Era da un paio d'ore ormai che stavo tentando di scrivere questo articolo, ma non ci riuscivo: avevo gli occhi continuamente offuscati dalle lacrime, tanto era il ridere che mi era causato dalla lettura delle notizie sulla cattura di Provenzano.
43 anni per prendere uno che sta a casa sua.
Solo in Italia riusciamo ad avere la faccia di tolla di fare queste dichiarazioni, e di vantarcene pure davanti al mondo, come stanno facendo in queste ore i nostri rappresentanti della giustizia. Pisanu: "Mafia decapitata". "La mafia perde il suo capo indiscusso". Ciampi si congratula. Il Procuratore nazionale antimafia Piero Grasso: "Lo Stato c'è, e continua a esserci". Ancora Pisanu: "Indagini lunghe e sofisticate". Dall'ANSA: "Il ministro dell'Interno, nel corso della conferenza stampa al Viminale, ... ... ha parlato di 'lunghe e sofisticate indagini' aperte con l'inchiesta 'Grande mandamento' e delle indagini dopo la scoperta del ricovero di Provenzano in ospedale in Francia: 'Da allora il cerchio si è pian piano chiuso e questo si deve anche al coordinamento sempre più stretto tra forze dell'ordine e intelligence che ho posto al centro del mio incarico di ministro dell'Interno'."
E certo che il cerchio si è chiuso: il boss è guarito, e torna a casa, no? Ma vediamola più nel dettaglio, questa sofisticata operazione, che rischia di diventare un punto di riferimento, e fonte di ispirazione, per tutti gli agenti della CIA e del KGB messi insieme.
C'è un casa, in cui abita - da sempre - la moglie di Provenzano. Un giorno, al responsabile delle indagini viene in mente che ci possa essere qualche collegamento residuo fra moglie e marito. Decide allora di piazzare due agenti di guardia a questa casa. Gli agenti, Caputo Antonio e Caputo Giuseppe (non sono parenti), cominciano a gironzolare attorno alla casa, travestiti da mafiosi (è l'unico modo, geniale e insospettabile, per non venire notati nel paesaggio urbano di Corleone). E infatti della loro presenza non se ne accorge nessuno (quella che a Corleone anche i muri hanno orecchie è solo una delle tante leggende metropolitane).
Un bel giorno Caputo Antonio "vede uscire un pacco" dalla casa della moglie di Provenzano. Se sia uscito a piedi o in macchina, da solo o accompagnato, non si sa, fatto sta che Antonio fa un breve cenno in codice a Caputo Giuseppe, il quale capisce al volo, e senza farsi notare e si mette a seguire il pacco da lontano.
Cammina che ti cammina, questo pacco arriva - continuiamo a non sapere se viaggi a piedi o in macchina, da solo o accompagnato - in un "modesto casolare di campagna".
Nessuno sospetta, naturalmente, che un Provenzano voglia ridursi a vivere in quel modo, ma Caputo Giuseppe è abituato a pensare fuori dagli schemi, e decide comunque di tenere d'occhio il pacco, che ora giace, immobile e silenzioso, davanti alla porta del casolare.
Passa un giorno passa l'altro, e finalmente la pazienza di Caputo viene premiata: la porticina del casolare si apre, e ne esce timido un braccio, che afferra il pacco misterioso.
Sudato e trafelato, Caputo Giuseppe arriva in paese, entra nel bar e chiede un gettone per telefonare: "Antonio Antonio, è lui, lo so che è lui."
"Lui chi?" gli fa Antonio, che nel frattempo si era già dimenticato dell'indagine del collega.
"Provenzano!"
"Come fai a saperlo?"
"Ho appena visto il suo braccio destro. Bisogna catturarlo".
Nell'agitazione però Giuseppe non s'è accorto che qualcuno lo stava ascoltando, e così nel frattempo si diffonde una notizia che arriva alle agenzie prima ancora che la cattura abbia luogo: "Preso il braccio destro di Provenzano".
Il casolare viene circondato da cinquecento alpini in tenuta stagna, coadiuvati da elicotteri e cani da guardia, mentre si attende freneticamente l'arrivo dei Nocs, che erano rimasti a vivere nell'appartamento di Padova, dove 25 anni fa avevano liberato il generale Dozier, in attesa di nuove missioni.
Ma non ce n'è bisogno, perchè "Provenzano capisce che per lui è finita", e si consegna senza fare resistenza alle forze dell'ordine. Oh, ragazzi, quando il cerchio si stringe si stringe, mica stiamo a scherzare.
Ciliegina sulla torta, il Viminale è lieto di annunciare la correzione della notizia: "Non era il braccio destro di Provenzano, era lui in persona".
Meglio di così non poteva finire. Grazie, Antonio, grazie, Giuseppe. Senza di voi, la mafia sarebbe ancora viva, mentre oggi è "decapitata".
Parlando seriamente: perché, proprio oggi, uno degli uomini-chiave della mafia perde improvvisamente la sua copertura politica, ed è costretto a trasferirsi dal casolare alle prigioni di stato, per pura ed evidente necessità mediatica? Che rapporti c'erano fra la mafia e il partito che oggi ha perso le elezioni, e che cosa significano, in questo contesto, le frasi di Andreotti "meglio tardi che mai", e soprattutto quella dello stesso procuratore antimafia: "Lo Stato c'è, e continua a esserci"?
Non sarà per caso un messaggio a Prodi che non c'è nessun bisogno di far saltare delle teste, nei posti che contano davvero?
Massimo Mazzucco