chiare e precise.
Sono le tue informazioni che lasciano un po' a desiderare.
No, è un miserabile ragioniere..
#4 BELLINI
#3 Iperbole
Il debito pubblico per i paesi non più sovrani serve a far pagare gli interessi, è quello il business, gli interessi sono una rendita senza rischi e senza spesa, tutti in saccoccia fino all ultimo centesimo, nessuno fallirà e nessuno estinguerá il debito, ma tutti pagheremo gli interessi per l'eternità.
Esattamente.
Quest'anno l' Italia deve pagare 80 miliardi di interessi su 2.900 miliardi di euro di debito.
A fronte di una manovra finanziaria annuale di 23 miliardi (previsione 2025).
Non è che gli italiani sono indebitati: sono stati già venduti al mercato degli schiavi.
Lo Stato può reperire il denaro in più, stampando o emettendo debito. Questo debito può essere acquistato dai suoi cittadini o da soggetti stranieri.
Uno dei problemi è il debito con l'estero in valuta straniera
Perché anche uno Stato che si indebita con l'estero nella valuta che può stampare a piacimento non può fallire, gli basta stampare
Il vero problema è come si spendono i soldi e non quanto debito pubblico si ha.
Se ci sono buoni investimenti conviene farli ed indebitarsi per farli, se non ci sono buoni investimenti non conviene indebitarsi, a prescindere dall'ammontare del debito pubblico o dal suo rapporto col pil
Il nostro debito pubblico è nei confronti della BCE, quindi nei confronti di tutti i Paesi UE, dato che abbiamo cestinato la nostra sovranità monetaria.
Il debito pubblico giapponese è con sé stesso, ovvero con la banca del Giappone (si chiama proprio così se non sbaglio).
Stampano moneta al bisogno e segnano sul proprio taccuino, pagando gli interessi a se stessi.
E nessuno gli chiederà mai il conto, anche se negli ultimi anni anche la loro economia zoppica.
Se l'idea oggi è fare un debito comune, questo problema si sta risolvendo.
In qualche modo stiamo ottenendo la garanzia sul nostro debito in cambio della cessione della nostra sovranità
Se vendiamo la casa ai tedeschi e lavoriamo per i tedeschi, il mutuo ce lo pagano loro. Al massimo ce lo tolgo direttamente dallo stipendio prima di darcelo.
Il giorno che i tedeschi comanderanno al 100% gli spread nell'area euro saranno zero
Il debito pubblico crescerà più degli interessi che dobbiamo pagare
Se il debito pubblico aumenta significa che non stiamo pagando nemmeno gli interessi
Se cresce più degli interessi significa che non solo non paghiamo gli interessi ma non paghiamo nemmeno abbastanza tasse per coprire quello che lo Stato spende
L'anno scorso col deficit al 7.3% gli italiani non solo non hanno pagato 1 euro di interessi ma hanno pagato 1.000€ a testa in meno di tasse rispetto a quello che lo Stato ha speso
Che poi lo Stato li abbia spesi male non c'è dubbio ed è questo il problema
Il cittadino medio non ha visto un aumento dei servizi per 1.000€ a testa, fondamentalmente i soldi spesi dallo Stato in più sono finiti in profitti aziendali o tramite super bonus o tramite altri incentivi e sgravi fiscali per le imprese che infatti continuano ad assumere perché stanno guadagnando. Siamo al record di lavoratori (pagati poco) dal dopoguerra