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Civiltà Ebraica
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Israele : detenzione illegale di un ragazzino palestinese di 13 anni in pigiama e in pantofole - Yossi Gurvitz
J., un ragazzo palestinese di13 anni , vive nel villaggio cisgiordano di Al-Janiya. Una mattina fredda, all'inizio del dicembre scorso, con indosso pigiama e pantofole , lascia la sua casa per andare a raccogliere oggetti per la festa di fidanzamento di un suo parente . E' accompagnato da A., un bambino di sei anni Quando arrivano vicino a un grande albero , diversi soldati saltano a loro addosso cominciando a picchiarli . L'alterco attira l'attenzione di un adulto che inizia a urlare contro i soldati. I soldati rilasciano A.,ma non J.
La madre di J.,subito accorsa, cerca di liberare il bambino In risposta uno dei soldati le preme la canna del fucile sul petto. La madre che è malata , perde conoscenza. Nel caos che ne segue , i soldati sparano proiettili di gomma e lanciano gas lacrimogeni . J è portato via .
Nel frattempo, a casa, il padre di J. sente la notizia dai bambini in lacrime. Lui ed i suoi parenti trascorreranno le successive ore nel disperato tentativo di parlare con il palestinese Distretto Ufficio di coordinamento (DCO) per cercare di scoprire dove sia il figlio .
J. è portato in una base militare, dove - come ha poi raccontato - i soldati lo bendano, gli legano le mani e lo picchiano con il calcio del fucile. I soldati gli intimano di ammettere di aver lanciato pietre. J. nega l'accusa mostrando che lui era in pigiama e in pantofole. Uno dei soldati lo minaccia : non sarebbe stato rilasciato se non avesse confessato.
La tattica di portare i bambini lontano dalle loro case, di esigere che essi stessi si accusini e di negare l'accesso ai loro genitori non è una novità. Nel 2011,B'Tselem ONG ha pubblicato un rapporto intitolato " No Matter Minor ", che documenta questo fenomeno. La relazione ha rilevato che i bambini, isolati e spesso torturati, sono costretti ad accettare un accordo kafkiano: confessare e incriminare gli altri per essere rilasciati immediatamente; o rifiutare e rimanere in stato di detenzione. Dal momento che i bambini non hanno vicino nessun adulto o un avvocato da consultare molti credono a ciò che viene detto loro.
Così incriminano se stessi e gli altri.IL rapporto di B'Tselem ha scoperto che su 835 minori palestinesi, solo uno è stato assolto. Si noti che in Israele i genitori di un minore detenuto devono essere informati della detenzione (la loro presenza in un interrogatorio è obbligatoria), e l'interrogante deve essere qualificato. Tali diritti non ci sono per i palestinesi in Cisgiordania. Ogni soldato può quindi interrogare .
Eppure, nonostante tutto, J. ha rifiutato di confermare le accuse contro di lui e ha continuato a proclamare la sua innocenza. A loro volta i suoi carcerieri hanno aumentato la pressione. Afferma di essere stato messo in una stanza fredda con il condizionatore d'aria completamente aperto e si gelava . Non sa quanto tempo è stato lasciato lì . La benda gli ha fatto perdere il senso del tempo Visto che non confessava, i soldati lo hanno portato fuori dalla stanza, lo hanno ammanettato in modo particolarmente doloroso e CONDOTTO in una base militare diversa consegnandolo alla polizia.
Dopo 12 ore è 'stato poi consegnato alla polizia palestinese ed è tornato a casa. J. non è stato convocato per un secondo interrogatorio; ha semplicemente lasciato la sua casa una mattina fredda in pigiama e pantofole, ha incontrato alcuni soldati israeliani, è stato catturato, picchiato e rilasciato. 12 ore è il massimo di tempo consentito per trattenere un minore senza l'autorizzazione.
Quindi qui abbiamo questo episodio : un minore sparisce per 12 senza che la sua famiglia,in preda al panico, sia informata .
