La nascita dell’ ”American Dream”, dal capitolo “Petrolio” del film “Il nuovo secolo americano”:
Come descritto in un
articolo precedente, fu Edward Bernays, il nipote di Freud emigrato in America, a formulare il moderno concetto di propaganda, che si distingueva da quello della semplice pubblicità perchè proponeva, per la prima volta nella storia moderna, una associazione fra idee ed oggetti di tipo irrazionale.
In altre parole, fino a quel giorno la pubblicità aveva semplicemente decantato le qualità dei vari prodotti: fa bene, rinfresca, è più veloce, fa digerire. Bernays invece suggeriva di passare dalla porta di servizio - l’inconscio - proponendo una associazione fra idea e prodotto assoltamente irrazionale ed illogica, ma emotivamente molto più efficace.
Era nata la propaganda, che significa letteralmente “le cosa da propagare”, ovvero le idee da diffondere nelle masse per i motivi più diversi, dal semplice lucro al più sofisticato indottrinamento ideologico.
Ma l’idea di Bernays non era sufficiente per realizzare fino in fondo l’ambizioso progetto di controllo delle masse che stava alla sua radice: fu solo quando un certo Gallup, dopo la guerra, introdusse i cosiddetti “sondaggi di opinione”, che il meccanismo fu completo e pronto per l’uso.
Ora non solo si sapeva “come” fare per far accettare alle masse determinate ideologie o prodotti, ma si sapeva anche “cosa” produrre con esattezza, per soddisfare al meglio i loro desideri.
Negli anni ’50 in America fu un vero e proprio fiorire di “scuole di pensiero” propagandistico, con orde di psichiatri che si vendevano volentieri alle nascenti corporations, desiderose di mettere a frutto al più presto le sofisticate teorie della tradizione freudiana (nel frattempo Anna Freud aveva fatto irruzione sulla scena americana, rilanciando le teorie del padre ben oltre i limiti intravisti dallo stesso fondatore della psicanalisi).
Ma il vero scopo del controllo delle masse, come sappiamo, non è di riuscire a vendere alla popolazione milioni di spazzolini da denti, saponette o automobili, ... ... ma di incanalare il loro esplosivo potenziale mentale verso pascoli del tutto innocui dal punto di vista politico-sociale.
Nel frattempo infatti la grande industria, in alleanza con i banchieri, si era impadronita del potere effettivo, e l’ultima cosa che desideravano personaggi come Mellon, Rockefeller o Hearst era di assistere ad un improvviso “risveglio” della popolazione dal lento sonno in cui li stavano inducendo.
La lezione della rivoluzione russa era ancora vivida di fronte ai loro occhi.
Nel frattempo era anche sorto un problema paradossale: le catene di montaggio e la produzione di massa erano talmente efficienti che l’offerta del mercato superava di gran lunga la domanda, in una popolazione reduce da una guerra in cui aveva imparato ad accontentarsi del minimo indispensabile.
Risultò quindi evidente che l’alternativa “spingere i prodotti” o “spingere le ideologie” fosse solo una falsa alternativa, e che il tutto andasse invece risolto fondendo le due cose in una: nasceva così il “consumismo”, vera e propria filosofia di vita che ha caratterizzato l’intera storia americana negli ultimi 50 anni.
Da una parte la “propaganda” si preoccupava di lanciare continuamente prodotti che rendeva “indispensabili” tramite il collaudato meccanismo subliminale, dall’altra si preoccupava di trasformare gli americani in “macchine di consumo”, dove la necessità fosse lentamente rimpiazzata dal desiderio. (Vedi estratto video).
Con la stessa “fame” con cui l’americano si metteva in coda, negli anni ’30, per un pezzo di pane, ora doveva mettersi in coda per il nuovo modello di Chevrolet in uscita a Natale.
Era nato lo
status symbol, essenza ultima del lungo percorso nel subconscio collettivo iniziato da Bernays trent’anni prima.
A quel punto deve essere stato un sogno ad occhi aperti, per banchieri e industriali dell’epoca, vedere milioni e milioni di cittadini che marciano ordinati ogni mattina verso una fabbrica dove produrranno oggetti assolutamente inutili, che poi correranno a casa a sognare di possedere.
