di Andrea Franzoni
Non sono bastate le campagne informative, i testimonial istituzionali, le petizioni e gli inviti alla prudenza. Mentre il Ministero della Salute continua a fare orecchie da mercante, l’avanzata degli psicofarmaci serviti a minori con presunti disturbi psichici, fra cui il noto “deficit di attenzione e iperattività”, prosegue senza soste risultando, dati alla mano, l’unica terapia presa in considerazione.
Secondo i dati raccolti dal Ministero della Salute, il 9% dei minori italiani sarebbe affetto da disturbi psichici. Gli affetti della Sindrome di iperattività e deficit di attenzione (ADHD), al centro di polemiche e criticata da più parti in tutto il mondo, sarebbero tra l’1 e il 2% dei bambini e teen ager italiani: tra i 80.000 ed i 160.000 individui che rischiano, a breve, di finire tutti in cura con metanfetamine e farmaci psicotropi, nello specifico Ritalin (della Novartis) e Strattera (della Ely Lilly). Fin qui stime prudenti, vista la prassi internazionale e i proclami di correnti particolarmente estreme che – anche in Italia – parlano di almeno un 5% dei bambini da medicalizzare.
Ciò che più preoccupa però è il trattamento che le autorità sanitarie ed i genitori, stanno riservando ai bambini che, una volta diagnosticati sulla base di dubbi parametri soggettivi, hanno cominciato le cure rivolgendosi ai primi degli oltre 80 centri di cura previsti sul territorio. Secondo i dati dell’istituto superiore di sanità, l’83% dei ragazzi malati è stato sottoposto a trattamenti con psicofarmaci, nello specifico metanfetamine. Questi farmaci, se da una parte si limitano a calmare il bambino senza agire sulle presunte cause del malessere, influiscono grossolanamente sui livelli di neurotrasmettitori, ... ... un campo delicato riguardo al quale si è capito ancora poco, ponendo rischi per la salute (pericoli per l’apparato cardio-circolatorio e sindromi maniaco-depressive), rischi di dipendenza fisica (il 25% fatica a farne a meno), e soprattutto creando una mentalità di uso leggero e spensierato del farmaco psicotropo nei consumatori di domani.
Quella che anche in altri paesi, mercati più ampi al centro da anni di battaglie tra aziende farmaceutiche e accademici critici, è una extrema ratio, un rimedio estremo, in Italia è la prassi. In paesi come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, che per primi hanno “inventato” la malattia e la hanno importata nel contesto europeo, solo il 32% e il 18% dei rispettivi minori è posto in terapia con psicofarmaci.
La terapia farmacologica è quella meno impegnativa e meno costosa, mentre le costose sedute psicologiche e soprattutto la pazienza, il dialogo, l’affetto, l’attenzione, sono merci sicuramente più gravose. In Italia, essendo il problema nuovo, non si è inoltre ancora creata la cultura della prudenza ed il passaparola tra le vittime di queste brutture. I pediatri, gli educatori, il ministero ed anche certi giornalisti, sono abbordati da rappresentanti commerciali col camice, che sciorinano ricerche parziali e magari offrono, come d’altra parte si usa spesso fare nell’ambiente, borse di studio o inviti a conferenze nei paradisi tropicali. I genitori, posti di fronte ad un problema di fronte al quale sono impreparati, vengono avvicinati da professionisti, da “autorevoli scienziati”; si voltano in cerca di aiuto e si perdono nel silenzio del Ministero e nelle pacche sulla spalla dei membri dell’Associazione Famiglie Italiane ADHD, gruppo di genitori sostenitori di queste cure farmacologiche che non negano finanziamenti da parte delle case farmaceutiche e che hanno presenziato una Conferenza Stampa, proprio con il Ministero, curata da tale Chiara Gallarini, PR della società Ketchum che cura le relazioni pubbliche di Novartis e Ely Lilly, cioè i produttori degli psicofarmaci in questione.
Alla luce di questi dati, non è difficile spiegare le percentuali anomale costruite da un marketing molto determinato inserito su una mentalità già costruita da anni di propaganda commerciale; quella mentalità di fiducia cieca che ha avuto come culmine la collocazione dei farmaci, prodotto particolarmente problematico, nel tempio del consumo a cuor leggero quale il supermercato.
