Negli ultimi tempi, all'interno del 9/11 Truth Movement, si è venuta a creare una "corrente di pensiero" che accetta la versione ufficiale del governo americano riguardo al Pentagono, e preferisce limitare la propria critica al solo crollo delle Torri Gemelle.
La maggior parte di costoro sostiene che il sospetto che sul Pentagono non si sia abbattuto il famoso volo AA77 della American Airlines, sia stato alimentato di proposito dei nemici dei complottisti, per poterli poi screditare, tirando magari fuori dal cilindro all'ultimo momento delle immagini inequivocabili del Boeing che si avvicina all'edificio. (Non esistono infatti, fino ad oggi, immagini che mostrino con chiarezza l'aereo che ha colpito il Pentagono).
Sul versante opposto, c'è chi naturalmente sostiene che costoro siano solo dei debunkers "infiltrati", che cercano di smontare ... ... un fondamentale pezzo a disposizione dell'accusa, paventando appunto questa ipotetica "svergognatura" davanti al mondo.
Personalmente, mi è successo proprio in questi giorni di rimontare daccapo l'intero segmento sul Pentagono del nostro filmato sull'11 settembre (il famoso "DVD" che non arriva mai). L'ho fatto per poter inserire le preziose testimonianze dei due comandanti dell'Alitalia che hanno partecipato, un paio di settimane fa, alla trasmissione dello speciale TG1, dedicata proprio alla presunta mancanza del Boeing nel Pentagono.
Mi sono così anche ritrovato a dover riconsiderare tutte le argomentazioni a favore dell'accusa, per poterle riorganizzare nella maniera più efficace possibile, scartando le più deboli e concentrando gli sforzi solo sulle più solide e convincenti. Quella che segue è una lista riassuntiva di queste ultime.
Innanzitutto, l'impianto di accusa andrebbe tenuto diviso in due parti ben distinte. La prima riguarda l'intero tragitto del Boeing, dal momento del dirottamento al momento dell'impatto con la facciata del Pentagono. La seconda riguarda invece la mancanza dei rottami dello stesso Boeing, dopo l'impatto.
PRIMA DELL'IMPATTO
In una recente intervista alla radio, l'ex-pilota e ingegnere civile Nela Sagadevan ha raccontato di avere incontrato personalmente l'istruttore di volo di Hani Hanjour, il quale gli avrebbe confermato l'assoluta incapacità del suo studente di portare anche solo per pochi metri un piccolo aereo monomotore.
"Era completamemte negato" ha detto l'istruttore. "Non sapeva nemmeno come funziona il motore di una automobile. Non ci siamo mai fidati a lasciargli fare da solo nemmeno il percorso più semplice, che consiste in un decollo, 4 dolci virate a sinistra, e un atterraggio sulla pista di partenza, qui attorno all'aeroporto". Questa testimonianza non fa che confermare quanto dichiarato dallo stesso istruttore in un'intervista al New York Times, pubblicata il 4 Maggio del 2002.
(
QUI l'estratto audio dell'intervista di Sagadevan).
Nè risulta che Hanjour abbia mai avuto avuto accesso ad un simulatore di volo di un 757, cosa che gli sarebbe risultata comunque inutile senza un istruttore professionista al suo fianco.
Ma il vero problema, sostiene Sagadevan, si verifica nel momento in cui chiudi tutti i contatti con i controllori di volo (cosa che Hanjour avrebbe fatto al momento del dirottamento), e ti ritrovi completamente solo, a 8 mila metri di altezza, su una macchina che viaggia a 900 chilometri all'ora, senza più un solo punto di riferimento. Servirebbe a poco, a quel punto, utilizzare un sistema geo-satellitare, perché una cosa è sapere dove ti trovi, ben altra è impostare nella strumentazione di volo i dati corretti affinché l'aereo ti porti dal punto A in cui ti trovi al punto B che vuoi raggiungere.
La vera guida di un aereo commerciale avviene infatti quasi tutta attraverso gli strumenti di bordo, mentre cloche e pedaliera - il cosiddetto volo manuale - sono usati solo nelle fasi di decollo e di atterraggio. Ma in ogni altro momento è la complessa strumentazione di bordo a portare il pilota da un capo all'altro del suo tragitto.
Non si capisce quindi dove, come, e quando Hanjour avrebbe mai avuto la possibilità di dedicare le lunghe ore che sono necessarie a familiarizzarsi e ad apprendere la guida strumentale di un aereo di quelle dimensioni. Se bastasse un'occhiata furtiva ad un qualunque "manuale di volo", oppure qualche ora passata a giocare con un simulatore in Internet, di certo la professione del pilota civile sarebbe retribuita quanto quella di un tramviere dell'azienda comunale.
