CHI HA IL CANCRO NON PUO' ASPETTARE
Alcune considerazioni sulla medicina alternativa, con il racconto di un'esperienza in prima persona.NOTA: Ciò che segue rappresenta esclusivamente l’opinione di chi scrive. Trattandosi di una materia particolarmente delicata, ognuno è doppiamente invitato a leggere criticamente, a formarsi comunque una opinione propria, e sopratutto a non prendere assolutamente nulla per scontato.
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E’ difficile accettare un qualunque discorso “alternativo” in medicina, se prima non si è passati dalla amara constatazione che non necessariamente la medicina ufficiale – quel mostruoso conglomerato di pillole, ospedali e dottori che si muove ormai al comando esclusivo delle grandi case farmaceutiche – abbia come priorità assouta quella di curare chi è malato e di alleviarne le sofferenze.
Purtroppo però, per chi volesse approfondire la faccenda, questa si rivelerebbe presto una realtà macroscopica. La medicina mondiale oggi è un mostro ... ... che si nutre esclusivamente di ciò che partorisce, in una spirale di interessi economici che ormai è ben difficile pensare di arrestare.
Non che ci sia particolare malafede, almeno non nella classe medica in sè. Anzi, quando una persona sceglie di fare il medico, di solito è mossa da un sincero senso di compassione per i suoi simili. Ma è il sistema stesso, mosso da quei pochi che con la compassione hanno ben poco a che fare, che fa prevalere la logica del profitto su quella originaria, e che impone quindi scelte, lungo la strada, che ci hanno portato man mano fuori strada.
Se oggi paradossalmente si scoprisse, per esempio, che dei semplici occhiali con delle lenti di plastica bucherellate aiutano a correggere la miopia, l’enorme macchina mondiale dell’industria oftalmica - milioni di dollari che si muovono ogni giorno intorno ai “quattr’occhi” di tutto il mondo - non potrebbe semplicemente accettare una verità del genere, e sarebbe costretta a soffocarla con ogni mezzo a disposizione.
E “con ogni mezzo”, a quei livelli, significherebbe come minimo: far partire sui media una campagna immediata di diffamazione contro la presunta “novità”. Diffondere nella classe medica ricerche scientifiche “modificate”, che dimostrino come in realtà si tratti di una bufala. Perseguitare chi ha osato proporre al mondo quell’alternativa, fino a fargli passare la voglia di parlare anche solo per dire ciao. (Quando ci sono di mezzo i miliardi veri, non si sta certo a consultare il galateo).
Ecco come, se solo proverete a nominare al vostro medico quella novità di cui avete sentito parlare, non solo vi accoglierà col classico sorrisino di sufficienza, ma lo farà in perfetta buona fede, convinto dal “suo “ sistema accademico/mentale che in realtà si tratti di un raggiro come tanti. “Loro”, purtroppo, sono arrivati prima di te.
Il cancro
Questo triste quadro generale vale, purtroppo e sopratttutto, anche per il cancro.
Coloro che da tempo amano informarsi in proprio, sanno che esisteuna serie di prodotti naturali, completamente diversi uno dall’altro, che sono ritenuti in grado di debellare il cancro. Ed esistono, soprattutto per i più popolari di questi prodotti, tali quantità di testimonianze a favorei che viene davvero da chiedersi come mai la medicina ufficiale non li prenda nemmeno in considerazione.
La cosa interessante di questi prodotti, che rinforza decisamente la loro credibilità, è che tutti paiono funzionare in base allo stesso identico principio: non è il prodotto in sè che sconfigge il cancro, è il tuo sistema immunitario che lo fa, rinforzato e rinvigorito da quel prodotto fino a tornare alla capacità combattiva che ha perduto, nel tempo, per svariati motivi. (In realtà, tutti meno uno, di cui parleremo a parte).
