Con questa intuizione folgorante, “il mezzo è il messaggio”, Marshall McLuhan aveva catturato, più di 40 anni fa, la quintessenza del nascente mondo della comunicazione globale.
Un mondo, che noi ben conosciamo, nel quale una realtà parallela ci osserva e si fa osservare dallo schermo televisivo, con una tale persistenza e capacità di penetrazione da apparirci spesso più reale del mondo reale.
Naturalmente, la macchina televisiva ha continuamente bisogno di inventare storie da gettare nel grande tritacarne del telegiornale permanente. E così ieri a Phoenix, nell’ennesimo tentativo di costruire una notizia che di per sè non esisteva, due elicotteri della televisione si sono scontrati in aria, diventando notizia loro stessi.
Quella di seguire in diretta, dall’elicottero, una qualunque fuga da un qualunque negozio di un qualunqre rapinatore di caramelle, è diventata una moda sin dal giorno in cui O.J. Simpson fuggì sulla sua Bronco bianca, per non essere arrestato dopo l’omicidio della ex-moglie, di cui si scoprì poi essere il colpevole. Fu soprannominato lo “slow-motion chase”, “l’inseguimento al rallentatore”, perchè i poliziotti avevano l’ordine assoluto di non sparare, ... ... ma semplicemente di seguire Simpson finchè si rendesse conto che doveva per forza consegnarsi alla polizia. Ma nei normali casi di rapina, le cortesie dei poliziotti vengono messe da parte, e spesso avvengono inseguimenti e sparatorie degne dei migliori film d’azione.
Ed è proprio con questo spirito che vengono seguiti di solito gli inseguimenti dal cielo: al pubblico non interessa affatto sapere chi sia il fuggitivo, nè cosa abbia fatto per ritrovarsi nelle condizioni di dover scappare in mezzo al traffico cittadino. Con un meccanismo inconscio, messo in moto dai mille film visti su quello stesso schermo, il fuggitivo diventa automaticamente “il cattivo” di ogni puntata televisiva, e si aspetta solo di vedere se finirà schiantato contro un palo, o se verrà crivellato di colpi mente fa un ultimo tentativo di fuggire a piedi nella boscaglia.
Tutti sanno infatti che molto difficilmente l’uomo arriverà ammanettato fino alla prigione, perchè lui stesso sa che a quel punto si pentirebbe amaramente di non essere finito contro un palo della luce: i poliziotti americani hanno un modo molto diretto ed efficace per farti capire che non amano chi crea disordine nella società.
E quindi si attende con ansia crescente un epilogo che non può non arrivare, e che sarà in tutto per tutto simile ad un qualunque B-movie di mezzanotte, con la differenza di essere vero.
“Vero”, ma creato dalla stessa TV, che però questa volta ha pagato con la vita di alcuni reporter il proprio tentativo di generare notizie e audience da un fatto assolutamente banale.
Diventando, appunto, notizia loro stessi.
Massimo Mazzucco
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"TV costruttrice di realtà"
di Stefano Negro ("negvo")
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Il caso O.J. Simpson, all’interno della nostra Sezione 11 settembre