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IL RWANDA RICORDA I MASSACRI. ABOLENDO UFFICIALMENTE LE ETNIE.
di Massimo Mazzucco
Dieci anni fa, nel giro di poche settimane, venivano trucidati 800.000 fra Tutsi e Hutu “moderati” – da parte degli Hutu più estremisti - sotto gli occhi di un mondo che stava annoiato a guardare. Il Rwanda infatti non ha mai avuto un’importanza strategica, e non ha nè petrolio nè altre particolari ricchezze da offrire, in cambio della “protezione” di una qualche potenza mondiale. Così profondamente è stato lacerato il tessuto sociale del tempo, che oggi il Rwanda è il paese al mondo con la più alta percentuale di minorenni come capo-famiglia: un nucleo famigliare su cinque ha alla propria guida un dieci-dodicenne al massimo.
La vergogna di questa tragedia è poi macchiata all’inverosimile dal fatto che ai massacri abbiano contribuito, in maniera sostanziale, preti e suore della chiesa cattolica. Se questi non riescono a farsi conoscere per albergare pedofili in quantità industriali, ... ... lo fanno per chiudere in una trappola mortale chi ha cercato salvezza terrena nella loro casa divina.
E infatti oggi, guarda caso, una notevole parte della popolazione è passata all’Islam, mentre i preti rimasti fanno una fatica mostruosa a riempire anche solo le prime tre file delle loro chiese ormai deserte.
Ma un’altro effetto, forse ancora più significativo, del segno lasciato da quell’esperienza, è che oggi il governo del Rwanda ha ufficialmente abolito le etnie come categoria sociale. Il presidente non è un Hutu, è un Ruwandese. Il primo ministro non è un Tutsi, è un Ruwandese. E pare proprio che la cosa funzioni. Dicono i locali che all’inizio si guardavano tutti con sospetto, ma che pian piano non ci si fa più caso, e scopri magari alla fine della serata di aver riso a crepapelle con un nuovo amico che appartiene in realtà all’etnia opposta alla tua.
Questo dovrebbe essere, se non una lezione, almeno un suggerimento per tutti coloro che insistono, in occidente, a rimarcare le differenze delle minoranze per rivendicare i loro (peraltro legittimi) diritti sociali: nel farlo infatti, ottengono magari dei risultati tangibili, a breve scadenza, ma nel frattempo non fanno che rimarcare quella differenza che è proprio all’origine della loro emarginazione.
Questo vale non solo per le minoranze etniche, secondo me, ma anche e soprattutto per quelle “sociali” come i gay o le stesse donne, quando si pongono come categoria loro stesse. (Ripeto, ce l’hanno assolutamente, i diritti che rivendicano, ma in quanto esseri umani, e non limitatamente al fatto di essere gay o donna).
E’ un discorso difficile e complesso, ovviamente, e il Rwanda sta certo dimostrando che con coraggio e volontà dei risultati validi si possono anche ottenere.
Ma che volete, quella è solo gentucola ignorante ed inutile al progresso, che cosa potranno mai avere da insegnare, a noi signori e padroni del mondo?
Massimo Mazzucco