di Enrico Sabatino
In Thailandia è in corso da qualche giorno un colpo di Stato molto particolare che agli occhi di noi europei o occidentali in genere è qualcosa di naturalmente inconcepibile, antidemocratico e quindi è da condannare fermamente.
Ma forse è il caso, prima di dare giudizi netti, di addentrarsi un po’ più a fondo nella situazione politica thailandese degli ultimi tempi.
E’ noto che da cinque anni e mezzo il panorama politico di quel Paese è stato dominato da un personaggio, Thaskin Shinawatra, che ricalcando un po’ le orme del nostro Silvio Berlusconi è sceso in politica con tutta la forza economica e mediatica di cui disponeva. E’ l’uomo più ricco della Thailandia, e già dopo pochi mesi dalla sua prima elezione plebiscitaria a premier, nel 2001, aveva dovuto affrontare un processo per irregolarità finanziarie ... ... e corruzione che lo aveva messo a rischio di impeachment; ma l’aveva scampata.
Contraddistinto da una politica populista, il suo primo impegno, dopo quello di evitare l’esilio dalla politica ed eventualmente il carcere, è stato quello di distruggere le mafie locali del narcotraffico; impegno che è costato la vita a più di 2000 persone in circa un anno, e che è riuscito soltanto a sostituire queste gang con altre, facendo nel frattempo triplicare i prezzi delle sostanze proibite.
Ma il pugno di ferro Shinawatra l’ha usato anche nella lotta contro i separatisti musulmani del sud, cittadini thailandesi di etnia malay; un separatismo che non è una novità degli ultimi anni, e che si trascina soprattutto dagli anni ’80, anche se a quell’epoca i gruppi separatisti erano uniti sotto il simbolo del comunismo, ora sostituito dal fondamentalismo musulmano. Dal Gennaio 2004 ad oggi altre 2000 persone circa sono morte nel sud a causa di attentati e di omicidi mirati, soprattutto capi villaggi e insegnanti buddisti e musulmani. E la settimana scorsa il primo turista occidentale, un canadese, è morto in seguito ad un attentato dinamitardo.
Nell’ottobre 2004 nella provincia di Narathiwat (sud Thailandia), dopo una manifestazione che chiedeva la liberazione di 6 uomini, arrestati con l’accusa di aver passato armi ai ribelli, la polizia ha sparato sulla folla, arrestando più di mille persone. Caricati e ammassati su camion dell’esercito, alla fine 78 di loro sono morte schiacciate e soffocate dal peso dei corpi. Shinawatra si è rifiutato di aprire un’indagine in merito, richiestagli dalle Nazioni Unite.
Mentre solo sei mesi prima c’era stato un assalto della polizia e dell’esercito ad una storica moschea nella provincia di Pattani, che era ritenuta un rifugio dei ribelli armati; il bilancio era stato di 32 persone morte dentro la moschea, più altre 100 morte negli scontri che ne erano conseguiti.
A essere contrari alla sua politica troppo repressiva nei confronti del sud musulmano erano sempre più ampi settori dell’esercito, tra cui il Capo dell’Esercito, il Generale Sonthi Boonyaratkalin, il primo musulmano ad assumere tale carica nella Thailandia buddista, e attuale leader della giunta golpista. Ma i disaccordi sulla questione erano via via cresciuti anche con la figura più importante e amata della Thailandia, il Re Bhumibol Adulyadej.
Comunque, Thaskin ha stravinto le elezioni del febbraio 2005, grazie anche all’effetto emotivo del dopo-tsunami, e ha confermato ancora una volta di essere popolarissimo nelle zone rurali e povere del paese. ma di non essere amato dalla classe media e imprenditoriale di Bangkok.
La goccia che però ha fatto traboccare il vaso è stata la vendita nel gennaio scorso da parte della famiglia di Thaskin del proprio pacchetto azionario della Shin Corp, l’impero delle telecomunicazioni fondato dallo stesso Thaskin, ad un’impresa di Singapore, tre giorni dopo che il suo governo aveva fatto passare una legge che aumentava la percentuale di azioni legalmente detenute da stranieri nelle imprese di telecomunicazioni al 49%. La vendita ha fruttato alla famiglia di Thaskin 1,9 miliardi di dollari esentasse, dimostrando che anche in Thailandia il conflitto d’interessi è un grosso problema…..
