Con l’assegnazione del Nobel per la Pace ad Al Gore, la commissione del più noto premio mondiale ha perso una importante occasione per ridare un minimo di senso a quella che da ormai troppi anni è diventata una gratuita elargizione di fama e di ricchezza, tanto politicizzata e superficiale quanto avulsa dal suo significato originale.
Già il premio per la Letteratura a Dario Fo - un saltimbanco dalla cui gola escono solo dei suoni gutturali, riconducibili nella migliore delle ipotesi a un dialetto imprecisato - era stato uno schiaffo imperdonabile alla sacra arte di Dante, Goethe e Dostojevsky, ma confondere l’ “ambiente” con la “pace”, nel caso di Al Gore, denota un buonismo di fondo degno del peggior salotto di Veltroni.
Non a caso Doris Lessing, vera autrice di vera letteratura, ha ricevuto la notizia del Nobel a lei assegnato con una alzata di spalle. “Non significa assolutamente nulla” ha detto la 88enne scrittrice inglese ai giornalisti stupefatti, mentre rientrava a casa con in mano la borsa della spesa.
C’era un solo modo, quest’anno, per assegnare correttamente il Nobel per la Pace: ... ... darlo all’intero popolo iracheno, proprio perchè nessun leader mondiale – Gore compreso - ha saputo far sentire la propria voce contro quello che ormai è diventato un genocidio a tutti gli effetti.
Ma di cose serie, ovviamente, è da tempo che non si occupa più nessuno.
Massimo Mazzucco