Il tutto regolato da un sapiente flusso di denaro fasullo, il cui potere d’acquisto è perennemente in balìa del pendolo inflazionistico, gestito in modo da tenere ciascun cittadino sul baratro costante fra desiderio di consumo del superfluo e soddisfazione dei suoi bisogni più essenziali.
Non a caso Schopenahuer definiva l’angoscia come distanza fra l’oggetto del desiderio e la sua realizzabilità. Grazie a questo meccanismo desiderio-soddisfazione, tenuto continuamente sul filo del rasoio, è nata la società di frustrati, disadattati e angosciati che conosciamo oggi come “mondo occidentale”.
C’è gente che venderebbe la madre pur di avere il nuovo televisore al plasma della Sony.
Ma i danni del consumismo esasperato non finiscono qui: è proprio nel nome del consumismo che il capitalismo ha subito la trasformazione da sistema economico puro, basato sulla competitività e sul libero mercato, a giustificazione ideologica per perseguire ad ogni costo i migliori risultati economici a breve termine, anche a costo di calpestare principi “a lungo termine” di ben diverso ordine morale.
Quando senti George W. Bush dire “Non possiamo imporre alle fabbriche un tetto fisso di inquinamento, perchè ci costerebbe troppo”, significa che il capitalismo ha perso la sua funzione di stimolo produttivo
all’interno della società, arrivando a metterne in pericolo la stessa sopravvivenza.
E ora che le conseguenze di questi errori si stanno palesando in modo macroscopico, c’è il rischio effettivo di un “risveglio” popolare di tale portata e dimensioni da far apparire la rivoluzione russa una sagra di paese.
Ma è proprio qui che si può apprezzare il vero capolavoro svolto dai “propagandisti” nei decenni passati: non solo si sono preoccupati di trovare il modo migliore per vendere oggetti inutili ai popoli dell’occidente, ma sono anche riusciti a convincerli di essere loro gli unici fautori del proprio destino: l’hanno chiamata ”libertà”, ed è il prodotto più sublime, eccelso e irrinunciabile che la propaganda dei potenti sia mai riuscita a vendere alle masse.
E’ un prodotto talmente sofisticato ed eccelso che si riesce addirittura a convincere la gente ad andare a morire in battaglia in terre lontane – usando le armi da te prodotte, naturalmente – pur di difenderlo.
La “libertà” dell’occidente è un prodotto propagandistico talmente prezioso che per proteggerlo è stata inventata una armatura imperforabile: la “democrazia”. Convincendo il popolo che a scegliere i propri leader sia lui, hai la garanzia che non si rivolterà mai contro di te, poichè convinto di poterti abbattere in qualunque momento con la propria “volontà”.
Ecco così che ogni 4 anni la gente corre a votare, convinta di poter scegliere chi la libererà dalle oppressioni e dai problemi del momento, senza naturalmente accorgersi che i politici “liberatori” non sono che manichini al servizio degli stessi oppressori.
A questo punto dovrebbe risultare evidente che è perfettamente inutile parlare di “stato buono o stato cattivo”, come è inutile discutere fra socialismo o liberismo: il problema è trasversale, e si trova a monte di questi dilemmi.
La famosa diatriba “big government – small government” – ancora oggi di fondamentale importanza nei periodi elettorali americani - è infatti la più fasulla di tutte, poichè un “government” vero e proprio, come è stato concepito dalla Costituzione, non è mai esistito in primo luogo. I Padri Fondatori non potevano prevedere nè l’avvento così rapido nè le conseguenze così nefaste di una rivoluzione industriale che ancora doveva nascere, e che avrebbe fatto della corruzione lo strumento essenziale del concerto politico, ed il denaro “contante” la sua unità di misura.
Oggi non esistono “governi”, nel mondo occidentale, e non esistono “stati” nel senso unitario della parola: governi e stati sono solo strutture posticce, ridefinibili a piacimento, utilizzate dai potenti per dare al popolo quella parvenza di “libertà” e “democrazia” che gli permetta di mantenere il potere praticamente all’infinito.
Un vero progresso dell’umanità, inteso come progresso della sua condizione fisica, sociale e morale insieme, potrà solo avvenire con la liberazione dell’uomo dalle false schiavitù che gli sono state imposte da chi ha saputo controllare in lui, negli ultimi cento anni, persino il modo di pensare.
Massimo Mazzucco