di Marco Cedolin
Il panorama delle associazioni ambientaliste italiane tende a farsi ogni giorno meno “verde” e più istituzionalizzato, destando più di una perplessità fra le centinaia di migliaia di cittadini che ne sostengono l’operato, dedicando il proprio tempo a titolo assolutamente gratuito.
Legambiente rappresenta sicuramente l’esempio più eclatante in questo senso, dal momento che in oltre 25 anni di attività è diventata un vero e proprio colosso della “difesa ambientale” forte di 20 comitati regionali, 1000 circoli locali e oltre 115.000 fra soci e sostenitori.
L’associazione nata sul finire degli anni 70 dapprima come costola ambientalista dell’Arci, diventa in breve tempo sotto la guida di Chicco Testa ed Ermete Realacci ... ... la vera interprete della sensibilità ambientalista crescente fra la popolazione. Costruisce tutta la propria storia coniugando sapientemente le tematiche ambientali care alla sua base e l’utilitarismo politico dei suoi dirigenti, perseguendo una radicazione capillare sul territorio e un rapporto di collaborazione fattiva con le istituzioni.
Si tratta pur sempre di un “ambientalismo politico” vissuto nell’alveo di un’appartenenza politica ben definita e portato avanti ricercando il dialogo con il mondo del lavoro e delle imprese, ma l’importanza dell’associazione ed il verde sgargiante della sua immagine crescono nel tempo in virtù della scelta di “campagne ambientali” sempre molto azzeccate, condotte in maniera ortodossa senza estremismi di sorta e con una copertura mediatica preferenziale.
Fra Golette verdi, Treni verdi, Spiagge pulite, Guide blu, Bandiere nere, Feste dell’albero, Puliamo il mondo ed altre decine d’iniziative tanto ricche d’appeal quanto povere di reale incisività nell’ambito dei vari problemi, riesce a coinvolgere migliaia e migliaia di cittadini (di sinistra e non) che dedicano gratuitamente il proprio tempo e le proprie energie a quella che credono essere una disinteressata operazione a difesa di un ambiente messo drammaticamente in crisi dall’onnivora ingerenza dei meccanismi di crescita e sviluppo.
Gli iscritti ed i sostenitori continuano a crescere anche quando Chicco Testa, uno dei fondatori di Legambiente, diventa prima presidente dell’Enel e poi accanito sostenitore del ritorno del nucleare in Italia. Continuano a crescere anche quando le campagne dell’associazione iniziano a diventare sempre più patinate, le bandierine sempre più simili ai consigli gastronomici del Gambero Rosso, la fede ambientalista sempre più scricchiolante, la dirigenza sempre più recalcitrante ad assumere posizioni scomode in quanto non funzionali agli interessi della sinistra dei partiti, ormai votata alla sistematica cementificazione del territorio italiano.
Ma ogni crescita, anche quella delle illusioni, finisce per scontrarsi con dei limiti invalicabili che nel caso di Legambiente sono rappresentati dalla sua credibilità e dalla reale collocazione dell’associazione nell’ambito della tutela di un ambiente oggi più che mai sotto attacco da parte della lobby del cemento e del tondino e dei partiti politici che la rappresentano.
Lunedì 19 marzo a Bari, Roberto Della Seta Presidente di Legambiente ha ufficialmente annunciato in conferenza stampa la presenza dell’associazione da lui rappresentata quale capofila insieme a Confindustria, alle Ferrovie di Stato e alla Regione Puglia, di un Comitato SI TAV che si propone la realizzazione della tratta TAV Napoli – Bari. Lo ha fatto tenendo la conferenza stampa a bordo del nuovo “Treno verde di Legambiente e Ferrovie dello Stato” che attraverserà l’Italia quasi a sancire il sodalizio fra la più grande associazione ambientalista del nostro paese e la confraternita di soggetti pubblici e privati che dell’ambiente stanno da lungo tempo facendo scempio.
Ora che Legambiente ha sposato ufficialmente la causa del TAV, entrando a far parte della più grande truffa economica del nostro paese dal dopoguerra ad oggi, resta più facile anche comprendere la posizione interlocutoria tenuta negli ultimi anni dall’ Associazione su argomenti di preminente importanza ambientale quali l’incenerimento dei rifiuti, i rigassificatori e le infrastrutture.
Resta da capire quale sarà l’atteggiamento delle migliaia e migliaia di cittadini che da molti anni operano gratuitamente all’interno di Legambiente con lo scopo di tutelare l’ambiente e non certo gli interessi della grande imprenditoria del cemento e delle costruzioni. Così come resta da capire quale libertà d’azione possano ancora conservare i 1000 circoli locali, molti dei quali in totale buona fede, come Legambiente Vallesusa insegna, stanno da 15 anni combattendo contro il TAV e le nocività presenti sul territorio.
Mette comunque un po’ di tristezza dovere constatare come l’ambientalismo sia sempre più terra di conquista dei grandi gruppi di potere e dei partiti al loro servizio che sponsorizzano associazioni ed organizzazioni ormai svuotate di ogni contenuto al solo scopo di crearsi una patente “verde” che non avrebbe ragione di esistere, carpendo con l’inganno la buona fede dei cittadini che si spendono con sacrificio per tentare di preservare quel minimo d’integrità ambientale che ancora rimane.
Marco Cedolin