di Massimo Mazzucco
21.06.04 - Per ben due volte, nel corso degli ultimi 12 mesi, le alte corti di due fra i maggiori esportatori di democrazia, Stati Uniti e Italia, hanno dovuto ricorrere a indecorosi “trucchi del mestiere”, pur di non cedere di fronte a richieste tanto legittime da parte dei loro cittadini quanto scomode per i loro governanti.
In Italia, il cittadino e padre di famiglia Adel Smith ha protestato contro la presenza nelle scuole pubbliche del simbolo di una certa religione, che pure essendo quella professata dalla grande maggioranza della nazione, non era purtroppo la sua. E vista la separazione costituzionale fra Stato e Chiesa, implementata dalla revisione al Concordato del 1984, ha avanzato la legittima richiesta di vedere o il simbolo di quella religione rimosso, oppure quello della sua aggiunto accanto ad esso. E seppur il giudizio in primo grado gli fosse stato necessariamente favorevole, alla fine dell’iter giudiziario il signor Smith se ne è tornato a casa ... ... con le pive nel sacco. Ma ci sono volute tutte le capacità acrobatiche della Corte di Cassazione – la stessa che era riuscita a riconoscere implicitamente l’innocenza di Sofri pur confermandogli l’ergastolo – per impedire l’applicazione di quel semplicissimo e sacrosanto principio di uguaglianza che è riaffermato dalla costituzione stessa, pochi paragrafi più avanti.
Sull’altra sponda, è stata invece la Corte Suprema degli Stati Uniti (i magnifici 9, ago della bilancia delle ultime presidenziali), a trovarsi in imbarazzo di fronte alla richiesta semplicemente disarmante di un altro cittadino, anch’egli papà di famiglia: perchè mai mia figlia deve essere obbligata a recitare – o anche solo ad ascoltare – il noto Pledge of Allegiance, l'Impegno di Fedeltà alla nazione che tutti i bambini debbono recitare in piedi e con la mano sul petto, quando esso contiene il verso “una nazione sotto Dio”? Dov’è il mio diritto ad essere ateo?
Se da noi la separazione Stato/Chiesa è sancita dalla costituzione, negli Stati uniti (ove lo è altrettanto) essa è addirittura uno dei cardini stessi del sistema sociale. Ed inoltre, quella frase non faceva nemmeno parte del pledge originale, ma fu aggiunta di straforo durante il maccartismo, quando chiunque aprisse bocca contro il governo rischiava letteralmente di fare la fine di Julius ed Ethel Rosemberg.
Ed anche in questo, come nel nostro caso, le corti inferiori non avevano potuto che dar ragione al padre della bambina, salvo poi vedere il medesimo tornarsene a casa pure lui a mani vuote, una volta che la questione ebbe raggiunto la Corte Suprema.
Sembrerebbe quasi, quindi, che le corti superiori abbiano un doppio compito: da una parte, quello ufficiale di garantire il cittadino contro un errato uso delle leggi vigenti, dall’altra quello sottinteso di garantire i governi contro un corretto uso delle medesime da parte del cittadino.
C’è da dire, se non altro, che la corte americana è stata molto meno ipocrita di quella italiana, nel giustificare la propria sentenza: in tempi come questi - ha detto in soldoni – rimuovere quella frase creerebbe un tale putiferio che l’esperienza suggerisce sia più saggio rimandare a tempi migliori (leggi, post-elettorali).
Infatti, mentre Sofri resterà probabilmente in prigione finchè campa, e la bimba di Smith i simboli islamici dovrà vederseli solo nel tinello di casa sua (se le va bene), la corte americana non ha avuto il coraggio di calpestare così plateamente la costituzione, ed ha voluto lasciare il caso aperto per il prossimo che abbia voglia di rifarsi l’intero iter giudiziario. E più d’uno ha già cominciato ad organizzarsi.
Se in una cosa soltanto gli americani stanno meglio di noi, è in quella profonda fiducia nelle istituzioni che ancora riescono a conservare – nonostante i fatti più recenti - che invece da noi è stata erosa all’inverosimile da secoli di prevaricazioni sistematiche da parte di tutti coloro che ci hanno governato fino ad oggi.
Massimo Mazzucco