La recente lettera del "giovane" Antonio C. ha dato vita ad una serie di commenti interessanti, nei quali il sito ha anche scoperto la "questione generazionale".
Non solo i figli si sono dichiarati tali, ma anche i padri hanno fatto il loro outing, scoprendosi pieni di pensieri e di sensi di responsabilità. Da questo punto in poi è nata in qualche modo l'idea di una "nursery", o ambiente protetto, nel quale i "pargoli" di luogocomune possano crescere in totale serenità.
Di quanta presunzione si celi in questa idea, forse solo i figli stessi si sono accorti, abituati come sono a sentirci pontificare dal mattino alla sera, in quell'ambito particolarmente compiacente che sono le mura di casa.
Ma al di là di ogni giudizio critico, resterebbe sempre da decidere chi siano davvero i "giovani" da cacciare nella nursery, e chi i "vecchi" a cui spetti il compito - oppure il diritto - di farlo. E' infatti evidente ... ... che la semplice scheda anagrafica non basta.
Diciamo anzi che quella rischia pure di ingannarti, poiché nessuno può garantirmi che Antonio, che ha 17 anni, sia davvero più "acerbo", in senso mentale, di mio zio Fabrizio, che ne ha 40 più di lui. (Provate a ragionare con mio zio, poi capirete cosa voglio dire).
Non stiamo parlando, naturalmente, di quell'accumulo di conoscenza generico che distingue da sempre l'anziano dal giovane. E' ovvio che più avanzi negli anni, più fai esperienze che bene o male traduci in conoscenza. "Sai più cose", su questo non c'è dubbio.
Ma bisogna anche guardare che cosa ciascuno riesce a fare, con quel determinato numero di cose che ha imparato fino a quel momento.
Con cinque indizi sul tavolo, un detective di vent'anni può benissimo arrivare a capire chi è l'assassino, quando un suo collega quarantenne magari non riuscirebbe a raccapezzarsi davanti a quindici indizi dello stesso tipo.
In quel caso, chi è il detective più "giovane", nel senso di acerbo, e chi quello più "anziano", nel senso di saggio? Einstein la relatività l'ha scoperta da giovane, mentre da vecchio si è impelagato nella ricerca della cosiddetta "Teoria del Tutto", senza riuscire a cavare un ragno dal buco.
Prima di poter stabilire certe gerarchie, quindi, bisogna saper valutare non soltanto la quantità di informazioni che ciascuno ha accumulato nel tempo, ma anche l'uso specifico che ne sa fare in una determinata circostanza.
Un pò come il rapporto peso/potenza nelle macchine da corsa. Puoi anche avere il doppio dei cavalli, ma se pesi il triplo, ti lascio comunque inchiodato al semaforo.
Con il passare degli anni, che ti portano esperienza e conoscenza, si verifica infatti anche un fenomeno abbastanza diffuso, che è quello della cristallizzazione nel tuo modo di pensare. Man mano ti ritrovi a sostituire, ai normali ragionamenti, certi meccanismi automatici, certi percorsi mentali sicuri e collaudati, che si chiamano "preconcetti".
E più ne sviluppi, più tendi a farci affidamento - vuoi per comodità, per senso di sicurezza, o per semplice pigrizia mentale - finchè ti ritrovi un giorno a non volere più cambiare idea nemmeno davanti all'evidenza più lampante.
Di per sè, sia chiaro, un preconcetto non è necessariamente qualcosa di negativo. E' semplicemente un pezzo di percorso mentale già fatto mille volte, che non ritieni più necessario iniziare daccapo.
Mentre la mente del giovane, povera sì di esperienza e di conoscenza, ma anche sgombra da questi preconcetti, è più aperta ed elastica, e ciò gli permette di inventarsi magari dei percorsi mentali che all'anziano non verrebbero in mente nemmeno a pagarlo.
Facciamo un esempio: io da giovane ho scoperto, con sommo stupore, che i politici A, B e C rubavano. Poi ho scoperto, con un pò meno di stupore, che lo facevano anche altri politici, e poi, sempre meno esterrefatto, che lo facevano anche altri, e poi altri, e poi altri ancora. Alla fine ho deciso che i politici, nella stragrande maggioranza, hanno questa curiosa tendenza a rubare i soldini altrui.
E se oggi leggo una notizia, in cui mi si dice che il politico tal dei tali ha proposto una legge a cui tiene tantissimo, mi viene automatico domandarmi se per caso non abbia un interesse nascosto, di tipo economico, nell'approvazione di quella legge.
E nel novanta per cento dei casi ci ho preso in pieno. [A proposito, come va la faccenda del TAV, in Val Susa?]
Affidandomi però al quel preconcetto, non ho più nemmeno considerato una eventualià diversa, come ad esempio quella in cui il politico sia ricattato da una certo gruppo di persone, che vuole invece far passare quella legge per motivi completamente diversi. In quel caso non solo avrei mal giudicato il mio politico, ma non arriverei mai nemmeno ad immaginare la trama oscura che si nasconde dietro alla faccenda.
Mentre il giovane, la cui mente ancora non ha "deciso" che i politici siano per forza dei ladri patentati, avrebbe molto meno difficoltà ad ipotizzare anche un ricatto, arrivando magari lui per primo dove io stesso mi ero impedito di arrivare.
Da una parte quindi serve la conoscenza, intesa come massa di informazioni e di esperienza, a cui attingere di volta in volta, ma dall'altra serve anche mantenere lo strumento libero da ogni passaggio scontato, da ogni "percorso già fatto", per poter usufruire al meglio di tutta quella conoscenza.
Sembrerebbe quindi che il più "anziano", inteso in senso positivo, sia colui che riesce a mantenere il migliore equilibrio fra l'esperienza accumulata e la libertà dai preconcetti che questa esperienza, prima o poi, ti porta a formulare.
A questo punto però chi glielo dice, a mio zio Fabrizio, che nella nursery dovrebbe andarci lui?
Massimo Mazzucco
Vedi anche:
LA VERITÀ, LA BUGIA, E I NOSTRI "SCIVOLI" MENTALI
"Forse il grande segreto di questa moderna democrazia, è quello di averci completamente irreggimentato, corpo e mente, nella piena convinzione di essere assolutamente liberi di agire e di pensare".