La Moratti ha legittimato il rientro dell’educazione cattolica nella scuola di stato.
19.06.04 - Visto dagli Stati Uniti, dove la guerra evoluzionismo-creazionismo è da anni sulle prima pagine, si potrebbe dire all’Italia “Welcome to the Club”, benvenuti fra noi. Come tutte le altre cose “brutte” che il neo-conservatism ci ha infatti portato, il ritorno di fiamma della chiesa – protestante negli States, cattolica in Italia – fa la parte del leone nell’infausto pacco dono. E con la recente firma, fra il ministro Moratti ed il cardinale Ruini, dell’ accordo che va sotto il nome di “Obiettivi specifici di apprendimento per l’insegnamento della religione cattolica per la scuola secondaria di primo grado”, si è di fatto sancito –al di là dei fumosi giri di parole - il rientro nelle scuole statali dell’educazione cattolica.
Furio Colombo ha lanciato dalle pagine dell’Unità un grido di allarme tanto disperato quanto insufficiente, visto che praticamente tutto il resto dei media nazionali ha volto lo sguardo altrove, pur di non dover prendere posizione contro questa nuova grave violazione della nostra costituzione (“Art. 7 - Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”).
E di questo splendido regalo possiamo ringraziare anche la nostra “sinistra” (ormai d’obbligo le virgolette), che non si è certo ammazzata in estenuanti...
... maratone ostruzionistiche pur di ostacolare in qualche modo, anche solo simbolicamente, questo ulteriore sfregio alla nostra già frastagliata identità nazionale. E a Capalbio il digiuno è da tempo proibito per legge.
Ciò detto, però, bisogna anche riconoscere che la reazione del "laico" che in qualunque modo si è opposto a questo passo – qualche voce si è pur udita, dalla coltre ammorbante del silenzio-assenso mediatico - sia stata altrettanto stupida, gratuita, e quindi in ultima analisi inefficace. Quanti si sono divertiti a prendere in giro la Moratti, dicendo che “adesso manca solo di sentire che la terra e piatta, e poi nel medioevo ci siamo tornati del tutto”? Quanti si sono esibiti in facili battute dove scimmia, uomo, e fango divino si intersecavano in tutte le combinazioni possibili, strappando certo un sorriso, ma non aggiungendo niente alla lotta per la difesa dei principi costituzionali, che dovrebbe invece far leva sugli stessi principi morali di ciascun cittadino?
La derisione è l’arma preferita del dogmatico, il quale per sua stessa definizione non è in grado di argomentare secondo criteri induttivi, ma qui è stata invece usata da chi – il cosiddetto pensatore critico – dovrebbe proprio poter ricorrere al ragionamento per smorzarne l’assalto devastante.
Furio Colombo lo ha fatto, in tempi certo non sospetti, e con tutta l’eleganza di chi non ha ceduto nemmeno una volta alla tentazione della battuta facile. Ed è in onore ad una persona la cui integrità morale io rispetto da quando ne conosco il pensiero, che vorrei ripubblicare qui il suo articolo per intero: una lezione per tutti noi che a quella logica ci affidiamo per cercare di riequilibrare (nel nostro infinitamente piccolo) le sorti di un pensiero collettivo che sta diventando sempre più impermeabile ad ogni stimolo esteriore.
Esiste poi un secondo aspetto della faccenda, che meriterebbe però un sito tutto per sè tanto è complesso, e che vede il darwinismo come una teoria ancora più debole – e quindi meno difendibile ancora – di quella già facilmente ridicolizzabile in cui “Dio ha creato la terra in sei giorni” e “la terra non ha più di seimila anni.”
Ovvero, oggi è tanto facile per il darwinista/materialista sbeffeggiare le innegabili contraddizioni della Bibbia, quanto lo è per il fondamentalista biblico ridicolizzare la teoria per cui dallo “stagno primordiale” – leggi: caos assoluto - ad un certo punto sarebbero cominciati ad uscire cuori pulsanti, polmoni funzionanti, occhi vedenti, e soprattutto cervelli pensanti – per non dire poi auto-pensantisi.
Ma questo, come si diceva, è tutt’altro discorso. Consideratelo, se volete, un “sasso” primordiale.
Massimo Mazzucco
UNA LUNGA ORA DI RELIGIONE - di Furio Colombo
Ieri con sorpresa ha fatto la sua irruzione nelle agenzie di stampa italiane l’espressione “antropologia cristiana”. Significa, credo, guardare ad ogni evento della cronaca o della storia dal punto di vista della religione. Avevo incontrato una simile espressione, molti anni fa, leggendo un testo ormai classico di V.S. Naipul, «India», in cui le parole “antropologia islamica” servivano per spiegare la visione totalizzante dei musulmani a confronto con la più eclettica interpretazione induista del mondo. Ciò che sorprende, è che, invece, per noi, in Italia si sta parlando di una “risposta pedagogica per la scuola”.
