Chiudiamo questo ciclo di discussioni sul cancro con una lettera mandataci da una persona che, per ovvii motivi, preferisce restare anonima. Non solo ci offre una rara angolazione dall’altro lato della barricata, ma ad un certo punto fa una affermazione, apparentemente insignificante, che chi ha seguito il dibattito non mancherà di notare.
Sarebbe bello che in futuro altre persone, in posizioni simili alla sua, volessero mandare il loro contributo – con garanzia di anonimato, se richiesto - per raccontarci più da vicino quello che si pensa della moderna oncologia all’interno della stessa medicina ufficiale.
(L’autore della lettera non è di madrelingua italiana. Il suo testo è stato corretto nell’ortografia, ma è rimasto intatto nella forma originale. M.M.)Una voce dal fronte ufficiale
In un piccolo angolo della Svizzera, in un nosocomio di oncologia ho iniziato una semplice formazione di aiuto infermiere e ci ho lavorato per 3 anni. Trovai terminali, e giovani di 20 a 30 anni con questo male chiamato cancro o tumore. Molti pazienti (che non avevo conosciuto prima dei 3 anni) rientravano in istituto 3 - 5 anni dopo avere eseguito diverse sedute di trattamento chemioterapico per nuovi esami di controllo, e altri perchè dopo i 3-5 anni riapparivano neoplasie, sia dopo diversi trattamenti di chemioterapia, sia dopo un intervento chirurgico.
In quel periodo i diversi oncologi dell’istituto esaltavano l’ efficacia del trattamento tramite i mass-media, portando con se pazienti come testimonianze, ma questi stessi pazienti qualche mese dopo tornavano in istituto per nuovi accertamenti, o perché si erano riscontrate metastasi o per un ”peggioramento generale delle condizioni”.
Incuriosito dai fatti, domandai ai diversi assistenti medici, locali e internazionali (perchè molti venivano dall’estero), e udii voci come questa: “La chemioterapia è una terapia vecchia, ... ... attualmente i pazienti oncologici dove lavoravo io vengo trattati con la radioterapia”. Altri mi dicevano che “anche la radioterapia è invasiva”, e qualcuno accennava che “si sapeva da molto tempo che il cancro era un semplice fungo e che poteva essere trattato diversamente”, e che “le “bombe” della chemio e della radioterapia andranno solo a distruggere il sistema dell’individuo…”
“Io vorrei vedere (mi diceva un medico assistente) se la madre o il figlio di uno di loro lo sottopongono alla chemioterapia”. Comunque nessuno di loro (affermavano i medici) avrebbe trattato i loro cari con dette terapie.
Il fatto è che nei tre anni trascorsi in oncologia della quale potrei raccontare molte cose, perchè mi occupavo della loro igiene personale e osservavo i medicamenti che gli somministravano, con sintomi micidiali già noti agli esperti, cosi come lo sconsolo dei loro sentimenti calpestati da sostanze che gli offrivano “speranze gasose”… nessuno di loro è migliorato a lungo termine, anzi, tutto il contrario.
Adesso lavoro in sala operatoria, e guarda caso ritrovo i diversi pazienti che avevo seguito per interventi chirurgici di mastectomia, carcinomi, adenocarcinomi, tomie varie, e qualcuno per un’ultima speranza dopo la chemio di asportazione della zona interessata.
Devo essere sincero che dopo il post intervento ignoro cosa accade al paziente sulla sua salute, ma i pazienti che ho conosciuto in questa piccola regione, dei quali ho coltivato la loro amicizia, dopo l’intervento, le loro condizioni fisiche e psichiche non sono migliorate. Specialmente le donne che ho conosciuto con interventi di mastectomia, iniziatasi con il controllo del linfonodo sentinella, poi mastectomia parziale e poi totale.
Per ultimo notavo che l’approccio tra medico e paziente era frivolo, il primo non si sforzava in creare una empatia, piùttosto una “dispatia” (se vale il termine) trattando il paziente come un cliente.
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