All'inizio di gennaio, Yesh Din ha presentato una denuncia per conto del padre di J. al Ministero degli Affari della IDF. Purtroppo , da precedenti esperienze, sappiamo che la denuncia scomparirà nel nulla
In primo luogo l'accusa avrà un paio di mesi, forse anche un anno o più per pensarci .Evidentmente dopo tanto tempo chiuderà il caso senza indagare, oppure invierà il rapporto alla polizia militare che sicuramente non si affretterà
Il tempo permetterà ai soldati responsabili di evitare la giustizia militare. Sarà anche offuscata la memoria di tutti i soggetti coinvolti:" Tu dici che abbiamo trattenuto un ragazzo in pantofole due anni fa? Davvero non ricordo". Il ragazzo non potrebbe identificare i militari che lo hanno picchiato perchè era bendato
Quindi l'accusa militare deciderà dopo tre o quattro anni che qualcosa può essere accaduto e potrebbe essere stato improprio, forse anche deplorevole,ma non c'è nulla che si possa fare ora.
Abbiamo visto tante volte questo scenario Quando si tratta di inazione, il sistema investigativo militare è brillante se si tratta di incriminare criminali che danneggiano i palestinesi
Scritto da Yossi Gurvitz nella sua qualità di un blogger per Yesh Din
da qui
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Ma perché invece di avvertire non la tolgono direttamente?
Ogni volta che parte un video mi devo sorbire 30 secondi di pubblicità gratis.
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Comunque dò il mio contributo...
Non tutti sanno che la maggioranza degli ebrei israeliani discende dal ceppo “ashkenazita”, e che i principali “capi storici” del sionismo hanno appunto origine ashkenazita. In base ad alcuni studi genetici, gli ashkenazi sarebbero di origine caucasica, convertiti all’ebraismo (uno dei rari casi di “conversione”) in epoca basso-medievale. Al contrario, gli ebrei sefarditi sono gli unici veri “eredi”, geneticamente ed etnicamente parlando, degli ebrei di 2000 anni fa. Essi vivono prevalentemente in Nord Africa, e nella penisola arabica, e sono dei “parenti scomodi” degli ebrei caucasici, poiché scuri di pelle e del tutto simili ai loro compatrioti arabi e musulmani. Addirittura, ci sono ebrei sefrarditi di colore, provenienti da Etiopia ed Eritrea, che vengono trattati da “paria” in Israele (i negri sono negri, eccheccavolo!).
Negli ultimi decenni, gli ashkenaziti hanno fatto di tutto per eliminare o ridurre a ceppi secondari e minoritari le comunità ebraiche “poco caucasiche” sparse per il mondo, accanendosi soprattutto contro quelle africane, razzialmente “scomode” in quanto scure. Tra queste, gli ebrei sefarditi sono stati vittime di una vera e propria pulizia etnica, posta in essere allo scopo di preservare la “purezza” della razza ashkenazita (ricorda qualcosa? qualcuno ha detto “eugenetica“?…). Tanto è vero che negli ultimi venti anni il dibattito sulla discriminazione dei sefarditi è diventato frequente argomento di discussione nella società israeliana.
Per cui, prima di beccarmi l’ennesima (falsa) accusa di “antisemitismo” (qualunque cosa significhi, dacché i “semiti” strettamente parlando sono anche e soprattutto i palestinesi e le altre popolazioni arabe della regione), voglio chiarire che esistono solide ed incontestabili evidenze storiche su questo genocidio programmato: decine di migliaia di bambini sefarditi, soprattutto marocchini, e yemeniti attirati in Israele dopo la nascita dello stato ebraico, e bombardati di proposito con radiazioni alla testa. Così da poter dare un sostegno fattuale, oggi, all’idea che siano “ritardati”, e che sia tutto sommato giusto considerare gli ebrei del ceppo sefardita come “inferiori” intellettualmente rispetto agli ashkenazi (eugenetica, di nuovo).
La questione dello sterminio e dell”‘apartheid” degli ebrei sefarditi la conoscevo già, ma un articolo pubblicato oggi da Blondet mi ha illuminato su alcuni raccapriccianti dettagli che ignoravo. L’articolo si basa essenzialmente sul documentario trasmesso nel 2004 da un TV israeliana, “The ringworm children” (o “100.000 rays”, titolo originale ebraico), sul quale comparve una recensione qui.