Ieri, infatti, il ministro dell’Istruzione Letizia Moratti ha firmato con il presidente della Conferenza Episcopale Cardinale Ruini un documento con questo titolo: «Obiettivi specifici di apprendimento per l’insegnamento della religione cattolica per la scuola secondaria di primo grado». «La riforma scolastica in corso di attuazione - ha spiegato all’agenzia Agi il Cardinale Ruini - si qualifica per l’attenzione ad una didattica rinnovata che mira a realizzare una convergenza fra le diverse discipline. In questo contesto la Cei ha dato il suo apporto per un insegnamento della religione armonicamente integrato nel sistema scolastico».
L’affermazione può apparire un po’ oscura. Ma se si legge un testo della Cei intitolato «Orientamenti connessi con la riforma della scuola pubblica e implicanze derivanti dalla approvazione degli obiettivi specifici di apprendimento per l’insegnamento della religione cattolica» (a cura di Monsignor Cesare Nosiglia) diventa chiaro che non si sta parlando (e firmando) di ambientazione dell’insegnamento religioso nei nuovi programmi della riforma Moratti.
Al contrario. Si sta progettando di adattare l’intero sistema scolastico italiano alla visione della “antropologia cristiana”.
Cercherò di spiegare citando i punti che a me sembrano più illuminanti del documento episcopale firmato dal Vescovo Nosiglia. Ecco alcuni passaggi.
Primo, «occorre privilegiare una corretta visione antropologica a servizio della verità nella carità, finalizzata a impedire al pluralismo di tramutarsi in confuso relativismo». Può essere utile ricordare ai lettori che relativismo vuol dire accettare che vi siano più verità, più punti di vista, diverse e anche divergenti visioni del mondo. Esempio, il relativismo induce a pensare che se gli embrioni sono persone dal punto di vista religioso, non lo sono dal punto di vista scientifico. Una volta abolito il relativismo, c’è una sola versione. In questo caso, quella che obbliga ad accettare l’attuale legge sulla procreazione assistita, che vieta di stabilire se un embrione è sano o malato prima di impiantarlo.
Secondo, «il compito appare assai problematico se pensiamo al disorientamento in cui viviamo e al clima diffuso di relativismo che si respira. Perciò nella realizzazione di questo nuovo compito educativo della scuola i cristiani possono e devono essere presenti per offrire contenuti corretti». Significa che tutto l’insegnamento, in tutte le materie e tutte le discipline, va «riempito di contenuti».
E infatti, terzo, «è tempo di passare a elaborare concreti “pacchetti di contenuti” di alto profilo per un approfondimento delle questioni epistemologiche e didattiche più significative alla luce della antropologia cristiana, da offrire come sussidio da valutare con docenti e genitori, avvalendosi anche dell’apporto di Università, Centri culturali ed editoriali cattolici». Come si vede, ogni aspetto dell’insegnamento, in una visione nuova per la scuola italiana, va a collocarsi in un paesaggio religioso (descritto come “antropologia cristiana”). L’insegnamento della religione non è più una materia, ma il punto generatore di tutte le altre materie.
Quarto, «già da queste indicazioni ci si rende conto di quali spazi siano riservati alla responsabilità di diocesi e parrocchie oltre che degli operatori scolastici. Ma non solo. Va valorizzata la pluralità tipica di gruppi, movimenti, aggregazioni e istituzioni presenti sul territorio che già operano nella scuola in diversi campi. Ad esempio lo sport, la musica, il teatro, l’assistenza, la carità, l’animazione di vario genere, l’attenzione verso il mondo della natura e dell’ambiente, il dialogo interculturale e inter religioso... non possono essere lasciati in balia dello spontaneismo e della approssimazione, o magari in mano a progetti basati su principi non condivisibili. Occorre programmare un piano e una strategia di medio e lungo termine».
Esiste dunque una autorità, non scolastica e non della Repubblica italiana, in grado di stabilire nella scuola italiana, che cosa è un progetto condivisibile e che cosa non lo è. Ciò porta al formarsi di una élite che sarà depositaria - nella scuola italiana che era stata immaginata libera e laica dalla Costituzione - di una nuova autorità. Sono le «associazioni professionali di ispirazione cristiana di docenti della scuola statale e di quella paritaria che devono essere coinvolte nella fase di elaborazione delle nuove prospettive professionali e - in ambito ecclesiale - adeguatamente sostenute nel loro prezioso servizio di mediazione». Tutto ciò appare perfettamente comprensibile come posizione della Chiesa cattolica.
Ma qui stiamo parlando di un documento che è stato firmato dal ministro italiano dell’Istruzione. E’ vero che di quell’istruzione non si dice più che è pubblica. Ma persino il testo vescovile che abbiamo appena citato fa riferimento alle scuole statali. D’ora in poi dopo una firma che è legge, perché si richiama esplicitamente ai protocolli dei Patti Lateranensi, la scuola di Stato italiana è rigorosamente confessionale.
E’ una scuola fondata - non durante l’ora di religione ma nell’insieme del suo insegnamento - sulla specifica ed esclusiva visione teologica della Chiesa cattolica. L’evento cambia drammaticamente il senso del rapporto tra Stato e Chiesa in Italia. Ci si domanda come tutto ciò possa essere avvenuto al di fuori di ogni pubblicità (salvo questa comunicazione finale, a cose avvenute) e fuori dal Parlamento.
L'Unità (26 Maggio 2004)