Da quel giorno sono cominciate manifestazioni di piazza e presidi giornalieri organizzati soprattutto da esponenti della classe media di Bangkok, e guidati da un altro imprenditore del settore delle telecomunicazioni, ex amico di Thaskin - Sondhi Limthongkul – e dal principale partito di opposizione, il Partito Democratico.
Proteste che hanno portato alle elezioni anticipate del 2 Aprile indette da Thaskin, ma a cui ha partecipato solo il suo partito, vincendole ovviamente.
I risultati di queste elezioni-farsa sono stati contestati da una piazza che era già in fermento da mesi, costringendo Thaskin ad andare dal re per promettergli che si sarebbe fatto da parte una volta che fosse stato convocato il nuovo parlamento; nel frattempo cedeva i poteri di ordinaria amministrazione al vice premier.
Il re allora chiedeva fermamente alla Corte Costituzionale di far uscire il Paese da questo guazzabuglio, e la Corte infatti nel Maggio scorso invalidava le elezioni, chiedendone la ripetizione entro pochi mesi. Thaskin ne approfittò però per riprendere in mano le redini del governo, e fissare per il 15 Ottobre la data delle nuove elezioni, che il re ha accettato.
Ma, sia il partito di Thaskin che quello democratico presentano denunce di abusi elettorali alla Corte Costituzionale, che decide di prenderle in considerazione dichiarando che se ritenuti colpevoli entrambi i partiti sarebbero stati sciolti di autorità.
Insomma, la situazione si fa’ sempre più caotica, e a luglio il capo dell’esercito fa’ un grosso ricambio nei ranghi medi dell’esercito, e molti paventano una divisione all’interno delle forze armate tra fedeli e contrari a Thaskin, con annesso rischio golpe.
A fine agosto si comincia a mettere in discussione la data del 15 ottobre e si parla di spostare le elezioni di almeno un mese, mentre Thaskin accusa alcuni ufficiali della polizia di aver organizzato un piano per assassinarlo con un autobomba.
In quel periodo ero a Bangkok e in effetti, anche se in superficie tutto era tranquillo, la gente con cui parlavo non aveva molta voglia di entrare nei dettagli della complicata situazione politica; preferiva non parlarne, sperando che succedesse qualcosa che potesse sbloccare questo pericoloso impasse politico.
Questo qualcosa è arrivato nei giorni scorsi e la stragrande maggioranza della popolazione thailandese ha accolto positivamente l’intervento dei militari, che è stato avallato dal re, persona dietro cui tutto il popolo thailandese si unisce.
Certo per noi occidentali tutto ciò è molto difficile da comprendere, ma non lo è affatto per un paese che ha subìto 18 colpi di stato in 70 anni, tutti cruenti tranne quest’ultimo, in cui finora non si è sparato un solo colpo. Molti abitanti di Bangkok ogni giorno portano cibo ai soldati, si fanno fotografare davanti ai carroarmati, gli stessi turisti e i monaci buddisti lo fanno, e la vita quotidiana sembra procedere normalmente.
Ovviamente finora tutto sta andando liscio, anche se sono sospesi i diritti politici, la libera stampa e i più stretti collaboratori di Thaskin più alcuni ex ministri sono stati arrestati. Si vedrà nei successivi giorni se il generale Sonthi, leader dei golpisti e del CDRM (Consiglio per le Riforme Democratiche sotto la Monarchia Costituzionale - la giunta militare golpista), manterrà la promessa di nominare entro due settimane un nuovo premier ad interim che possa portare il Paese a nuove elezioni entro 6 mesi (come chiede il partito democratico), o un anno (come ha annunciato il generale Sonthi); la CDRM vorrebbe nominare un esperto di diritto pubblico visto che la sua priorità è la riforma della Costituzione del 1997, ma si fanno anche i nomi del Governatore della Banca Centrale Thailandese, o dell’ex Direttore del WTO Supachai Panitchpakdi a capo ora dell’UNCTAD, o del presidente della Corte Suprema Amministrativa.
Tra breve quindi si capirà se questo golpe sarà veramente di seta o se provocherà danni seri alla società tailandese; ma finora, per una realtà come quella tailandese, il golpe ha positivamente smosso le acque che se fossero restate stagnanti avrebbero potuto arrecare danni maggiori al Paese e paradossalmente al suo stesso sistema democratico. Sembra incredibile a dirsi, ma è così.
Enrico Sabatino