Molti si sono chiesti che cosa ci sia dietro alla clamorosa accusa di doping contro gli atleti russi da parte della World Anti-Doping Agency [WADA]. In un momento di palese ritorno alla guerra fredda, dove l'Occidente sta cercando di incolpare Putin per ogni singolo male che affligge il pianeta, un'accusa del genere può apparire come minimo sospetta.
Di solito, per riuscire a capire quali siano i mandanti oscuri che mettono in moto certe operazioni, è sufficiente guardare dove cercano di andare a parare quelli che operano in chiaro, per conto loro. Nel recente scandalo della FIFA, ad esempio, la finalità palese era quella di far annullare l'assegnazione alla Russia dei mondiali di calcio del 2016, con conseguente perdita di prestigio e crollo di immagine a livello internazionale per l'intera nazione. In questo caso, quindi, il mandante era abbastanza evidente: il governo americano - anche perché per mettere in piedi le accuse era stata utilizzata addirittura l'FBI, che il calcio non sa nemmeno cosa sia.
Nel caso del doping invece la questione è leggermente più sottile, perché sappiamo tutti che moltissimi atleti di ogni parte del mondo facciano uso di sostanze illecite, nelle più svariate discipline sportive. Ma è proprio per questo motivo che colpisce il fatto che la WADA abbia deciso - in questo delicatissimo momento politico - di puntare il dito solo ed esclusivamente contro gli atleti russi.
C'è poi un altro modo di capire se un certo "scandalo" sia stato montato ad arte oppure no, ...
... ed è quello di confrontare il presunto peccato commesso (il capo d'accusa) con la pena richiesta: se è vero, come sostiene la WADA, che un certo numero di atleti russi abbia fatto ricorso al doping durante le Olimpiadi del 2012, bisognerebbe esaminare caso per caso, e punire ciascuno di quegli atleti singolarmente. L'idea invece che "l'intera federazione sportiva russa abbia partecipato attivamente a coprire un doping generalizzato" è chiaramente una forzatura per arrivare alla conclusione che "allora bisogna escludere l'intera nazione russa dai prossimi giochi olimpici e dai prossimi campionati del mondo".
E poi? Perchè non tirargli anche un paio di bombette atomiche nel centro di Mosca, già che ci siamo?
Un altro caso classico di sproporzione tra il capo d'accusa e la pena richiesta fu quello risalente all'autunno del 2001, che riguardava Osama Bin Laden. Dopo l'11 settembre, gli Stati Uniti accusarono bin Laden di essere stato il mandante degli attentati, "e quindi, siccome Bin Laden si trovava in Afghanistan, era necessario invadere l'Afghanistan".
Ed anche quando i talebani dissero: "Guardate che se volete Bin Laden noi ve lo consegniamo, basta che ci mostriate le prove che è stato lui, e ve lo diamo immediatamente. Non c'è bisogno di invadere il nostro paese." Ma la Casa Bianca rispose: "Eh no, ormai è troppo tardi, non si può più tornare indietro. Invaderemo l'Afghanistan".
In quel caso il
non sequitur fu talmente eclatante che persino i meno attenti si accorsero della sproporzione.
Nel caso degli atleti russi sembra accadere un po' la stessa cosa: la richiesta troppo precipitosa, da parte degli enti sportivi occidentali, di escludere automaticamente un'intera nazione dai prossimi giochi olimpici, tradisce il chiaro desiderio di punire la Russia ben al di là di una eventuale - per quanto probabile - violazione dei codici sportivi.
Massimo Mazzucco