Premesso che tutti coloro che si stanno avviando verso Vicenza, pieni di entusiasmo e di paure insieme, hanno il mio pieno supporto, mi permetto di dubitare sull'utilità effettiva di una "manifestazione" come mezzo ideale per far conoscere, oggi, il proprio dissenso al governo e agli altri nostri connazionali.
Vi è stata infatti una tale manipolazione mediatica, negli scorsi giorni, sul significato di questa manifestazione, che si è ormai spostato in maniera irreversibile il problema da quello originale a una specie di toto-feriti nel quale finiranno per concentrarsi, in ogni caso, tutte le attenzioni di domani sera.
Se le cose saranno andate male, si parlerà per settimane del "chi è stato", ... ... se invece saranno andate bene - ipotesi sempre meno probabile, a questo punto - si leverebbe al massimo un inno collettivo alla "grande civiltà dei cittadini, che hanno saputo comportarsi in maniera adulta e responsabile", e la cosa finirebbe lì.
E la base americana?
"Beh, quella resta, che discorsi - ci si sentirebbe rispondere - tanto lo sappiamo che l'Italia è obbligata a fare sempre quello che vogliono gli Stati Uniti".
Ma allora cosa siamo venuti a fare, scusate? O c'era forse chi si illudeva che bastasse una manifestazione, "oceanica" finchè vuoi, a far alzare le tende ai militari USA, con tanto di scuse magari per aver "contrariato la nostra pubblica opinione"?
Le manifestazioni avevano un significato trenta o quarant'anni fa (chi scrive ha fatto in tempo a prendere le ultime manganellate del '68), quando il monopolio assoluto dell'informazione lasciava al cittadino l'unica scelta di scendere in strada e "urlare" il proprio malcontento.
Ma a loro volta i giornali prendevano con una certa serietà questo genere di protesta, amplificando comunque in qualche modo il messaggio della strada, e facendo così crescere nel resto della popolazione la consapevolezza di certi gravi problemi sociali. Non tutti leggevano Pasolini, dopotutto.
A conferma dell'efficacia di questo tipo di protesta, in un autunno particolarmente "caldo" gli operai riuscirono addirittura a mettere in crisi l'intera macchina produttiva nazionale, mentre le femministe (quelle vere, non quelle da salotto) a furia di macinare chilometri dietro ai loro striscioni, sotto la pioggia e sotto la neve, ci hanno regalato il divorzio, l'aborto, e le leggi contro la violenza sulle donne.
Ma col passare degli anni il sistema si è fatto scaltro, e quello che non riusciva ad eliminare alla radice ha pensato bene di controllarlo alla destinazione: in fondo, se "la gente non lo sa" - avrà pensato qualcuno - a cosa può essere servita una qualunque manifestazione? A ben poco, in effetti.
Ed ecco nascere la manipolazione pilotata dell'informazione: erano davvero centomila, quelli che hanno manifestato contro la legge tal dei tali, o erano solo poche centinaia di scalmanati? Si iniziava così a spostare il problema dal "che cosa" al "chi", o meglio ancora al "quanti", e spesso si riusciva in quel modo a ritorcere contro gli stessi manifestanti il loro intento iniziale: se c'era una manifestazione a cui partecipavano in pochi, i media concludevano rapidamente che quella era una causa persa, e non se na parlava più. Peccato che il "conteggio" dei presenti alla manifestazione lo avessero fatto loro stessi.
Poi venne Genova, e da quel giorno la partita fu chiusa per sempre. Vista dal punto di vista conservatore, l'operazione di Genova è stata un capolavoro degno di Messer Macchiavelli: in un colpo solo si è annullata una protesta che stava assumendo dimensioni mondiali, se ne è completamente distorto il messaggio di fondo, e si è criminalizzato il movimento per decine di anni a venire.
Ecco perchè oggi la questione sul banco - pilotata, casualmente, sempre dai giornali e TV - non è più "base americana sì" o "base americana no", ma è "ci saranno scontri?", "ci scapperà anche questa volta il morto?", ed ecco perchè, come dicevo all'nizio, nella migliore delle ipotesi ascolteremo un disgustoso plauso mediatico "alla civiltà dei cittadini che sono andati a manifestare."
Ma per che cosa ci sono andati, a quel punto, non interesserà più a nessuno.
(Se fosse possibile, paradossalmente, bisognerebbe a questo punto che a Vicenza non ci andasse più nessuno, per protesta contro i media che hanno così profondamente alterato il senso di quell'evento, prima ancora che accadesse).
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Esiste un'alternativa praticabile? Certo che esiste. Non è facile, ma c'è eccome.
Provate a immaginare la quantità immensa di energie che ciascun partecipante avrà gettato nel calderone della protesta, una volta rientrato a casa: esclusi quelli cha abitano in zona, avrà impegnato come minimo 24 ore del suo tempo prezioso, oltre al costo della trasferta, e alle energie fisiche e mentali che una qualunque manifestazione, anche la più pacifica, ti richiede di impegnare.
Prendete tutto questo, moltiplicatelo per il numero dei partecipanti, e pensate invece al risultato che si potrebbe ottenere agendo, singolarmente o a gruppetti, sul territorio locale. Se abiti ad Ancona, non c'è nessun bisogno di andare fino a Vicenza per far sapere al tuo vicino di casa quello che potresti spiegargli, molto più comodamente nel bar sotto casa tua.
Quante copie di un piccolo fascicolo informativo sulla presenza militare USA in Italia si potrebbero stampare, con i soldi di un biglietto ferroviario da Roma, da Torino o da Reggio Calabria a Vicenza, andata e ritorno? E quante persone si potrebbero raggiungere, per ciascun gruppetto di (non)manifestanti, che scegliesse invece di aggirarsi per 24 ore nelle strade cittadine, fermando le persone una ad una, e cercando di coinvolgerla direttamente nel problema?
E' difficile, lo so. Ed è mille volte più faticoso, perchè non devi più urlare, ma devi cominciare a ragionare.
Ma se non si riesce a convincere una persona parlandole direttamente, per alcuni minuti, e fornendola nel contempo di tutti i dati necessari, che il problema delle basi USA riguarda anche lei, come ci si può illudere che anche solo un millesimo di quel messaggio arrivi davvero a tutti quegli italiani che in TV sentiranno parlare più o meno distrattamente della manifestazione di Vicenza - comunque sia andata a finire - in attesa fremente che inizi la Domenica Sportiva?
Massimo Mazzucco
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