L'episodio della mozione di impeachment che Cinthya McKinney ha lasciato "in eredità" ai suoi compagni di partito, prima di abbandonare un Parlamento che non l'ha più voluta sui suoi seggi, introduce l'eterna questione del conflitto fra gli ideali assoluti e la necessità di rinunciarvi in cambio di un qualche risultato pratico. Specularmente, la sua posizione ricorda quella di Micheal Moore con il suo film "Fahrenheit 911", da una parte elogiato per aver portato a conoscenza del vasto pubblico americano il problema 11 settembre, dall'altra criticato per avere detto soltanto mezza verità. Se avesse provato a dirla tutta - questo è il cuore del dilemma - il film sarebbe uscito lo stesso, o rischiava a quel punto di restare per sempre sugli scaffali del produttore? Moore ha preferito non rischiare, McKinney lo ha voluto fare.
Idealismo contro pragmatismo, quindi, ovvero ricerca del compromesso.
Cinthya McKinney è il deputato (uscente) della Georgia che negli ultimi anni ha continuamente messo i bastoni fra le ruote al processo collettivo di insabbiamento, a livello governativo, della questione 11 settembre. Mossa da principi innegabilmente cristallini, McKinney ha saputo farlo con estrema efficacia, ... ... pur continuando a giocare all'interno delle regole: non diceva "bastardi, dopo averlo fatto vi siete pure autopromossi", diceva "mi domando come mai a Washington certi errori vengano premiati invece che puniti".
Esattamente come Howard Dean alle primarie democratiche, Cinthya McKinney è stata "fatta fuori" dalla stessa maggioranza centrista del suo partito, che sa benissimo che per procedere anche solo di mezzo metro in America (quando si è al governo, intendo dire) bisogna abbandonare certe posizioni troppo radicali.
In medio stat virtus, dicevano i nostri antenati romani. E bisogna dire che loro di "impero" se ne intendevano non poco.
Questo, a mio parere,voleva dire Nancy Pelosi (portavoce e rappresentante della nuova maggioranza democratica), quando definiva "inutile" un impeachment contro Bush, ancora prima che MCKinney ne presentasse la mozione.
"Inutile vendicarsi" è ormai da mesi la parola d'ordine dei democratici vincenti, che hanno scoperto il modo di apparire nobili e generosi rinunciando a ciò che in realtà non potrebbero comunque ottenere.
Pensiamo davvero per un attimo ad un processo di impeachment contro Bush & Company: cosa mai si può sperare che ne esca - rispetto alla "verità vera" - quando gli stessi democratici sono stati i primi ad avallare la tesi del "terrorismo islamico"? Al massimo, che Bush sapeva qualcosina in più di quanto dice di aver saputo. Fine.
Perchè se solo si azzardassero a scavare oltre, troverebbero le loro stesse impronte.
Ha quindi sbagliato, Cinthya McKinney, nel presentare quella mozione? Anche qui, la risposta sembra essere doppia. Ha fatto bene da un punto di vista dell'integrità morale, nel senso che sicuramente potrà continuare a dormire sonni tranquilli, e non avrà mai paura di guardarsi in uno specchio. Ha fatto male da un punto di vista "strategico" - o pragmatico, appunto - perchè il suo gesto è chiaramente apparso come un dispetto contro gli stessi che l'hanno fatta fuori. Un pò come lanciare una bombetta puzzolente prima di uscire dalla classe dopo esserne stati espulsi.
Cinthya McKynney la partita l'aveva persa prima, quando non era riuscita a stare a galla all'interno del suo partito. A quel punto doveva solo ritirarsi in buon ordine, e cominciare a pensare in che modo rientrare nel gioco.
Fino a che punto, quindi, è giusto essere inflessibili moralmente, con se stessi prima ancora che con gli altri, e quando scatta - se mai scattasse - la necessità di concedere qualcosa in cambio di un effettivo risultato pratico? E' sufficiente sapere di aver aderito "alla verità" - o per lo meno a quella che si ritiene tale - pur sapendo che non avresti ottenuto assolutamente nulla nel farlo?
Massimo Mazzucco