L'Iraq è in fiamme. Tre intere province, compresa quella di Baghdad, sono sotto il coprifuoco. Dalle 8 di ieri sera fino alle 16 di oggi nessuno potrà circolare, e con tutta probabilità, alle 8 di questa sera il coprifuoco tornerà fino a domani mattina. Da lì in poi, è tutto un incognita.
Come noto, la scintilla che ha provocato questa violenta accelerazione verso la guerra civile, è stata la distruzione della moschea di Samarra, una fra le quattro più importanti moschee per la popolazione sciita.
Una delle conseguenze più vistose dell'escalation è stato l'omicidio a freddo di 47 civili, da parte di altri iracheni, che svetta su una serie ormai infinita di attentati, omicidi, vendette, rapimenti, ... ... assalti e violenze di ogni tipo, in ogni luogo e in ogni direzione. Una volta scatenato l'odio, specialmente su base religiosa, è perfettamente inutile stare a seguirne le tracce, o cercare di tenerne una qualunque contabilità.
Diventa invece più interessante tentare magari di risalire alla radice, cercando anche qui il famoso cui prodest della situazione.
Curiosamente infatti, la distruzione della moschea è avvenuta proprio nel momento in cui il parlamento iracheno stava tentando un difficile compromesso fra la maggioranza sciita, chiaramente favorita dagli americani fin dai tempi di Najaf*, e la minoranza sunnita, da sempre più ostile e più sospettosa nei confronti dei primi. I kurdi, come noto, non sono mai stati veramente della partita.
A prima vista, persino agli occhi di chi sostiene che l'avventura irachena sia stata davvero intrapresa per "portare democrazia" e "liberare il paese dal tiranno Saddam", dovrebbe apparire di comune interesse degli alleati una pronta e completa pacificazione dell'intero territorio, sotto la guida di un parlamento pienamente legittimato.
C'è invece la possibilità, tutt'altro che remota, che il vero interesse degli americani sia quello di portare il paese ad una profonda divisione, lungo gli argini etnico-religiosi sopra descritti: fa molto più comodo agli Stati Uniti che la parte meridionale del paese sia sotto il fermo controllo sciita, mentre il nord sunnita rimanga in stato di guerra permanente, proprio per evitare che un paese unito si ritrovi magari ad avere un sussulto di coscienza nazionale, e si accorga che nel frattempo gli alleati gli stanno rubando tutto il petrolio da sotto i piedi.
A conferma di questa teoria - peraltro nota fin dai tempi più remoti come "divide et impera" - vi sono svariati documenti, resi pubblici in passato in ambito PNAC, dove si descriveva chiaramente la "preferibilità" di un Iraq spezzato in tre parti, ad un Iraq unito e compatto. E sotto Rumsfeld, come sappiamo, ogni desiderio del PNAC diventa legge.
Da cui deriverebbe la doppia ipocrisia di aver prima mentito alla nazione sui veri motivi della guerra d'invasione, e di farlo adesso sulle effettive intenzioni di portare il paese ad una reale pacificazione.
Noi, come sguattere senza voce in capitolo, non faremmo che subire i riflessi di questo doppio inganno, rendendo le responsabilità di chi ci ha trascinato in questa vergognosa situazione ancora più gravi.
Per fortuna che siamo in vista di elezioni, e che la "possibilità di un cambiamento è finalmente a portata di mano": che vinca infatti la destra, o che lo faccia la sinistra, in Iraq ci rimarremo comunque, finché il nostro padrone lo vorrà.
Sguattere di professione, quindi, ma servi - a quanto pare - per sempre. (Un sentito ringraziamento, a proposito, a tutti quelli che "voteranno il meno peggio").
Massimo Mazzucco
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COME SI DICE "GUERRA CIVILE"?
(Art. dell'Ottobre 2005)[…] Forse ci siamo già dimenticati come andarono le cose a Najaf: il martedì sera eravamo ad un assedio "che ormai stiamo per entrare e spacchiamo tutto quello che troviamo", mentre il mercoledi mattina le truppe si ritiravano in buon ordine, senza aver rotto nemmeno una tazzina di caffè, e senza dare spiegazioni a nessuno. Nella notte c'era stato l'Ayatollah Al-Sistani, che aveva evidentemente ottenuto la promessa di guidare lui il paese […]
C'E' SEMPRE UN KURDO DI TROPPO
(Art. del Giugno 2004) […] Minoranza etnica che si aggira sul 15% della popolazione, sono gli unici musulmani del paese a non essere arabi. Sarà per questo, o sarà per altri motivi, ma tutto ciò che avevano ottenuto in questi mesi di dure trattative a tre (con sciiti e sunniti) è sfumato d’un colpo nella mano conclusiva: [...]
MAI FARE I CONTI SENZA L'AYATOLLAH
(Art. del Novembre 2003) […]Ma di colpo qualcuno a Washington deve essersi accorto che a Novembre si rielegge il presidente, e che di questo passo arriviamo in campagna elettorale con talmente tanti morti sulle prima pagine che conviene quasi non presentarsi nemmeno. Ecco che allora l’animale inferiore “irachenus mussulmanus” diventa di colpo “una società con una grande cultura alle spalle”, che sarà certo in grado di farsi una costituzione da sola, una volta votato un governo qualunque.[…]