20.06.04 - E' dal lontano 1902, anno in cui Abd-al-Aziz Bin-Abd-al-Rahman Bin-Faysal Bin-Turki Bin-Abdallah Bin-Muhammad Al Sa'ud, detto anche Ibn Sa'ud (per fortuna), riconquistò il potere agli ottomani, che la famiglia Sa'ud regna incontrastata in quel d'Arabia (Saudita, ovviamente). Ma a partire dal 1938, anno in cui fu scoperto il petrolio, fu una società americana, la Aramco, ad aggiudicarsi il diritto di estrarlo e venderlo nel mondo. E se solo nel 1972 l'Arabia riuscì a strappare il 20 per cento di quella compagnia ai petrolieri americani, nel 1980 ha potuto finalmente vantare con orgoglio la proprietà completa della Aramco stessa.
E mentre dopo l'11 di Settembre tutti si affrettavano in Afghanistan, per punire il malefico Osama che ci aveva buttato giù le torri più belle, pochi si accorgevano che ben quindici dei dicciannove presunti dirottatori venivano indicati dall'FBI come cittadini sauditi. Nonostante quindi si sia andati a prendere la rincorsa fino quasi in Mongolia, con lunga sosta a Baghdad sulla via del ritorno, non c'è da stupirsi se alla fine la partita è tornata nella sua sede più naturale fin dall'inizio, cioè appunto l'Arabia Saudita.
Due settimane fa gli attentati di Kobar, con il cuoco italiano che ci è andato di mezzo, poi il giornalista della BBC assassinato per strada (il suo collega non è ancora fuori pericolo), e adesso la decapitazione (ci si dice, ma del corpo, come ormai d'abitudine, nemmeno l'ombra) dell'americano Paul Johnson. Di questo ultimo caso, è interessante cercare di leggere fra le righe del comunicato che stranamente, in nome della famiglia di Johnson, è stato letto ai giornalisti direttamente da un agente FBI:
"They know that this act was done by extremists and does not represent the Saudi Arabia that Paul often spoke and wrote about".
[I familiari] sanno che questo gesto è opera di estremisti, e che non rappresenta l'Arabia Saudita di cui Paul spesso scriveva e parlava".
[I familiari] sanno che questo gesto è opera di estremisti, e che non rappresenta l'Arabia Saudita di cui Paul spesso scriveva e parlava".
Come a dire, "ragazzi, dove sono finiti i bei tempi in cui si andava tutti d'amore e d'accordo? Guardate un pò cosa ci tocca fare adesso (da qui in poi ricamo io): dobbiamo accusare i vostri delle torri per avere in mano una minima arma di ricatto da buttare sul tavolo delle trattative. Dobbiamo mettere in piedi prima un Kobar (e prima ancora l'attentato di Ryad), per farvi capire che non scherziamo affatto, e ora ci tocca pure dire che anche qui Al-Queda imperversa, che non siete buoni a nulla, e che qui si uccidono e decapitano i nostri cittadini, per sollevare abbastanza sdegno a casa nostra da giustificare che ce ne andiamo, se solo ci gira di farlo! (Perchè venire via ammettendo di averla presa in quel loco.... non si può di certo fare).
D'accordo, mi sono lasciato andare, e a supporto di ciò che dico non ho altro che una misera intuizione. Però sarà un caso che anche la risposta saudita pare combaciare alla perfezione con questa "originale" lettura dei fatti: i sauditi, dopo aver già castigato, l'altro giorno, gli attentatori di Kobar, hanno subito arrestato il solito "mastermind" dell'operazione di sgozzamento, tale Abdul Aziz al-Muqrin (in centro nella foto, e mai coperto prima, ma che sarebbe invece "il capo di AlQueda in Arabia" *), che sarebbe anche responsabile - già che ci siamo - dell'uccisione del giornalista irlandese Cumbers.
Come dire "non ci fate paura, qui non ci destabilizza nessuno, ad ogni botta che tirate abbiamo pronta la risposta adeguata". E il prezzo del petrolio continuiamo a farlo noi.
Che dite, sono solo io che comincio a vaneggiare?
Massimo Mazzucco
* Ma perchè ce lo dicono sempre dopo, che il tal dei tali era il "famosissimo numero uno di AlQueda" in un tal posto, mentre fino a ieri in quel posto non se ne sentiva parlare nemmeno nelle favole che si raccontano ai bambini alla sera?