SI INFITTISCE IL GIALLO FRA CIA E CASA BIANCA. Spunta dall'ombra il consigliere personale di George Bush.
di Massimo Mazzucco
1.10.03 - Ci sono due persone, in realtà, incaricate di gestire in tutto e per tutto i movimenti del presidente Bush: oltre al vice-presidente Cheney, che gli appare perennemente accanto dall'inizio della campagna elettorale, c'è un certo Karl Rowe, ignoto ai più, il cui nome non figura nemmeno sul libro paga dell'amministrazione. Rowe è il "senior adviser", o "consigliere capo" personale di George Bush - una sorta di amico d'infanzia che hai voluto con te nella stanza dei balocchi - ed è considerato, oltre che l'artefice della carriera politica del presidente, la vera eminenza grigia di questo governo tutt'altro che trasparente.
Nel frattempo il gioco di ripicche fra Cia e Casa Bianca, in corso in questi giorni, sta sollevando una vera e propria bufera politica, che rischia di costare ai repubblicani la rielezione di Bush. I fatti, riassunti schematicamente, sono questi: lo scorso gennaio, nel suo annuale discorso alla nazione, Bush dichiarò enfaticamente di essere in possesso di un documento che provava inconfutabilmente ... ... come Saddam avesse cercato di acquisire uranio dalla Nigeria, e non certo per illuminare gli alberi di Natale. Questo fu l'elemento determinante a favore della tesi governativa, che sosteneva la necessità di invadere al più presto, con o senza approvazione ONU, l'intero Iraq.
Ma in Luglio, quando nell'Iraq invaso non si trovava nemmeno una bomboletta puzzolente,
un ex-ambasciatore americano in Nigeria, Joseph Wilson, dichiarò di aver informato già da tempo un agente CIA che il documento citato da Bush fosse in realtà un falso dozzinale. A quel punto George Tenet, capo della Cia (e quindi responsabile diretto delle informazioni che riceve il presidente), non ci stava a fare la figura del cretino, e dichiarava a sua volta di aver passato il documento su pressante richiesta di Cheney, ma di aver anche "vivamente sconsigliato il presidente di citarlo nel discorso alla nazione". Ovvero, ho dovuto darglielo per forza, ma che fosse falso lo sapevano anche le scrivanie.
Il putiferio nascente fu subito smorzato dalla provvidenziale partenza di Bush per un viaggio in Africa, e dopo qualche giorno un Tenet irriconoscibile si assumeva docile tutta la responsabilità per quelle "16 parole in più inserite nel discorso". Bush, dal lontano Zaire, mandava a dire che per lui il caso era chiuso, e i più bonari si rasserenavano pensando che il presidente non dice mai bugie, e che tutto era finito per il meglio. Altri invece, appena più attenti, si accorgevano che nel trambusto ci si fosse completamente dimenticati della scena madre, in cui un George offre contrito le dimissioni, e l'altro, altrettanto maestoso, gliele respinge nell'arco di venti secondi.
Ma qualunque sia stato il patto diero le quinte, alla Casa Bianca l'esser stati pubblicamente svergognati dalla CIA non deve essere andato giù fino in fondo. Ed infatti qualche giorno fa Tenet si è lamentato che qualcuno vicino a Bush abbia voluto a tutti i costi sapere chi fosse l'agente CIA a cui Wilson aveva affidato la notizia del documento falso, per poi rivelarlo in pubblico (tramite una "soffiata" ad un giornalista condiscendente, che ne ha fatto un articolo sul Chicago Times) e bruciargli così l'intera carriera. Rivelare il nome di un agente "undercover" significa infatti non solo fargli cambiare mestiere, ma anche bruciare tutta la ragnatela di fonti che questo si è pazientemente costruito negli anni, esponendole inoltre a potenziali vendette.
L'intenzione di ripicca da parte della Casa Bianca, già ovvia di per sè, diventava innegabile nel momento in cui si scopriva che l'agente bruciato era proprio la moglie di Wilson, ovvero il responsabile primo della pubblica vergogna.
Fin qui, i fatti descritti nell'articolo precedente (
"Ma chi comanda in America?"), che li inseriva nel contesto di una prolungata guerra per il potere fra CIA e Casa Bianca.
Ora, il piccolo particolare trascurato dalla Casa Bianca (a dimostrazione di quanto loro si ritengano al di sopra della legge) è che appunto la rivelazione dell'identità di un agente segreto sia un gravissimo crimine federale (da parte di chi la fa, ma non del giornalista che la divulga, che agisce invece nel nome del diritto all'informazione). E' stato riesumato per l'occasione anche un video di Bush padre, il quale diceva testualmente "non c'è nessuno che meriti il mio disprezzo più di colui che riveli l'identità di un agente segreto". Quello che parlava infatti, oltre ad essere in quel momento il presidente degli Stati Uniti, era anche l'ex-capo della CIA, ovvero un predecessore di Tenet.
Dopo i farfugliamenti iniziali della Condolezza, sembra ormai certo che il responsabile della soffiata sia Karl Rowe in persona. Se così fosse (e ormai pare improbabile il contrario), questo significherebbe - guarda caso - l'unica persona in tutta la Casa Bianca che non può essere punita come parte dell'amministrazione (ricordate, non compare sul libro paga?). Peccato però che sia anche il compagno di giochi preferito del presidente, e diventerà difficile far credere ad un'intera nazione che Bush non fosse al corrente di questo crimine in corso di svolgimento.
Questo incidente rischia davvero di trasformarsi nell'arma che i democratici cercano disperatamente da tempo, per mettere fine ad un'amministrazione che sta trascinando l'America in una caduta senza fondo su tutti i fronti: morale, economico, sociale, e di credibilità mondiale a tutti i livelli.
Una caduta che potrebbe anche regalarci, fra qualche giorno, l'elezione di un culturista austriaco reinventatosi attore, a governatore della sesta potenza economica al mondo, la California.
A noi italiani, in genere, l'America piace poco, ma di fronte a questi fatti credo venga a tutti la voglia di salvare almeno quel poco di buono che ha.
Massimo Mazzucco