di Andrea Franzoni
Il sistema attuale di classificazione delle droghe è fondato più su "ragioni" politiche e culturali che sull’effettivo danno che le sostanze possono arrecare (e arrecano) alla salute. Le tabelle che ordinano le sostanze psicotrope, infatti, contengono molte anomalie e hanno scarsi fondamenti scientifici dovuti all’interferenza delle “ideologie”, dei retaggi culturali e dei poteri economici in quelle che dovrebbero essere oggettive realtà scientifiche.
La documentata e ponderata “denuncia” arriva dall’autorevole “Science and Technology Committee”, una commissione della “camera bassa” britannica composta da esperti provenienti dai tre schieramenti politici, che ha come mission quella di “controllare” e consigliare il governo su tutto ciò che riguarda appunto le questioni scientifiche di interesse nazionale e di competenza politica.
I risultati che questo comitato scientifico ha raggiunto [1], basandosi su criteri giudicati più scientifici e indipendenti dalla percezione di pericolosità inculcata per ragioni politiche, culturali o per semplice ignoranza nell’opinione pubblica, sono assolutamente rivoluzionari e rivedono il sistema di classificazione degli stupefacenti. Nella classifica delle venti sostanze psicotrope più dannose prodotta dal comitato, infatti, … … l’alcol compare addirittura al quinto posto mentre il tabacco risulta nono in ordine di pericolosità. Molto più indietro, nella classifica “aggiornata” guidata ancora da eroina e cocaina, la cannabis (11) e l’ecstasy (18).
«E’ tempo di avere un approccio più sistematico e scientifico alla classificazione delle sostanze stupefacenti», ha accusato Phil Willis, uno dei membri della commissione, alla BBC. Secondo gli esperti, il governo ha il dovere di rivedere i livelli di pericolosità stabiliti decine di anni fa alla luce delle prove scientifiche e, soprattutto, indipendentemente dal “sentire” dell’opinione pubblica e dei media. «E’ assolutamente ragionevole, da parte del governo, considerare il parere dell’opinione pubblica nella classificazione delle sostanze» ammette il rapporto. Tuttavia, spiega la commissione parlamentare, il governo dovrebbe prima di tutto tenere conto della realtà scientifica dei fatti, piuttosto che dei timori della popolazione, degli attacchi dei media e delle facili strumentalizzazioni.
Un approccio serio sarebbe necessario quantomeno per dare una corretta informazione sugli effetti dannosi che le varie sostanze hanno, correggendo e superando la disinformazione operata e radicata, nel tempo, anche grazie alle campagne di stampa e di “scienza” legate ai vari interessi politico-economici: questo il senso della denuncia della “Science and Technology Commission” della House of Commons inglese.
Il sistema britannico attuale è basato sulla divisione delle droghe in tre categorie indicate con le lettere “A”, “B” e “C”. Le sanzioni penali per quanto riguarda le droghe di fascia A (le più pericolose) sono più pesanti, e la punizione decresce al diminuire della pericolosità delle sostanze (categoria B e C). Nella tabella sono messe a confronto l’attuale graduatoria (il colore della colonna indica la fascia in cui attualmente è inserita, ad esempio in rosso la fascia “A”) e la graduatoria proposta dal comitato (altezza delle colonne, l’eroina è la più pericolosa) basata, a detta degli studiosi, su metodi più scientifici e sull’effettiva pericolosità della sostanza nonché sul loro impatto sociale.
Evidente la posizione di alcol e tabacco, considerati più pericolosi della Cannabis (che dal 2004, in Inghilterra, è nella fascia C), dell’LSD e dell’ecstasy (oggi nella fascia A con cocaina e eroina). Da notare la presenza del Metilfenidato, sostanza anfetaminica principio base in alcuni psicofarmaci (Ritalin) per il trattamento di presunti disturbi psicologici nei bambini (ADHD), a fianco dell’LSD e prima dell’Ecstasy.
Il rapporto, precisano i membri del comitato, non ha assolutamente lo scopo di proporre la penalizzazione se non la proibizione di alcol e tabacco. E’ però dovere del governo, secondo gli studiosi, aggiornare la classificazione per fornire all’opinione pubblica una giusta percezione riguardo alla pericolosità delle varie sostanze inserendo anche alcol e tabacco.
