In una discussione su osceno e censura, un utente ha postato un interessante link ad una "collezione", proposta dal Corriere della Sera, di immagini pubblicitarie del passato, intitolata "40 anni di pubblicità shock". Anzi, "choc". (Forse perchè la "k" non fa parte del nostro alfabeto, ed è quindi troppo trasgressiva?)

Vediamo le immagini una per una, nell'ordine in cui sono state proposte. Questa è la prima, che regge anche il titolo della collezione:



E' una famosa foto della altrettanto famosa campagna Benetton degli anni '80.



A meglio guardare però, il prete non è un normale "prete", ma un bellissmo ragazzo (non lo si vede in faccia, ma si capisce chiaramente che ha più le fattezze di un fotomodello che non quelle del nostro parroco di campagna), mentre lei è addirittura una specie di Ingrid Bergman, perfetta nella sua apparente assenza di trucco, che ci appare "costretta" in quegli abiti dal fatto stesso che le suore siano quasi sembre bruttine e poco attraenti.

Viene quindi da domandarsi: questo bacio è "trasgressivo" perchè, come tutti sappiamo, "i preti e le suore non si baciano", o perchè QUESTO PRETE E QUESTA SUORA non possono fare a meno di farlo, da tanto belli sono l'uno agli occhi dell'altra?

In altre parole, chi ha realizzato l'immagine non ha voluto - o saputo - andare fino in fondo, mostrandoci un vero parroco e una vera suora baciarsi, ma li ha talmente idealizzati dal punto di vista estetico che suggerisce - stiamo sempre parlando a livello subliminale, sia chiaro -che il bacio avvenga secondo le regole dell'attuale società: i belli sono fatti per stare insieme.

Il vero "scandalo" di questa foto non starebbe quindi nel "violare" i correnti canoni sociali (nei quali "preti e suore non si baciano"), ma nel confermare subliminalmente i canoni correnti di "bellezza", puramente estetica e superficiale, che contraddistinguono proprio i tempi più recenti.

Questa pubblicità quindi, apparentemente trasgressiva, è in realtà una esaltazione e una conferma, assolutamente conservatrice, dei parametri vigenti del sistema stesso che finge di contestare.

Come diceva Moravia, "il ruolo sociale dell'artista è quello di essere antisociale".




Bio mio, che povertà! In questa pubblicità infatti l'unica "trasgressione" che si riesce a intravvedere sta nell'approfittare nella consonanza fra le parole Dio e Bio, replicandola poi all'infinito "per maggiore effetto". Ma una banalità ripetuta all'infinito non diventerà mai un concetto intelligente. La quantità non è mai stata la qualità.





Qui sinceramente la "trasgressione" non si riesce nemmeno a individuare. A meno che non si consideri "trasgressivo" l'essere onesti, e mettere davvero, in un prodotto a base di erbe, "molte erbe e poco alcool".





Questa pubblicità gioca sul doppio significato del termine "leggerezza", confrontandone quello metaforico delle notizie "pesanti" (che sicuramemte circolavano in quel periodo - come in ogni altro d'altronde), con la effettiva "leggerezza" che si vorrebbe attribuire al vino pubblicizzato.

Sai che scandalo.





Questa è l'unica vera immagine di valore "storico" della collezione, e meriterebbe un discorso a parte, che va ben oltre le ambizioni di questo articolo. Fu la prima della nota serie Benetton (*), e lo "scandalo" che provocò indicò ai suoi realizzatori di aver trovato una nuova gallina dalle uova d'oro: il "finto blasfemo".

A ben guardare infatti, l'immagine propone una doppia "trasgressione": quella religiosa vera e propria, che sta, secondo il Cristianesimo, nell'utilizzo blasfemo del Verbo Divino, e la sua sovrapposizione ad un culo provocante, in quanto seminudo.

Per distinguere bene le due componenti trasgressive, basta domandarsi che effetto avrebbe fatto una simile immagine, nella quale però la modella vestisse dei normalissimi jeans lunghi fino alla caviglia.

Probabilmente nullo.

Il trucco sta quindi nell'aver sfruttato la doppia valenza trasgressiva, dando l'impressione di una unica "trasgressione inaccettabile", mentre è solo l'effetto moltiplicatore della seconda (il culo seminudo) a dare forza apparente alla prima (l'uso blasfemo del testo sacro).

Ancora una volta vediamo che il vero "valore" che emerge dal messaggio pubblicitario è quello puramente estetico e superficiale del "bel culetto", cioà nulla in realtà di così trasgressivo, ma casomai una conferma, del tutto conservatrice anch'essa, dei canoni estetici imperanti in quegli anni.

(*Nota curiosa: l'immagine pubblicitaria che vedete sopra fu anche il primo rullino fotografico mai caricato come assistente fotografo dal sottoscritto).




L'ambiguità di questo messaggio sta nel fatto che la scritta "io godo" è apposta dalla donna (che tiene in mano il rossetto), ma è destinata a restare attribuita all'uomo, una volta che lei si sarà allontanata.

Per il prossimo passante cioè sarà l'uomo a dichiarare ciò che invece noi sappiamo essere riferito alla donna. Ma lo sappiamo soltanto noi. E il fatto che l'immagine si trovi al centro di una ben poco ambigua "V" lascia pochi dubbi sulla vera "trasgressività" del messaggio: assolutamente nullo.

Di nuovo, la trasgressione è solo una conferma dei valori imperanti.




Qui davvero si fatica a capire la scelta del Corriere, il quale naturalmente non si è sbilanciato ad apporre un solo commento alle immagini, come se la trasgressione fosse evidente già da sola.

L'unica cosa che può venire in mente è che oggi siamo così abituati al concetto di "cibo sano", che potremmo aver dimenticato quanto fosse "trasgressivo" un messaggo del genere venti o trenta anni fa.

Ma in quel caso non si tratterebbe di una "trasgressione" - che per definizione è fine a se stessa - ma del preannuncio di un importante passo in avanti  (la presa di coscienza dell'importanza dell'alimentazione) che l'umanità ha compiuto negli ultimi decenni.

Progredire non è trasgredire.





Tra le palle, e "tra le palle". Tutto qui.

Che tristezza (sia la pubblicità, che la scelta del Corriere).




Tariffe così basse che si rischia di far ridere persino la Gioconda. Mamma mia, che brivido! Roba da restarci secchi.





Pacco, e "pacco". Di male in peggio. Almeno nella foto dell'Ikea le "palle" che si vedevano erano "le altre", quelle di plastica.

Questa pubblicità infatti avrebbe potuto assumere una qualche dignità trasgressiva se si fosse visto, ad esempio, un uomo che tiene un vero pacco da spedire proprio davanti ai pantaloni. Allora l'ambiguità avrebbe giocato un minimo di ruolo nel messaggio, ma così...





Birra = fallo = uomo + penetrare = donna oggetto. Una vera rivoluzione del messaggio.

Qui al massimo la trasgressione - ma sarebbe del tutto inconscia, in questo caso - sta nel fatto che la donna è "esotica", quindi = vacanze libertine a Cuba, quindi = peccato.

Un vero autogol moralista, insomma, in ciascun caso.





Morbido e "morbido", gustoso e "gustoso", verde bianco e rosso ovunque....  L' "Italia dei valori"?



Come abbiamo visto, una galleria della trasgressione davvero terrificante.

Peccato che non si possano denunciare certi giornali per falso ideologico.

Massimo Mazzucco