Un botta e risposta sulla rivoluzione chavista fra Peacereporter e Gennaro Carotenuto, che tocca il cuore del principio della libertà di espressione: pluralismo delle voci contro censura governativa. Una questione che - fatte le debite proporzioni, ovviamente - ci riguarda anche da vicino.
Sul pluralismo informativo in Venezuela – in risposta ad un articolo di Peacereporter
di Gennaro Carotenuto
Anna Artemisia: ho appena letto su Peacereporter.net che [il presidente venezuelano Hugo] Chávez nei giorni scorsi ha minacciato di non rinnovare la licenza a Radio Caracas Television, la seconda emittente più grande del paese e notoriamente favorevole all'opposizione. Ammetto che la notizia mi ha lasciata perplessa: insomma non sarà una scelta sbagliata che attirerà critiche strumentali sulla rivoluzione bolivariana e su Chávez che proprio in un momento come questo ha un sostegno popolare tanto che non avrebbe davvero bisogno di rispondere alle sfide dell'opposizione con gesti antidemocratici come questi. Tuttavia sono anche cosciente di non avere tutte le informazioni sulla questione, per cui avrei piacere se lei volesse esprimere la sua opinione a riguardo [...]Sul pluralismo informativo in Venezuela – in risposta ad un articolo di Peacereporter
di Gennaro Carotenuto
Gennaro Carotenuto: Cara Anna, anche l'articolista di Peacereporter sembra non avere tutte le informazioni in merito. Frequento da tempo il Venezuela e i media venezuelani e, come Osservatore Internazionale, ho partecipato all'Osservatorio sui media durante le ultime elezioni del 3 dicembre 2006 in Venezuela. Ho quindi avuto occasione di studiare approfonditamente il tipo di copertura ... ... tanto dei media filogovernativi, quanto di quelli dell’opposizione.
I fatti inconfutabili sono:
1) Non c'è un solo paese al mondo dove continua ad esserci uno strapotere informativo dell'opposizione come in Venezuela. In tutto il mondo è in genere il governo a godere di vantaggi. In Venezuela, fin dal 1998, succede l'opposto. Ancora nell'ultima campagna elettorale è stato attestato che l'83% dei servizi televisivi, radiofonici, articoli di giornale, erano favorevoli all’opposizione. Se questa può essere –come la definisce Peacereporter- una “deriva totalitaria”, io sono la Befana. Al tempo del colpo di stato dell'11 aprile 2002, tale cifra sfiorava il 100%. Eppure i venezuelani non hanno creduto ai media né allora né oggi. E sicuramente non crederebbero all’articolo firmato Alessandro Ursic.
2) In Venezuela, fin dal 1998, agiscono attori di primo livello mondiale (cfr. per favore il mio pezzo sulla CNN perché è esemplificativo di molte cose) che utilizzano i media per diffondere informazioni false e tendenziose atte a creare il caos nel paese. Nonostante ciò, nel paese caraibico, non è MAI stato chiuso un media dell'opposizione, neanche quelli che avevano partecipato attivamente al colpo di stato, RCTV in testa. Se in Cile erano le multinazionali del rame a fomentare il golpe, il golpe in Venezuela ha avuto l'indubbio protagonismo delle multinazionali mediatiche.
La maniera con la quale ha risposto il Venezuela bolivariano allo strapotere dell’opposizione nei media è stata creare, in pace, democrazia e pluralismo media di eccellente livello come Vive Tv o Telesur.
Uno dei grandi successi del processo bolivariano è infatti proprio quello di aver fomentato la nascita e la crescita di un sistema informativo antagonista a quello mainstream, obbligando perfino la CNN ad adattare la sua agenda informativa. Prima CNN ignorava quello che non conveniva, adesso, se Telesur copre un evento, la CNN è costretta a non ignorarlo. Oggi i media parlano di povertà, un argomento tabù prima di Chávez!
3) Il livello della programmazione televisiva venezuelana è spesso infimo, ma in pochi paesi al mondo come in Venezuela esiste un livello così alto di libertà di espressione e di pluralismo informativo. Sfido chiunque a dimostrare il contrario. Su Chávez si può dire di tutto, dargli del pedofilo, insultarlo e chiamare apertamente al colpo di stato dai canali televisivi dell’opposizione, e non è mai successo nulla. In Italia non è possibile ironizzare sul Papa e Piero Ricca fu denunciato solo per avere invitato Berlusconi a farsi processare. Eppure Peacereporter -in genere così prudente- del tutto a sproposito, forse senza neanche capire bene la gravità dei termini utilizzati, parla di “deriva totalitaria” in Venezuela.
