di Susanne Scheidt
[3 luglio 2008] - Stamattina s'è svolta un'altra liberazione di ostaggio, al riparo dall'attenzione - o dall'interesse - dei nostri media.
E' tornato finalmente dal suo esilio in Giordania, un bambino palestinese di circa tre-quattro anni. Per mesi e mesi le autorità israeliane non lo volevano fare tornare dal suo padre e dalle sue sorelle, che abitano nella Striscia di Gaza, con la "scusa" che egli, essendo uscito dalla Striscia di Gaza attraverso Rafah, cioè il confine con l'Egitto, dovrà ritornare da Rafah. Non poteva, secondo loro, tornare direttamente dalla Giordania.
Ma come mai, uno si chiede: un bambino che viaggia dalla Striscia di Gaza in Egitto, da lì verso la Giordania, per presentarsi al Ponte di Allenby chiedendo di entrare in Cisgiordania? Come poteva fare?
I fatti sono questi: una giovane donna, ammalata di cancro, si era recata dalla Striscia di Gaza al Cairo, per vedere se per il suo tumore al cervello si potesse fare qualcosa. Porta con se il più piccolo dei suoi figli, il maschietto, mentre le figlie, ormai di circa dieci e dodici anni, rimangono con il padre. A loro non era stato concesso accompagnare la moglie/madre.
Al Cairo non possono fare nulla, e la mandano ad un ospedale di Amman in Giordania. I medici giordani le fanno capire che ormai non si poteva più operare ... ... e che avrebbe avuto qualche mese di vita. A questo punto la donna decide di tornare a casa, per passare gli ultimi mesi assieme ai suoi. Ma non può tornare, perché l'unica-democrazia-in-Medioriente, nel frattempo aveva deciso che una parte della popolazione, sulla quale esercita il dominio, non possa più spostarsi dalla prigione nella quale è rinchiusa, nemmeno per tornare a casa. La donna resta in Giordania e muore lì, lontana dal marito, dalle figlie e dai propri genitori nel febbraio di quest'anno.
Dopo la sua morte, i parenti lontani che l'avevano ospitata ad Amman, cercano di fare tornare il bambino dal padre portandolo al Ponte di Allenby, dove il padre avrebbe potuto ricongiungersi con lui. Ma gli israeliani, che presiedono il Ponte Allenby, insistono che il piccolo debba rientrare nella Striscia di Gaza via l'Egitto, cioè dal confine di Rafah. Un bambino di tre-quattro anni, che aveva appena perso la mamma e che doveva ricongiungersi con il papà e le sorelle ed i nonni! Un rischio per la sicurezza dell'unica-democrazia-in-Medioriente!
Il padre, disperato, si rivolge alla Croce Rossa Internazionale e stamattina, dopo mesi e mesi di guerra burocratica, finalmente una collaboratrice della ICRC è riuscita a varcare il Ponte di Allenby con il bambino e, ore dopo, anche il passagio di Eretz, dove il padre e le sorelle hanno potuto abbracciare il piccolo.
Della liberazione del piccolo palestinese, stamattina, i nostri media non hanno parlato per niente, perché se l'avessero fatto, avrebbero rischiato di mettere a nudo la disumanità spietata, il sadismo che ispira il comportamento dello stato d'Israele nei confronti dei palestinesi occupati.
Susanne Scheidt
Fonte: Lista
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