Ecco alcuni brevi estratti dell’articolo di Blondet:
Nel 1951 il dottor Chaim Sheba, direttore generale del ministero della Sanità, fece un viaggio in America. Ne tornò con sette macchine a raggi X fornite dall’esercito USA. Queste macchine furono usate per irradiare un enorme numero di bambini ebrei sefarditi – si dice fino a centomila – quasi tutti provenienti dal Marocco, le cui famiglie erano state convinte a fare «il ritorno» in Israele. A ciascuno di questi bambini fu somministrata 35 mila volte la dose massima consentita di radiazioni, concentrate sulla testa. [...] Per ingannare i genitori, fu detto loro che le irradiazioni servivano per curare un parassita cutaneo, la tricofizia dello scalpo.
I bambini furono caricati su pullman per «gite scolastiche». Almeno 6 mila di quei bambini morirono subito dopo le somministrazioni; molti altri sono morti nel corso degli anni per tumori. Alcuni sono ancora vivi, ormai anziani, e sofferenti di gravi disturbi, dall’Alzheimer alla cefalea cronica, dall’epilessia alla psicosi.
L’episodio non è la fantasia di un «antisemita». E’ stato l’oggetto di un documentario, «100.000 Radiations», prodotto nel 2003 dalla Dimona Productions Ltd. (Dimona è il luogo delle installazioni atomiche giudaiche) registi Asher Khamias e David Balrosen, produttore Dudi Bergman. Il 14 agosto 2006 l’ha persino trasmesso la TV israeliana Canale 10. Il documentario intervistava diversi superstiti. Una vecchietta marocchina che ricorda di quel che sofferse da piccola: «Urlavo: mal di testa vai via, mal di testa vai via, vai via… Non andava mai via». Un sessantenne che ne dimostra venti in più, piegato in due mentre cammina esitante per la strada: «Devo zoppicare per non cadere in avanti. Mi hanno tolto la giovinezza, con quei raggi». Una donna con la faccia tutta storta: «Tutti e tre i miei figli hanno la mia stessa forma di cancro. E’ una coincidenza?». [...]
Una infermiera che aveva partecipato all’operazione: «Ce li portavano (i bambini) in file e file. Anzitutto, gli rasavano la testa e la ungevano con un gel che bruciava. Poi gli mettevano una palla fra le gambe e gli dicevano di non lasciarla cadere, così non si potevano muovere. Io indossavo il grembiule al piombo, ma per loro non c’erano indumenti protettivi. Mi era stato detto che era un trattamento per la tricofizia. Avessi saputo il pericolo che quei bambini affrontavano, mai avrei cooperato, mai!».
Parla anche un ebreo di nome Davi Deri, che si ricorda di quando era bambino: «Ero in classe e vennero delle persone per portarci in un giro scolastico. Fecero l’appello, ci chiesero i nostri nomi. Ai bambini askhenazi dissero di tornare al loro banco. Solo i bambini di pelle scura furono portati nel bus». [fonte e articolo completo]
E qui il documentario citato, “The ringworm children”, del quale riporto solo la prima parte (le altre sono su Youtube):
Questi sionisti ashkenazi (nazi = omen est omen?) sono peggio del dott. Mengele, insomma.
Sarà a questo che si riferiva lo storico Ilan Pappe (ebreo israeliano in esilio in Francia), quando in chiusura di un convegno tenuto a Roma qualche giorno fa, ha detto che “si è antisemiti se non si è antisionisti” e che in cuor suo ogni onesta coscienza non può che essere antisionista.
Oggi è la giornata della memoria, bene, ricordiamo anche questi poveri bambini uccisi o resi “handicappati” dall’eugenetica sionista. Che non ha niente da invidiare a quella nazista.
Anteater
PS ...i negretti etiopi ed ebrei...fanno parte della civiltà ebraica, o è un capitolo a sè...?
La speranza e la preghiera sono un chiedere...MEGLIO INVECE DARE! ...Slobbysta
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Con la giusta organizzazione e la giusta quantità di soldi, chiunque ha il diritto di scegliersi o crearsi i propri avi.
In seguito, naturalmente, si può effettuare il parricidio di routine ( nel caso d'Israele, palestinesi, ebrei etiopi, ecc ecc). Parricidio che in genere, sorge quasi sempre in maniera spontanea e oltremodo rivelatoria, dal semplice fatto che il ''padre'' viene considerato inconsciamente (leggi giustamente) adottivo, ovvero non naturale.
