Come avevamo scritto già un mese fa, Hillary Clinton rischia di essere l’unico presidente americano che passerà alla storia per non esserlo mai diventato, e ormai solo un miracolo potrà evitare che questo avvenga.
Sono ormai otto anni che si parla dell’ ”America di Hillary”, sono otto anni che si attende la famosa ventata di nuovo, e ora che finalmente la ex-First Lady ha deciso di scendere in campo, si è potuto toccare con mano quel “grande progetto americano” che molti ormai aspettavano come una sorta di New Deal degno di F.D. Roosevelt.
Invece la grande fiammata si è rivelata essere una candela qualunque, che ha iniziato a tremolare al minimo sbuffo d’aria, e che molto probabilmente si spegnerà del tutto la sera del 4 di marzo, con le primarie democratiche di Texas e Ohio.
Dopo aver infatti perso 10 tornate consecutive (contro Barak Obama, l’altro candidato democratico rimasto in lizza), è stato lo stesso Bill Clinton ad ammettere oggi che a meno di una strepitosa vittoria in Texas e Ohio – gli unici stati ancora rimasti che offrono un ragguardevole numero di delegati ai vincitori – il sogno presidenziale della moglie è destinato a rimanere per sempre nel cassetto.
Ma i sondaggi in Texas continuano a crescere in favore di Obama.
Dopo aver lavorato in tutti questi anni per raccogliere attorno a sè i grossi nomi del partito democratico, Hillary Clinton ha sbagliato semplicemente tutto: ha sottovalutato Barak Obama, un candidato inizialmente fragile, ... ... permettendogli uno spazio di manovra enorme in tutti i piccoli stati in cui lei ha deciso di rinunciare a fare campagna elettorale (nessun candidato ha un budget sufficiente per fare propaganda in ciascuno dei 50 stati dell’Unione, per cui sceglie all’inizio su quali gli conviene puntare, e a quali invece rinunciare in partenza). Hillary Clinton infatti non aveva calcolato che i piccoli stati non regalano solo delegati, ma anche entusiasmo popolare, e danno soprattutto un grande ritorno di immagine, del tutto gratuito. In questo modo Obama ha finito per credere davvero in sè stesso, ha trovato forza e convinzione, ed ha messo a punto la formula vincente che lo sta portando dritto alla nomination del suo partito.
Tutti sanno che le campagne elettorali sono fatte soprattutto di parole, eppure è proprio su queste che Hillary Clinton è venuta a mancare, offrendo ripetutamente al popolo democratico un discorso generico e ritrito, che non faceva che amplificare le accuse sempre più pesanti di “vecchiume” (politico, si intende) provenienti dal fronte di Obama.
Di fatto, dall’inizio delle primarie Hillary Clinton non ha fatto che perdere voti nelle tre categorie di elettori sui quali contava di più: gli adulti bianchi di mezza età, le minoranze etniche (latinos soprattutto), e le donne stesse, che ormai hanno capito che l’idea della “prima donna alla Casa Bianca” è stata rimpiazzata da quella, ancora più potente e attraente, del “primo nero alla Casa Bianca”.
Il secondo errore fondamentale di Hillary Clinton è stato quella di “dichiarare guerra ai repubblicani”, proponendosi cioè come netto antagonista alla probabile candidatura di Rudy Giuliani. Ma dal momento in cui lo stesso Rudy è rimasto appiedato (e questo lo avevamo previsto persino noi, già mesi fa) per il suo passato troppo ingombrante, la candidatura della Clinton ha perso ogni significato, e oggi Obama ha gioco facile nel dire che “mentre Hillary vuole un’America divisa, io saprò unirla in modo da non scontentare nessuno”.
C’è inoltre il fatto che McCain si è appena dichiarato a favore di una “guerra permanente “ in Iraq (ha dovuto farlo, pur di avere finalmente l’appoggio della destra repubblicana), mentre Obama ebbe la lungimiranza di votare “no” al secondo, fatidico rifinanziamento della guerra, nel 2005.
E’ quindi prevedibile che sarà il fattore Iraq a caratterizzare buona parte dello scontro Obama-McCain, e noi a nostra volta sappiamo che il candidato repubblicano ha un passato tutt’altro che immacolato, rispetto alla sua “eroica” prigionia in Vietnam, per cui è lecito prevedere a questo punto che sarà proprio l’Iraq a determinare la vittoria finale di Obama.
Accadrà così che Hillary Clinton avrà pagato con la sua mancata presidenza il mancato coraggio di opporsi al momento giusto alla follia militare che è stata generata dalla menzogna dell’11 settembre.
Massimo Mazzucco