di Stefano Serafini
Come ampiamente previsto, cazzotti contro la "marcia gay" tentata a Mosca, alla quale infatti le autorità non avevano concesso autorizzazione.
La marcia era talmente spontanea e desiderata dagli omosessuali russi, che fra i quattro gatti presenti la metà era composta da stranieri e giornalisti giunti apposta in prima classe per portare, impavidi e arditi, la fiaccola della civiltà occidentale ai rozzi orsi dell'Est (incuranti, probabilmente perché troppo impegnati a sgranocchiar bambini).
In gloriosa rappresentanza del nostro Paese, oltre ai soliti radicali, il parlamentare transex Vladimir Luxuria (c’è motivo di credere che il biglietto lo abbiamo pagato noi contribuenti), il quale però ha schivato i cazzotti, e si è beccato solo qualche uova. Dai "nazionalisti ortodossi" (???), dice la Rai con la solita raffinata competenza, anch'essa pagata da noi contribuenti: in Italia tutto fa brodo per parlare della "insostenibile situazione dei diritti umani in Russia", come chiosa il giornalista Canciani.
Cogliamo l'occasione per segnalare un dettaglio, in terra di Sarkozy. Per la prima volta da almeno un decennio, a Cannes un film viene inserito all'ultimo momento, ... ... fuori programma, a tre giorni dalla chiusura del festival, e pare che gli addetti ai lavori ne siano rimasti piuttosto stupiti.
Di quale capolavoro artistico si tratta? Ma ne hanno parlato tutti i giornali (due paginoni su La Stampa, naturalmente): il "documentario" sul caso Litvinenko, tutto a favore della tesi del complotto, secondo il quale sarebbe stato il sottile servizio segreto russo (Putin), con una dose di Polonio del valore di circa 30 milioni di dollari, ad ammazzare l'oscura ex guardia carceraria al servizio, come autista, del latitante Boris Berezovskj. Per farlo "tacere". In una settimana in cui poteva scrivere e parlare.
Questi russi mangiabambini, quante ne inventano pur di spaventare i telespettatori occidentali: pallottole, veleno tradizionale, falsi incidenti, sono sì rapidi ed efficaci, ma ormai li annoiano, non fanno audience.
Chi è andato un po' più a fondo, magari ricorda che la morte di Litvinenko - gestita mediaticamente dagli stessi professionisti che a suo tempo curarono l'immagine di Margaret Tatcher - cadde, curiosamente, proprio sulle trattative russo-britanniche per l'estradizione di Berezovskj, e sugli accordi Russia-UE riguardo alle forniture di gas. Ma sarebbe complicato riassumere qui l'intricata vicenda, e poi abbiamo altro a cui pensare (ad es. quanti cazzotti ha preso Marco Cappato).
La vita è un film, e noi ci siamo dentro.
Meno male che c'è la Russia.
Stefano Serafini