Con i “caucus” (le votazioni popolari) dell’Iowa, giovedì si aprono ufficialmente le primarie americane che ci daranno i due candidati per le presidenziali del prossimo autunno. Due candidati, e non tre, a meno che Ron Paul non decida all’ultimo momento di lasciare le fila dei repubblicani e di candidarsi come indipendente. Ma le probabilità in questo senso sono minime.
Sul fronte repubblicano sono emersi, nel corso delle ultime settimane, i due principali candidati che hanno messo fortemente in dubbio quella che sembrava una vittoria scontata per Rudy Giuliani. I due “rompiscatole” si chiamano Mitt Romney e Mike Huckabee: il primo è un mormone del Midwest che sembra uscito da “central casting” (l’agenzia di fotomodelli per le telenovelas), il secondo un “normale“ protestante dell'Arkansas che sembra uscito da un vecchio film di John Ford. In questi giorni stanno facendo a gara a chi è più bravo a citare la Bibbia, e nei sondaggi hanno talmente distanziato Giuliani – che probabilmente non l’ha mai nemmeno letta – che l’ex-sidaco di New York ha già smesso da tempo di spendere soldi nell’Iowa, per investire in altri stati il resto del suo budget elettorale.
Sul fronte democratico il panorama è altrettanto triste e insipido. Da una parte abbiamo una Clinton talmente controllata ormai in ogni sua minima espressione, vocale e facciale, da essere diventata un manichino prigioniero di se stesso. A contrastarla c’è un improbabile Barak Obama, ... ... che più passa il tempo più sta dando l’impressione di essere soltanto una creatura artificiale, messa in pista appositamente per non dare l’impressione che la strada della Clinton fosse troppo facile da percorrere.
In tutto questo se ne è approfittato John Edwards, l’unico che finora non è stato comprato dalle multinazionali, e l’unico che conduce una campagna “bottom-up” (dal basso verso l’alto), cioè basata sulla forza del volontariato e della propaganda door-to-door. Mentre i due protagonisti democratici fingevano di attaccarsi a vicenda, lungo il sentiero elettorale, Edwards li ha silenziosamente raggiunti nei sondaggi, e ora minaccia addirittura di portarsi via la vittoria a sorpresa nel primo voto stagionale.
Volendo, Edward potrebbe essere l’unica “speranza“ per uscire da una logica di potere corporativo che ormai rende assolutamente inutile l’elezione del presidente americano. Ma l’America non è ancora pronta per un nuovo Kennedy, e Edwards non sembra ancora pronto ad interpretare un ruolo così impegnativo. Il ciuffo al vento c’è, tutto il resto manca ancora.
Andremo avanti così, almeno per altri quattro anni, cercando nel frattempo di dimenticarci il più in fretta possibile l’orrido periodo dei neocons. Dopo di loro, alla Casa Bianca va bene chiunque, almeno per adesso. E' casomai nel 2012 che si decideranno le sorti del mondo.
Massimo Mazzucco