Ma al di là della strumentazione di bordo, una volta giunto in prossimità del Pentagono subentra per Hanjour il problema denunciato inizialmente dai suoi istruttori: la sua totale incapacità riguardo al volo manuale.
A quel punto una qualsiasi manovra di approccio, semplice e lineare, con un aereo che non si è mai guidato prima, si sarebbe trasformata per Hanjour in un'inevitable tragedia. Ma nel caso del volo AA77 sappiamo che l'aereo, una volta in vista del Pentagono, è sceso di circa duemila metri in pochi secondi, facendo nel contempo uno spettacolare avvitamento su se stesso di 270°.
Una manovra impensabile per un aereo di quel tipo, i cui comandi sono tarati proprio per impedire che una distrazione del pilota imponga alla macchina delle sollecitazioni che metterebbero a rischio la struttura stessa del velivolo.
Ed infatti i controllori di volo, che hanno visto ricomparire sui loro schermi l'aereo poco prima dello schianto, hanno dichiarato: "La velocità, la manovrabilità, il modo in cui ha virato, tutto ci ha fatto pensare ad un caccia militare. E siamo tutti controllori con una certa esperienza".
In ogni caso, c'è un terzo problema che si presenta per Hanjour, al termine di questa spettacolare acrobazia: come noto infatti, l'aereo ha compiuto gli ultimi 500 metri di tragitto volando praticamente rasoterra, e decapitando lungo il percorso svariati pali della luce a livello autostradale.
Ma portare un aereo da 100 tonnellate, lanciato a circa 800 km. all'ora, a pochi metri da terra, pare che non sia proprio cosa da tutti i giorni. Lo hanno confermato gli stessi piloti dell' Alitalia presenti alla trasmissione del TG1 (clicca sull'immagine per sentire la dichiarazione di ciascuno):
Abbiamo quindi tre elementi decisamente ingombranti a sfavore della tesi ufficiale:
1) L'assoluta inesperienza con il volo strumentale, che avrebbe reso praticamente impossibile per Hanjour ritrovare il Pentagono, partendo da un punto qualunque del West-Virginia.
2) La manovra di avvitamento, decisamente al di là sia delle possibilità del pilota che di quelle della macchina stessa.
3) L'estrema difficoltà, anche per un pilota con migliaia di ore di volo sulle spalle, nel portare un 757 in volo radente per più di qualche metro, senza toccare il terreno con un motore o con la punta di un ala.
Ancora la parete del Pentagono non è stata sfiorata, e già le probabilità che la versione ufficiale sia vera sono affidate più che altro alla volontà che può avere ciascuno di continuare a crederci. Da un punto di vista statistico, infatti, bisogna riconoscere che le tre "alte improbabilità" sopra citate, moltiplicandosi per se stesse, dovrebbero dare un risultato di possibilità ben poco lontano dallo zero assoluto.
DOPO L'IMPATTO
Esistono alcune fotografie, scattate subito dopo l'impatto, che mostrano la facciata del Pentagono prima del crollo, avvenuto circa mezz'ora dopo.
La maggioranza di queste foto è di fonte militare, e nessuno - nemmeno il debunker più accanito - si è mai sognato di metterne in dubbio l'autenticità. Queste foto mostrano chiaramente un singolo foro di entrata, all'altezza di circa 5 metri da terra, del diametro di circa 3-4 metri. Su tutto il resto della facciata invece le colonne portanti hanno resistito, buona parte delle finestre sono rimaste in piedi, e molte di queste portano addirittura il vetro ancora intatto.
Non si riesce quindi a suggerire nessun modo valido in cui l'aereo abbia potuto disintegrarsi contro quella facciata, senza lasciare a sua volta gli evidenti segni delle ali, degli impennaggi di coda, o dei motori stessi.
Paradossalmente, si sarebbe potuto restare tranquillamente in piedi, dietro ad una di quelle finestre, e vedersi arrivare addosso cento tonnellate di acciaio, lanciate a 800 km all'ora, senza riportare nemmeno una scalfittura.
Ma il vero problema, per chi vuole sostenere la tesi del 757, è rappresentato da un foro di uscita, all'interno del terzo anello dell'edificio, di dimensioni del tutto simili a quello di entrata.
Questo infatti sega alla radice qualunque discussione sulla effettiva solidità delle varie parti dell'aereo, rispetto a quella delle pareti del Pentagono: qualunque combinazione si scelga, dalle "pareti più dure del mondo", all' "aereo più fragile che sia mai esistito", o viceversa, bisogna poter suggerire quale parte dell'aereo abbia compiuto quel percorso, fino al terzo anello, tranciando nel frattempo un centinaio di colonne di cemento armato, mentre tutto il resto del velivolo sarebbe praticamemte scomparso nel nulla.
