La questione voto/non-voto torna ciclicamente fra di noi, e lo farà probabilmente sempre più spesso, da oggi alle elezioni di primavera. Cercherò quindi di riassumere quello che si è detto finora, per cercare di creare, da qui in avanti, un punto di partenza che non ci obblighi ogni volta a ripartire da Adamo ed Eva.
Le posizioni manifestate nel corso del tempo, sul sito, sono state molte, ma si possono raggruppare genericamente in tre "scuole" di pensiero. A) Io non voto (più), perchè comunque non ci credo. B) Io faccio un voto "di protesta", cioè scheda bianca, o nulla, e infine C) Io voto, e scelgo se non altro il meno peggio. Tra questi ultimi, infatti, vanno messi anche tutti quelli che sono perfettamente contenti di come vanno le cose, e che votano pienamente convinti di scegliere ciò che gli va bene.
Prima di definire meglio le varie posizioni, bisogna chiarire bene le differenze fra i tre "tipi" di gesto, nel loro significato profondo. Il primo infatti si separa nettamente dagli altri due, che sono molto più vicini. "Non andare a votare" significa rifiutare in partenza un sistema… ... che si ritiene inefficace, inutile, o comunque illusorio. E' come dire "è inutile cambiare le candele, quando la macchina ha il cambio rotto, il serbatoio bucato e le fasce da rifare". Non va comunque da nessuna parte, anche se ci metti le candele d'oro zecchino. Nei casi B e C invece il gesto stesso di recarsi alle urne, ed apporre un tipo di voto comunque previsto dalla Costituzione (valido, bianco, oppure nullo), implica di per sè un'accettazione del sistema, anche se accompagnata da un giudizio momentaneamente negativo. Se infatti, andando a votare, comparisse per miracolo sulla scheda una candidatura che ci soddisfa, invece di annullare quella scheda noi la utilizzeremmo per appoggiarla. (Sbaglia, a mio giudizio, chi va alle urne per annullare il voto "come gesto di rifiuto al sistema", poichè nel farlo riconosce proprio a quel voto la capacità di "trasmettere" il suo messaggio, e quindi riconosce al sistema una suo relativa validità. E' come Saddam, che dice "non riconosco questo tribunale", ma poi risponde alle domande).
Insisto, la differenza è sottile, ma fondamentale: una cosa è rifiutare il sistema in quanto tale (chiunque mi proponiate, non funzionerà mai), un'altra è rifiutare quello che il sistema offre in quel momento, oppure anche quello che è venuto offrendo da cinquant'anni a questa parte (teoricamente, una proposta valida può sempre esistere, anche se finora non c'è mai stata). Certo, chi crede al sistema ma riconosca che una proposta valida non c'è mai stata, rischia di fare la figura dell'allegro boccalone, ma la distinzione qui è teorica, di principio, e non necessariamente pratica. (Come molti sanno, io sono uno di quelli, quindi permettetemi di non scavarmi da solo una fossa troppo profonda).
Cerco ora di riassumere, come meglio posso, i ragionamenti che hanno supportato finora le tre posizioni di fondo.
Nel gruppo A le motivazioni date sono state molto diverse, e vanno da un "semplice" stato di delusione generalizzato, che in termini scientifici si chiama "sminchiamento", ad una vera e propria posizione "politica", che andrebbe qui definita con "anarchismo" - e non "anarchia, che è una cosa ben diversa - e cioè il rifiuto di principio per l'autorità.
(Brevemente, e solo per chiarezza: con "anarchia" si definisce oggi, erratamente, uno stato di caos incontrollato, e quindi inauspicabile. Mentre l'anarchismo, inteso come movimento storico, non ha mai nè supportato nè implicato il disordine sociale. Prevede (o ipotizza) semplicemente che in assenza di autorità l'individuo sia in grado, da solo, di limitare e controllare le proprie azioni al fine di un civile e pacifico convivere. Si può quindi discutere su quanto utopica sia questa ideologia, ma non la si può bollare negativamente solo perchè una sua applicazione porterebbe oggi, con tutta probabilità, ad uno stato di caos. E' come dire che fascismo o comunismo siano filosofie da gettare, solo perchè hanno dato pessimi risultati in Italia, in Russia o altrove. Una cosa è il principio, ben altra la sua applicazione. Per quel che riguarda l'anarchismo, resta ancora da dimostratre che un domani gli umani non siano in grado di gestirsi autonomamente (rispondendo ad una legge morale interiore, in questo caso), senza più bisogno di leggi esterne o di autorità precostituite, e quindi fino a quel momento l'anarchismo, come pensiero sociale, rimane assolutamente inattaccabile).
Torniamo alle motivazioni, passando al voto "B" (voto attivo, ma negativo, cioè scheda bianca o nulla). Unifichiamo intanto le due cose, anche se sono un pò diverse, perchè anche a chi vota scheda bianca è caldamente consigliato di annullarla, sia perchè va altrimenti a favore della maggioranza, sia perchè rischia di essere "validata" da altri, come a noi non piacerebbe. Chiamiamola nulla, quindi, per ambedue i casi.