E’ parzialmente inutile entrare ora in una infinita diatriba sulla pericolosità delle varie sostanze e sulla validità di questo rapporto, per quanto autorevole e –teoricamente- super partes possa essere l’istituto pubblico che l’ha prodotto. Come si valuta, infatti, la pericolosità di una droga? Come è possibile paragonare sostanze e principi attivi diversi contenuti in concentrazioni diverse in prodotti dei quali si fa un consumo vario, nelle quantità come nei modi di assunzione? Senza contare il fatto che ognuno reagisce in maniera differente, con diversi livelli di tollerabilità, o che ogni grammo di sostanza può contenere i più disparati additivi e concentrazioni di principio attivo anche molto differenti, specialmente in un sistema illegale e quindi incontrollato come quello attuale, dove la sicurezza del consumatore e’ affidata alle mani di produttori e trafficanti privi di regole, di scrupoli, di conoscenze.
La cosa più importante che emerge dal rapporto è però il riconoscimento (e la denuncia) dell’interferenza di ragioni politiche, culturali ed economiche, nella classificazione della pericolosità delle droghe operata dalle autorità statali che si sarebbero dovute basare (e aggiornare) sulla base di criteri scientifici, sperimentali, e non sulle interferenze praticate dagli interessi in gioco o sui timori e sulle convinzioni errate inculcate nella pubblica opinione. Qualcosa, insomma, non va come dovrebbe e, a pensarci bene, e’ più che evidente.
Basti pensare al tabacco, spinto in passato da potenti lobby e considerato fino a poco tempo fa innocuo dall’opinione pubblica vittima di questi poteri forti e del governo, complice talvolta nell’intascare, tramite una cospicua tassa la propria parte del bottino (che non basta poi nemmeno a coprire i costi per la sanità pubblica che il tabacco comporta).
O basti pensare all’alcol e al vino, incastrato tra i luoghi comuni retaggio della tradizione e i grandi interessi del settore viticolo italiano, grazie ai quali ancora oggi affermare che il vino non solo non “fa buon sangue” ma che anzi, facendo la somma di danni e benefici fisici che comporta, pare essere un prodotto dannoso per l’organismo, è una bestemmia contro l’orgoglio nazionale. Che un bicchiere di vino faccia bene al cuore, infatti, è tutto da dimostrare: esistono ricerche nell’uno e nell’altro senso. Idem per altre “proprietà miracolose”, come la mitica “lotta al colesterolo”, considerata dai più marginale e più frutto di propaganda che di evidenze scientifiche. Al contrario l’affaticamento del fegato e altri danni sono noti e oscurano, evidentemente, i presunti benefici. Senza dovere arrivare al problema dell’alcolismo o del “binge” drinking.
Già il fatto che esistano studi, ricerche, scienziati e scuole di pensiero che dicono, documentano e dimostrano, almeno agli occhi di chi e’ privo di conoscenze specialistiche, tutto e il contrario di tutto, dovrebbe farci sorgere qualche dubbio.
Una volta riconosciute le interferenze le questioni sono due: In primis è dovere del governo informare correttamente i cittadini sulle proprietà delle sostanze, dai superalcolici alla cannabis, senza curarsi dei lamenti dei poteri economici che in questo processo hanno solo da perdere. In secondo luogo, una volta che questa informazione darà ai cittadini gli strumenti per agire in maniera veramente libera (con consapevolezza), è giusto che sia lasciato agli italiani il diritto di scegliere, certo reprimendo le sostanze evidentemente più pericolose (droghe pesanti), se fare uso o no delle droghe leggere, come dell’alcol o del tabacco, senza ricorrere a proibizionismi retrogradi, antiscientifici e forieri soltanto di lauti grandi guadagni per la criminalità.
Tranquilli: continueremo comunque a bere vino e amari e magari a fumare sigarette, con moderazione, ma senza sentirci raggirati per l’ennesima volta dalle lobby e dal nostro stesso governo. E magari ci fumeremo anche qualche spinello senza sentirci dei delinquenti, anche se non fa esattamente bene, perché tutto ciò ci fa in fondo un poco bene allo spirito che, specie di questi tempi, merita i suoi piccoli vizi e i suoi piccoli piaceri.
Tra sostanze chimiche non testate, inquinamento, OGM, cartoni per la pizza, involucri di panini o antitraspiranti potenzialmente cancerogeni, aspartame, ventate di uranio impoverito dai Balcani, radiazioni, elettrosmog, solventi, radiazioni e company, d’altra parte, c’è ben poco da fare i salutisti.
Andrea Franzoni (Mnz86)
[1] http://www.publications.parliament.uk/pa/cm200506/cmselect/cmsctech/1031/103102.htm
Vedi anche:
La vera storia della marijuana. Perchè fu proibita"