Le bare che escono dalla pancia del C-130, avvolte dal tricolore, sono quelle di un surreale parto all’incontario, reso ancor più agghiacciante dai vapori silenziosi dei vivi che galleggiano nella fredda notte di Ciampino.
Nella fredda notte della nostra civiltà.
Partiti per aiutare coloro che sono più disperati e bisognosi di noi, sono morti dilaniati, dissanguati e soprattutto soli, in un posto lontano da casa che tre mesi fa nemmeno conoscevano. Mentre la vista ti si annebbia, il dolore ti trafigge da ogni parte, il caldo sale a vampate da tutto il corpo, ti resta solo qualche attimo confuso per domandarti, per cercare almeno di capire, per riuscire forse soltanto a capire di non avere capito.
Sputi sabbia e sangue insieme, e mentre ti tieni in mano le budella calde ti domandi: ma perchè? Chi sono coloro che mi hanno mandato qui? Cosa volevano da me? Non stavo forse facendo il mio dovere? Non stavo aiutando questa gente... ... in tutti i modi possibili, e senza alcun desiderio di fare del male a nessuno? E allora, che cosa è successo? Cos’è che non mi hanno detto? Perchè questi mi hanno voluto fare del male? Perchè mi hanno voluto morto?
E domani, come spiegheranno a mia madre quello che è successo? Chi le racconterà quello che io non potrò mai più raccontarle? E cosa penserà, cosa sentirà lei, quando sfila la mia bara, mentre suona l’inno di Mameli e i miei commilitoni si irrigidiscono sull’attenti, con lo sguardo fisso nel vuoto, per cercare a tutti i costi di non piangere?
E dopo? Domani mattina, quando tutto sarà finito, le trombe riposte e i tricolori riavvolti, cosa farà lei? Cosa penserà, ogni giorno che le resta da vivere? Che è stato giusto? Che va bene anche così?
Che chi mi ha mandato in quel posto sapeva con chiarezza cosa faceva, e lo faceva per il bene dell’umanità?
Massimo Mazzucco