Se le coppie di fori entrata/uscita fossero almeno due, si potrebbe sempre suggerire che siano stati i due motori - le parti notoriamente più resistenti di qualunque aereo - a fare quel percorso, mentre si potrebbe a quel punto sostenere che il resto sia stato polverizzato dall'impatto ad alta velocità. (Resterebbero sempre da spiegare almeno i vetri delle finestre intatti, ma qualcuno disposto a provarci, a quel punto, salterebbe di sicuro fuori). Ma con un foro solo, e con il resto della facciata praticamente intatto, il rebus rimane ben difficile da risolvere per chiunque.
In altre parole, il paradosso del Pentagono è questo: da una parte c'è "qualcosa" di così resistente da aver perforato tre anelli dell'edificio, ovvero sei pareti, abbattendo nel frattempo circa cento colonne di cemento armato, e dall'altra c'è un resto dell'aereo così "fragile" da essere praticamente scomparso nel nulla. Ma è possibile che fra le due cose non ci sia niente di "intermedio", che abbia subito magari una distruzione più o meno parziale, come accade in ogni altro incidente aereo mai conosciuto al mondo?
O tutto, o niente?
A tutto questo vada aggiunto il fatto, decisamente clamoroso, che i resti di tutti i passeggeri (esclusi, curiosamente, proprio i 5 terroristi), sarebbero stati recuperati e IDENTIFICATI tramite il confronto del DNA. Questo significa che la stessa temperatura che avrebbe fatto "evaporare" le quasi cento tonnellate del Boeing, avrebbe risparmiato invece i resti dei passeggeri, almeno al punto da rendere possibile il rilevamento del DNA di ciascuno.
Per essere onesti, ammettiamo pure che sia stato possibile recuperare QUALCHE resto umano, e che di questi almeno una parte fosse in condizioni ancora accettabili per la rilevazione del DNA. Ma che assolutamente TUTTI i resti di TUTTI i passeggeri regolarmente imbarcati quel giorno all'aeroporto di Dulles siano stati riconosciuti, con nome e cognome, sembra davvero un pò troppo per chiunque.
Anchè perchè le autorità americane avrebbero portato a termine un lavoro così complesso e delicato - che implicava prima di tutto il reperimento di un qualche oggetto personale per ciascuna delle vittime (spazzolino da denti, pettine, eccetera) da parte dei familiari, e poi una serie estenuante di confronti alla cieca, fino a ritrovare una eventuale corrispondenza - nell'arco di meno di due mesi dalla tragedia stessa. Quando lo stesso lavoro, compiuto a New York per le vittime dei crolli delle Torri, con uno staff di dieci volte superiore, è durato più di due anni, e lascia a tutt'oggi circa cinquecento resti a cui non è stato possibile restituire il nome.
Quelle citate finora sono solo le incongruenze più vistose della faccenda Pentagono, ma volendo la lista sarebbe lunga almeno il doppio (inspiegabile mancanza di una qualunque immagine video dell'aereo in avvicinamento, in quello che si può tranquillamente definire lo spazio aereo più protetto e più sorvegliato del mondo. Contraddizioni di Cheney da parte del suo Ministro dei Trasporti Mineta, sul fatto che alla Casa Bianca avessero perso ogni traccia dell'aereo in questione, riferimenti a strani ordini dati da Cheney proprio riguardo all'aereo in avvicinamento (ne parlerà il nostro DVD), rimozione illecita dei rottami prima di una qualunque definizione della loro collocazione, trattandosi di "luogo del delitto", ecc. ecc. ecc..
Ma se anche in giorno, paradossalmente, si dovesse scoprire che fu davvero un Boeing a colpire il Pentagono, non si vede perchè dovrebbe crollare l'intero impianto di accusa di chi sostiene la tesi no-plane. A me pare sinceramente di averla argomentata in maniera abbastanza valida, da legittimarla in ogni caso. In altre parole, di fronte ai fatti sopra elencati, non si vede perchè non si dovrebbe avere tutto il diritto di sospettare che la versione ufficiale non risponda a verità.
Se poi così non fosse, meglio ancora: vuol dire che ci sarà una cosa in meno da spiegare di questa intricata e ben poco limpida faccenda.
Massimo Mazzucco
SEZIONE 11 Settembre:
Dov'è finito l'aereo? La pagina iniziale sulla questione Pentagono
Il grande errore di Hani Hanjour Impossibilità tecnica e assurdità logica di una manovra impossibile
Operazione "Aquila Nobile" L'aereo è scomparso, ma i passeggeri ci sono tutti.
Il segreto del Pentagono Il foro di uscita che complica tutta la vicenda.