di C. Andrea Eremita
Spesso si dice che il grado di civiltà di una società si misura dalla cura e considerazione che questa ha degli animali. È certamente vero, ma nei tempi di oggi forse occorre aggiornare tale principio, dicendo che il grado di civiltà di una società si misura da quanti rifiuti produce, e da come li smaltisce.
Uno dei limiti di percezione della cosiddetta civiltà “moderna” sta nel valutare la qualità dei beni che produce solo limitatamente all’utilizzo immediato che se ne può fare.
Si giudica buono un fagottino del Mulino Bianco nel momento in cui viene addentato, ma non si valuta quanto disti lo stabilimento che l’ha prodotto, nè si considera quanti chilometri dovrà ancora fare la sua voluminosa confezione prima di essere smaltita (non parliamo in questo caso dell’aspetto qualitativo dei suoi ingredienti). Lo stesso vale per l’energia nucleare, giudicata a buon mercato solo perchè non si “contano” tutte le problematiche di impatto e rischio ambientale, la reperibilità del combustibile, ed infine lo smaltimento delle scorie radioattive, che in realtà non sono smaltibili, ma solo “abbandonabili” da qualche parte, e quindi consegnate in regalo alle generazioni future (l’Italia ne ha da smaltire 90.000 metri cubi, e nel 2025 rientrerà un'altra quantità sostanziale, spedita all’estero per il riprocessamento).
Tornando ai rifiuti, il nuovo governo decisionista si è impegnato a risolvere l’emergenza in Campania - ed altre incombenti emergenze - con la costruzione di termovalorizzatori. Per quanto moderni, ... ... la tecnologia che essi usano è quantomai elementare: quella della incenerizione.
Da un certo punto di vista, incenerire appare come la soluzione più semplice e naturale. Fatta eccezione per metalli, scorie inerti e vetro, tutto il resto brucia. Il problema sta nella destinazione ultima delle ceneri, sia quelle pesanti, sia quelle leggere che, per quanto filtrate, vengono immesse nell’ambiente con i fumi.
Anche lo smaltimento e dispersione delle ceneri nell’ambiente potrebbe apparire un fatto del tutto naturale, ma la cultura agricola biologica, ed in particolare quella biodinamica, suggeriscono un cauto utilizzo - negli orti e nell’agricoltura in genere - delle ceneri derivanti dalla combustione di vegetali, preferendo a questa pratica il compostaggio.
In particolare si consiglia di non utilizzare o spargere le ceneri di vegetali negli stessi ambienti in cui si coltivano. La ragione è molto semplice: la pianta che riceve e metabolizza le ceneri dei propri simili “sente” in qualche modo quella presenza come un segnale di morte, e per questo è indotta a limitare o addirittura arrestare il suo sviluppo. È come se fosse pervasa da una sorta di depressione che le fa affermare: “È tutta morte intorno a me. Che senso ha vivere? Meglio morire.”
A suo tempo, con la BSE o mucca pazza, accadde qualche cosa di simile: a innescare l’epidemia fu l'uso di farine animali nell'alimentazione dei bovini.
L’agricoltura biodinamica utilizza questi principi a proprio vantaggio: nel caso si vogliano eliminare dal terreno dei parassiti, ad esempio, occorrerà prendere un buon numero degli stessi, incenerirli e spargere i resti nel campo da cui si intende allontanarli. Per quanto possano apparire esoteriche queste tecniche, erano patrimonio dei pragmatici gerarchi nazisti, i quali sparsero per lungo tempo nei cieli d’Europa quanto restava nei forni crematori, con il fine apparente di allontanare gli ultimi ebrei rimasti.
Visto quanto sopra, non è difficile capire quale possa essere l’impatto a lungo termine di un inceneritore sull’ambiente e sulle persone. L’immissione nell’aria di ceneri di resti vegetali apporta una costante ingerenza nel delicato e vitale humus. Esse portano un continuo messaggio di morte su tutto il fronte delle culture, a partire dai cereali che sono la base dell’alimentazione, per arrivare a frutta ed ortaggi.
A difesa dei termovalorozzatori, c’è chi sostiene che “in fondo l’emissione di ceneri è minima”, ma in realtà tale minimo costituisce sempre una dose omeopatica che, anzi, più è bassa più è destinata ad alterare in profondità il processo naturale. (In Natura, la quantità di azione necessaria a procurare qualsiasi cambiamento è la più piccola possibile. La dose determinante è sempre un minimo, un infinitesimale).