E’ un’Italia terra di conquista, incapace di opporre resistenza a tutto ciò che si ammanta del camice di “progresso” e di “scientifico”, che si comporta come un paese del Terzo Mondo in balia di ricatti e corruzione, di timidezza e incompetenza, nonostante le campagne di informazione che, sulla scorta dell’esperienza di altre nazioni, stanno affrontando il problema fin da quando era solo una questione americana. Le critiche all’ADHD ed all’approccio farmacologico non vengono infatti dagli ambienti della controinformazione o da ricercatori in cerca di nicchie di sostenitori. La campagna “Giu le mani dai bambini”, sostenuta da ambienti dell’informazione (Rai, agenzie stampa italiane, la maggior parte dei quotidiani nazionali da Repubblica a Liberazione), ambienti cattolici (ad esempio le ACLI), personaggi dello spettacolo (da Linus a Beppe Grillo, passando per gli attori di Carabinieri e Marco Berry), ha potuto veramente poco e minaccia di ritirarsi dal tavolo di concertazione tra i soggetti interessati.
«Abbiamo presentato provocatoriamente ai rappresentati dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’AIFA (agenzia italiana del farmaco) oltre 500 pagine di ricerche scientifiche che criticano le loro linee guida, -spiega il portavoce Luca Poma - ma il parere di autorevoli esperti non viene tenuto in alcuna considerazione, ed il messaggio che ne deriva è uno solo: questi protocolli terapeutici non si toccano e gli psicofarmaci ai bambini si daranno, punto e basta. Noi non possiamo e non vogliamo essere complici di una strategia di medicalizzazione del disagio dei minori. E’ necessario approfondire i motivi per cui qualcuno, nonostante tutte le evidenze scientifiche prodotte, continua a rifiutare di modificare questi protocolli».
In realtà le critiche non si fermano ai metodi di cura, che pure sono il campo sul quale si gioca la battaglia tra chi vuole versare a cuor leggero sostanze in grado di cambiare personalità ed equilibri psichici nel cervello, l’organo più delicato e più sconosciuto, e chi vuole evitare interventi invasivi auspicando una nuova riscoperta del rapporto tra adulti e minori.
Ad essere sotto accusa è prima di tutto la definizione stessa di disturbo psichico, un’etichetta che si reputa come data in maniera generalizzata in risposta più al business e alle paure di una “società dei grandi” incapace, o troppo impegnata, per trattare con i minori più problematici, che a reali parametri “scientifici”. I disturbi psichici (riscontrati, secondo il ministero, in quasi un ragazzo su 10), per il quali ad esempio è utilizzabile il Prozac fin dagli 8 anni, sono infatti generalmente insiemi di sintomi, di comportamenti mal capiti giudicati eccessivi o anomali, non dimostrabili né riscontrabili in nessun tipo di analisi prettamente scientifica. Questo rende particolarmente complicata la prescrizione di una terapia che, per rassicurare i genitori immersi da decenni nella “cultura del quick-fix” nella quale il corpo difettoso va semplicemente aggiustato con l’ultimo ritrovato di qualche industria, deve necessariamente essere farmacologica.
L’efficacia reale di queste cure a base di psicofarmaci, in rapporto ai rischi, è un altro argomento oggetto di forti discussioni e timori. Una metaricerca tra i dati recuperabili dalle stesse case produttrici di antidepressivi, ad esempio, ha spiegato come l’effetto reale degli antidepressivi (differenza tra effetto placebo ed effetto delle sostanze contenute nel farmaco) sia scientificamente irrilevante, al contrario delle possibili controindicazioni e della sofferta modificazione dei livelli di neurotrasmettitori, dei quali si conosce molto poco, ai quali tra l’altro l’organismo tende spesso ad opporsi provocando una forma di assuefazione (1). Tra di essi il Prozac, che l’UE ha autorizzato per tutti gli individui dagli 8 anni in su, nonostante l’FDA (ente statunitense del farmaco) abbia ammesso che questi prodotti, almeno fino ai 24 anni, provocano un aumento dei suicidi.
L’effetto di farmaci psicotropi, se già desta preoccupazioni sugli individui adulti, suscita ancora più timori quando ad essere sottoposti a questi trattamenti “di frontiera” sono i bambini. Bambini bollati fin da piccoli come strani, come malati. Bambini curati con leggerezza con pastiglie che modificano i livelli di sostanze presenti nel cervello di cui a mala pena si è capita parte della funzione, che potranno avere chissà quali conseguenze nella personalità, nella stabilità, nella capacità di vivere le emozioni di ragazzi sedati nella fase più delicata della loro formazione.
E se è vero che i ragazzi sono gli adulti di domani, pare come minimo avvantato affidare il loro ed il nostro futuro agli esperimenti ed alle esigenze economiche di una cricca di irresponsabili imprese commerciali.
Andrea Franzoni (Mnz86)
(1) http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=1803