Ho voluto contarle, una per una. Sono andato in archivio, e ho scoperto che sono state ben nove le "grosse discussioni" di quest'anno incentrate sull'argomento religioso. E di tutte queste, ben nove sono finite male. Per finire male, ovviamente, non intendo che ci siano stati morti e feriti, ma semplicemente che non si sia riusciti a fare un solo passo in avanti, rispetto ai relativi punti di partenza.
Non ho ancora visto una sola persona, su questo sito, mutare di un millimetro la propria posizione sull'argomento. Chi è cristiano alla "in sanguine meo", lo rimane fino all'ultima goccia del suo martirio. Chi è mangiapreti per abitudine, non si ciba d'altro a pranzo, cena o colazione. E chi cerca timidamente di suggerire che chiesa e religione, cristianesimo e Cristo, fede e spiritualità, non siano necessariamente la stessa cosa, viene regolarmente travolto e calpestato dalle mandrie imbufalite dei contendenti. E anche all'interno dello stesso discorso ecclesiastico, ben pochi riescono a distinguere fra un papa inghirlandato come una divinità pagana e un missionario della Teologia della Liberazione.
Intendiamoci, le cose vanno molto meglio di una volta, nel senso che almeno oggi non volano più insulti ed etichette a un tot al chilo. Ma la rigidità di pensiero rimane quella, e il fondamentalismo ... ... continua ad imperare in alto come in basso.
Sembra quasi che il nostro imprinting di tipo religioso avvenga, in gioventù, ancora prima - e quindi più profondamente - di quello di tipo politico. Ogni tanto ci capita di sentir dire "una volta ero di destra", oppure "ultimamente la sinistra mi fa schifo", ma sulla questione religiosa ciò non avviene mai.
E non sto parlando di cambiare radicalmente la propria posizione, e da ateo diventare magari credente, o da strenuo difensore del papato diventare insaziabile mangiapreti. Sto parlando solo di concedere. Sto parlando di cercare di allargare la propria visione, qualunque essa sia, e di accorgersi, prima di tutto, della dimensione enorme del problema che cerchiamo di affrontare: esattamente come il nostro imprinting religioso avviene prima, in famiglia, così quello dell'umanità è di millenni più antico di quello politico. L'uomo ha cominciato a domandarsi "chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo" molto prima di iniziare a discutere se sia meglio il fascismo, il comunismo, la democrazia, la dittatura o l'autarchia.
Ma se luogocomune è (anche) un microcosmo della nostra società, nello stesso modo in cui abbiamo saputo allargare la nostra visione fino ad accettare qualunque parte politica come legittimo interlocutore, così dovremmo prima o poi poter aprire le porte, all'interno del discorso religioso, a possibilità che fino ad oggi non avevamo mai preso in considerazione.
Faccio un piccolo esempio personale, poichè io stesso rimasi folgorato, non molto tempo fa, nel fare questa scoperta. L'argomento è "miracoli sì, miracoli no", dove il credente accetta con tutta tranquillità quello che il materialista vede come ridicola superstizione.
"Come si fa - dice quest'ultimo - a credere che uno possa camminare sull'acqua, tramutare l'acqua in vino, oppure che una vergine possa dare alla luce un figlio?"
La questione infatti sembrerebbe senza soluzione: o ci credi e basta, oppure ti fai una grassa risata (io naturalmente ero fra costoro). Se però guardiamo alla piccola comunità degli Esseni, una casta sacerdotale che si allontanò da Gerusalemme per andare ad installarsi nel deserto di Qumran, scopriamo dai loro libri sacri (i "Rotoli del Mar Morto") che un certo loro Maestro - del quale non indicano volutamente il nome - camminava sull'acqua, tramutava l'acqua in vino, ed era nato proprio da una vergine. Ma scopriamo anche che in quella comunità il battesimo veniva celebrato in un piccolo laghetto, dove al sacerdote era permesso restare coi piedi all'asciutto, grazie ad un pontile costruito a pelo d'acqua. Vedendolo da lontano, pareva che camminasse sull'acqua. Nella comunità essena quindi, dire di qualcuno che "cammina sull'acqua", equivaleva semplicemente a dire che appartiene alla casta sacerdotale.
La stessa comunità aveva come abitudine di riservare il vino ai soli sacerdoti, mentre il popolo doveva accontentarsi di bere acqua. Ma venne un giorno il Maestro di cui sopra, il quale "tramutò l'acqua in vino", ovvero volle che la conoscenza spirituale, finora riservata alla casta sacerdotale, venisse allargata all'intera comunità.
In ultimo, le giovani donne promesse in matrimonio dovevano prima attraversare un periodo di astinenza sessuale, durante il quale venivano definite "vergini". Essere quindi "nato da vergine", in Qumran, significava semplicemente che la propria madre aveva consumato il matrimonio prima del tempo. Tutto qui.
Di colpo emerge una possibile lettura di tipo storico, in chiave metaforica, che rende assolutamente ridicoli sia il credente che accettava a scatola chiusa la palese violazione delle più fondamentali leggi della fisica, sia l'ateo che dall'alto della sua "scienza" derideva apertamente il primo proprio per quello.
"Ride bene chi ride l'ultimo", dice giustamente un noto adagio popolare, ed io, dopo quella fregatura, mi sono ritrovato sempre più spesso a tenerlo presente, ogni volta che mi avventuro in un territorio delicato e complesso come quello religioso.
Massimo Mazzucco
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