Si può credere o non credere alla scienza omeopatica e alla biodinamica, che guardano al mondo naturale il modo nettamente diverso dall’occhio moderno, strettamente legato al dato scientifico, ma anche in questo senso le prove non mancano: una nutrita serie di ricerche (pare che siano oltre 400 ormai), conferma la nocività delle emissioni da incenerizione. L’ultima di queste ricerche è stata pubblicata dall'Istituto Statale di Sorveglianza Sanitaria francese (consultabile
sul sito di Pubmed).
Vi si legge che la causa fondamentale della nocività delle emissioni è da imputare alla diossina, prodotta dalla combustione della plastica insieme ad altri materiali. (La plastica: ecco un altro importante punto. Insieme ai resti vegetali, c’è anche la confezione coloratissima del fagottino del Mulino Bianco. Da qualche parte doveva pur terminare, ed è stata incenerita.) La molecola della diossina deve la sua micidiale azione alla capacità di concentrarsi negli organismi viventi e di penetrare nelle cellule. Qui va a "inceppare" uno dei principali meccanismi di controllo del DNA, dando origine ad alterazioni genetiche che predispongono al cancro e a malformazioni neonatali.
L’allarme inceneritori è stato dato anche dai Medici Ambientalisti, che hanno inviato al Parlamento Europeo una lettera aperta nella quale si legge:
“...vogliamo ribadire con forza che l’incenerimento è l’ultimo dei rimedi da adottare nella scala delle priorità per lo smaltimento dei rifiuti. E’ una pratica che inevitabilmente produce sostanze nocive e cancerogene e che non risolve il problema: almeno un terzo della quantità trattata si trasforma in ceneri (una parte delle quali altamente tossica), che sono a loro volta da sistemare in discariche e finiranno per perdersi nell’ambiente. La combustione provoca, sempre, non la eliminazione ma la trasformazione delle sostanze che si inceneriscono, innescando un processo che determina la produzione e l’emissione di sostanze molto pericolose (cancerogene); una per tutte la Diossina ed i suoi congeneri, che si accumulano in tutte le fasi del ciclo alimentare. I dati di letteratura scientifica sull’aumento di diossine nei pressi degli inceneritori sono numerosi e preoccupanti, tanto che nella gran parte dei Paesi Occidentali l’incenerimento dei rifiuti non viene più incentivato da tempo. Solo l’Italia ha lasciato tuttora contributi (CIP6, certificati verdi ) per la costruzione di tali impianti avendo equiparato impropriamente ed in contrasto con le direttive europee l’energia che proviene dal bruciare rifiuti a fonte rinnovabile di energia. Senza tali contributi tutti questi impianti sarebbero in perdita dal punto di vista della produzione energetica e dei costi, e non si dimentichi che le emissioni nell’aria di CO2 e di fumi da combustione contrastano sia con le dichiarazioni del Trattato di Kyoto e soprattutto con il diritto dei cittadini alla salute e ad un futuro sano per le prossime generazioni”.
Omeopatia e biodinamica parlano di “impressione di morte”, le ricerche scientifiche parlano di “sostanze cancerogene”: cambia il punto di vista, ma la sostanza è la stessa.
Fin qui si è detto dell’effetto negativo delle ceneri sulla natura e sull’ambiente, e dei danni di tipo genetico causati agli uomini: ma cosa dire dell’aspetto psicologico? Cosa sente un uomo sottoposto per decenni ad una finissima pioggia di cenere? Quale "aria" si respira intorno ad un inceneritore?
Vegetali, carta e plastica vengono bruciati negli inceneritori, mentre si potrebbero tranquillamente riciclare, dimostrando un sano senso di responsabilità per quello che si fa e che si produce.
Se veramente vi fosse una specifica ragione, se veramente tali produzioni infinite di carta, cibo, plastica e quant’altro, avessero un preciso e vitale senso, sarebbero salvaguardate anche nella loro destinazione finale.
Inoltre, rendendosi conto delle problematiche che scatenano, sarebbero limitate nella loro produzione ed utilizzo. Questo non avviene e tutto (pressoche’ tutto) viene mandato all’incenerizione. Cio’ che quindi esse bruciano è il generale non-senso che accompagna stabilmente la vita dell’uomo moderno e cio’ che depositano nei polmoni dei cittadini è un nichilistico messaggio di irresponsabilita’ e di invito allo smodato consumo; oltreche’ l’infausta nazidea che incenerendo quanto non si ritiene utile, si risolvono tutti i problemi.
C. Andrea Eremita
Lettera aperta ai fratelli Prodi