MORIRA’ IN PRIGIONE L’UOMO CHE AIUTAVA A MORIRE
Jack Kevorkian oggi se lo ricordano in pochi. Una decina di anni fa salì alla ribalta delle cronache, come controverso promotore di una nuova tecnica, da lui messa a punto, detta dei “suicidi assistiti”. Al malato terminale, che voleva porre fine alla propria vita, lui procurava un marchingegno che il malato stesso poteva azionare, quando volesse, per immettere nel proprio corpo una dose chimica letale. Era insomma l’equivalente di lasciare una pistola carica sul comodino, a chi fosse in grado di tirare il grilletto.
Questo aveva ovviamente scatenato polemiche infinite, da parte soprattutto della destra cristiano-fondamentalista americana, che non accettava in nessun modo che qualcuno potesse fare della propria vita ciò che meglio crede. E su Kevorkian l’avevano avuta vinta.
Dopo aver procurato più di 130 suicidi assistiti, il dottore infatti aveva commesso un grosso errore, quando si era illuso, nel 1998, di poter propagandare a livello nazionale la propria idea: in un documentario girato dalla CBS, si era fatto riprendere mentre... ..consegnava al paziente, una persona affetta dal morbo di Gherig, la macchinetta con tanto di cloruro di potassio pronta per l’iniezione letale. Tanto era bastato per inventarsi una condanna per omicidio di secondo grado, e da quel giorno di Kevorkian non sentì parlare più nessuno.
“Sarei condannato a morire in prigione – ha detto in una recente intervista Kevorkian, che oggi ha 75 anni - anche se avessi vent’anni di meno. Fuori darei troppo fastidio, anche se non tornassi più a procurare i suicidi assistiti, come ho promesso di fare se mi lasciassero uscire”.
“Nessuno ha protestato per quel palese sopruso giudiziario – ha detto ancora l’ex-dottore – e anche chi mi sostiene ha troppa paura di essere perseguitato.” E poi: “Questo è un popolo di pecore, una mandria compatta di esseri non-pensanti che lavora, dorme e mangia, e che chiede soltanto di poter vedere in santa pace la partita la domenìca in TV. Dei diritti, della morale, dei principi e dei valori non interessa niente a nessuno. Sono come i Romani dell’alto impero: felici e soddisfatti con il loro cibo e i loro sport da spettatori”.
“Comunque – ha concluso con una nota di orgoglio – se dovessi tornare indietro, rifarei tutto daccapo. Almeno il mio messaggio l’ho lanciato, e quello dalla nostra storia non lo leva più nessuno.”
Viene da fare un’ultima riflessione, a proposito del fondamentalismo cristiano e delle posizioni che sostiene: gli stessi che hanno voluto Kevorkian in prigione, usano la stessa identica motivazione per combattere l’aborto, ovvero che la vita è “dono divino”, e noi non abbiamo nessun diritto di disporne. Peccato che costoro siano anche, curiosamente, quelli che si oppongono più ferocemente all’abolizione della pena di morte.