Il Canal 8, filogovernativo, è francamente pessimo, ma ha scelto di rincorrere il livello pessimo della comunicazione televisiva dei canali dell'opposizione, che ricordo una volta di più, sono spesso apertamente golpisti. Proprio RCTV per esempio, è stata più volte denunciata per incorporare nei suoi programmi, anche in quelli non politici, messaggi subliminali (fotogrammi nascosti) antigovernativi. Se il governo lo denuncia è antidemocratico? E' questa la libertà di stampa da garantire?
Quando chi scrive dal Venezuela è ritornato in Messico, subito dopo le elezioni, direttamente a Oaxaca, è stato aggredito dal tanfo del monopolio informativo filogovernativo (100% di televisioni filogovernative) messicano, che occultava completamente i morti e le torture di Oaxaca, e che per cinque giorni ha aperto il più importante telegiornale (TV Azteca) con la notizia della separazione tra una coppia di attori di soap opera. Ho immediatamente rimpianto il baccano politico costante dei media venezuelani.
E' pleonastico notare che gli amici di Peacereporter -cascando con tutte le scarpe nella trappola indotta dai media mainstream- si preoccupano del Venezuela e di RCTV, ma non del desolante panorama televisivo messicano. E pure preoccupandosi del Venezuela, che giustamente è il merito della questione, lo fanno a senso unico, arrivando a citare l’anatema di Reporter Senza Frontiere, organizzazione che ammette di essere finanziata dalla CIA, e presentando la naturale scadenza della licenza come un fatto opinabile e secondario: "secondo il presidente venezuelano, la licenza di RCTV scade nel marzo 2007".
Le licenze scadono, i contratti d'affitto non sono eterni, si ribandiscono e può anche vincere qualcun altro che non sia espressione di quelli di sempre per i quali batte il cuore dell’articolista di Peacereporter. Una delle possibilità è che le frequenze di RCTV possano essere assegnate ad un canale gestito in maniera cooperativa dai lavoratori. L'etere è un bene pubblico limitato e che si dà in concessione, non si vende. Sembra strano doverlo spiegare a un italiano. Eppure, chi dal Venezuela si straccia le vesti per il mancato rinnovo della licenza, parla testualmente di "esproprio", come se le frequenze fossero di proprietà di RCTV. Sono quelli di sempre, quelli che controllano il 99% dei media mondiali, li conosciamo.
E' scandalosamente strumentale considerare che esista un diritto divino al rinnovo automatico di una licenza che scade. Parlare di "deriva totalitaria" come fa l'autore del pezzo di Peacereporter, riprende in toto un linguaggio degno di Emilio Fede. Evidentemente quello di Rete4/Peacereporter è un linguaggio che paga visto che in Italia da molti anni Rete4 dovrebbe essere sul satellite ma nessun politico ha mai avuto le ***** per mandarcela.
L'articolo di Peacereporter, intitolato addirittura “dalle minacce ai fatti”, è francamente pessimo e non fa onore all'importante lavoro che da anni fa Peacereporter. L'autore, tale Alessandro Ursic, riprende in maniera grossolana tutti i peggiori stereotipi antichavisti. Probabilmente vuol farsi notare da La Repubblica. In particolare, e chiudo, millanta una “deriva totalitaria” per:
a) "pressioni per la formazione di un partito unico di governo, che sostituisse la coalizione attuale". Se Prodi in Italia vuol fare il Partito Democratico va bene e se lo vuole fare Chávez è totalitario? Ursic non sa né cosa voglia dire "totalitario" né che il partito unico di Chávez è esattamente la stessa cosa del partito unico di Prodi. Ma lo dice, mentendo, manipolando, copiando pedissequamente le bugie dell'opposizione e dei media mainstream, che giocano con i termini e fanno finta di credere e scandalizzarsi che il partito unico chavista (attualmente c'è una coalizione di una ventina di partiti, alcuni microscopici) significhi la proibizione dei partiti dell'opposizione. Sono falsità mille volte svelate, ma Ursic tiene loro il gioco e sembra quasi contento di attaccare, azzannare, poter partecipare al "dagli a Chávez".
b) "le dichiarazioni di intenti per cambiare la Costituzione (da lui introdotta nel 1999) in suo favore". Mi faccia capire signor Ursic, in Italia negli ultimi anni abbiamo modificato -male- molte volte la Costituzione del 1948. Lo scorso anno c'è stata una riforma costituzionale approvata dal parlamento e poi bocciata in un referendum. Se Chávez vuole introdurre -con tanto di referendum confermativo- dei cambiamenti nella Costituzione- è totalitario, e se lo facciamo in Italia siamo democratici?
Articoli come questo sono sconcertanti ed abdicano dall’unico motivo d’essere di media come Peacereporter, quello di fornire un’informazione indipendente e opportuna che faccia le pulci all’occupazione manu militari nei media da parte dei grandi potentati economici che li invadono di informazioni false e tendenziose. Se Peacereporter sceglie –in maniera oltretutto così facilmente confutabile- di far parte del coro, perde ogni ragion d’essere.
Gennaro Carotenuto