LETTERA AI RAPITORI DEGLI OSTAGGI
Questa lettera è stata spedita al Corriere della Sera e a Repubblica. Nessuno dei due ha ritenuto di pubblicarla.
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di Massimo Mazzucco
26.4.04 - Mi rivolgo ai rapitori degli ostaggi italiani come il cittadino qualunque che sono, nella speranza proprio di rappresentare il pensiero, se non di tutti, almeno di buona parte dei miei connazionali. Perchè tutti i difetti si potranno riconoscere a noi italliani, ma non certo la mancanza ultima di buon senso.
Già il ricatto in sè, specialmente se imperniato sulla vita stessa degli individui, è una delle azioni più deplorevoli che si possano immaginare, ma voi avete voluto mettere in scacco un intero popolo, il nostro, ponendogli un’alternativa chiaramente inaccettabile, oltre che impraticabile. Mentre voi stessi vi trovate in una situazione poco agevole, poichè, come immagino, sarete convinti che dall’esito di questo braccio di ferro possa dipendere buona parte del futuro della vostra nazione. Ovvero, avete creato una situazione nella quale, se “sbagliamo” noi (nei vostri termini), ci rimettiamo quello che voi riterrete sia il nostro prezzo da pagare, ma se “sbagliate” voi, nel senso che non otterrete nulla di utile alla vostra causa, ci rimette tutta quella fetta di futuro nazionale che appunto contavate di poter determinare.
E visto che la partita, al punto in cui siamo, ben difficilmente porterà vantaggi ad alcuno.... , suggerisco di cambiarne almeno i termini, per quanto all’interno di una logica che rimane del tutto inaccettabile.
Chiedeteci non più una “manifestazione nazionale” contro la guerra (noi, che bene o male siamo una democrazia, quella l’abbiamo già fatta: ed il numero dei partecipanti, per quanto significativo, non è stato sufficiente a far cambiare idea a chi abbiamo liberamente eletto a governarci), ma piuttosto un gesto di verità, di trasparenza, di fronte all’intera nazione: chiedete ai nostri governanti di spiegare, davanti a tutti, in cosa consista esattamente quella che loro hanno definito sin dall’inizio “missione di pace in Iraq.” Che cosa abbiamo fatto, nello specifico, noi italiani in Iraq, per contribuire a questa pace che stenta tanto ad arrivare? E che cosa potevamo fare, che non abbiamo fatto? E che cosa abbiamo fatto, nel caso, che invece con la pace non c’entra proprio niente?
Ecco, di fronte a questa lista dettagliata di azioni o non-azioni, in vece delle solite parole vuote, il popolo italiano saprà almeno se si ritrova in questa situazione a ragione o a torto, e saprà certo agire di conseguenza. Se riterrà che i suoi governanti abbiano sbagliato, potete stare tranquilli che sapremo benissimo cosa fare; se riterrà invece che abbiano agito nel giusto, si unirà più compatto di prima – ne sono certo - a difenderne le scelte, costi quel che costi.
Anche questa è democrazia.
Massimo Mazzucco
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