Non solo non sono laureato in medicina, ma qui il discorso si fa subito complesso. Non fatico però a credere che mille elementi nella nostra “società moderna” – che siano il mercurio nei dentifrici piuttosto che non le spropositate vaccinazioni di massa – abbiano reso il nostro sistema immunitario mediamente molto più debole di quello che dovrebbe essere per natura. E mentre un sistema perfettamente sano pare in grado di debellare la stragrande maggioranza dei focolai cancerogeni, molti di noi cederebbero alla malattia proprio per quella deficienza causata dal modo di vivere moderno. (C’è chi sostiene che anche AIDS, sclerosi multipla e molte altre malattie cosiddette “autoimmuni” affondino le radici in questo problema, ma sinceramente non me la sento di allargare il discorso fino a quel punto). Ho però letto di vari studi nei quali si è scoperto, durante le autopsie, che una gran percentuale di invidui sani aveva avuto, nel corso della vita, anche due o tre focolai tumorali – senza saperlo ovviamente - che in qualche modo erano stati sconfitti senza intervento esterno).
Comunque, “aiutati che Dio ti aiuta” sarebbe la risposta – in senso generale, ovviamente - al cancro e a tutte le malattie di quel genere. Ovvero, usa ciò che la natura ti mette a disposizione per riportare il tuo sistema immunitario alle capacità originarie, e poi rilassati. A combattere le varie battaglie ci penserà poi lui, spesso senza nemmeno fartelo sapere. (Per ottenere questo risultato, ovviamente, una dieta adeguata diventa indispensabile).
Se questo però è già un concetto ostico per noi “pazienti”, figuriamoci per un medico, la cui educazione ha viaggiato sin dall’inizio in direzione diametralmente opposta: essa tende infatti prima di tutto a individuare, combattere e sopprimere il sintomo, e solo in un secondo luogo - ma con molta, molta più calma – a cercare di comprenderne e prevenirne le cause. (Talmente con calma, in realtà, che ad oggi non si ha ancora la minima idea di che cosa possa causare li cancro).
Una piccola testimonianza
Pur sapendo ormai per via diretta di varie persone che sono sopravvissute al cancro grazie a questi metodi, l’unico episodio che mi sento di raccontare in piena tranquillità – per averlo vissuto in prima persona – è quello di un misero cane, e del suo curioso veterinario. (I cani in realtà, come tutti mammiferi superiori, hanno un organismo molto più simile al nostro di quello che si potrebbe immaginare).
Avevo un cane, di sedici anni, abbastanza sgangherato anche per quell’età. Un giorno ci siamo accorti che aveva un tumore al fegato grosso praticamente quanto il fegato stesso. Trattandosi di carcinoma del peggior tipo, il veterinario mi disse: guardi, se vuole glielo opero anche, ma lei spende i soldi e comunque entro sei-otto settimane le garantisco che il cane non c’è più. Io, che non avevo mai calcolato quanto possa valere la vita di un cane per settimana, decisi nel frattempo di operarlo.
Una volta a casa, iniziai a dare al morituro un prodotto di cui vi parlerò in seguito, e che già sapevo aver funzionato con alcune persone conosciute da vicino.
Dopo due anni mi presentai con lo stesso cane dallo stesso veterinario, per togliere un dente cariato. Il veterinario nel frattempo ne aveva visti passare a centinaia, e non si rese conto che si trattava di un fantasma finchè non andò a compilarne la cartella medica. “Ma come, non è possibile!” – esclamò il veterinario - questo cane NON PUO’ essere vivo. Qui c’è scritto carcinoma, e questa è la mia calligrafia, la riconosco!” “Certo che la riconosce. L’ha operato lei, due anni fa...” Fece subito una radiografia, ma si intravvedeva solo una macchia opaca, accanto al fegato, che non si riusciva bene a spiegare. Volle allora sapere come avevo fatto, e mentre glielo raccontavo vedevo nei suoi occhi anni di accademia sgretolarsi uno sull’altro come biscottini secchi. Ma si ripromise coraggiosamente di informarsi a fondo, e mi ringraziò ripetutamente.
