Con la puerile scusa di voler difendere i minori dalla pornografia, il governo americano ha richiesto ai più importanti motori di ricerca della rete, fra cui Yahoo e Google, milioni e milioni di pagine di dati e statistiche sugli argomenti più ricercati dagli utenti di tutto il mondo.
C'è chi sostiene che, con quei dati a disposizione, il governo sarebbe in grado di ricostruire ogni singola ricerca fatta da un qualunque utente in un qualunque giorno dell'anno, violandone così palesemente il diritto alla privacy.
Yahoo e America On Line (Time Warner), che hanno già adempiuto alla richiesta, hanno invece dichiarato che la privacy dei loro utenti rimane protetta. Ma non sono sembrati molto convincenti.
Fa infatti da contrasto Google, il vero gigante del sistema, che ha opposto un rifiuto totale alla richiesta, ... appellandosi proprio al dovere di difendere la privacy degli utenti, e guadagnandosi così la medaglia di paladino delle libertà individuali, almeno per qualche settimana a venire.
In realtà è molto più probabile che Google abbia fatto una scelta demagogica, dove l'alto ideale che vorrebbe difendere non fa che nascondere la paura di perdere la fiducia di milioni e milioni di utenti, dando l'impressione di svendere informazioni che sono, e dovrebbero, rimanere private.
Completamente opposta la reazione di Microsoft, l'altro gigante del traffico virtuale a cui si è rivolto il governo federale. "E' nostra prassi - hanno dichiarato da Redmond - soddisfare in maniera rapida ed efficace qualunque richiesta di tipo legale, nel pieno rispetto delle leggi vigenti" ("It is our policy to respond to legal requests in a very responsive and timely manner in full compliance with applicable law").
Una genuflessione a 90 gradi che non stupisce più di tanto: chi sa qualcosa di informatica conosce bene il progetto Palladium, il computer "universale" che sarebbe in grado di controllare ogni mossa dell'utente da lontano, e di cui si attende con tensione sempre maggiore l'arrivo sul mercato. Ormai dire governo e dire Microsoft è diventato la stessa cosa.
Curioso infatti come Microsoft, allo scadere del mandato Clinton, si trovasse in un disperato un braccio di ferro con il governo federale, a causa della nota faccenda di Microsoft Explorer. Ma proprio con il ricambio di amministrazione, e con l'avvento a Washington dei neoconservatori, si è trovato magicamente un accordo, e Bill Gates da quel giorno appare sempre più come il primo della classe su tutti i media nazionali.
Google invece sta provando a tener duro. Ma al di là delle motivazioni per cui lo faccia, è chiaro che i poteri forti hanno cominciato a intuire l'effetto devastante che la rete potrebbe avere sul loro operato.
La lotta è iniziata, e sarà a tutto campo. Ma già oggi, di fronte alle evidenti difficoltà che i governi occidentali incontrano nel mettere la rete sotto controllo, si vede come il conflitto intrinseco del sistema capitalistico, fra libero mercato e libera espressione, stia esplodendo a livelli macroscopici.
Si vorrebbero uomini liberi di mercanteggiare selvaggiamente, ma assolutamente incapaci di pensare criticamente. E così ti ritrovi, da una parte, l'assoluta necessità di ricorrere alla rete come mezzo per mantenere viva un'economia al limite dell'implosione, dall'altra lo spiacevole effetto-libertà che deriva dalla possibilità di raggiungere chiunque in qualunque momento.
Spegnere la rete per dieci minuti significa fermare di colpo un flusso di milioni di dollari in ogni senso e direzione. Tenerla accesa per dieci minuti di troppo significa permettere ad uno scandalo qualunque di fare tre volte il giro del mondo.
Come farà, in ultima analisi, un qualunque governo, a impedirci di "parlare di politica" con la stessa persona alla quale stiamo ordinando tre giacconi da montagna, chiedendo informazioni per l'università di nostra figlia, oppure prenotando la vacanza per tutta la famiglia al Club Mediterranèe?
Massimo Mazzucco