Qui le motivazioni date sono invece tutte abbastanza simili, e si possono riassumere nel "diritto alla non rappresentabilità": salve, io sono venuto a votare (accetto quindi il sistema, e ci credo) ma l'offerta di oggi è talmente bassa che non mi riterrei rappresentato degnamente da nessuno di voi. Scrivo "vaffanculo" di traverso, bello grosso, e la prossima volta cercate di presentare qualche candidato che sia almeno degno di quel nome. Buonasera.
Specialmente in "tempo di guerra", la maggior parte dei "B" considerano anche il proprio voto una delega ad autorizzare o negare la partecipazione del nostro esercito, e nel momento in cui nessun partito garantisse a priori il proprio impegno a rinunciarvi - pur essendo il partecipare una violazione della nostra Costituzione - non desiderano delegare nessuno a rappresentarli in quella scelta. In altre parole, vai in guerra, dicono, ma "non nel mio nome". Fanno quindi una scelta di tipo morale, prima ancora che politico.
Veniamo ora ai votanti veri e propri, il tipo "C", e cioè quelli che scelgono di partecipare attivamente alla scelta dei proprio rappresentanti, anche se questi non li soddisfassero del tutto. Se lasciamo fuori coloro che votano convinti di votare chi ben li rappresenta (a destra, voglio ben sperare che qualcuno ci sia, no? Oppure vogliamo proprio farci del male a tutti i costi?), stiamo parlando soprattutto di persone che votano a sinistra, scegliendo il famoso "turarsi il naso" di Montanelli, ovvero il "meno peggio".
La pochezza della sinistra di oggi infatti è raramente in discussione, fra di loro, ma la priorità assoluta, in questo momento, è "mandare a casa il governo Berlusconi". Per cui voteranno comunque, dicono, soddisfatti o meno che siano degli impegni programmatici del loro schieramento. [Scusate il commento personale, ma in questo caso non si riesce davvero a capire perchè non si possa contemporaneamente mandare a casa Berlusconi e impegnarsi ad uscire al più presto dall'alleanza con un esercito di criminali. Dove sta la difficoltà a coordinare le due cose, se davvero a quella guerra si è contrari?]
Essi ritengono invece uno "spreco" il voto nullo, sia perchè "tanto non cambia niente", sia perchè va proprio ad indebolire la "potenza di fuoco" del voto progressista.
Fin qui, sperando di non aver tralasciato posizioni importanti, il riassunto generico del sito-pensiero.
°°°
Prima di lasciare il campo a quella che mi auguro diventi una discussione succosa e costruttiva (me lo auguro in questo caso, oltre che "per il sito", perchè siamo ormai in tanti, siamo letti da tanti, e le idee sane che vanno in circolo sono importanti per tutti), spezzo una lancia a favore dell' "allegro boccalone" che mi ritrovo ad essere, per mia stessa definizione.
Io infatti riconosco apertamente che il sistema "democratico", almeno in Italia, non abbia mai offerto una gamma di candidati abbastanza ampia da poter sempre trovare qualcuno che ritenessimo degno di rappresentarci. Negli anni sessanta/settanta, se non altro, si votava soprattutto l'ideologia, per cui il "comunista" o il "liberale", convinti della propria, votavano chi, almeno a parole, dicesse di condividerla. Ma dal crollo delle ideologie, che è coinciso abbastanza di vicino con quello del Muro di Berlino, il voto "variegato" di una volta si è andato man mano cristallizzando attorno ai due schieramenti principali - progressisti e conservatori - che hanno poi portato al maggioritario (unitario?).
La mia speranza quindi, di ritrovarmi alle urne una posizione che mi rappresenti adeguatamente, sembra piuttosto diminuire nel tempo che non aumentare. Da allegro boccalone, rischio presto di passare per coglione patentato.
Eppure.
Quando io dico che "credo nelle istituzioni", non lo faccio certo come il diligente cittadino che si beva tutta d'un fiato la bugia democratica. Please, un pò di rispetto per gli anziani, se non altro.
La "bugia democratica" è palese, per me come per molti altri fra di noi, ma solo nella misura in cui è palese l'utilizzo bieco che ne è stato fatto nei tempi moderni. Ma le istituzioni democratiche in-quanto-tali, hanno tutte le caratteristiche, necessarie e sufficienti, per esserlo davvero. Esse sono perfettamemte in grado di produrre vera democrazia, se solo imparassimo ad usarle meglio.
In altre parole, l'inganno non sta nello strumento in sè, ma nell'uso limitato che si calcola, biecamente, che ne faremo, per ignoranza, per pigrizia o per qualunque altro motivo.
E come se ci avessero messo sotto il sedere la Ferrari di Schumacher, sapendo che tanto il gas fino in fondo non lo spingeremo mai, per cui di gare non ne vinceremo comunque.
Contano sulla nostra inesperienza, appunto, sulle nostre paure, e sulla nostre pigrizie, che poi pensano ad alimentare a suon di tette, goal e formaggini, che ci tirano addosso ogni giorno dal televisore.
