di Giorgio Mattiuzzo
I fatti sono molto semplici. C'è un Paese che, dalla fine della seconda guerra mondiale in poi, ospita decine e decine di basi militari, adibite ai più svariati usi, di una Nazione straniera. Ci sono degli accordi secondo cui i militari del Paese straniero agiscono al di fuori della legalità, rimangono impuniti per ogni reato, anche il più grave, e occupano enormi porzioni di territorio, sfruttando le risorse dei luoghi dove si insediano.
E' successo un altro fatto molto semplice: il governo straniero ha deciso di allargare una delle tante guarnigioni che mantiene in terra straniera.
Ed è accaduta la terza cosa, ancora più semplice delle prime due: i cittadini che vivono intorno a quella guarnigione si sono stancati ... ... e hanno deciso di alzare la testa, una volta per tutte. Hanno deciso che non era più il tempo di tacere e mugugnare e di lasciare che fosse sempre qualcun altro a risolvere i problemi.
E dopo questi fatti molto semplici, è accaduto un fatto molto bello: che i cittadini delle altre città si sono uniti a loro.
Quel Paese è l'Italia, quella guarnigione è Vicenza e la storia parla di decine e decine di migliaia di persone radunatesi spontaneamente per opporsi allo stupro, morale e reale, del proprio territorio e della propria dignità.
Il Governo italiano ha agito come da copione e con una strategia di largo respiro ha iniziato a fomentare le paure dei cittadini “scoprendo” come per miracolo la pericolosità degli stadi. Subito dopo, con tempismo magistrale, ha sgominato una fantasmatica cellula di terroristi (naturalmente veneti) ed infine ha tentato di far passare tutti quei cittadini per terroristi, violenti e sanguinari. E dopo il terrore, sono cominciate le minacce sottili, ma nemmeno poi tanto, di usare la forza per prevenire le violenze.
Solo che il gioco non è riuscito. Non era riuscito in Val di Susa con il movimento contro la Tav e non è riuscito oggi, con i comitati contro la nuova base. Un enorme festoso colorato pacifico corteo si snodato per la città, senza un danno, senza un lacrimogeno, senza una pietra.
Per chi c'era, l'atmosfera di serenità che si respirava è stata la vera grande vincitrice di questa giornata. Donne, bambini, anziani, tutti insieme con un unico fine: gridare il proprio sdegno.
Niente partiti, niente bandiere di “campanile”. Solo persone.
Cosa si è ottenuto da questa manifestazione? Difficile dirlo. Probabilmente non sarà l'evento decisivo che bloccherà i lavori, tuttavia non si può rimanere indifferenti di fronte a quello che è stato questo 17 febbraio.
Da un lato “la gente”, persone normali, che non hanno mai partecipato ad una manifestazione in vita loro. Famiglie intere, nonni e frugoletti. Dall'altra, il Governo con il suo terrorismo psicologico (un po' raffazzonato, a dire il vero) e i giornalisti, i cani da compagnia del Governo. Mentre tutti, nei salotti televisivi e nelle redazioni, aspettavano con la bava alla bocca gli scontri e i feriti, le persone per bene che si erano radunate a Vicenza hanno semplicemente tirato dritto per la loro strada. La polizia si è tenuta lontana e così le dirette della televisione non avevano niente di cui parlare: perché nella buona tradizione di questo Paese, l'argomento del giorno non era la base americana e le servitù militari, ma i feriti provocati dai manifestanti violenti.
E così, in mancanza di violenza, abbiamo assistito allo spettacolo indecoroso di onorevoli e giornalisti che si davano corda l'un l'altro nel biasimare il lancio di un petardo, la scritta ACAB (all cops are bastard, tutti i poliziotti sono bastardi) sulle pareti della questura, e – il fatto più grave - due o tre striscioni, retti da una decina di persone, che chiedevano la libertà per le persone arrestate con l'accusa di essere dei terroristi.
Ora, per le prime due cose è meglio lasciar correre, mentre per la seconda, che sta facendo alzare i soliti cori di sdegno, è bene spendere due parole. Gli striscioni, secondo quanto riportato dalla stampa, proclamavano: "Libertà per i compagni", "Siamo comunisti non terroristi, il vero terrorismo è costruire basi di guerra", "Terroristi siete voi, libertà per i rivoluzionari". Quindi, questi slogan chiedono la liberazione di persone innocenti, dato che nessuno ha dimostrato ancora niente e dato che queste persone devono ancora vedere un giudice. Non hanno mai inneggiato alle Brigate Rosse, né vecchie né nuove, e rifiutano apertamente il terrorismo come pratica di lotta e anzi, rigirano l'accusa al mittente. Sarebbe il caso, quindi, che i signori politici la smettessero di affermare che il corteo ha inneggiato alle Br; e che i giornalisti la smettessero di cercare carogne da spolpare anche dove non ce ne sono. Per non parlare della serrata di negozi e bar: tutto era aperto, i bar hanno fatto il tutto esaurito e i negozi hanno continuato a lavorare normalmente.
Ma la grande svolta che Vicenza ha rappresentato, soprattutto negli occhi di chi era lì, è stata la vittoria sui tentativi di criminalizzazione e intimidazione da parte del Governo. Mai come oggi si è vista la netta e sostanziale separazione tra le persone e chi le dovrebbe rappresentare; da un lato il Governo, cui riesce bene una cosa sola: schierare poliziotti armati e criminalizzare la popolazione, in difesa degli interessi militari di una Nazione estera. Dall'altra i cittadini che, riunendosi spontaneamente e senza bisogno di capi e rappresentanti, manifestano pacificamente le proprie idee. I cittadini che non credono più ai giornali, che non temono più altri cittadini, ma che anzi, hanno sfidato la paura e sono accorsi ancor più numerosi.
In fondo la differenza sta tutta qui: le ragioni della violenza da una parte, la forza della ragione dall'altra.
Giorgio Mattiuzzo (Pausania)
(ha contribuito Marco Cedolin, che scriverà il suo resoconto personale al suo ritorno da Vicenza)