Quando però tornai da lui, un paio di mesi dopo, la sorpresa fu tutta per me. “Mi sono poi informato sa – mi disse - ma pare che 'sta cartilagine (v. sotto) sia solo una gran bufala che c'è in giro da un pò. Ma non c’è niente di vero. Il suo cane sarà rimasto in vita per una qualche coincidenza statistica che non siamo in grado di spiegare.”
La porta che si era momentaneamente aperta (sulla speranza di mille altri cani come il mio) era stata subito richiusa dalle “difese naturali” di quel veterinario. Ovvero, di fronte all’idea di buttare alle ortiche tutto quello che aveva imparato negli anni, aveva preferito ricorrere alla solita “inspiegabilità statistica” pur di non farlo.
Io comunque me ne andai contento – il mio dovere sentivo di averlo fatto - ed il mio cane finì per morire, sereno e sazio di vita, a pochi giorni dal suo ventesimo compleanno. Di cuore, naturalmente, non di cancro.
Il prodotto che gli aveva regalato quasi quattro anni di vita è la cartilagine di squalo, ed è l’unico tra quelli di cui parlavo prima che agisca in maniera completamente diversa dagli altri. Invece di rinforzare il sistema immunitario, infatti, la cartilagine di squalo ha una proprietà specifica (accertata scientificamente) detta “antiangiogenica”, che la porta ad attaccarsi a qualunque cellula neoplastica che trovi per stada, avvilupparla in una specie di velo impermeabile, ed impedire che attorno ad essa si sviluppino nuovi capillari. E siccome tutti i tumori necessitano di neovascolarizzazione per crescere, questi rimangono invece nello stato in cui sono, e lentamente muoiono per asfissia. (Ecco spiegata la macchia scura accanto al fegato del mio cane. Era il vecchio tumore, completamente atrofizzato).
La cartilagine di squalo
La cartilagine di squalo ormai ha una storia che risale agli anni ’70, quando il medico William Lane, in base ad una ricerca eseguita a Cuba, pubblicò il libro “Sharks don’t get cancer” (Agli squali non viene il cancro). Il contenuto era talmente esplosivo, che il libro fu costretto immediatamente ad una faticosa circolazione sottobanco. Ma col tempo ce l’ha fatta, e la cartilagine ha riscontrato totalmente tanti successi negli anni, che ormai è una realtà impossibile da estirpare.
Come combattono in questo caso, le case farmaceutiche, un prodotto del quale riconoscono addirittura le preziose proprietà antiangiogeniche? Prima di tutto impedendo a chiunque di pubblicizzarlo come “cura per il cancro”, e costringendolo così nel settore delle “vitamine” generiche, non testate scientificamente (starebbe a loro farlo, guarda caso). Settore che poi provvedono periodicamente a far bollare dai media come “alternativo”, “new age”, “esoterico”, “orientaleggiante” e così via, fino a minarne alla base la credibilità necessaria per una vasta diffusione sul mercato.
Nel silenzio della loro vergogna, però, vi dico con certezza che le stesse case farmaceutiche stanno tentando disperatamente, da anni, di replicare in laboratorio le proprietà antiangiogeniche della cartilagine di squalo. Ma lo squalo il suo segreto se lo tiene gelosamente in fondo al mare, lasciando capire che fra prodotto sintetico e quello organico ci deve essere quella piccola differenza che determina la vita o la morte di chi è ammalato di cancro. Sorry, Mr. Bayer, sarà per un’altra volta.
Il resto sulla cartilagine – compreso mille resoconti personali di “casualità” come la mia (ma su esseri umani) - lo potete trovare facilmente in rete, digitando in un qualunque motore di ricerca la parole “cartilagine di squalo”. (Solo per rendervi conto della realtà che c’è sotto, provate anche a digitare le parole “shark cartilage”, in inglese, oppure il titolo del libro, e vi renderete conto del numero effettivo di siti nel mondo che trattino questo argomento.
Le bufale di solito non raggiungono nemmeno un millesimo di quella popolarità.
Massimo Mazzucco
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