Ma la Ferrari sotto il culo ce l'abbiamo sempre. Cosa succederebbe se un giorno imparassimo davvero a guidarla?
La quintessenza del sistema democratico, ovviamente, è la rappresentatività del cittadino. Tutti insieme in parlamento non ci si può andare, quindi scegliamo alcuni di noi, che rappresentino al meglio le idee di tutti quelli che li avranno votati. Si chiama delegare, e senza una valida delega, come è noto, il candidato vale quanto una scarpa bucata.
Ma qui inizia il trucco. Dopo aver proclamato la "democrazia" - anzi, raffinatissimi, hanno fatto scegliere a noi pure quella, col referendum del '48 - coloro che stanno al potere si sono distribuiti le magliette, rosse per alcuni, nere per altri, bianco-celesti per altri ancora, dopodichè tanti auguri, chi è più bravo a raccattare voti comanda, gli altri aspettano il turno successivo per riprovarci.
L'inganno poggia quindi, chiaramente, sulla premessa che noi a votare ci andremo comunque. Poi però, una volta chiuse le urne, chi si è visto sì è visto, a fare il governo ci arrangiamo noi, voi tornate a lavorare, e cercate di non rompere le scatole.
Salvo romperle loro a noi, ogni volta che si arriva in vista della prossima tornata elettorale. Ecco che allora il cittadino ridiventa di colpo importante - nei discorsi, ovviamente, mai nei fatti - ed ecco che veniamo di nuovo aizzati l'uno contro l'altro, comunisti contro fascisti, cristiani contro musulmani, interisti contro juventini (basta dividere, per imperare, dicono), finchè ci scaldiamo abbastanza da non vedere l'ora di correre alle urne, per "bastonare" quello che crediamo il nostro avversario, dando nel frattempo la preferenza alla maglietta che meglio delle altre ha saputo accalappiarci. Cornuti, e pure mazziati.
Poi di nuovo chi s'è visto s'è visto, … eccetera eccetera eccetera.
Bello il giochino, vero? Ma i furbacchioni che l'hanno inventato si sono dimenticati che nella Ferrari che ci hanno dato, per tenerci buoni, c'è anche il turbocompressore. Entra solo a novemila giri, è vero, ma quando entra picchia in maniera tale che non ti sta dietro più nessuno.
Il nostro turbo si chiama facoltà di dare il voto a… nessuno. Lo ripeto, anche se è ormai superfluo, non è quella di "non votare", che è pure tecnicamente un reato. No, io a votare ci vengo eccome, perchè al sistema io credo, ma sfortunatamente il voto oggi on lo do nè a te nè a lui nè a quell'altro. E adesso cosa fate, cari i miei volpini?
Ne avete comunque abbastanza da fottervene, mi dite? Benissimo, io so aspettare. Aspetterò uno, due, anche tre turni elettorali, se necessario, finchè ci saranno abbastanza persone che hanno mangiato la foglia, ed hanno capito che il coltello dalla pare del manico l'abbiamo noi. Non dimenticare che oggi c'è Internet, fra l'altro, e non è più come una volta, che basta che mi cancelli un comizio, e per un altro mese stai tranquillo.
Esattamente come quella donna, che disse alla ragazza più giovane "figliola, tu siedi sulla tua fortuna e nemmeno lo sai", la fortuna su cui noi tutti sediamo, senza rendercene conto, è la nostra scheda elettorale ancora intonsa. Vergine, appunto. Senza di quella, i nostri cari "rappresentanti in Parlamento" possono fare ben poco.
Non dimentichiamo inoltre che il voto, in realtà, avviene "prima" di andare alle urne, e non durante l'apertura dei seggi. Lì vai solo a confermare quello che hai già deciso nelle settimane precedenti. Ma se in quelle settimane, metti caso, i nostri cari eleggendi venissero a sapere che tre o quattrocentomila persone - e la cifra già oggi non sarebbe così impossibile da raggiunere, grazie alla rete - non voteranno per nessuno, a meno di impegni precisi da parte tua su determinati argomenti, secondo voi davvero non succede niente?
Chi invece rinuncia a far valere il proprio diritto, e vota comunque il meno peggio "perchè tanto non cambia niente", non fa che rendersi complice di quel disegno bieco che impedisce proprio alla democrazia di funzionare come dovrebbe. (Oltre che rendersi complice, in questo caso, di tutti i reati commessi nell'ambito dell'alleanza militare, che col suo voto sottoscrive).
Sulla Costituzione non c'è scritto di votare chi ti fa meno schifo. C'è scritto di sceglierti chi vuoi che ti rappresenti in Parlamento. Se non c'è non c'è, e tu non puoi farci niente, puoi solo aspettare che un giorno ci sia. Ma se tu per primo usi il sistema democratico in modo sbagliato, dando il tuo voto anche a chi non lo merita, poi cosa fai, vieni a lamentarti che "comunque non funziona"?
Ecco perchè dico che è soltanto colpa nostra.
Massimo Mazzucco
E' necessario essere iscritti e loggati per postare commenti.