(link per il trailer in coda)
Michael Moore la prima battaglia l’ha vinta. O meglio, la penultima, dopo la Palma d’Oro di Cannes, in questa sua lunga guerra personale contro Bush, che si concluderà solo con le elezioni presidenziali di novembre: una solida e rispettata casa di distribuzione, la Lion’s Gate, ha deciso di sfidare l’intero establishment conservatore americano, ed ha impegnato 10 milioni di dollari per lanciare il suo film-documentario, Fahrenheit 9/11.
Dieci milioni sono noccioline, in realtà, quando un blockbuster di Hollywood ne richiede almeno una quarantina per un lanciamento decente (non dimentichiamo che stiamo parlando di 50 stati, dopotutto), ma sarà sufficiente a garantire a Moore l’uscita contemporanea in 500 sale, prevista per il prossimo week-end del 25 giugno. Non ci sarà quindi il temuto effetto-soffocamento, ma anzi, come avevamo previsto parlando della Palma d’Oro, è stato il dio dollaro a dettare alla fine le regole della partita: il film a questo punto rischia di portarsi a casa venti milioni di dollari come minimo, cioè il doppio di quello che ha incassato fino ad oggi il precedente documentario di Moore, Bowling at Columbine, che vinse l’Oscar l’anno scorso. A parte i soldi comunque, il film dovrebbe riuscire anche a lasciare il suo bel segno politico, almeno a giudicare dal trailer (link in coda): persino la Fox News – la catena TV del magnate Murdoch, dichiaratamente pro-Bush...
... ha commentato positivamentre il film, mentra la Hollywood che conta, due sere fa, lo ha accolto con una prevedibile ma sincera standing ovation. L’accortezza di Moore, pare, è stata quella di evitare i gratuiti toni taglienti del j’accuse dal palco dell’Oscar (“Presidente Bush, vergognati!”), e di aver fatto appello invece a quei sani valori fondamentali dell’America rurale e patriottica, che trovano consensi tanto a destra quanto a sinistra. Insomma, tutto gli potranno dire, dopo questo film, ma non certo che sia anti-americano.
Moore ha già fatto sapere che non taglierà un solo fotogramma, nonostante il documentario mostri un sacco di gente con le budella in mano (Moore ha infiltrato ben tre troupe televisive, in Iraq, con operatori suoi), e persino una decapitazione dal vivo (questa purtroppo vera).
Ma il punto forte del film pare essere lo spezzone originale dell’11 Settembre, nel quale si vede Bush che viene informato dal suo capo-gabinetto che “l’America è sotto attacco”, e passa ancora sei minuti d’orologio seduto fra i banchi a fissare inebetito gli alunni , invece di interrompere e andare magari di là a sentire cosa sta succedendo. E’ rimasto lì “per non comunicare ai ragazzi l’idea del panico”, avrebbe spiegato in seguito, non senza imbarazzo, un portavoce della Casa Bianca.
E’ rimasto lì, suggerisce i film – e sosteniamo noi - perchè è talmente abituato ad essere manovrato, che ha aspettato buono buono che qualcuno gli dicesse cosa fare.
Il trailer è breve, ma dà una certa idea di quello che saranno sia lo stile che il contenuto del film. Vi anticipo solo una scena, quella finale, nella quale un Bush tutto serio in Lacoste a righine dice guardando in macchina: “Ci appelliamo a tutte le nazioni del mondo perchè contribuiscano con tutte le loro forze a combattere il terrorismo... “, poi resta fermo un’attimo, in attesa del ”cut” del regista. Ma la cinepresa continua a girare (l’avrà pagato Moore, l’operatore?), lo zoom allarga e ci rivela che Bush si trovava in piedi su un campo di golf, con tanto di mazza in mano e pallina pronta fra i piedi. A quel punto Bush perde di colpo tutta la sua seriosità, solleva la mazza e dichiara agli astanti con la sua solita aria da birichino: “.. e adesso guardatevi che swing che vi piazzo qui!” - e bang! colpisce la pallina con un gran colpo da professionista.
Io dico che se tutta l’America potesse vedere solo quello spezzone, Bush va alla elezioni contando al massimo sul voto di mamma e papà. E comunque vada, grazie, Michael Moore.
Massimo Mazzucco
IL TRAILER DI FAHRENHEIT 9/11
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