Di sicuro, nel bene o nel male, queste elezioni passeranno alla storia per aver segnato una decisa sconfitta della sinistra in genere, che fosse di governo (o presunto tale), come di opposizione, o presunta tale. Walter Veltroni infatti passa alla storia per essere l’unico leader che è riuscito a riportare una sconfitta senza aver nemmeno fatto in tempo a governare – come dire, è stato sconfitto già sulla parola - mentre Bertinotti passa alla storia per non avere mai governato nonostante avesse avuto, in passato, ampia possibilità di farlo. (Per governare si intende incidere sensibilmente su un qualunque aspetto importante della cosa pubblica, e non semplicemente comparire negli elenchi della maggioranza).
Fin troppo facile, quindi, parlare oggi di ”sconfitta della sinistra”. Ma in realtà, è mai esistita, questa sinistra?
Secondo la terminologia classica - quella fin de siècle, tanto per intederci – la sinistra è quell’ala dello schieramento ideologico che tende a privilegiare gli interessi dei cosidetti “lavoratori” su quelli dei cosiddetti “padroni”. La sinistra classica chiede “più soldi nella busta paga” del lavoratore, copertura assicurativa e medica generalizzata, protezione dei diritti individuali di fronte ai soprusi dell’imprenditore troppo rapace, ecc. ecc. A sua volta, nel sociale, la sinistra promuove tutti quei servizi che possano andare, ancora una volta, a favore del lavoratore: asili nido, trasporti efficienti, organizzazioni legali gratuite, ecc.
Insomma, per dirla in soldoni, la sinistra “viene incontro ai problemi del lavoratore”.
A guardarla bene, però, questa sinistra sembra quasi essere un sofisticato “braccio secolare” della destra, in quanto si proccupa, in ultima analisi, di migliorare la produttività complessiva del paese. Mentre è giustissimo, sacrosanto e intoccabile, che il lavoratore abbia una adeguata copertura assicurativa, questo alla fine si traduce – guarda caso - in una sua aumentata produttività complessiva: il metalmeccanico che si è fatto male sul lavoro, se adeguatamente protetto e ricompensato, non dovrà dannarsi a fare debiti per ripagare da solo le spese mediche, e quindi "mi ritorna prima" a lavorare in ferriera, sereno ed efficiente quanto prima.
Il lavoratore che trova i servizi pubblici funzionanti non rischia di far tardi al mattino, ... ... e “mi timbra il cartellino” con regolarità stupefacente.
Il lavoratore che trova adeguata rappresentazione legale rinuncia a “ribellarsi al sistema”, e si lascia docilmente impegolare in un percorso legale che durerà comunque degli anni, mentre continuerà tranquillamente a “venirmi in fabbrica” tutte le mattine.
Le madri che possono disporre degli asili nido non dovranno rinunciare al lavoro, e daranno comunque il massimo contributo possibile al ciclo produttivo, nonostante la bizzarra idea della maternità che la ha colte lungo il percorso.
In altre parole, quando ti obbligano a mettere la cintura di sicurezza non lo fanno certo “nel tuo interesse”, come ti dicono. Lo fanno per ridurre i costi ospedalieri dei troppi ricoveri che sarebbero dovuti a chi guida senza cintura. (Altrimenti, se fosse per il tuo interesse, ti proibirebbero anche di bere superalcolici. Invece quelli rendono bene, se consumati, e quindi nel loro caso “viene rispettato in pieno il tuo diritto alla libera scelta”. Siccome invece le teste rotte non producono denaro, ma incidono sui conti pubblici, in quei casi la tua libertà di scelta viene revocata, e la cintura devi metterla per forza.)
Tornando alla “sinistra” politica, la fregatura che questa comporta sembra quindi essere doppia: non solo il lavoratore deve dannarsi dal mattino alla sera (scioperi, elezioni, manifestazioni, proteste, sindacati, trattative infinite) per avere cento lire in più nella busta paga, ma alla fine tutto il suo sforzo si traduce comunque in una maggiore efficienza produttiva, i cui proventi rifluiscono - guarda caso - in tasche altrui.
Mentre con un semplice rincaro della benzina, o delle sigarette, si recuperano in fretta anche quelle cento lire in più che gli si è dovuto aggiungere nella busta paga.
