Sei il presidente di una delle più potenti società al mondo: la settima in graduatoria, per la precisione, e la prima nel suo campo specifico: il mercato dell'energia. Il Presidente ti chiama affettuosamente "Kenny boy", "il ragazzo Kenny", sei da tempo un intimo di famiglia in casa Bush, e ogni volta che incroci lo sguardo di Dick Cheney il Vicepresidente ti strizza l'occhio, a rimarcare la vostra complicità nella colossale fregatura energetica che avete rifilato alla democratica California, spianando nel frattempo la strada per l'ascesa del governatore repubblicano Schwartznegger.
Sei venuto su dal nulla, ti sei fatto le ossa in strada, lottando per un pezzo di pane, e oggi hai uno stile di vita che ti permette di buttar via 200 mila dollari per affittare lo yacht su cui dare la festa di compleanno della tua splendida moglie. Davanti a te tutti si inchinano, nel mondo tutti ti cercano, attorno a te tutti ti temono.
Poi, di colpo, il crollo. Qualcuno scopre che i conti non tornano, che la tua società è costruita su un castello di numeri vuoti, e di colpo sotto di te si spalanca il baratro: il Presidente non si fa più trovare, … … il Vicepresidente finge che tu non sia mai esistito, e ora hai i federali alle calcagna, perché dalla Casa Bianca è partito il chiaro ordine di fare di te il capro espiatorio di tutta la faccenda.
Il tuo vice e l'amministratore delegato hanno già patteggiato vigliaccamente alle tue spalle, e se la sono cavata con dieci anni il primo e sei soltanto il secondo. Ma questo non basta: per tenere sotto controllo il panico da investimento che sta dilagando in America ci vuole il sacrificio totale, e quello tocca chiaramente a te. Provi a chiedere una mano ai giudici - gli stessi con cui scambiavi battutine feroci alla festa di tua moglie - ma ti senti dire che non c'è niente da fare, che questa volta gli ordini arrivano dall'alto, e loro dovranno obbedire.
In prima istanza vieni condannato a 45 anni senza condizionale, e senza sconti della pena. Fai appello, ma sai già che servirà solo a rimandare di qualche mese il momento della sconfitta definitiva.
E' pazzesco: hai solo 65 anni, una splendida moglie e una ricchezza infinita, ma entro pochi mesi ti toccherà finire in galera per sempre, a marcire insieme agli stessi pezzenti con cui combattevi una volta per un pezzo di pane. Hai case piscine automobili elicotteri servi autisti puttane avvocati e manicure, ma sai che fra quattro mesi sarà tutto finito: Kenneth Lay, il magico presidente della magica Enron passerà ammanettato sotto i riflettori per il suo ultimo viaggio, prima di sparire per sempre nel dimenticatoio dell'umanità.
A questo punto cosa fai? Ti spremi e ti scervelli in tutte le direzioni, ma presto ti rendi conto di non avere vie di uscita. A meno…. A meno di uscire tu dal gioco, prima che la partita si richiuda per sempre sulla la tua testa.
In fondo, nei tuoi anni sulla vetta hai imparato a comprare presidenti e amministratori delegati, ministri e diplomatici, avvocati e industriali di ogni risma e di ogni livello, e sai che con i soldi puoi fare tutto quello che vuoi. Quanto possono costare, dopo tutto, un qualunque coroner di provincia, un semplice e modesto funerale, e una rapida e anonima plastica facciale?
Sarà un caso, ma un paio di mesi fa l'ex-presidente della Enron Kennet Lay ha avuto un attacco di cuore mentre si trovava nella sua residenza privata in Colorado (aveva da poco versato cinque milioni di dollari di cauzione per la libertà provvisoria). Nonostante il pronto intervento, Kenneth Lay è spirato sull'ambulanza che lo stava portando all'ospedale. Alle tre del mattino, lontano dagli occhi di tutti, in un anonimo paesino del Colorado, il vecchio leone della Enron è passato a miglior vita, alla sola presenza della cara e adorata moglie. La notizia ha fatto il giro del mondo, ma la famiglia ha subito fatto sapere che i funerali si sarebbero svolti in forma strettamente riservata. E così è stato: lontano dalle stesse telecamere che lo attendevano fameliche al processo, Kenneth Lay è scomparso dalla faccia della Terra, e nessuno ne sentirà mai più parlare.
Sarà sempre un caso, ma ieri la Corte di Appello ha stralciato la pratica, sostenendo che "non si può condannare un uomo che è già morto" - a meno di chiamarsi Lee Harvey Oswald, naturalmente - e che quindi non sarà nemmeno possibile cercare di recuperare i 45 milioni di dollari che Kenneth Ley si era ritrovato in tasca per sbaglio, a causa dei suoi contabili un pò troppo distratti.
Oppure le mie sono tutte invenzioni da dietrologo incallito, il poverto Lay lei è davvero morto di infarto, e non c'è assolutamente nulla di vero in tutto quello che ho scritto.
Resta però il fatto che in galera il mitico "Kenny Boy", il responsabile di un crack da 30 miliardi di dollari che ha gettato sul lastrico 4000 dipendenti, non ci è mai finito.
Massimo Mazzucco