La stessa cosa si nota nel Wahhabisis che, spontaneamente, ammazza l'Islam poiché lo considera giustamente un padre adottivo e non un padre naturale. :laugh:
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''L' invenzione del popolo ebraico'' - Shlomo Sand.
Recensione di....Paolo Mieli
www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=34925
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Mrexani ha scritto: Il popolo ebraico è come qualsiasi altra invenzione risorgimentale. Prima nasce l'idea, in seguito viene creato lo stato e soltanto dopo vengono fatti gli italiani, i giudei, i turchi e i puffi.
I puffi sono venuti prima. Diamo a Cesare quel che è di Cesare.
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Caro Ohad Naharin, cara Batsheva Dance Company,
sono venuto recentemente a conoscenza del fatto che state utilizzando un pezzo della mia musica in un’opera chiamata Humus. Ho saputo di questo utilizzo solo la scorsa settimana, e, anche se in un certo senso sono lusingato che avete scelto la mia musica per la vostra opera, purtroppo crea un grave conflitto per me. Da quello che so, l’ambasciata israeliana (e quindi il governo israeliano) è sponsor dei prossimi spettacoli, e, dato che sostengo la campagna Bds da ormai diversi anni, questa è una possibilità inaccettabile per me. Spesso chi si oppone al Bds dice che l’arte non dovrebbe essere utilizzata come arma politica.
Tuttavia, dato che il governo israeliano ha reso piuttosto evidente di utilizzare l’arte esattamente in tal senso – per promuovere il ‘Brand Israele’ e per distogliere l’attenzione dall’occupazione delle terre palestinesi – ritengo che la mia decisione di negare l’autorizzazione è un modo per togliere questa particolare arma dalle loro mani. Solo un paio di giorni fa un ufficiale dell’esercito israeliano ha assassinato il quindicenne Mahmud Badran e non è neanche chiaro se verrà accusato di un crimine, e tantomeno punito. E centinaia di migliaia di palestinesi in Cisgiordania dovranno passare un’altra estate senza servizi idrici affidabili, mentre la demolizione di case palestinesi e la confisca di terre palestinesi va avanti senza tregua, come ormai da molti anni. Non vi è nessun segno di un qualsiasi tentativo di limitare l’attività dei coloni in alcun modo.
Sto cercando di capire le difficoltà che dovrebbe affrontare qualsiasi artista israeliano – e in particolare, quelli come voi che hanno dimostrato alcune simpatie per la causa palestinese. Ritengo che il vostro governo utilizzi artisti come voi e, sfruttando il vostro naturale desiderio di continuare a lavorare – anche se vuol dire diventare parte di una strategia propagandistica. Potrebbe essere che la vostra compagnia di danza non possa ufficialmente prendere le distanze dal governo israeliano, ma io posso e lo farò: non voglio che la mia musica sia concessa in licenza per qualsiasi evento promosso dall’ambasciata israeliana. Ho discusso di tutto ciò con la mia amica Ohal, un’artista israeliana e un’altra sostenitrice del Bds, e so che lei e i suoi colleghi israeliani del Bds capiscono la necessità di un boicottaggio. Come artisti dovremmo essere liberi di scegliere di rispondere alle ingiustizie dei governi, il tuo o il mio che sia.
Cordialmente, Brian Eno
comune-info.net/2016/09/brian-eno-israele-non-danza/
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28 giugno 2017 Francesco Masala Lascia un commento
(di Yocheved Laufer)
confronto fra negazionismi (con una vignetta di Carlos Latuff)
Il dottor Ofer Cassif dell’Università ebraica affronta critiche pesanti dopo che i suoi studenti hanno divulgato una registrazione video della sua lezione di scienze politiche.
Il Canale 2, giovedì appena la registrazione della sua lezione è diventata pubblica, ha riferito che Il professore dell’università ebraica, il dottor Ofer Cassif, ha confrontato la legislazione israeliana, recentemente proposta e passata, a quelle del terzo reich nella Germania nazista.
L’affermazione è stata fatta durante un corso di Politics and Government, parte di un programma introduttivo dell’università ebraica di Gerusalemme.
