di Marta Caruso
"Sono credente", ha detto Piero Fassino, aggiungendo: "Si tratta di un fatto assolutamente personale, privato, non ne ho mai fatto manifestazione pubblica o politica, perché sarebbe del tutto inopportuno e improprio, appunto per il rispetto che ho per la fede e le mie convinzioni".
L’onorevole gode del diritto di manifestare ciò che vuole, figuriamoci poi di questi tempi con i feroci saladini alle porte, che piacere proviamo nel valutare i nuovi casi di conclamate, imminenti o prossime conversioni, da parte della sinistra tutta.
Da brava indagatrice dell’incubo (come Dylan Dog!) quale sono, questa storia di Fassino in odore di santità, un pó mi puzza (e scusate il bisticcio di parole). Allora indago.
Scopro che la “fede” di Fassino è un fatto tanto privato, da essere sconosciuto ... ... persino agli amici più intimi, persino alla di lui “prima moglie” Marina Cassi, la quale candidamente afferma: “La domenica mattina non è mai andato a una messa, andavamo piuttosto a diffondere l’Unità. Ci siamo sposati in Comune, e non ci è mai passato nemmeno per la testa di farlo in chiesa, con rito religioso. Eravamo due ragazzi di sinistra che vivevano la religione come una dimensione molta lontana dalle loro vite, come quasi tutti i coetanei di quella generazione negli anni ’70. Va detto, però, che Piero ha mantenuto, nel tempo, dei rapporti molto affettuosi con i suoi ex professori della scuola gesuitica".
Pare persino che sia sconosciuto anche alla sua stessa persona, giacché nella sua biografia “Per Passione” (Rizzoli 2003) non se ne trova traccia; a meno che, il lettore non abbia la lungimiranza e la sagacia, di comprendere che tale fede, è rivelata tutta fra le righe, del titolo.
Nulla vieta la conversione “su strada” (ad eccezione di quella a “U”) come San Paolo, insegna.
Pare in verità, piuttosto illogico che un attivista come Fassino, impegnato a suo tempo, nell’organizzazione di referendum su temi cruciali come divorzio e aborto, sia, a sorpresa, divenuto fervente (e praticante?).
L’onorevole rispolvera la sua formazione scolastica: “Sono stato per nove anni allievo dei Gesuiti a Torino e questo mi ha consentito di rafforzare la mia fede religiosa".
Immagino che i gesuiti, che avranno all’epoca, considerato l’allievo Fassino, un “esperimento fallito”, si possano affrancare oggi, da ogni dubbio: l’efficacia della dottrina, si rivela nel tempo.
Vorrei sottolineare che le mie perplessità non nascono dalla “pruderia” di sviscerare le questioni intime e intimistiche di un personaggio politico come Fassino, ma riguardano questioni ben più ampie e complesse, messe a nudo negli ultimi tempi, da improvvise quanto sospette “conversioni di massa” della sinistra italiana.
Quando un cittadino qualunque, diciamo pure, comunista come me, scopre Bertinotti citare come letture formative Don Lorenzo Milani e le Lettere di Paolo di Tarso, nel corso di un’intervista a “Panorama”, capisce subito che c’è qualcosa che non quadra.
Si tratta forse di un omonimo, o è lo stesso Bertinotti che interveniva con “laica speranza”, definendosi un “non credente” in occasione della visita in parlamento di Karol Woytila?
Sì, si tratta proprio di quel Bertinotti.
Solo che oggi, più in odore di campagna elettorale, che di fervore cristiano, alla domanda "Lei si definisce ateo?" compitamente risponde “Sarei così prudente da evitare una risposta conchiusa. Se me lo avesse chiesto a venti oppure a trent’anni, avrei risposto senza esitazioni: sì.”
Ma il giornalista di Panorama che si trova nell’impossibilità di chiederglielo cinquant’anni prima, incalza: "E oggi?"
E oggi?
"Oggi, pur non essendo credente, eviterei risposte così definitive."
Immagino già l’onorevole rispondere con tanta soave eleganza alla domanda:
- "Lei si definisce comunista? "
"Sarei così prudente da evitare una risposta conchiusa. "
Il giornalista di Panorama, vuole fugare ogni dubbio:
"Le è capitato, come ad Ingrao, di sentire il fascino della scelta monastica? "
"Sì. Per citare ancora Ingrao, poiché ho un atteggiamento di ricerca molto simile al suo, bisogna saper stare nel gorgo, cioè fare, e lottare; e nello stesso tempo saper prendere le distanze da quel che si fa. Per vedere con distacco, dubitare, riflettere sui destini ultimi. Questa è la tentazione monastica rispetto alla militanza, in questo senso anche io ne avverto il fascino."
Insomma un altro sacerdote mancato.
Ne ho la conferma leggendo: “Per la mia formazione due letture sono state fondamentali: la Lettera a una professoressa di Don Lorenzo Milani e le Lettere di Paolo di Tarso.”
Avrei pensato a Marx, evidentemente mi sbagliavo.
Quindi se il leader di un partito che si titola “Rifondazione Comunista” si è formato con le lettere di San Paolo, non oso neppure pensare quali siano le letture di riferimento dei rappresentanti del centrodestra. Il mistero s’infittisce.
Questa ventata di religiosità è solo asservita al fine ultimo dell’urna? Detto in parole povere, una volta carpiti qualche milione di voti cattolici si ritorna come prima o si resta “baciapile” per sempre?
Perché io, un poco mi preoccupo.
Mi preoccupo soprattutto volgendo lo sguardo agli opposti, ossia a coloro che non solo non si sentono di rassicurarci sulla loro fervente religiosità, ma al contrario dichiarano persino di essere “non credenti”.
Nulla di male, penserebbe chiunque dotato di un minimo di intelligenza base. Errore.
La direzione regionale piemontese della Margherita (n.b. non la Curia ) ha deciso all’unanimità di ammonire la presidente della Regione Mercedes Bresso, in relazione all’intervista in cui si dichiarava non credente e sosteneva che, comunque, in caso di conversione, avrebbe preferito diventare valdese piuttosto che cattolica.
Secondo la Margherita, Mercedes Bresso deve coltivare nel suo intimo le convinzioni su religione, pillola abortiva, gay pride e coppie di fatto piuttosto che esternarle allegramente durante le interviste, poiché "ne va della tenuta stessa della coalizione ... La Margherita non è interessata alle preferenze religiose della presidente [ma le sue parole] offendono il sentimento religioso della stragrande maggioranza dei piemontesi".
Roma val bene una messa, direbbe Enrico di Navarra.
Ma quanto costerà a noi cittadini laici questa messa?
Specie di questi tempi, in cui la maggioranza di governo ha invece “stipulato” il suo contratto con la cristianità, concedendo alla Chiesa l’esonero "ICI", e ottenendo come acconto l’anatema del Sinodo dei Vescovi, che invita in concreto gli elettori a non votare i politici che non osteggiano l’interruzione volontaria di gravidanza.
Marta Caruso (Bianca)
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