Nonostante i tempi siano profondamente diversi, è impossibile non notare certi paralleli fra la situazione che sta vivendo oggi l’America con Barak Obama, e quella che stava vivendo l’America nel 1968 con Robert Kennedy.
In ambedue i casi il paese era logorato da una guerra tanto costosa quanto ingiustificata, che durava ormai da troppi anni, e costava troppe vite ai soldati americani per essere combattuta. Quella del Vietnam, voluta dai falchi repubblicani con l’aperta complicità del democratico Johnson, e quella di Afghanistan e Iraq, voluta dai neocons con la silente complicità dei democratici come Hillary Clinton, John Kerry o Joe Liberman.
Partito svantaggiato, Robert Kennedy si conquistò la nomination del partito grazie alla sua posizione chiaramente favorevole al ritiro immediato delle truppe, ... ... che prevalse rispetto a quella molto più ambigua del favorito e concorrente Hubert Humphrey. Partito svantaggiato, Barak Obama si è conquistato la nomination del partito grazie alla sua posizione chiaramente favorevole al ritiro immediato delle truppe, che ha prevalso rispetto a quella molto più ambigua della favorita e concorrente Clinton.
Sia Kennedy che Obama portarono il loro discorso politico direttamente alle masse dei poveri, delle minoranze segregate e dei dimenticati di tutta America, con una piattaforma decisamente più
liberal – ovvero più “eccitante” per la base democratica, durante le primarie, ma più rischiosa alle presidenziali vere e proprie – del loro concorrente più moderato.
Non a caso, l’ ”endorsement” più significativo ricevuto da Obama durante le primarie è venuto proprio da Ted Kennedy, fratello minore del senatore ucciso a Los Angeles, e portabandiera incrollabile della tradizione liberal a Washington.
Naturalmente, tutti sperano che i paralleli finiscano qui, e che Obama arrivi vivo e vegeto alle presidenziali di novembre, come invece non riuscì a fare Robert Kennedy.
Ma è proprio qui che iniziano le differenze fra i due: molto più cauto e diplomatico, Obama potrà certamente fare qualcosa di buono – se eletto alla Casa Bianca - per riequilibrare la disastrosa situazione interna americana, ma non lo vedrete certo mettersi a combattere lancia in resta contro la mafia o le multinazionali dell’acciaio, come fece invece Robert Kennedy.
Ma quelli, come dicevamo, erano altri tempi: erano tempi di idealismo, di ideologie e di ridefinizione dei valori. Oggi è forse finalmente giunto il momento di mettere in pratica,
cum grano salis, gli ideali seminati con grande coraggio e devozione dal senatore ucciso a Los Angeles quaranta anni fa.
Massimo Mazzucco
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