Uno degli studenti di Cassif si è opposto al confronto, ma il professore di scienze politiche ha proseguito con la sua analogia affermando che è comodo negare la situazione per non adattarsi alla realtà, ma sarebbe molto pericoloso farlo.
Ha anche spiegato ai suoi studenti che il confronto è una questione reale piuttosto che una opinione. I suoi pensieri personali sull’argomento sono ancora più lungimiranti.
Cassif critica ulteriormente l’attuale situazione in Israele dicendo: “coloro che rifiutano di vedere le somiglianze tra ciò che sta succedendo in Israele, in particolare negli ultimi due anni, e la Germania negli anni Trenta, ha un problema e sarà responsabile della situazione potenziale dello Stato “.
Cassif ha delineato uno specifico parallelo tra la legislazione israeliana più recente per quanto riguarda gli arabi e gli ebrei, e quella della Germania nazista.
Il professore dell’università ebraica ha affermato che la proposta israeliana della nazione-stato è simile ai metodi tedeschi del 1930 per creare una gerarchia di cittadini secondo le classi.
“Questo non è un conflitto religioso, è un conflitto politico e nazionale che può essere concluso rapidamente solo se il governo israeliano accetta di fare alcune concessioni, solo se il governo israeliano decide di porre fine all’occupazione e raggiungere una pace sicura e giusta con i palestinesi… questa è l’unica soluzione. Non si può gestire il conflitto, come il governo israeliano sta cercando di convincerci. È impossibile gestire il conflitto”
Cassif ha anche criticato la legislazione recentemente votata che ha legalizzato 4.000 case in Cisgiordania, affermando che questa legge “consente agli ebrei di acquisire terreni di proprietà palestinese per loro uso, proprio come furono autorizzati gli ariani nella Germania del 1930 per cacciare gli ebrei dalle loro case”.
Il successivo confronto di Cassif riguardava la recente proposta legislativa promossa da Netanyahu per vietare finanziamenti da parte di ONG straniere. Cassif ha spiegato ai suoi studenti che questo disegno di legge è simile alle leggi approvate dalla Germania nazista che limitarono le organizzazioni ostili al regime.
La destra israeliana ha reagito furiosa per gli insegnamenti del Prof. Cassif.
Il partito di Likud ha difeso la legge dello stato-nazione, spiegando che “è basata sulla Dichiarazione di indipendenza israeliana, e pertanto per questo professore la creazione stessa dello stato è razzista”.
“Confrontare lo Stato di Israele con il regime più malvagio nella storia dell’umanità non è solo un disgustoso esibizionismo della propaganda anti-israeliana, ma qualcosa di più grave della negazione dell’Olocausto”, ha dichiarato Matan Peleg manager dell’ONG di destra Im Tirtzu, .
In risposta alle critiche che circondano la pubblicazione della sua lezione, Cassif ha risposto: “lo scopo di una lezione è discutere e non ho impedito a nessuno dei miei studenti di intervenire, quindi non accetto tentativi di zittirmi per impedire una discussione aperta e costruttiva “.
Inoltre ha aggiunto che difenderà i suoi confronti israelo-nazisti.
L’Università Ebraica di Gerusalemme ha risposto dicendo che la “discussione di Cassif si è svolta durante la lezione” Fascismo – passato e presente “, ed è deplorevole che alcuni studenti abbiano scelto di registrare il loro professore perché contrari alla sua posizione, anziché condurre una discussione aperta basata su fatti e opinioni “.
Questa non è la prima volta che Cassif è stato criticato per fare confronti nazisti con Israele.
Alla fine del 2015, il professore dell’università ebraica chiamò il ministro della Giustizia Ayelet Shaked “feccia neo-nazista “.
Su simili questioni, Cassif ha scritto sui social media lo scorso anno, e sia tweeting che Facebook lo hanno bloccato per aver fatto un riferimento a Hitler in risposta a un commento di un pro-Netanyahu.
Ciò avviene dopo che, il mese precedente, il ministro dell’educazione Naftali Bennett propose un nuovo codice etico per le università, per proibire ai professori di esprimere le proprie posizioni politiche personali in aula.
(Trad. Invictapalestina.org
Fonte: www.jpost.com/Israel-News/Hebrew-U-profe...-Nazi-Germany-497731 )
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