Cornuti, e pure mazziati. Toh. Così impari a fidarti del sindacato.
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E’ anche vero, d’altronde, che una sinistra intesa come “organizzazione sociale di tipo marxista” sia un’utopia ormai relegata alle pagine della storia. Si potrà discutere all’infinito se quello di Stalin fosse vero comunismo, oppure solo fascismo colorato di rosso, ma di fatto nessuno oggi pensa che una organizzazione sociale di quel tipo sia anche solo lontanamente ipotizzabile.
Che cosa resta, quindi, dietro a questa magica parola inafferrabile? E’ davvero possibile che il famoso “sogno di sinistra”, che quasi tutti hanno vissuto almeno una volta, in maniera più o meno intensa, nell’arco della loro esistenza, fosse solo uno specchietto per allodole senza nessuna possibilità di concretizzarsi in qualcosa di valido?
Forse la risposta sta tutta nelle parole. O meglio, nel senso recondito, trasversale, implicito, che noi diamo a certi vocaboli di ampio consumo, come appunto “sinistra”.
Vi sono infatti moltissime persone che per “sinistra” intendono semplicemente “una società più equa e giusta”, indipendentemente dalla effettiva organizzazione sociale. Queste persone parlano cioè di valori, e non di struttura sociale. Parlano di principi assoluti, e non di leggi temporanee. Parlano di etica universale, e non di pratica quotidiana.
Queste persone magari non sapranno come risolvere il problema della spazzatura in Campania, ma sanno che è profondamente ingiusto che un qualunque nostro concittadino debba scavalcare un muro di rifiuti marciscenti per andare a lavorare, mentre qualcun altro si arricchisce alle sue spalle grazie a questo.
Se cosi stanno le cose, però, non serve a nulla rivolgersi ai vari Veltroni, Fassino, D’Alema o Bertinotti, che come abbiamo visto sono solo dei cani da guardia del sistema produttivo, ma bisogna individuare prima di tutto i valori di fondo da perseguire, e solo in seguito “fare delle leggi” che li riflettano nel modo migliore possibile.
Attenzione, però, perchè qualcosa di simile avviene anche nella destra, e il fatto di essere di sinistra, per quanto molti lo credano, non significa affatto avere ragione per forza.
Anche la persona di destra ha i suoi valori, che sono magari basati su principi gerarchici invece che equalitari, che riconoscono certi privilegi invece di combatterli, che valorizzano certi comportamenti invece di disprezzarli, ma che comunque fanno capo a una filosofia che va rispettata in quanto tale: non tutti quelli di destra sono “fascisti col manganello”, e molti di loro mostrano anzi una lucidità di visione, una integrità morale e una coerenza di fondo che i loro corrispettivi di sinistra manco se la sognano.
E a questo punto sono certo che anche molte delle persone che si definiscono di destra rispettino e perseguano quei valori universali che spesso sono percepiti – erratamente - come prerogativa esclusiva della sinistra.
In altre parole, se destra e sinistra significano semplicemente “due campi da golf in più e due scuole pubbliche in meno”, o viceversa, allora va benissimo mantenere i parametri e la mentalità di scontro dualistica che abbiamo ereditato dal secolo scorso.
Altrimenti è forse giunto il momento di suggerire una diversa classificazione degli individui, che superi l’antagonismo di facciata, e veda riuniti da un lato gli strozzini, i vigliacchi, i prepotenti, i ladri, gli sfruttatori, le mezzane, i bugiardi le bagasce e i quaquaraquà di tutta Italia (e quanti ne vedo, della sinistra, in questo caso), e dall’altra le persone oneste, rispettose e rispettabili, disposte a lavorare senza rubare, pur di avere in cambio quanto gli spetta, disposte ad aiutare chi ne ha bisogno senza per questo incoraggiare la pigrizia, disposte a guadagnare il giusto se imprenditori, ma non necessariamente perseguire l’eccesso, e soprattutto persone in grado di fare delle scelte in piena autonomia individuale, pronte ad assumersi in pieno le responsabilità che derivano da tali scelte.
Portatemi un paio di persone così, e a quel punto potete anche raccontarmi che vengono dalla Luna, come schieramento politico, che non mi cambia nulla. Io con persone del genere so che potrei convivere serenamente e costruttivamente fin da adesso.
Massimo Mazzucco
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